Sociologia28

Da Ortosociale.

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Relazione scritta presentata da remo Ronchitelli all'esame di "Sociologia delle Organizzazioni" tenuto dal prof Valter Zanin della Università di Padova nell'ottobre 2012.

La struttura del paper

La struttura del paper segue queste linee:

  • critica dell'approccio alle organizzazioni astratto, essenzialista e reificato di (Scott, 1994), e della sua categorizzazione dei quattro modelli: chiuso razionale, aperto razionale, chiuso-naturale, aperto naturale (Scott, 1994, pag.130, TAB.5.1). Rivisitazione di (Scott, 1994) alla luce di una applicazione moderna del Rasoio di Occam;
  • proposta alternativa di (Mann, 2005), come illustrazione o narrazione delle organizzazioni (vedi infra Il paradigma della riflessività), narrazione diacronica, generale, opportunamente idealtipizzata. Il libro di (Mann, 2005) sulle sorgenti del potere sociale è in realtà un libro sulle organizzazioni, intese come gruppi umani “organizzati” nel perseguimento di scopi (goals), tra i più vari. I quattro aspetti delle fonti del potere sociale sono: ideologico, economico, militare e politico, secondo il modello di analisi siglato IEMP. Mentre R.Scott considera le organizzazioni dal 1930 al 1980, Mann considera quelle dal Paleolitico al 1914 (comprendendo il Vol.II), con una inevitabile maggiore profondità di visione e semplicità-potenza di schema interpretativo. Al paper allego le 33 pagine del I capitolo di (Mann, 2005) completo di bibliografia;
  • integrazione di (Mann, 2005) con lo studio delle organizzazioni aziendali moderne di (Costa e Gubitta, 2004); l'integrazione è possibile e naturale dal momento che (Costa e Gubitta, 2004, pag.7, Fig.1.4) seguono un approccio evolutivo (potremmo anche definirlo processuale contestualizzato) che corrisponde all'approccio "storico" di (Mann, 2005). Più in profondità, l'approccio Strategia e Struttura, cioè il cosa produrre e il come produrre dell'organizzazione (Costa e Gubitta, 2004, pag.5), corrisponde a "organizations, institutional means of attaining human goals" di (Mann, 2005, pag.2). La valenza pratica e didattica dell'integrazione tra i due testi va oltre la copertura del dominio dei fatti storici che vanno dal paleolitico al 1914 (Mann, 2005), alla prima e soprattutto alla seconda metà del 1900 (Costa e Gubitta, 2004). La conoscenza del contesto moderno attuale, con la sua prevalenza dell'impresa capitalistica, ben documentata da (Costa e Gubitta, 2004) è un buon punto di partenza, anche per mettere in ombra teorie che oggi non servono più (vedi Il marxismo e l'epistemologia del 1900 e vedi anche Il marxismo e la teoria delle classi ) o che erano già sfocate agli inizi del 1900 (La Leadership Carismatica o Fuhrerprinzip e la burocrazia di Max Weber) per cercarne di nuove e alternative, magari scavando nella storia, nell'antropologia, nell'archeologia, nella etologia, nella sociobiologia per trovare studi di caso generalizzabili.
  • uso degli ultimi tre capitoli di (Costa e Gubitta, 2004) per prospettare workshop di costruzione di organizzazioni alternative sul modello delle convenzioni (Linux, Open Source, Open Source Ecology). L'efficacia didattica, la capacità di sintesi, la scelta coraggiosa di un preciso modello [quello delle tre dimensioni: Attori, Relazioni, Ambiente, (Costa e Gubitta, 2004, pag.7, Figura 1.5) ] derivano dal suo organizzarsi sullo scopo della progettazione organizzativa. “Per questa ragione progettare organizzazioni non significa solo disegnare organigrammi, definire posizioni e ruoli, stabilire procedure e così via. Significa anche, e soprattutto, capire processi economici, tecnologici e normativi e intervenire su complesse dinamiche interpersonali e interorganizzative. Per questa ragione, l'organizzazione deliberata sarà sistematicamente diversa da quella emergente sulla base di tali dinamiche [NdR:(vedi proprietà emergenti dei Sistemi Complessi Adattivi)]. Nondimeno si cercherà di progettare l'organizzazione.” (Costa e Gubitta, 2004, pag.31-32.). Il focus costruzionista (dell'organizzazione), oltre alla sua immediata valenza didattica, filtra gli spunti teorici sulla base della loro utilità attuale. Questo viene realizzato nel cap.5, “Le forme organizzative unitarie e divisionali”, dove si progetta la macrostruttura organizzativa con unità di comando stabili e definite e confini pure stabili e definiti; nel cap.6, “Le adhocrazie e le forme organizzative ibride”, dove si progetta la macrostruttura organizzativa con unità di comando fluida e confini indefiniti; nel cap.7, “Organizzare il lavoro delle persone”, dove si progetta la microstruttura, che ha il compito di “fare le cose” e dove si considerano i cambiamenti radicali nell'organizzazione del lavoro quali lavoro a progetto, lavoro a team, lean organization, comunità di pratiche o virtuali, telelavoro, knowledge worker, networking, strutture a matrice. Vedi infra Sviluppo del concetto di morfogenesi come trasformazione sociale concreta partecipata.

(Mann, 2005) vs (Scott, 1994)

Da uno studio di varie teorie che comporta la necessità di ulteriori teorie di raccordo e di innumerevoli inviti a tener conto di questo e di quell'altro aspetto di ogni teoria, creando dissonanze cognitive e inutile dispersione economica sul piano dell'impegno intellettuale (Scott, 1994), si passa a uno "skeptical empiricism" sintetico (Mann,2005, pag.4) basato su studi di caso storici e su idealtipi à la Max Weber (“the greatest sociologist”). Per fare un esempio concreto prendiamo lo schema generale (Scott, 1994, TAB.5.1, pag.130). Propone ben 3 (dicasi tre) tentativi (sic!) di "integrazione delle prospettive":

  • il modello strutturalista di Etzioni che riesce a mescolare il Marx della proprietà privata dei mezzi di produzione con il Max Weber della Burocrazia, conciliati attraverso una loro presunta visione "comune" conflittualista del potere (schiacciamento meccanico su una analogia formale di due ermeneutiche lontanissime);
  • il modello della contingenza di Lawrence e Lorsch, opposta a quella di Etzioni: "I due tipi estremi descritti dalla prospettiva razionale e da quella naturale non devono essere visti come aspetti diversi di una medesima organizzazione, come vorrebbe ad esempio il modello di Etzioni, basato in largo misura sui conflitti e le asimmetrie di potere, bensì come tipi distinti di organizzazioni" (Scott, 1994, pag.126). La stabilità/mutevolezza dell'ambiente da cui dipendono gli "aspetti diversi di una medesima organizzazione" dipendono da contingenze sincroniche o diacroniche? Dagli esempi fatti sembrebbero dipendere da circostanze sincroniche. Nella TAB.5.1 sembrano invece dipendere dai "periodi" storici;
  • il modello dei livelli di Thompson, a differenza di quello di Etzioni e di Lawrence e Lorsch, è esclusivamente economico. Quindi non rappresentativo. Non tiene conto di Chiesa, Stato, Burocrazia, Esercito (fonti di potere sociale dei tipi IMP nel modello IEMP). Si lascia andare ad affermazioni pericolose e non provate del tipo "D'altra parte sono i manager, - il cui potere e il cui status sono più intimamente legati al destino dell'organizzazione - che hanno il maggiore interesse alla sopravvivenza dell'organizzazione come sistema" (Scott, 1994, pag.127-128). Vedi infra La mancanza delle organizzazioni militari, ideologiche e politiche in (Scott, 1994).

Non contento di questa complessità generata dal mescolamento di tre diverse prospettive che devono integare tutte le altre prospettive teoriche sulla organizzazione, ne suggerisce una quarta: "§2. Un altro criterio per l'integrazione delle prospettive" (Scott, 1994, pag.128-129). Questa quarta prospettiva è una banale sequenza cronologica di sistema razionale chiuso (1900-1930), sistema naturale chiuso (1930-1950), sistema razionale aperto (1960-1970), sistema naturale aperto (1970). Non c'è nessuna spiegazione storica di questa successione. Si può notare, criticamente, che di nuovo, nel caso del sistema razionale aperto si tratta di teorie esclusivamente economiche che non riguardano le "organizzazioni", nella fattispecie la teoria della razionalità limitata di H.Simon e quella dei costi di Transazione di O.Williamson. Non vengono colte le continuità della teoria razionale incarnata nella persona fisica dello stesso H.Simon, e di quella delle realzioni umane di Mayo nella scuola sociotecnica di Tavistock. L'affastellamento è totale nel caso del sistema naturale aperto dove vengono combinati autori come gli eredi di H.Simon, Weick, la teoria marxista (dove sono presenti autori molto diversi come Burawoy, Gramsci, Althusser, Lukacs, Habermas, Dahrendorf, Miliband, Braverman; si può sostenere che esista una teoria "marxista" se nemmeno Marx era "marxista"?), la scuola fenomenologica (vedi Il marxismo e l'epistemologia del 1900 ). Sarebbe stato preferibile focalizzarsi sulla evidente "crisi", anche in senso storico, del sistema razionale nella sua versione tayloristica e della nascita come risposta a questa crisi profonda delle ricerche dello Industrial Research Department della Business School of Harvard condotte ad Hawthorne tra il 1927 e il 1932 e su scala ridotta fino al 1939 (Gallino, 2006, pag.546-547). Scuola che non si può assolutamente definire a sistema chiuso avendo in W.F.Whyte uno dei maggiori ricercatori "di comunità" con la tecnica della osservazione partecipante. Da una pseudo meta-teoria che chiede in continuazione di considerare le teorie “elementari” nei loro aspetti conflittuali via via sempre più incontrollabili (Scott, 1994), a degli idealtipi che rendono a dare un quadro ragionevole della evoluzione della struttura sociale dal paleolitico ai giorni nostri, risolvendo molte antinomie teoriche, rifiutando in toto il marxismo con la sua aberrante (in senso ottico) teoria delle classi (vedi Il marxismo e la teoria delle classi ) e il suo messianico determinismo storico (vedi Il marxismo e l'epistemologia del 1900 ), ri-organizzando infine la teoria neo-weberiana:

