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Crisi

Questo gigantesco meccanismo di accumulazione di ricchezze, di costruzione di una pletora di ruoli sociali e di nuovi mestieri, di burocrazie e di eserciti ramificati in interi continenti, di conoscenze che si espandono facendo diventare la ricerca scientifica oggi la principale attività umana, ha cominciato a rallentare e forse ha raggiunto un punto di crisi. Gli imperi, gli stati-nazione, il capitalismo nella sua ultima versione liberista-monetarista sono strettamente intrecciati in questa crisi. Io mi limiterei a valutare gli indicatori che comprendono tutte e tre queste macro organizzazioni moderne. Gli indici che possiamo usare sono i deficit finanziari degli stati-nazione, i “debiti sovrani”, la insoddisfazione delle masse umane, la loro diminuita partecipazione politica o le loro improvvise proteste, il peggioramento generale della salute fisica (anche se le aspettative di vita aumentano complessivamente) e psichica (molto importante), l'aumento del degrado dell'ambiente che garantisce la nostra sopravvivenza fisica e psichica. È un quadro talmente nuovo e complesso che si possono avanzare solo delle ipotesi, senza alcuna pretesa di certezza. Un quadro altamente probabilistico dove la nostra volontà e intelligenza collettive potrebbero agire con successo. Le ipotesi per spiegare queste crisi sono di tre tipi:

  • rendimento decrescente della organizzazione sociale,
  • limiti dell'ambiente naturale e impatto ambientale,
  • demotivazione profonda soprattutto nelle nuove generazioni.

Un esempio lampante di questo malfunzionamento del complesso IEMP mondiale sta nell'enorme spreco alimentare. Il cibo è la principale risorsa, dopo l'acqua, per la nostra sopravvivenza come specie. Il regista tedesco Valentin Thurn, nel suo film documento "Taste the Waste" ("assaggia lo spreco"), rivela una realtà sconcertante: quasi la metà del cibo prodotto in Occidente viene gettato via, spesso prima di arrivare ai supermercati. Si tratta di una quantità tre volte superiore a quella che servirebbe per nutrire tutti gli affamati del mondo. Inoltre c'è un enorme spreco di energia il cui consumo si potrebbe ridurre di un terzo riducendo l'inquinamento ambientale. La struttura sociale, sempre più frammentata in segmenti verticali e orizzontali, fa aumentre i costi spesi dagli strati sociali superiori nel controllo degli strati sociali inferiori e nella concorrenza degli strati superiori tra loro. Questi costi forse superano il rendimento complessivo del sistema IEMP mondiale. Come nel caso già visto dell'impero romano e bizantino le risorse estratte non sono più sufficienti ad alimentare il sistema. I costi diretti sono costituiti da guerre, repressioni, corruzione, mantenimento di enormi burocrazie economiche politiche militari ideologiche costosissime (si pensi ai costi dei top manager i cui rendimenti sarebbero tutti da verificare o alle spese militari segrete), consumo stellare di massa di vari tipi di droga con rendimenti caotici di coloro che le usano compresi i top manager, costruzione di ogni genere di armi usate a scopo di deterrente come quelle nucleari o quelle sperimentali come lo scudo stellare di Reagan, la corsa allo spazio (per andare in quale direzione?), calcoli maniacali dei costi di ogni minima attività (nei quali sono applicate più computer e più persone che nella produzione di beni e servizi), spese per la pubblicità (40% delle spese industriali), per la propaganda politica, per l'attività di spionaggio militare, politico, economico e ideologico-privato. Per fare un esempio concreto: una società italiana che produce servizi di informatica (software) potrebbe avere 400 dipendenti, 100 sviluppano e mantengono i programmi (il bene-servizio), 300 rispondono in un call-center alle domande (reclami) dei clienti, o svolgono compiti amministrativi e commerciali. Perchè non impiegare 350 sviluppatori bravi ed avere un servizio eccellente con soli 50 addetti alle domande dei clienti (help desk) ed a compiti amministrativo-commerciali, magari anche loro programmatori in fase di training, abbattendo la logica tayloristica della classica divisione del lavoro parcellizzato? Impossibile fare un calcolo esatto delle risorse impiegate nei controlli, nella concorrenza, nella distruzione di risorse altrui, nella pubblicità, nella mancata manutenzione. Molti di questi costi negativi (incidenti, malattie, assicurazioni) entrano come voci positive nel calcolo del Prodotto Interno Lordo (PIL) dando la fallace sensazione di uno sviluppo economico. Il ciclo di vita dei beni materiali viene artificialmente accorciato creando costi enormi di smaltimento dei rifiuti e degrado ambientale (che qualcuno vorrebbe far rientrare nel circuito del business capitalistico). Le distruzioni poi apportate all'ambiente naturale, alla salute, al tessuto sociale, stanno presentando il loro terribile rendiconto in termini di costi economici indiretti non visibili nell'immediato, come inquinamento, cambiamento climatico, effetto serra, minacce alla biodiversità, esaurimento di risorse finite come metalli, petrolio, uranio, foreste, acqua. Infine la distruzione dello strato fertile dei terreni coltivati chimicamente comporta il rischio di crisi alimentari causate da una agricoltura tutta basata sul petrolio per produrre energia, fertilizzanti, pesticidi (fitofarmaci). Cominciano ad esserci segnali di preoccupazione crescente verso malattie causate dallo stile di vita, dall'inquinamento, dal riscaldamento globale. Molti individui e gruppi umani sperimentano sulla propria pelle i fenomeni distruttivi di questo complesso IEMP e cominciano a dubitare di questo gigantesco meccanismo planetario di omologazione culturale esprimendo una forte protesta a livello politico e culturale. Nel loro intimo moltissimi, forse la grande maggioranza, per i motivi più svariati e personali, non credono più in questo progresso, promesso insieme da una pubblicità commerciale e da una propaganda politica che ormai si assomigliano. Per capire dove siamo diretti è giusto guardarsi allora all'indietro, al cammino percorso, e ricordare i miliardi di poveri del pianeta che soffrono la fame e la violenza di guerre atroci e che sono le prime vittime di questo processo di "civilizzazione". Ricordiamo le centinaia di milioni di esseri umani distrutti perchè di pelle diversa dalla bianca e di cultura diversa da quella occidentale europea. Ricordiamo tutte le vittime delle infinite guerre intestine alla civiltà europea occidentale e dei genocidi che vi sono accaduti e vi accadono. Ricordiamo i nostri antenati, contadini, orticoltori, cacciatori-raccoglitori, tutti gli esseri viventi del pianeta, rispettiamoli senza pretese di fatua superiorità tecnologica, per riportare in superficie gli strati profondi della storia, della preistoria, della intera evoluzione biologica e approntare soluzioni adeguate all'intera comunità planetaria. Questa situazione di ordine apparente e di caos sostanziale si è condensata in tre crisi principali che dobbiamo affrontare e che sono strettamente intrecciate tra loro. Le possiamo guardare con fiducia se partiamo con il piede saldo di chi le vuole superare con buona volontà, ognuno con i suoi mezzi. Le tre crisi fondamentali, che ci troviamo davanti, ora e nei prossimi anni, sono:

