IWIntervista01

Da Ortosociale.

Indice

I temi dell'intervista

Immanuel Wallerstein sulla Imminente Fine del Capitalismo, la Unificazione delle Scienze Sociali, il Sistema Mondo.
In questa esauriente conversazione a cura di Theory Talk, Wallerstein (tra l'altro) spiega perchè il capitalismo è esausto (in inglese "worn out") e perchè il 1968 (la contestazione del 1968) è stato il fatto più importante della storia recente. Più importante del 1917 (Rivoluzione Russa), del 1945 (Fine della II Guerra Mondiale), del 1989 (Implosione della URSS e dei sistemi di "socialismo reale" ad essa collegati). IW spiega anche perchè abbiamo la stretta necessità di superare il divorzio artificiale tra i differenti settori delle scienze sociali e più generalmente tra la filosofia e la scienza. Le opzioni storiche per uscire da questa crisi caotica del capitalismo sono due: un sistema gerarchico e autoritario, ma non più capitalistico, che mantenga però le stesse tecniche di sfruttamento attuali; oppure un sistema più egalitario e pacifico basato su nuove strutture sociali, difficili da definirsi in anticipo, che vanno costruite in questo periodo di 20-40 anni.

Quanto segue sono i paragrafi dell'articolo che toccano questi argomenti.

Sistema Mondo (World System)

Domanda: Qual'è secondo voi la sfida più grande o la principale questione che riguardi le attuali Relazioni Internazionali? E qual'è la vostra posizione o risposta a questa sfida o questione?

La mia analisi del moderno sistema-mondo stabilisce che ci troviamo in una crisi strutturale; che questo sistema di fatto non ha la capacità di sopravvivere; e che il mondo si trova in una situazione caotica che durerà per tutti i prossimi 20 o 40 anni a venire. Questa crisi ha a che fare con la mancanza di un sufficiente valore di surplus a disposizione delle imprese capitalistiche e quindi con la mancanza del possibile profitto che uno può ricavare. Il sistema sta giungendo ad un punto di biforcazione, raggiunto il quale ci si trova davanti a due alternative per uscire dalla presente crisi e costruire un nuovo, stabile sistema-mondo. La più importante battaglia oggi riguarda il problema di quale delle due ipotetiche strade alternative il mondo sceglierà nei fatti. E' molto difficile definire in modo molto preciso queste due direzioni alternative, ma fondamentalmente ci sarà gente che cercherà di creare un nuovo sistema-mondo che replica certe strutture di base del sistema attuale senza essere però un sistema capitalista. Sarà ancora un sistema gerarchico e di sfruttamento. L'altra direzione sarebbe quella di creare un sistema alternativo che sia relativamente democratico e relativamente egalitario. Questi sono tutti termini molto vaghi poichè non si possono definire in anticipo i dettagli strutturali di tale futuro sistema-mondo. Ma ovviamente la seconda soluzione sarebbe dal mio punto di vista un sistema-mondo migliore, mentre l'altra sarebbe come minimo altrettanto cattiva o perfino peggiore del sistema-mondo che abbiamo oggi. Quindi si apre una vera battaglia politica. Di nuovo, è intrinsecamente impossibile predire quale sarà il risultato; l'unica cosa di cui possiamo essere sicuri è che il presente sistema non sopravviverà e che si arriverà comunque ad una soluzione. Noi andremo a creare l'ordine dal caos, secondo la famosa frase di Ilya Prigogine. Questa è sostanzialmente la mia posizione teoretica.

La rivoluzione del 1968

Domanda: La rivoluzione del 1968 ha causato la fine a livello intellettuale dell'idea del liberalismo centrista. Da allora però il capitalismo liberista si è ancorato nel mondo ad una profondità sempre maggiore. Quali sono le tue riflessioni a grandi linee sui cambiamenti che il mondo ha attraversato in merito a questo punto di vista?