  • "In 1972, I wrote a paper called Economic Determinism and Structural Change, which purported not only to refute Karl Marx and reorganize Max Weber but also to offer the outlines of a better general theory of social stratification and social change" (Mann, 2005, Preface, VII);

Essendo diacronica, la sociologia di M.Mann spiega l'evoluzione delle principali “organizzazioni” umane come processi “sociali” contingenti che interagiscono tra loro e con l'ambiente. Il riferimento all'ambiente è ecologicamente situato nel mondo naturale che conosciamo nelle sue variazioni geologiche, antropiche (agricoltura) e nella sua varietà geografica. I riferimenti ai gruppi umani organizzati nel perseguire i loro vari obiettivi (goals), detti anche “organizzazioni”, sono relativi a gruppi storicamente esistiti e documentati anziché a modelli astratti. Inoltre, per meglio enfatizzarne la valenza, la prospettiva di M.Mann è tale per cui si chiede: “For are not a history and theory of power relations likely to be sinonymous with a history and theory of human society itself? Indeed they are” (Mann 2005, pag.1)

(Costa e Gubitta, 2004) vs (Scott, 1994)

Mentre la teoria delle organizzazioni come espressione dei vari tipi di potere sociale di (Mann, 2005) fornisce il corretto approccio sociologico diacronico, con un'enfasi particolare sulle sorgenti ideologica, politica, militare, economica del potere sociale, nelle loro interrelazioni come gruppi umani organizzati da e su obiettivi da loro stessi stabiliti, lo studio delle organizzazioni aziendali moderne potrebbe integrare il quadro generale della contemporaneità. Tale studio è ben condotto in (Costa e Gubitta, 2004), che illustra in dettaglio il modello della impresa o azienda capitalistica, diventata grazie alla globalizzazione liberistica il modello unico ed universale per ogni tipo di obiettivo e di gruppo umano organizzato. In (Costa e Gubitta, 2004) è anche documentata una relazione organizzativa nuova e vitale completamente assente in (Scott, 1994): le convenzioni. Le convenzioni sono un particolare governo delle transazioni, o una struttura particolare di governo delle relazioni organizzative, distinti sia dal mercato che dalla gerarchia-organizzazione. Vedi il “Caso Linux” (Costa e Gubitta, 2004, pag.16); In (Costa e Gubitta, 2004) sono presenti i maggiori autori presenti anche in (Scott, 1994). Vantaggio del libro è la seguente dichiarazione: “Senza alcuna ambizione di formulare una meta-teoria” (Costa e Gubitta, 2004, pag.8), ambizione che appesantisce notevolmente lo (Scott, 1994). Sono presenti in (Costa e Gubitta, 2004) studi di casi ben commentati ad uso didattico, come lo spillettaio di A.Smith, ma anche recenti ed italiani (Malaguti, Ducati, Diesel, Benetton). Il merito maggiore di (Costa e Gubitta, 2004, pag.17) è il suo assunto: “Il modello che è alla base di questo volume propone una sintesi di approcci diversi a questa problematica. Nei paragrafi che seguono si cercherà di offrire una panoramica di questi approcci, ordinandoli a seconda che si focalizzino sui soggetti, sui sistemi o sulle popolazioni di organizzazioni. Questi diversi orientamenti fanno capo a scuole che sono spesso chiuse e in marcata contrapposizione tra loro. Lo spirito migliore per analizzarli non è quello di accentuare le contrapposizioni e nemmeno quello di tentare un ecumenico affastellamento.”. Tale ecumenico affastellamento, successivo alla loro contrapposizione analitica, è esattamente l'impressione che ho ricavato da (Scott, 1994). Unico inconveniente del (Costa e Gubitta, 2004) è la sua datazione precedente la grave crisi capitalistica del 2008 che potrebbe compromettere l'evoluzione delle organizzazioni, anche in senso non capitalistico (convenzioni). Lo studente avrebbe comunque la possibilità di studiare casi aziendali concreti (e in gran parte italiani) e progettare organizzazioni, potendo utilizzare anche il modello avanzato e cooperativo delle convenzioni in alternativa al mercato e alla gerarchia-organizzazione. (Costa e Gubitta, 2004) fornisce importanti ausili didattici. Comprende nel cap.I, in 33 pagine tutta la parte terza di (Scott, 1994) “Ambienti, Strategie, Strutture”, di ben 217 pagine, fornendo anche una inappuntabile carrellata sulle maggiori teorie emerse sinora e sul loro uso come “prospettive” à la Karl Mannheim. Maggiore è la capacità di analisi di una autore (Scott, 1994), maggiore sarebbe la capacità di sintesi che a lui viene richiesta. (Costa e Gubitta, 2004) è costellato da studi di caso puntuali che danno la “realtà fattuale” contestualmente al modello analitico proposto, sulla falsariga dello zig zag tra teoria e fatti di (Mann, 2005); è fornito di diagrammi chiarissimi che spiegano le varie prospettive organizzative, Scott compreso; è presente un glossario completo dei principali concetti relativi all'organizzazione; comprende un ottimo elenco completo dei maestri dell'organizzazione aziendale in cui, ad esempio, si cita Max Weber: “La sua complessa elaborazione teorica ha influenzato gli studi organizzativi per quanto riguarda le teorie sulla burocrazia, intesa come esercizio del potere legale”. Non viene citato Karl Marx, in quanto si presume non abbia dato contributi alla teoria dell'organizzazione (vedi Il marxismo e l'epistemologia del 1900 e vedi anche Il marxismo e la teoria delle classi ).

La antinomia tra organizzazione come sistema razionale e organizzazione come sistema naturale

“Mentre i teorici del sistema razionale concepiscono le organizzazioni come collettività deliberatamente costruite per raggiungere obiettivi determinati, i teorici del sistema naturale sottolineano che le organizzazioni sono, in primo luogo e più di ogni altra cosa, collettività. Così la prospettiva del sistema razionale sottolinea quelle caratteristiche delle organizzazioni che le distinguono da altri gruppi sociali, mentre i teorici del sistema naturale ci ricordano che queste loro caratteristiche non sono le uniche [Gouldner 1959, 406], anzi potrebbero non essere le più importanti.” (Scott, 1994, pag.77).

  • Questa antinomia non necessaria tra "collettività" e "scopi" è elegantemente evitata da (Mann, 2005) poiché considera le organizzazioni come gruppi umani organizzati su degli obiettivi (goals nell'originale). Può essere quindi eliminata con un colpo di rasoio (di Occam);

Mann in altre parole riunifica gli “scopi” (gli obiettivi determinati secondo R.Sott) e i gruppi umani (le collettività secondo R.Sott) nella sua osservazione empirica dei gruppi umani organizzati su degli obiettivi. Mentre invece R.Scott divide analiticamente gli scopi dai gruppi umani e su questa base classifica due insiemi di teorie delle organizzazioni, quelle razionali e quelle naturali. La inutilità della astrazione di (Scott, 1994) è evidente se si confronta la sua trattazione del sistema cooperativo di Barnard dove esemplifica la presunta contraddizione (antinomia? divergenza strategica? conflitto pratico?) tra la necessità di sopravvivere e la etica del fine (Scott, 1994, pag.91) con la elegante e raffinata trattazione del Caso Paul Fashion (Costa e Gubitta, 2004, §1.7 Le relazioni, pag.11), dove si evidenzia l'intreccio tra un piano economico, un piano politico, un piano ideologico. Sono le tre fonti del potere sociale di (Mann, 2005), con l'esclusione del potere militare che nell'ambito dell'economia aziendale capitalistica nei paesi occidentali è in genere assente. Nel suo “Sommario e conclusioni provvisorie”, (ci si chiede provvisorie fino a quando?) (Scott, 1994, pag.101), si tenta di spiegare la insanabile differenza tra l'approccio naturale e quello razionale. Il tentativo non riuscito di spiegazione è molto significatvo per i seguenti motivi:

  • vengono forniti tre tipologie di spiegazione tra di loro slegate (ognuno scelga quella che più gli aggrada);
  • secondo la prima spiegazione i teorici del sistema naturale sono professori universitari che attribuiscono “il loro bisogno di autonomia ai lavoratori”. R.Scott, nonostante i suoi variegati excursus teorici, ignora i problemi motivazionali dei lavoratori. Vedi al contrario il Caso Paul Fashion (Costa e Gubitta, 2004, §1.7 Le relazioni, pag.11);
  • secondo la seconda spiegazione esistono tipi differenti di organizzazione che danno luogo alle due teorie: fabbriche ed uffici pubblici nel caso razionale (con il nucleo tecnico e la burocrazia sullo sfondo) e servizi volontari e professioni nel caso naturale. Scott con un'audace proiezione teorica ipotizza due polarità di un continuum, dal polo più strutturato delle organizzazioni a quello meno strutturato (Scott, 1994, pag.103). Questo inficia in maniera decisiva lo sforzo di unificazione teorica tentato da R.Scott;
  • secondo la terza spiegazione “le forme organizzative variano in funzione dell'ambiente”. Questo proposizione è criticabile perchè scarica sull'ambiente le caratteristiche delle organizzazioni, ma ancora peggio perchè ipotizza ambienti “statici” ed ambienti “dinamici”;

la conclusione è che: “Alla base delle due prospettive ci sono divergenze fondamentali di ordine morale e filosofico“ dovute al non lieve problema che “l'organizzazione in quanto contesto sociale influisce sul benessere dei suoi singoli membri [Maslow, 1954; Argyris 1957]” (Scott, 1994, pag.103). Nel campo antiumanistico del calcolo pone come precursori Hobbes, Lenin e Saint Simon, in quello umanistico della spontaneità Rousseau, Proudhon, Burke e Durkheim (precursore di Parsons). A parte qualche dubbio sul dubbioso Edmund Burke, suona strana l'inclusione tra gli spontaneisti di Durkheim e Parsons. E' interessante notare come questa nota riflessiva di R.Scott sui due filoni di teorie contrapposti denoti da parte sua l'assunzione (temporanea? dubitativa? solo proposta?) di una dipendenza della ricerca dallo scopo empirico emozionale trasformativo dell'osservatore. R.Scott comunque tratta di teorie diverse senza porsi il problema di una unificazione epistemica delle varie metodologie seguite. Ritorna in questo punto preciso l'importanza, essenziale per ogni ricerca empirica, del paradigma della riflessività , trattato nel seguito;

I sistemi aperti e le teorie dei sistemi complessi adattativi

“There are two primary challenges faced by all complex, adaptive systems. One is an uncertain and noisy environment. The other is conflict. Conflict arises when the interests of system components – whether genes, cells, individuals, or states – are not fully aligned. Some have gone so far as to argue that lack of alignment, or “frustration,” in many body systems is the defining feature of complex systems. In the long 3.5 billion year history of life on earth organisms and aggregates have devised manifold strategies in order to survive and prosper in the face of conflict. The solutions that organisms have built for managing conflict are thought to have played a central role in facilitating the major transitions from simple aggregates to more integrated, social organisms, and cultures. Although these transitions suggest nature has been successful at predicting and managing conflict, the problem is not a simple one.

  • Controlling conflict is tricky because it is both a destabilizing force and an agent of innovation

– thus nature has evolved mechanisms of good management, not suppression. Conflict can have multiple, nonlinear causes and effects, and these often lie at different timescales (e.g. evolutionary, ontogenetic, societal). Conflict can be the outcome of competitive processes and involve deception or be generated by differing priorities, communications failures, and error. Despite this complexity, data indicate that similar conflicts with comparable mechanisms of control have evolved at different levels of biological and social organization. This suggests that there might be a universal class of mechanisms that have arisen across very different levels to control co-evolutionary escalation. This focus area brings together evolutionary theorists, immunologists, experts on behavioral conflict in human and animal societies, computer scientists, molecular biologists, economists, and complex systems theorists all seeking to understand how conflict has shaped their systems. Areas of research include principles of immunity in social, computer and biological immune systems; inductive game theory and the extraction of conflict strategies from time series data; the causes, consequences, and detection of anomalous patterns of conflict; the timescales of conflict and the implications of multiple timescales for individual and system prediction and control of conflict, robustness, and adaptation; tradeoffs between conflict as a source of innovation and conflict as a destabilizing perturbation; and computing adaptive conflict decision-making strategies under uncertainty.” ( SFI, Santa Fe Institute sitografia).
Vedi gestione del conflitto nel Focus Group e Forum riflessivi in (Frisina, 2010,pag.118):

  • "Se tematizziamo il conflitto, il potere fuori e dentro le rappresentazioni, saremo in grado di cogliere come i focus group siano una tecnica di grande interesse per mettere almeno momentaneamente in discussione<<chi siamo e la società in cui viviamo>>"

Lo SFI in particolare, uno dei centri di ricerca più importanti sulla teoria della complessità, fondato nel 1984 si è particolarmente dedicato allo studio dei sistemi complessi adattativi (CAS o Complex Adaptive Systems), cioè sistemi complessi in grado di adattarsi e cambiare in seguito all'esperienza, come ad esempio gli organismi viventi, caratterizzati dalla capacità di evoluzione: cellule, organismi, animali, uomini, organizzazioni, città, società, politiche, culture. La teoria dei sistemi complessi ha assunto sempre maggiore rilevanza e preminenza. Fortemente interdisciplinare è un nuovo rinnovato tentativo di unificare e contaminare le scienze “positive” con le scienze umane, con importanti effetti sulla epistemologia. Esponenti di spicco nel versante filosofico, epistemologico, sociologico, pedagogico, umanistico, sempre all'interno dei una forte interdisciplinarietà, sono: il francese Edgar Morin, sociologo, l'italiano Mauro Ceruti, allievo dell'epistemologo Jean Piaget, Erwin Laszlo della scuola di Budapest, Immanuel Wallerstein, sociologo della Columbia University. Si appoggiano alle teorie del chimico-fisico Ilya Prigogine che ha studiato i sistemi fisici lontani dall'equilibrio. Sono stati sviluppati settori di ricerca su esempi concreti di sistemi complessi, in modo ovviamente indipendente l'uno dall'altro, quali: gli automi cellulari, la crosta terrestre, il clima, gli ecosistemi, gli organismi viventi (ad esempio i lieviti), il sistema uomo in senso biologico cognitivo, i sistemi economici, i sistemi sociali, le reti, le reti informatiche. Le caratteristiche principali di questi sistemi sono la non linearità, le proprietà emergenti, il caos, le biforcazioni (ampiamente usate da I.Wallerstein), l'autopoiesi e soprattutto la auto-organizzazione. Nello schema di Boulding (Scott, 1994, pag.106-107) i sistemi complessi sono invece organizzati in modo gerarchico, prevedendo al top della scala addirittura una sistema trascendentale (sic!). La parte terza dello (Scott, 1994), con la sua distinzione tra ambiente, strategia e struttura va rivista alla luce di questa nuova impostazione. Anche il (Costa e Gubitta, 2004, pag.105) segue comunque lo schema di struttura dell'organizzazione dello (Scott, 1994, pag.177), limitandosi però a riportare le varie teorie senza pretendere di unificarle in una meta-teoria.

La mancanza delle organizzazioni militari, ideologiche e politiche in (Scott, 1994)

  • Mann Example 1 Militare: the rise of the european pike phalanx (Mann, 2005, pag.18) La falange di picche svizzera (1300) che aiuta l'emergenza dello stato-nazione moderno che si impone sul vecchio stato patrimoniale feudale;
  • Mann Example 2 Ideologico: the emergence of civilizational cultures and religions (Mann, 2005, pag.20) L'emergere delle religioni statali dell'età assiale;
  • Mann Citazione Politico: Social life is always more complex than its dominant istitutions because, as I have emphasized, the dynamic of society comes from the myriad social networks that humans set up to pursue their goals. (Mann, 2005, pag.18);

In (Scott, 1994, pag.365-367) si trovano le uniche pagine che parlano di cultura, forse la fonte principale del potere sociale. (Scott, 1994) ne parla come di un elemento endogeno dell'organizzazione legato secondo una logica funzionalistica all'esercizio del controllo e di conseguenza ai processi strategici di definizione dei fini. Unico elemento di concordanza con (Mann, 2005) una citazione della cultura riferita come "bisogno di significato". Più raffinata l'osservazione

  • “Weick, Karl E. (Stati Uniti, 1936) Docente di psicologia alla'Università del Michigan. Con le sue opere ha contribuito a spostare l'attenzione degli studi organizzativi dal processo decisionale alla creazione di senso come conoscenza e organizzazione; sostiene l'equivalenza tra i processi cognitivi di creazione di senso e i processi mentali e sociali dell'organizzazione.” (Costa e Gubitta, 2004, pag.292, appendice “I maestri dell'organizzazione aziendale” a cura di Diego Campagnolo e Martina Gianecchini).