  • [A] il pericolo delle armi nucleari
  • [B] la crisi economica capitalistica
  • [C] il cambiamento climatico, l'inquinamento, la distruzione dell'ambiente

Si tratta di problemi ben noti ma aggravati da:

  • [A] non gestire il problema (caso A),
  • [B] perseverare nell'applicare come cura la causa stessa del male (caso B),
  • [C] ritardare la presa in carico dei vari problemi ambientali (caso C).

In tutti i tre grandi problemi pesa l'inerzia o l'azione deliberata del "manto imperiale" americano che cura i suoi interessi egemonici. Nel caso degli armamenti nucleari la proliferazione è ormai fuori controllo. Le maggiori potenze del club atomico si limitano a ostacolare l'ingresso a potenze regionali come l'Iran senza avere alcuna intenzione di condurre le necessarie trattative sullo smantellanto definitivo di tutte le armi nucleari strategiche o non, come lo stesso Iran richiede a garanzia della sua rinucia al nucleare. Dice Immanuel Wallerstein, storico, sociologo, analista americano, a proposito delle trattative dirette sul nucleare tra Iran e USA: "Il declino della potenza USA ha riaperto il problema. Sembra chiaro che gli USA siano contro la proliferazione ma non sono ora in grado di minacciare in modo credibile ritorsioni militari per bloccare la proliferazione. Per questa ragione paesi che avevano rinunciato alle armi nucleari per via della loro fiducia sul supporto americano in caso di conflitto o per via della paura che gli americani intervenissero nella loro politica interna, stanno riconsiderando la loro rinuncia alle armi nucleari. Le recenti dichiarazioni del primo ministro del Giappone Shinzo Abe vanno in questa direzione. E naturalmente è probabile che vi sia un contagio locale. Se il Giappone si muove in quella direzione , così faranno Sud Corea, Australia, e probabilmente perfino Taiwan. Sia Egitto che Saudi Arabia stanno riflettendo su questa possibilità, come pure Iraq e Turchia. E Brasile e Argentina non possono stare troppo indietro. Perfino in Europa , Svezia, Norvegia e Spagna possono lanciare programmi in tal senso, e probabilmente l'Olanda. Inoltre le precedenti zone nucleari dell'Unione Sovietica - Bielorussia, Ucraina, Kazakhstan - hanno le conoscenze per ripartire. Così se non ci sarà accordo tra USA e Iran il dito sulla falla della diga verrà tolto. Questo è in gioco in queste difficili trattative ". Nel caso della crisi economica ci troviamo di fronte a un fenomeno più difficile e complesso di quello della grande crisi del 1929. Una autorità economica americana ufficiale, Lawrence (Larry) Summers, consigliere di Obama e uno degli inventori dei famosi “derivati” (strumenti finanziari di secondo livello, di speculazione sui rendimenti futuri degli strumenti finanziari di primo livello da cui "derivano”), ha dichiarato di recente (inizio 2014) che ci si trova davanti ad una “stagnazione economica secolare”, perchè le imprese capitalistiche non riescono a fare profitto e investono nella speculazione finanziaria (che anc'egli ha contribuito a creare con i derivati). Ma la crisi economica deve fare i conti soprattutto con i limiti finiti delle risorse umane e naturali del pianeta, per orientarsi verso nuovi valori e stili di vita e di consumo. Il pericolo è che il meccanismo economico capitalistico, basato sull'accumulazione e il profitto e quindi sulla necessità della crescita, si spezzi drammaticamente appena la crescita diventi impossibile, per i raggiunti limiti fisiologici del pianeta o la debolezza intrinseca del complesso sociale, diviso, frastornato, deluso, esaurito nella sua spinta vitale. Quanto alla crisi ecologica, incontrollabile senza un accordo politico, è più documentata dall'informazione e viene in parte contrastata dalla iniziativa di scienziati, meteorologi, biologi, associazioni di difesa dell'ambiente e della salute. Ma è anche il pericolo più subdolo, più sconosciuto e imprevedibile. Noi non sappiamo, nonostante tutte le conoscenze acquisite, quale potrebbe essere la reazione della Natura al nostro comportamento. Da un certo momento abbiamo smesso di considerarla sacra per seguire altre divinità "venute dal cielo".

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