Prima del 1968, l'ideologia di ciò che chiamo "liberalismo centrista" ha dominato il mondo intellettuale, economico, politico per almeno un buon centinaio di anni, ed ha marginalizzato sia le dottrine conservatrici che quelle radicali, facendole diventare immagini virtuali del liberalismo centrista. Ora quello che è successo con la rivoluzione mondiale del 1968 è che questa idea automatica che il liberalismo centrista fosse l'unica visione del mondo plausibile è andata in pezzi e siamo tornati in un mondo nel quale c'erano almeno tre maggiori posizioni ideologiche: i veri conservatori, i veri radicali, e una terza posizione con il liberalismo centrista ancora presente ovviamente - ma ora come una delle tre posizioni soltanto piuttosto che come l'unica percorribile posizione intellettuale. Ora quando si parla di ‘capitalismo liberale’ ci si riferisce a quello che spesso si chiama "neo-liberismo" che non è altro che il liberalismo centrista che prima ha dominato il mondo. E' piuttosto una forma di conservatorismo. Ha inseguito un tentativo standard per rovesciare le tre tendenze che sono negative dal punto di vista del capitalismo mondiale: la crescita del costo del personale, la crescita del costo degli input (materie prime e componenti), e la crescita del costo delle tasse. E il neoliberismo – che ha molti nomi, compresa la globalizzazione – è uno sforzo teso a rovesciare queste tendenze ed a ridurre questi costi. In ciò ha avuto parzialmente successo, ma tutti questi tentativi hanno dimostrato ( e dico "tutti" perchè negli ultimi 5 secoli ce ne sono stati veramente pochi) che non si possono far tornare i costi bassi come erano prima. E' vero che i costi del personale, degli input, delle tasse salirono dal 1945 al 1970 e discesero dal 1970 a, diciamo, il 2000, ma mai tornarono ai livelli del 1945. Essi salirono di due punti e discesero di un solo punto. Ora questo è uno schema standard della storia. Penso che l'era del neoliberismo sia assolutamente finita; la sua efficacia è completamente screditata. E la globalizzazione come termine e come concetto sarà dimenticata entro dieci anni da oggi perchè non ha più l'impatto che si pensava avesse, che era di persuadere chiunque a credere nella preghiera della signora Thatcher: "Non ci sono alternative". Questa è sempre stata una affermazione assurda poichè ci sono sempre delle alternative. Ma un gran numero di paesi furono succubi di essa, almeno per un certo periodo. La retorica circa il neoliberismo come unica via è diventata ora vuota retorica. Guardiamo all'Europa – guardiamo proprio al presidente francese Sarkozy, che è chiaramente un protezionista. Non sareste capaci di dirmi il nome di un paese europeo che voglia dare sussidi ai suoi agricoltori poichè questo è sia totalmente impossibile da un punto di vista della politica domestica sia completamente contrario alla logica neoliberista. Mandelson vuole ridurre i sussidi a livello europeo ma non ottiene il supporto politico necessario come Sarkozy gli ha fatto capire chiaramente. Bisogna distingure tra le parole e i fatti. La realtà è che i paesi europei sono non solo protezionisti, ma diventeranno sempre più protezionisti nel corso dei prossimi dieci anni; e così pure Giappone, Cina, Russia e Stati Uniti. L'alternanza tra il protezionismo ed il libero fluire dei fattori della produzione è stato un processo ciclico negli ultimi 500 anni , e ogni 25 anni circa ci si muove da una direzione all'altra. Ora ci stiamo muovendo di nuovo verso un'era protezionista.

Le relazioni internazionali

Domanda: Come siete arrivato a ricoprire il ruolo che ora avete nel campo dell'analisi delle Relazioni Internazionali (le persone che vi hanno ispirato, i libri, gli eventi, come avete concepito le vostre idee)?

Il più importante evento politico nel corso della mia vita è stato quello che chiamo la rivoluzione mondiale del 1968. Per me è stato un evento che mi ha cambiato in modo fondamentale. Io ero alla Columbia University quando la rivolta si manifestò, ma questa è solo un nota a piè di pagina biografica a quanto avvenne politicamente e culturalmente. Io ho tentato molte volte di analizzare cosa accadde esattamente a quel tempo, e quali furono le sue conseguenze; sono convinto che il 1968 è stato più importante del 1917 (la Rivoluzione Russa), del 1939-1945 (la seconda guerra mondiale) o del 1989 (il collasso dei comunismi nell'Europa dell'Est e nella Unione Sovietica), anni questi che la gente normalmente considera come indicativi di eventi cruciali. Questi altri eventi semplicemente avevano meno potere di trasformazione del 1968. Se mi chiedete le persone che mi hanno influenzato, devo fare i nomi di Karl Marx, Fernand Braudel, Joseph Schumpeter, Karl Polanyi, Ilya Prigogine, e Frantz Fanon.