Gli unici accenni alle organizzazioni militari si trovano in : marina, esercito ed aeronautica statunitensi valutate per la quantità dei loro membri "...non sussistono molti dubbi sul fatto che, nelle società moderne, le unità organizzative di maggiori dimensioni sono le forze militari. La marina statunitense comprende oltre 4 milioni di persone, ...anche l'esercito e l'aeronautica raggiungono proporzioni analoghe.." (Scott, 1994, pag.29). Non ci si chiede perchè si siano raggiunte tali dimensioni (neanche da un punto di vista funzionalistico), nè tanto meno ci si interroga sugli aspetti qualitativi intrinseci ed ecologici di queste organizzazioni.
Gli unici accenni alle organizzaziuoini politiche, o allo Stato come presunta meta organizzazione politica, si trovano in (Scott, 1994, pag.79), in quella che si può definire una pura citazione "rituale", di R.Michels e della legge di ferro della oligarchia, che sarebbe stato interessante veder estesa alle "organizzazioni" tout court.

Gli impiegati anziani di Kracauer ovvero: la morte e le organizzazioni

“Il fatto che ci si comporti verso di loro [NdR: gli impiegati anziani che vengono licenziati] con un'assenza di scrupoli addirittura maggiore, forse, di quella che sarebbe richiesta dall'interesse economico delle aziende, deriva in ultima analisi da un rifiuto della vecchiaia che è caratteristico del nostro tempo. Non soltanto la categoria dei datori di lavoro – tutto il popolo le ha voltato le spalle ed esalta la giovinezza in sé stessa in una maniera sbalorditiva. … Se invecchiare significa andare incontro alla morte, questa idolatria della giovinezza ha il senso di una fuga dalla morte. Ma solo il crescere della morte intorno agli uomini schiude loro il significato della vita, e la frase <La gioventù è bella, non torna più> ha il senso che la giovinezza è bella perchè non torna più. La morte e la vita sono intrecciate l'una con l'altra in un modo così profondo che non si può avere la seconda senza la prima. E dunque, se la vecchiaia è detronizzata la giovinezza ha vinto, certamente, ma ha anche perso la vita. … Il modo economico dominante non vuol essere scrutato al suo interno, per questo la pura vitalità deve necessariamente vincere. L'eccessiva esaltazione della giovinezza è una rimozione non meno della svalutazione della vecchiaia che va oltre i limiti del necessario. Entrambi i fenomeni provano indirettamente che nelle condizioni economiche e sociali attuali gli uomini non vivono la vita.” (Kracauer, 1980, pag.48-49). Aggiungo io, le organizzazioni non vivono la vita. Nonostante l'intero capitolo “La fondazione delle organizzazioni” consideri la "nascita" delle organizzazioni(Scott, 1994, cap.7, pag.185), si considerano solo le imprese capitalistiche post rivoluzione industriale e la burocrazia nata in una fase ancora successiva, in una logica strettamente razionalistica. Ci sono altri passaggi dove però considera la natalità e la mortalità delle organizzazioni come riferimento sporadico a studi specifici e disorganici: “Anche se il ciclo vitale delle organizzazioni non è così regolare e chiaro come quello delle piante, degli animali o degli esseri umani, è tuttavia istruttivo identificarne le fasi generali di sviluppo e declino [Kimberley, Miles et al. 1980]” (Scott, 1994, cap.7, pag.216). Questo motiva ulteriormente le considerazioni della Struttura del paper sulla necessità della integrazione storica empiricista di (M.Mann, 2005) e aziendale organizzativa moderna di (Costa e Gubitta, 2004), per evitare le indicazioni generaliste di R.Scott che invita costantemente a considerare approcci e aspetti dicotomici e destabilizzanti da lui stesso edificati. Nell'Italia del 2012 , donna-ministro del lavoro Elsa Fornero, la legge sul pensionamento e sugli esodati suona come un segnale di inquietante fissità storico culturale sul frame interpretaivo così ben individuato da Kracauer.

La analogia tra organizzazione e organismo

L'esempio più evidente dell'uso di questa specifica analogia si trova nelle varie teorie di Talcott Parsons (Scott, 1994, paragrafo 2.4, pag.96), ma non solo. E' presente in modo pervasivo in quasi ogni “rappresentazione” o “frame” cognitivo. L'ispirazione alla esperienza con la natura domina il nostro universo simbolico, anche se in forme sempre più mediate. Il funzionalismo deriva, dalla figura retorica dell'analogia, l'autorizzazione a traslare sull'oggetto di partenza dell'analisi le caratteristiche dell'oggetto di riferimento. Così la società o le varie organizzazioni diventano “corpi” biologici con una loro fisiologia che nel caso umano ha un insieme di regole precise che i sociologi funzionalisti chiamano “struttura” quando la riferiscono all'universo sociale. Questo processo è arbitrario. Va controllato e usato criticamente. “Così, ogni organizzazione deve sviluppare strutture che la mettano in grado di adattarsi all'ambiente e deve mobilitare le risorse necessarie per continuare a funzionare.” (Scott, 1994, paragrafo 2.4, pag.97). L'enfasi sul deve è mia, per evidenziare il teleologismo in cui si cade applicando in modo meccanico le leggi del modello all'oggetto di analisi. Altro errore è assumere caratteristiche del modello inapplicabili all'oggetto e vicerversa non assumere caratteristiche fondamentali del modello evitando di applicarle all'oggetto. Io mi limito a considerare questo secondo aspetto. Accettiamo pure a scopo critico la metafora, la similitudine, l'analogia, tra organismo biologico e organizzazione (e società come inviluppo e complesso di organizzazioni) e vediamo quali sono le proprietà fondamentali del modello che non vengono minimamente considerate. Gli organismi biologici sono processi dinamici che seguono un ciclo universale di nascita, crescita, morte. La caratteristiche fondamentali che vengono ignorate, oltre al carattere generalmente processuale, sono la morte e la nascita. Una completa decostruzione delle varie teorie funzionaliste (e non) si trova nel cap.I allegato (Mann, 2005, pag.2). Ma lo stesso manuale di riferimento accenna timidamente ad una critica al funzionalismo, distruttiva nella sostanza. Il funzionalismo ha avuto la sua origine primaria nell'antropologia di B.Malinowski, ripresa poi anche da T.Parsons: “Blau [1955,9-10] suggerisce che il postulato teorico del modello strutturalfunzionalista possa essere spiegato secondo la particolare origine storica: gli antropologi che studiavano le società primitive non potevano verificare le spiegazioni storiche di particolari caratteristiche strutturali poiché ovviamente non disponevano di documenti storici. Per superare questo limite è stato sviluppato un tipo di spiegazione diverso, che sottolineava la funzione di mantenimento del sistema sociale da parte di un elemento. L'attenzione si è spostata dalle origini alla persistenza di un particolare tratto strutturale.” (Scott, 1994, Nota 1, pag.82). Questa errata impostazione è stata oggi brillantemente superata dall'antropologia cognitiva ed evoluzionistica (vedi ICEA Institute of Cognitive & Evolutionary Anthropology - Oxford University e vedi Progetto di ricerca sulla Evoluzione dei sistemi politici presso ICEA ). Ma fondamentale è la nozione di organismo vivente: in pratica, il criterio distintivo della vita, per il principio autopoietico di H.Maturana e F.Varela, è il mantenimento della sua stessa organizzazione. Qualunque sistema che abbia tale caratteristica può a tutti gli effetti essere detto vivente. In senso stretto, tuttavia, il mantenimento della sua organizzazione non è un criterio sufficiente per poter considerare un sistema come autopoietico. Questa è, infatti, una caratteristica che si trova anche nei sistemi auto-organizzantisi (Ashby, von Foester ecc.). Ciò che caratterizza l'autopoiesi è la produzione dei suoi elementi di base che riproducono ricorsivamente gli elementi che li producono. L'innovazione teorica sta proprio in questo: il sistema produce continuamente se stesso e per questo si sottolinea -soprattutto da parte di Maturana e Varela, con la loro tesi epistemologica differente da quella riduzionistica- che una tale "chiusura operativa" non ha né input né output e quindi un sistema omeostatico identificato dall'autonomia dell'ambiente esterno. Ciò nel senso che il sistema è, a partire dai suoi elementi di base (non ulteriormente scomponibili), totalmente determinato dalle sue proprie strutture. Ciò non significa che il sistema abbia in se stesso tutte le sue proprie cause. Il sistema è pur sempre un sistema in un ambiente, con il quale è accoppiato strutturalmente. Significa, piuttosto, che il sistema è in grado di discriminare tra cause interne e cause esterne e di condizionare le cause esterne, che lascia filtrare, in modo che queste possano proseguire diversamente, cioè secondo le esigenze autoprodotte della propria autopoiesi. I confini interni ed esterni del sistema sono allora proprio ciò che separa il sistema dal suo ambiente e lo mette in relazione con esso. Il sistema può dunque aprirsi selettivamente all'ambiente proprio perché condiziona questa apertura alla sua chiusura. Su questa base esso può sviluppare una complessità propria e farla evolvere in relazione alla complessità esterna, mantenendo tale dislivello di complessità se e finché ne è capace. In senso contrario è l'affermazione: "Oltre a questi requisiti operativi comuni, alcuni studiosi sottolineano che tutte le organizzazioni sono assillate da uno stesso flagello: un'elevata percentuale delle risorse utilizzate da ogni organizzazione è investita nel mantenere l'organizzazione stessa, piuttosto che nel raggiungimento degli obiettivi determinati. Sebbene le organizzazioni siano viste come mezzi per raggiungere dei fini, gli stessi mezzi assorbono molta energia, e nei casi estremi (non certo rari) sono questi che diventano i veri fini." (Scott, 1994, pag.29). Come in Machiavelli o nella stessa Simone Weil di "Riflessioni sulle cause della libertà e della oppressione sociale" la logica lineare dei mezzi/fini non si adatta ai processi dinamici di un organismo biologico che si autoproduce regolandosi sull'ambiente che lo alimenta. Nel testo successivo a (Scott, 1994, Nota 1, pag.82), si corregge il tiro, dando indicazioni comunque poco chiare al lettore: “Molti aspetti dell'approccio funzionalistico sono problematici. Nel caso dei sistemi sociali, diversamente da quanto avviene per i sistemi biologici, è difficile specificare i bisogni essenziali; anzi spesso è difficile precisare che cosa si intende con sopravvivenza del sistema.” (Scott, 1994, pag.82). Tanto più problematici dal momento che per le varie scuole: “Le singole strutture dell'organizzazione sono analizzate in termini dei bisogni che soddisfano cioè delle funzioni che svolgono nell'assicurare la sopravvivenza del sistema.” (Scott, 1994, pag.82).“Malgrado questi problemi e queste riserve, lo struttural-funzionalismo ha fornito il modello dominante di analisi delle organizzazioni dagli anni Trenta fin verso i Sessanta. Molte delle più importanti analisi e generalizzazioni concernenti le organizzazioni delle quali possiamo disporre sono prodotti di questa tradizione; malgrado le sue pecche, essa rimane una prospettiva utile e ben conosciuta dalla quale esaminare le organizzazioni” (Scott, 1994, pag.83). Per commentare l'ambiguità della meta-teoria di R.Scott che mette tutto assieme invitando a tener conto dei lati positivi di ciascuna teoria ignorandone le pecche, senza fare scelte dolorose, cito (Mann, 2005, pag.4): “Nevertheless, I take skeptical empiricism seriously. Its principal objection is well founded: Societies are much messier than our theories on them”.

