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Da Ortosociale.

Narcisismo Maschile - immagine da: www.lasatira-politica.com

Nell’articolo "Se tutti gli uomini del mondo", pubblicato da il Paese delle donne il 29 maggio*, Monica Lanfranco conferma alcuni aspetti del modus cogitandi che la teoria del corpo pensante [A.Giuffrida, Il corpo pensa. Umanità o femminità?, Prospettiva Edizioni 2002] attribuisce al maschio umano.

Riferendosi ai padri dei bambini morti perché dimenticati in macchina, traduce in parole la comune esperienza e sostiene che “gli uomini non sono capaci di quello sguardo circolare che invece si dà per scontato nelle donne, anche quelle più misere e di poca cultura”. Ma dire che le donne hanno uno sguardo circolare non è la stessa cosa che affermare, come faccio io, che esse assumono la realtà nel suo insieme, contenendola intera nella loro mente? Sostenere che invece gli uomini non possiedono tale sguardo non significa affermare che percepiscono il reale parcellizzato?

Secondo me, però, non basta fermarsi alla semplice constatazione dell’esistente. Il giornalista Francesco Merlo permette di fare un passo avanti e capire meglio il perché di una differenza così significativa tra i due sessi. Nel suo articolo su la Repubblica del 28 maggio, citato da Lanfranco, solidarizza fraternamente coi padri in questione che, nel tentativo di essere madri, avrebbero “peccato per troppo amore” a causa della discrasia fra “un cuore troppo grande e due occhi soltanto”.

Il fatto è che gli uomini guardano il mondo soltanto con gli occhi, cosa che li rende di fatto ciechi perché “il regno della percezione è assai più vasto di quanto non supponiamo basandoci su ciò che ci dicono gli occhi” [Ramachandran, Blaakeslee, La donna che morì dal ridere, Oscar Mondatori 2003, pag. 82]. In poche parole gli uomini stanno alla finestra, mentre le donne si collocano nel mondo tutte intere, cosa riconosciuta peraltro da Mino Vianello che ha parlato di spazio ovulare per queste ultime e strategico per i primi [M.Vianello, La spada di fuoco, Edizioni Dedalo 2007].

A tal proposito così scrivo nel mio ultimo saggio: “La conoscenza femminile si sviluppa da tutti i sensi mentre quella maschile ne privilegia soprattutto uno, la vista. Il risultato è che la mente delle donne riproduce integralmente la situazione in cui il corpo è immerso, la mente degli uomini, invece, la appiattisce su uno schermo immaginario dove la manipola a suo piacimento. Smarrendo la propria autonoma fisionomia, il reale non è più così reale…” [A. Giuffrida, La razionalità femminile unico antidoto alla guerra, Bonaccorso Editore 2011, pag.23]. Il maschio umano guarda allo stesso modo il proprio corpo che diventa estraneo ed inerte, cosa fra le cose, mero oggetto. Non avvertendo il corpo come fonte di conoscenza, il soggetto conoscente diventa un essere immateriale - ragione, anima o spirito - senza reale fondamento. Per questo motivo il potere cui gli uomini sono tanto pervicacemente avvinti è “così miope e limitato nello sguardo quando si tratta di tutelare il bene più prezioso”, il figlio nella fattispecie, il vivente umano e non umano in generale. Per questo essi si muovono in un universo fantasmatico lontano dalla realtà, come dimostra la politica ridotta ad insulso “teatrino”.

Lanfranco vede il vero quando afferma che “finché gli uomini non faranno un passo indietro rispetto alla smania superegoica che li allontana dalla materialità della vita e finché non si fermeranno a guardare i loro limiti, quelli del loro corpo e della loro forza, non potranno essere né solo padri e neppure solo uomini. Ingranaggi, forse”. Ma se gli uomini sono narcisi sradicati perché lontani dalla materialità della vita, se sono incapaci di riconoscere ed accettare i limiti connaturati agli esseri viventi, non mostrano di essere pargoletti che non hanno raggiunto un maturo sviluppo affettivo-cognitivo? “Il problema è che gli uomini non sono bambini e non si limitano a rappresentare le contraddizioni e l’incoerenza della loro mente sul piano della mera finzione, ma pretendono di gestire la vita della specie come se si trattasse di un gioco” [Ibidem pagg. 379-380].

Riconoscere apertamente noi per prime che essi sono, senza eccezioni, i nostri figli e che hanno bisogno di costruirsi una mente aperta e contenitiva come quella che noi abbiamo sviluppato dando e sostenendo la vita, è l’unica possibilità che abbiamo se vogliamo assicurare alla specie un futuro.

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