La fine del capitalismo

Domanda: la vostra teoria dei sistemi-mondo parla di una certa dialettica che ha raggiunto un punto culminante nel moderno sistema-mondo capitalistico. C'è una fine a questa dialettica o continuerà per sempre?

No, non può continuare per sempre, perchè nessun sistema continua per sempre. Tutti i sistemi sono storici – ciò è vero per i sistemi fisici e chimici, per i sistemi biologici, e a fortiori per i sistemi sociali. Tutti hanno una vita: vengono all'esistenza ad un certo punto, sopravvivono secondo certe regole, e quindi si allontanano di molto dall'equilibrio e non possono più sopravvivere ulteriormente. Il nostro sistema si è spostato di molto dall'equilibrio. Così i processi, che uno può descrivere, che hanno mantenuto un "moving equilibrium" per cinquecento anni, non funzionano più bene, ed è per questo che ci si trova in questa crisi strutturale. No, è così, non può andare avanti sempre, non può andare avanti nemmeno per altri quaranta o cinquanta anni, e per aggiunta questi anni saranno molto sgradevoli. Ho già descritto i tre costi basilari per i capitalisti: personale, input, tasse. I capitalisti devono pagarli tutti e tre, e vorrebbero sempre tenerli i più bassi possibile. Ci sono delle forze strutturali che hanno saldamente aumentato il costo di questi fattori in percentuale sui prezzi di vendita nell'arco di cinquecento anni, fino alla situazione attuale in cui essi sono così alti che di fatto non puoi più accumulare capitale in modo significativo. Questo fa sì che il gioco non valga la candela. Questo significa che i capitalisti non sono più interessati al capitalismo perchè non gli funziona più. Perciò stanno cercando serie alternative che gli permettano di mantenere la loro posizione privilegiata in un sistema di tipo diverso. Dopo cinquecento anni di funzionamento con successo, le fluttuazioni di questo sistema sono ora così grandi e incontrollabili che nessuno le può più gestire.

Le nuove potenze asiatiche

Domanda: Ultima domanda. Prima della fine del millennio, avete sostenuto che l'Asia dell'Est sarà la nuova potenza egemonica. A questo punto i cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) stanno crescendo. Il sorgere di queste potenze in fase di nuova industrializzazione va visto come un movimento definitivo nel ciclo egemonico di 150/100 anni, o qualche altra parte del mondo prenderà il posto degli Stati Uniti (in circa 50 anni come avete affermato)?

Bene, qui abbiamo a che fare con dinamiche differenti. Prima di tutto c'è quella che chiamo una crisi strutturale che colpisce l'intero modo di produzione capitalistico. Se, come ho indicato prima, perfino i capitalisti stanno cercando alternative al sistema cui hanno dato il nome, perchè è semplicemente troppo difficile fare seriamente denaro attraverso la produzione, allora un nuovo sistema dovrebbe sorgere. La crescita dei BRIC è intrecciata con questa crisi strutturale del sistema capitalistico perchè essi stanno espandendo il numero di persone che condividono il valore globale del surplus prodotto. Semplicemente non c'è abbastanza valore di surplus in giro che dia alle persone alla sommità della scala sociale un reddito significativo. Semplicemente il mondo non può sostenere una situazione in cui il 30-40% della popolazione mondiale viva ai liveli di reddito di, diciamo, la Danimarca – e questo è ciò che cercano di realizzare quelli del BRIC. Il fatto che abbiano successo in ciò contribuisce a sua volta alla crisi del capitalismo, mentre è ovvio che a loro vada bene per il momento. Se non fossimo in questa crisi, l'Asia dell'Est potrebbe continuare a crescere in potenza come sta facendo fino ad ora, fino a formare entro un settantacinque (75) anni la nuova potenza egemonica che succede agli Stati Uniti. Ma il sistema-mondo capitalista non durerà altri settantacinque anni.

Da un'intervista ad Immanuel Wallerstein

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