Sempre a proposito dell'organismo (come costruzione sociale)

Per evidenziare la costruzione riflessiva della nozione di organismo usata in sociologia dai funzionalisti prendo come esempio l'analisi etnografica di P.Bourdieu sulla divisione di genere e la costruzione sociale del corpo tra i berberi di Cabilia: “Associando l'erezione fallica alla dinamica vitale del gonfiamento che è immanente a tutto il processo di riproduzione naturale (germinazione, gestazione, ecc), la costruzione sociale degli organi sessuali registra e ratifica simbolicamente alcune proprietà naturali indiscutibili; in tal modo essa contribuisce, con altri meccanismi – tra i quali il più importante è probabilmente, come si è visto, l'inserimento di ogni rapporto (quello tra pieno e vuoto, per esempio) in un sistema di relazioni omologhe e interconnesse – trasmutare l'arbitario del nomos sociale in necessità della natura (physis)” (Bourdieu, 1998, pag.21). Eccezionalmente importante l'analisi della costruzione sociale simbolica “della visione <<fallonarcisistica>> e della cosmologia androcentrica” (Bourdieu, 1998, pag.14) capace di trasmutare il nomos sociale , arbitrario, in legge naturale, in physis, neutra, oggettiva, oggettivata. Questa operazione è quella che P.Bourdieu acutamente definisce di violenza simbolica. Tale “physis culturale” ridiventa “cultura naturale” per il tramite degli intellettuali organici prodotti da tale processo; la violenza simbolica diventa regime sociale. “I loro atti di conoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza” (Bourdieu, 1998, pag.22). Nell'organismo di T.Parsons è una latenza neutra partenogenetica, evolutasi in numerosi gruppi animali, che sostituisce la riproduzione sessuata. La violenza simbolica diventa una maledizione che si autoavvera, come il Leviathan di Hobbes avvera e invera la profezia negativa che vuole “homo homini lupus”. “La visione androcentrica è così continuamente legittimata dalle stesse pratiche che essa determina: nella misura in cui le loro disposizioni [NdR: habitus] sono il prodotto dell'incorporazione del pregiudizio sfavorevole contro il femminile che è istituito nell'ordine dlel cose, le donne possono solo confermare costantemente tale pregiudizio. Questa logica è la logica della maledizione, nel senso forte di self-fulfilling prophecy pessimista che che invoca la propria verifica e determina l'avvento di ciò che pronostica” (Bourdieu, 1998, pag.43) [NdR: i corsivi sono nell'originale]. Si avvera così, declinando correttamente il sesso, un aspetto importante e pregiudizievole che Hobbes non aveva considerato: “foemina homini lupa”. E' la forzatura del modello, matematico o non, all'oggetto dell'esperimento, come avviene nelle grandi teorie generali delle scienze sociali e delle scienze naturali.

Le tecniche di ricerca sociologiche

Il modello quantitativo derivato dalle ricerche di Paul Felix Lazarsfeld (“I disoccupati di Marienthal” e “The People's Choice”), è basato sulla statistica e sulle variabili ricavate da questionari compilati da persone anonime, caratterizzate dalle dimensioni previste dalla “teoria”, come il sesso, l'età, la religione, la professione, etc. Il punto di partenza della ricerca “empirica” è la domanda cognitiva ricavata dalla “teoria”, che si struttura quindi come punto di partenza e punto di arrivo. La teoria si autoalimenta, il pensiero astratto cresce su sé stesso cercando conferme sperimentali. Questo metodo è stato spesso usato per domande rivolte agli scienziati sociali (Lazarsfeld, Merton) dalle élite sociali sulle conseguenze delle loro politiche economiche (marketing), comunicative (mass media), politiche (composizione e previsione di voto alle elezioni), in quella che è stata in seguito definita “ricerca amministrativa”. La tecnica del questionario è analizzata e scomposta nei suoi elementi critici da Pierre Bourdieu, che dopo aver dimostrato che i questionari sono sondaggi di chi detiene il potere, sostiene poi che anche le elezioni politiche a loro volta sono semplici sondaggi (Bourdieu, 1976). Senza nulla togliere ai meriti storici e cognitivi di queste tecniche, ma senza nemmeno assolutizzarle, va affermandosi sempre più una tecnica complementare, la tecnica qualitativa, che si avvicina al caso, alla situazione sociale, in modo partecipato, cercando di viverla dall'interno con il minimo di intrusione e perturbazione, caso mai come azione trasformativa à la intervention sociologique, sull'esempio di “Street Corner Society” di William Foote Whyte (Whyte, 2011). I casi possono poi essere comparati dimostrando la loro validità idealtipica a posteriori, come fa L.Gallino nella nota introduttiva de “Gli impiegati” di Kracauer, validi nella Germania del 1930, negli USA dei “Colletti Bianchi” di C.W.Mills nel 1950, nel mondo occidentale pre Reagan-Tatcher nel 1980, e probabilmente, aggiungo io, validi nei nuovi ceti medi del BRICS nel 2012. Per chiarire in modo inequivocabile la sua ricerca-azione, Kracauer così conclude “Ciò che importa non è che le istituzioni siano cambiate, è che gli uomini cambino le istituzioni” (Kracauer, 1980, pag.112), focalizzando la sua proposta trasformativa, di immaginazione sociologica, al massimo dettaglio, al livello atomico di singolo individuo umano. In alternativa ad una carrellata che si pretende esaustiva di teorie, variamente connesse tra di loro, sulle organizzazioni, forse una via alternativa di ricerca avrebbe potuto illustrare almeno 4 casi tipici di gruppi umani organizzati, uno per ogni tipo di potere sociale, sul modello IEMP di Michael Mann (Mann, 2005, pag.29), basato sulla comparazione storica di lungo periodo (sociologia storica). Forse sarebbe stato possibile fornire una migliore conoscenza dei “gruppi” organizzati sui 4 tipi di potere sociale e spiegare allo stesso tempo l'emergere delle varie teorie sulle organizzazioni nei vari contesti storici e sociali. Soprattutto la rispettiva autonomia dei vari tipi di potere sociale tra loro, la loro intersezione, il loro poliformismo. Senza necessariamente insistere sullo stato-nazione come meta-organizzazione o contenitore di riferimento delle organizzazioni comprese al suo interno, in pratica senza confondere lo stato-nazione con la “società” tout court: “Societies are actually federations of organizations” (Mann, 2005, pag.52) [NdR: i corsivi sono nell'originale]. Secondo Mann lo stato è solo una di queste organizzazioni, quella di tipo politico, distinta o fusa con il potere militare della forza. Per concludere i gruppi organizzati in reti di potere sociale di vario tipo possono essere conosciuti in una prospettiva congiunta di sociologia critica (C.W. Mills, S.Kracauer), di sociologia riflessiva (A.W.Gouldner), di sociologia radicale, di sociologia comparata (A.Etzioni, T.Parsons, S.N.Eisenstadt), di sociologia storica, vedi: (Gallino, 2006). Si potrebbe studiare come esempio di social power network à la Mann coiunvolgente varie organizzazioni, nel periodo 1930-1940, il potere politico dello stato nazista e del suo partito unico, quello ideologico della Chiesa Cattolica in Germania (Eugenio Pacelli, nunzio apostolico in Germania), quello economico della IBM americana e della sua consociata tedesca, la Dehomag, che forniva alle SS le macchine meccanografiche per organizzare lo sterminio degli ebrei, infine il potere militare della Wermacht. Nelle ricerche riportate da (Scott, 1994) non vi è accenno alle tecniche sociologiche adottate. Tranne una esplicita critica alla metodologia dello studio intensivo di caso di Selznick (Scott, 1994, pag.95), che significa in pratica il rifiuto della tecnica qualitativa, così fertile e valida come dimostra (Kracauer, 1980).

Il paradigma della riflessività

“Nell'introduzione al suo “Verso una sociologia riflessiva” , Alberto Melucci [1998] ha sintetizzato questo mutamento di paradigma in quattro elementi

  1. la centralità che acquisisce il linguaggio;
  2. la ridefinizione dei rapporti tra osservatore ed osservato e la consapevolezza del carattere situato di entrambi;
  3. la doppia ermeneutica riguardante il fatto che la sociologia è un'interpretazione di interpretazioni(cioè un'interpretazionedi ciò che gli attori intepretano quotidianamente) che si offre a sua volta ad altre interpretazioni (quelle che gli attori compiono a proposito del lavoro dei sociologi)
  4. il carattere narrativo e dialogico che assume la presentazione dei risultati della ricerca.

Presi singolarmente, questi elementi non sono originali (il primo rimanda alla <<svolta linguistica>> nelle scienze socialiprodotta dal secondo Wittgenstein e riconosciuta nel modo più influente da Habermas; il secondo può essere fatto risalire alla tradizione tedesca di Simmel, Scheler e Mannheim, anche se per alcuni passa oggi per la mediazione di un pensatore <<sistemico>> originale come Gregory Bateson; il terzo corrisponde esattamente alla lezione della fenomenologia; il quarto può essere fatto risalire al modo in cui Bachtin intendeva la natura di ogni enunciazione e, più avanti, ad alcuni aspetti del decostruzionismo). Ma nel loro insieme producono una svolta epistemologica che ha importanti effetti tanto sul disegno quanto sull'esposizione e sulla valutazione stessa della ricerca empirica.” (Jedlowski e Leccardi, 2003, pag.44) Analogamente, in (Frisina, 2010,pag.121):
“Prima di sostenere che la comunicazione dei risultati della ricerca è innanzitutto una forma di racconto, vorrei richiamare brevemente le caratteristiche rilevanti di quella che può essere definita una vera e propria
<<svolta epistemologica>> nelle scienze sociali [Melucci 1998, 22-31]:

  1. centralità del linguaggio: tutto ciò che è detto, è detto da qualcuno in qualche luogo e il linguaggio è sempre situato e culturalizzato;
  2. ridefinizione del rapporto tra il ricercatore e i soggetti della ricerca: tutto ciò che è osservato nella realtà sociale è osservato da qualcuno all'interno di certe relazioni sociali;
  3. doppia ermeneutica: la ricerca produce interpretazioni palusibili che danno senso ai modi in cui gli attori danno a loro volta senso alle loro azioni e al mondo;
  4. pluralismo nella forma di presentazione di risultati: la forma canonica del linguaggio scientifico con le sue strategie retoriche argomentative non è l'unica disponibile e la necessità di rispondere a <<domande sociali>> (a partire dagli attori coinvolti nella ricerca) spinge a cercare altre forme comunicative più adatte a dialogare su una realtà <<mutevole e prospettica>>, senza per questo diventare <<inconoscibile o riducibile a percezioni soggettive>>.“.

Il marxismo e l'epistemologia del 1900

La differenza

La differenza tra Lenin e Bogdanov, tra Marx e Kropotkin, tra Toni Negri e Marcin Jakubowski sta nel fatto che i secondi (Bogdanov, Kropotkin, Jakubowski) conoscono bene la scienza e la teconologia, oltre a conoscere la filosofia, l'economia e la cultura in generale. I primi (Lenin, Marx, Negri) semplicemente NON conoscono nè la scienza nè la tecnologia. NON le conoscono e NON le hanno mai praticate. Si fa presente inoltre che la tecnoscienza moderna è una costruzione sociale collettiva.

Ernst Mach

Fisico e Filosofo. Mach fu uno dei più influenti filosofi della scienza del periodo a cavallo tra la fine del diciannovesimo e l'inizio del XX secolo, benché le sue opere non siano state immediatamente accettate dalla comunità scientifica.Egli fu il primo pensatore ad applicare alla fisica il metodo di analisi storico critica che tanto efficace si era dimostrato nello studio delle discipline umanistiche. Fu precursore dei dibattiti della fisica contemporanea nel suggerire implicitamente che una teoria fisica soddisfacente debba essere una teoria cosmologica. Lottò, da autentico positivista, per l'eliminazione degli elementi metafisici ancora presenti nelle teorie fisiche; in particolare criticò la nozione di spazio assoluto (il sensorium Dei newtoniano) aggiudicandosi un posto di rilievo tra i precursori della teoria della relatività.Mach sostenne che il fatto, essendo l'ultimo fondamento della conoscenza, potesse essere spiegato solo attraverso le sensazioni, considerate come elementi originari; quindi sono le sensazioni, affermò Mach, a produrre i corpi esterni e perciò decade sia ogni differenza tra l'elemento fisico e psichico, sia la relazione convenzionale di causalità che viene surrogata dal concetto di funzione, quest'ultima definita come la correlazione dei fenomeni.Fu uno dei primi fisici a rinunciare all'ambizione metafisica di descrivere le leggi dell'universo in quanto tali, come oggetti separati dall'osservatore; le leggi fisiche furono da lui concepite come schemi di organizzazione e sistematizzazione dei dati sensoriali e strumentali, in sostanza un prodotto umano che, con un anacronismo tratto dalla teoria dell'informazione, potremmo descrivere come algoritmo di compressione dei dati empirici; concetto questo che egli rese con l'idea di economia della conoscenza. Il pensiero di Ernst Mach - segnatamente, la sua interpretazione sensista della realtà e la sua critica al linguaggio - influenzò direttamente il circolo di Vienna e la corrente filosofica del neopositivismo logico, nonché autori come Hermann Bahr, che da Mach mutuò la definizione di Unrettbares Ich ("io" insalvabile), e Robert Musil, che sulle teorie di Mach incentrò la propria tesi di dottorato in filosofia. La sua filosofia viene generalmente indicata con il nome di empiriocriticismo.

Richard Avenarius

È considerato il fondatore dell'empiriocriticismo, una teoria epistemologica simile a quella di Mach. L'obiettivo di Avenarius è di edificare una filosofia sulla falsariga delle scienze rigorose, che escluda ogni metafisica.Quindi propose come obiettivo primario della filosofia lo sviluppo di un "concetto umano del mondo" che si basasse sull'esperienza pura, visto che l'uomo e il mondo, secondo l'autore, non sono due realtà disgiunte, ma anzi appartengono ad una sola esperienza. Tra le numerose conseguenze di questa impostazione metodologica, Avenarius riuscì ad eliminare la contrapposizione fra il fattore fisico e quello psichico, dato che l'oggetto e il pensiero divengono solo forme differenti degli stessi gruppi di elementi. Avenarius ha cercato di giustificare il pensiero filosofico per mezzo delle ricerche dei biologi, dei fisici e degli psicologi. Gli scritti di Avenarius conobbero un grande successo tra gli intellettuali all'inizio del XX secolo, particolarmente nella Russia nel periodo precedente la rivoluzione di ottobre (Bazarov, Lunačarskij, Valentinov, Bogdanov, ecc.). Di converso il pensiero di Avenarius venne criticato da Lenin, il quale vedeva in esso la difesa dell'idealismo contro il materialismo.

Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov

Il pensiero sistemico trae le sue origini dalla filosofia greca, in particolare da Aristotele e dai primi pitagorici, i quali concentravano le proprie riflessioni sulla forma e sostanza delle cose. Queste riflessioni furono poi riprese nei primi anni del '900 da alcuni studiosi che iniziarono ad elaborare alcune teorie sulla dicotomia struttura-sistema degli esseri viventi. La prima opera incentrata sul pensiero sistemico fu la Tectologìa, elaborata da Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov, la quale rappresentava il primo tentativo di dar vita ad una scienza delle strutture, basata sulla formulazione di principi di organizzazione, che consentivano di comprendere le strutture dei sistemi viventi e non viventi. Bogdanov individuò, quindi, tre tipologie diverse dei sistemi: sistemi organizzati, sistemi disorganizzati e sistemi neutri. Inoltre, la formazione e la regolazione sono i due processi di organizzazione fondamentali per le teorie di Bogdanov. L’opera più originale ed importante di Bogdanov è la Tectologia (Scienza generale dell’organizzazione o scienza delle strutture), in cui egli tentò una formulazione dei principi organizzativi posti a fondamento della struttura di tutti i sistemi, viventi e non. La proposta di Bogdanov consiste nella fondazione di una nuova scienza universale, in cui unificare tutte le scienze sociali, biologiche e fisiche, considerate come un sistema di relazioni da investigare alla ricerca dei principi organizzativi fondamentali di ogni sistema. L’opera, pubblicata tra il 1912 e il 1917, anticipò di molti anni alcuni aspetti della cibernetica, e fu utilizzata nell’elaborazione degli schemi matematici impiegati per la pianificazione economica dell’URSS negli anni venti.Nel 1917 rifiutò di aderire al movimento rivoluzionario, e non lesinò critiche al dispotismo del gruppo dirigente bolscevico. Nel 1923 fu arrestato dalla polizia segreta e condannato ad un periodo di detenzione per la sua supposta adesione ad un gruppo di dissidenti bolscevichi contrario ai modi autoritari del nuovo potere..

Vladimir Vernadskij

Contemporaneamente a Bogdanov, un altro studioso, Vladimir Vernadskij, geochimico, studiava i sistemi viventi e il loro rapporto con il mondo fisico circostante. In particolare, prese come oggetto del proprio studio la biosfera, intesa come sistema vivente, caratterizzata dalla forte interconnessione tra tutti gli esseri viventi che la popolano e che, attraverso processi di scambio, ne alimentano la vita. Inoltre, Vernadskji sostiene che un qualsiasi sistema vivente può essere sempre e comunque considerato un sub-sistema di un sistema più esteso. Solo tra gli anni quaranta e cinquanta del ventesimo secolo fu elaborata da von Ludwig von Bertalanffy la Teoria Generale dei Sistemi, che doveva essere considerata come base comune per tutte le discipline scientifiche. I concetti fondamentali di tale teoria sono l'apertura e chiusura dei sistemi viventi, dell'omeostasi e dell'auto-regolazione e dell'equifinalità. Contribuirono alla Teoria Generale dei Sistemi due studiosi cileni, Humberto Maturana e Francisco Varela.

Il neopositivismo e il nazismo

Moritz Schlick nato a Berlino, 14 aprile 1882, morto tragicamente a Vienna, 22 giugno 1936, è stato un fisico e filosofo tedesco. Fondatore del positivismo logico (o neopositivismo) e del Circolo di Vienna, nacque a Berlino da una famiglia benestante e studiò fisica ad Heidelberg, Losanna e, infine, Berlino con Max Planck.Con l'avvento del nazismo, mentre molti membri del Circolo si rifugiavano in Inghilterra e negli Stati Uniti, Schlick decise di rimanere a Vienna dove nel 1935 ricevette la visita di Herbert Feigl, cui confessò tutta la sua preoccupazione per ciò che stava avvenendo in Germania. Il 22 giugno 1936 mentre saliva le scale dell'università Schlick fu avvicinato da uno studente che lo contestò per le tesi sostenute in un saggio. Quando Schlick fece per obiettare, il contestatore estrasse una pistola e lo colpì mortalmente. Lo studente fu immediatamente processato ma il sentimento razzista lo trasformò in un "eroe ariano" contro la "filosofia senza anima" del Circolo (i più dimenticarono che Schlick non era neppure ebreo). Lo studente omicida fu scarcerato poco dopo e divenne un membro del partito nazionalsocialista austriaco dopo l'Anschluss.

Il neopositivismo e il marxismo-leninismo

Nel 1908 Lenin pubblicò "Materialismo ed empiriocriticismo. Note su una filosofia reazionaria", in polemica con il compagno di partito Aleksandr Bogdanov, uno dei fondatori del bolscevismo e dirigente della corrente di sinistra, con un ruolo preminente nel 1905), il quale sosteneva che l'unica realtà è costituita dall'esperienza e che il marxismo vada aggiornato sulla base delle conclusioni degli scienziati positivisti (Bogdanov stesso era uno scienziato). A lui Bogdanov rispose con un pamphlet, Fede e Scienza, in cui si evidenziavano le incongruenze e le concezioni para religiose di Lenin (il vero oggetto della contendere era la ‘‘teoria del riflesso’‘ che Bogdanov ed altri filosofi marxisti dimostravano essere una deformazione del marxismo da parte di Plechanov a cui Lenin acconsentiva). La posizione filosofica di Bogdanov venne valutata da Lenin una variante dell'empiriocriticismo di Richard Avenarius e di Ernst Mach, sebbene Bogdanov proponesse una visione parzialmente diversa, basata sull'unificazione delle esperienze psichiche e fisiche, da lui denominata empiriomonismo. Restando sul solco di Plechanov, Lenin afferma che «l'unica proprietà della materia [...] è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza [...]. Le nostre sensazioni, la nostra coscienza, sono solo l'immagine del mondo esterno». Pertanto, secondo Lenin, seguendo Engels, la realtà non è, come sostengono gli empiriocriticisti, «una forma organizzatrice dell'esperienza», ma è il modo di essere dell'oggetto a cui il pensiero umano si avvicina secondo una dialettica fra verità assoluta e relativa: il soggetto è il cervello umano, «materia organizzata in un certo modo», che segue le stesse leggi della materia. Lenin sostiene questa polemica senza avere potuto conoscere tutta l'elaborazione filosofica di Marx, pubblicata dopo la sua morte. Più tardi tenterà una rifondazione teorica dei presupposti filosofici marxisti nel breve articolo Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, dove ripete la spiegazione di Engels secondo cui il marxismo è il prodotto originale del confluire di tre grandi filoni di pensiero rappresentativi dei «punti più elevati» raggiunti dal pensiero europeo nel secolo precedente: il socialismo francese, la filosofia tedesca e l'economia inglese. Non tutti i seguaci della politica leninista hanno condiviso tutte le riflessioni filosofiche di Lenin, in particolare la teoria del «riflesso». Il problema è il ruolo della prassi, concetto centrale nel pensiero filosofico di Marx. Se la verità è l'adeguamento del soggetto conoscente all'oggetto esistente di per sé, si contraddice forse la centralità del ruolo della prassi enunciata da Marx nelle sue Tesi su Feuerbach. Se la prassi - l'attività del soggetto sull'oggetto - è la mediazione fra conoscente e conosciuto, è il mezzo stesso del conoscere, essa diviene in Lenin una mera derivazione del riflesso.

Oggi

Detto questo, comunque, le scarne 11 "Tesi su Feuerbach", semplici appunti isolati di Karl Marx, rimangono fuori da tutta l'esperienza scientifica, biologica, fisica, chimica, matematico-filosofica della fine del 1800 e dell'inizio del 1900. Le opere di Charles Darwin in biologia, nè Marx (a parte la formale dedica del Capitale a Darwin, una delle tante banali strumentalizzazioni di politica culturale della teoria dell'evoluzione), nè Engels, nè Lenin hanno mai dimostrato di conoscerle o di averle assimilate; visto il loro determinismo storico, contrario alla logica casuale di Darwin, e alla logica probabilistica di quella che sarà nei primi anni del 1900 la svolta della meccanica quantistica. L'empiriocriticismo di Mach, Arrenius, Bogdanov, e altri influenza la Scuola di Vienna e il neo-positivismo, che influenzarono la scuola sociologica di Paul Felix Lazarfeld, matematico viennese emigrato negli USA. L'empiriocriticismo influenza anche Husserl e la fenomenologia che con Schutz e discepoli influenza in profondità la sociologia contemporanea. Nel filone di Lazarsfeld abbiamo la metodologia quantitativa dei questionari e delle loro "dimensioni", tecnica riduzionista ma pur sempre aperta alla visione critica, nonostante il suo essere una ricerca amministrativa. "The People's Choice" può essere rivisitato in chiave fortemente critica della giovane democrazia di massa americana. Dalla scuola fenomenologica abbiamo la microsociologia di Erving Goffman, l'interazionismo simbolico e la etnometodologia, che hanno vitalizzato le tecniche di ricerca qualitative, senza chiuderle in una teologia. E che si pongono come fortissimi strumenti di critica dell'esistente (per chi li voglia usare). Il fallimento della "società" costruita a partire dalla presa del potere leninista in Russia trova la sua probabile origine e conseguente nemesi storica nella vitalità di una epistemologia aggiornata sulle profonde esperienze scientifiche moderne. Vedi l'importante ridefinizione del ruolo dell'osservatore in sociologia infra Il paradigma della riflessività.

Il marxismo e la teoria delle classi

Prendendo come caso di studio esemplare la storia antica romana, la teoria delle classi marxista non è appropriata a spiegare la struttura della stratificazione sociale nei primi due secoli dell'impero romano (e nemmeno nella precedente repubblica). "In considerazione dell'articolazione qui descritta l'ordinamento sociale nei primi due secoli dell'impero, così come anche in altri periodi della storia romana, sarebbe comprensibile nel migliore dei modi ricorrendo al concetto di struttura per ordini e strati. Al contrario il concetto di classe sarebbe scarsamente appropriato per la definizione di questo ordinamento sociale." (Alfoldy, 1987, pag.204). Vedi per una trattazione esaustiva (Alfoldy, 1987, pag.201-214). Vanno fatti due rilievi che si collegano rispettivamente alla svolta paradigmatica del Il paradigma della riflessività di (Melucci, 1998) ed allo schema IEMP di (Mann, 2005):

  • la contingenza delle situazioni storiche e la capacità di leggerle secondo una doppia ermeneutica: "Quindi sarebbe lontano dalla realtà definire incondizionatamente la società romana del'età imperiale come una società divisa in classi (per tacere totalmente della teoria di una <<società di proprietari di schiavi>>): essa era una società articolata in ordini e strati con una struttura molto particolare che, nonostante tratti comuni, è molto differente anche da altre società pre-industriali" (Alfoldy, 1987, pag.205). Tale complessa struttura vedeva in alto nella stratificazione la aristocrazia imperiale della "familia Cesaris" con i suoi schiavi e liberti, quindi lo "ordo senatorius" e lo "ordo equester". A questa stratificazione verticale ne corrispondeva un'altra decentrata municipalmente su base geografica basata sugli "ordines decurionum", vero scheletro portante di tutto l'impero. La fonte ideologica del potere sociale era così alimentata: "Queste norme scaturirono dalla rinnovata tradizione religiosa e morale di Roma, adattata alle esigenze dell'età imperiale in modo tale da esere collegata con il culto del sovrano e con l'obbligo morale della lealtà all'imperatore. I singoli gruppi sociali curavano il culto del sovrano tramite sacerdoti propri..." (Alfoldy, 1987, pag.210).
  • il marxismo riduce le quattro fonti del potere sociale ad una sola, alla primacy della fonte economica intesa in senso strettamente giuridico come "proprietà dei mezzi di produzione e scambio", eliminando dalla fenomenologia storica i dati più significativi e il loro intrecciarsi secondo una contingenza globale. L'esempio di Trimalchione ridicolizza questo schema di analisi (Alfoldy, 1987, pag.205). Secondo (Mann, 2005) le contingenze storiche derivano ripetutamente da reti di potere che si sviluppano in modo non omogeneo, si sovrappongono, non sono isomorfe, sono promiscue (contengono al proprio interno elementi delle altre reti), soprattutto sono path dependent.

Sviluppo del concetto di morfogenesi come trasformazione sociale concreta partecipata

Dalla morfogenesi (Costa e Gubitta, 2004, pag.29) si può passare alla sociologia applicata (Gallino, 2006, pag.630), alla ingegneria sociale (Gallino, 2006, pag.376) come la intendevano G.Myrdal,R.Sterner e A.Rose di "An American Dilemma" (1944), alla generazione di nuove interazioni sociali all'interno di quelle vecchie in dissoluzione (à la M.Mann), dalla ricerca sul campo alla azione sul campo. "Le prospettive soggetto, sistema, popolazioni, possono trovare una sintesi in un approccio dialettico che fa interagire le tre prospettive. L'azione soggettiva, come si è visto, trova delle limitazioni quando opera all'interno di sistemi fortemente strutturati. Tuttavia all'interno di questi sistemi possono accumularsi tensioni (NdR: vedi I sistemi aperti e le teorie dei sistemi complessi adattativi), e quindi un potenziale di cambiamento che può essere attivato, in particolari contingenze, da azioni soggettive. Nelle teoria delle catastrofi [Zeeman, 1976], si fa l'esempio di un bambino che spostando un sassolino in una parete rocciosa sul mare ne provoca la caduta. E' una forza debole che però attiva tutta l'energia accumulata attraverso l'erosione della base della parete provocata nei secoli dalle maree. A fondamento della morfogenesi c'è l'idea di una razionalità evolutiva che si basa sui seguenti presupposti: a)un'intenzionalità di comportamento; b) la capacità di ridefinire le regole del gioco e delle relazioni tra i diversi soggetti e subsistemi; c) la definizione di strategie inter-soggettive e inter-sistemiche che prefigurano un nuovo equilibrio dopo un periodo di marcata instabilità [Rullani, 1989, p.58]" (Costa e Gubitta, 2004, pag.30-31). Inoltre: "Nella prospettiva morfogenetica potrebbero nascere nuovi attori che fondono il ruolo di impresario e acquirente, per esempio sotto forma di cooperativa di costruzioni, oppure potrebbe affermarsi un nuovo sistema urbano basato sull'affitto piuttosto che sulla proprietà individuale dell'abitazione" (Costa e Gubitta, 2004, pag.30). La progettazione di microstrutture che possono estendersi e modificare l'ambiente sociale è quello che (Mann, 2005) chiama nuove overlapping social power networks che nascono, crescono, si estendono, e si diffondono come organismi vitali all'interno degli "interstizi" della giungla sociale esistente, modificandola o sostituendola tout court. Questo processo, se possibile, all'interno della attuale crisi del modello di civilizzazione, non può che essere frutto di una progettazione organizzativa consapevole, riflessiva, democratica, partecipata da tutti i suoi attori secondo queste modalità. "The masses comply because they lack collective organizations to do otherwise, because they are embedded within collective and distributive power organizations controlled by others" (Mann, 2005, pag.7). Tale partecipazione delle masse alla costruzione delle reti sociali va inserita nel modello della sociologia riflessiva che diventa il modello della azione riflessiva (vedi Il paradigma della riflessività). Dalla intervention sociologique di Alain Touraine alla immaginazione sociologica di C.W.Mills, ad una circolazione delle elites di V.Pareto che comprenda l'intera società civile, alla costruzione del tool Kit per edificare ecovillaggi della Open Source Ecology, alle Community Supported Agricolture. In termini operativi quella che oggi si chiama ricerca diventa decisamente azione riflessiva. "Forme di I.sociale [NdR Ingegneria sociale; nel seguito è evidente l'involontaria aderenza della voce di L.Gallino allo schema IEMP di M.Mann] sono state elaborate e applicate con relativo successo - fatto riferimento ai valori dei centri di potere che le controllavano - sin dall'antichità. Il campo in cui ciò è avvenuto con maggior incidenza e continuità è quello delle tecniche volte a stabilire relazioni sociali stabili e prevedibili tra un certo numero di persone in vista di scopi collettivi reiterabili nel tempo, che vanno sotto il nome di ORGANIZZAZIONE (v.). Ordini religiosi, compagnie commerciali, società di assicurazione, banche ed istituti di credito, la scuola pubblica, non meno della BUROCRAZIA (v.) statale e delle FORZE ARMATE (v.) permanenti, sono il prodotto di secoli di I.sociale. In epoca contemporanea, la forma di I. sociale più elaborata ed efficace - sempre dal punto di vista dei centri di potere - è da vedersi nel complesso delle scienze applicate alla gestione delle aziende (management sciences). Un'altra forma di I.sociale di grande rilevanza è la pianificazione urbana, o urbanistica." (Gallino, 2006, pag.376). Nel momento in cui le masse partecipano attivamente con forme di democrazia diretta al processo di ingegneria sociale stabilendone i fini e controllandone l'applicazione, saranno possibili modificazioni sociali autopoietiche, differenziate, armoniose, profonde, robuste, stabili come un sistema ecologico complesso. Da overlapping social power networks basate sulla gerarchia, la violenza e la sopraffazione, il dominio à la P.Bourdieu con la sua violenza simbolica, si possono sviluppare reti alternative di organizzazioni basate su un potere cooperativo di conoscenza condivisa. Vedi P2P Foundation - Peer to Peer Foundation. L'inevitabile ibridazione di queste reti con le esistenti "overlapping social power networks" non è prevedibile nei suoi sviluppi.

Bibliografia

  • Alfoldy, Geza

1987 Storia sociale dell'antica Roma, Bologna, Il Mulino

  • Bourdieu, Pierre

1976 L'opinione pubblica non esiste, Problemi dell'Informazione, n.1, gennaio-marzo, pag.71-88

  • Bourdieu, Pierre

1998 Il dominio maschile, Milano, Feltrinelli

  • Costa, Giovanni e Gubitta, Paolo

2004 Organizzazione Aziendale Mercati, gerarchie e convenzioni, Milano, McGraw-Hill

  • Frisina, Annalisa

2010 Focus group Una guida pratica, Bologna, Il Mulino

  • Gallino, Luciano

2006 Dizionario di Sociologia, Torino, Utet Libreria

  • Jedlowski, Paolo e Leccardi, Carmen

2003 Sociologia della vita quotidiana, Bologna, Il Mulino

  • Kracauer, Sigfried

1980 Gli impiegati, Torino, Giulio Einaudi

  • Mann, Michael

2005 The sources of social power, vol.I, New York, Cambridge University Press (in allegato al paper)

  • Melucci, Alberto

1998 Verso una sociologia riflessiva. Ricerca qualitativa e cultura, Bologna, Il Mulino

  • Scott, W.Richard

1994 Le organizzazioni, Bologna, Il Mulino

  • Whyte, William Foote

2011 Street Corner Society. Uno slum americano, Bologna, Il Mulino

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