Fe31

Da Ortosociale.

Mi ispiro ad un sistema di pensiero che supera la frantumazione analitica del reale imposta dall’approccio cognitivo dominante. La visione unitaria dei problemi in esame mi impedisce di rispondere ad ogni singola domanda. Pur non seguendo l’impostazione generale proposta tento di esporre il mio punto di vista.

  • Non posso far risalire ad una data o ad un preciso episodio il mio accostamento alla nonviolenza. La personalita' decisamente piu' importante e' stata, infatti, mia madre che, da quando mi ha messa al mondo, non servendosi di specifiche teorie o dotte argomentazioni ma con la potente forza del suo esempio, mi ha permesso di assimilare come naturale e normale un modus vivendi altamente razionale e civile. Certo ci sono libri interessanti che parlano di nonviolenza e puo' essere utile leggerli, ma non possono sostituire l’esempio concreto di scelte quotidiane favorevoli alla vita, soprattutto perche' il sistema di pensiero cui si ispirano ignora cosa un vivente sia. Un’affermazione cosi' drastica necessita di un accenno, seppur minimo, alla teoria del corpo pensante da me elaborata, senza il quale tutte le mie argomentazioni sarebbero incomprensibili. Secondo me la mente e' un processo del corpo biologico che e' in grado di trasformare la propria esperienza in conoscenza. L’esperienza riproduttiva e' tra tutte la piu' importante perche' permette di protrarre la vita, ma e' appannaggio degli organismi femminili che nel corso dei millenni si sono dedicati alla costruzione e al sostegno della propria specie. Esperienze siffatte sviluppano una visione ampia, contenitiva e complessiva del reale, la stessa da cui proviene quel tipo di razionalita' che ha consentito alle donne di smarcare la propria specie dalle altre. Estranea alle attivita' di riproduzione e di cura, la mente maschile ha sviluppato un approccio cognitivo al reale che fissa dati singoli, isolandoli dal contesto e opponendoli fra loro. Uno sguardo tanto parziale non restituisce la complessita'; questo e' il motivo per cui l’organismo vivente - quanto di piu' complesso esiste in natura - non viene percepito come soggetto unitario. La filosofia esprime tale defaillance occupandosi di un inesistente essere astratto.
  • La violenza e' endemica nelle comunita' androcentriche e investe qualsiasi ambito perche' intrinseca al sistema di pensiero dominante che non riconosce il vivente. Non ci sono campagne o iniziative che possano davvero estirparla se ci si muove dentro i suoi orizzonti e se ne usano i rigidi meccanismi atomizzanti e oppositivi.
  • Essendo la nonviolenza principalmente rispetto per l’altro, sia esso umano o non umano, non puo' non derivare dalla conoscenza che si ha di lui. Tutto cio' che contrasta soprusi e ingiustizie e' in relazione con il pensiero della nonviolenza, ma se davvero si vuole che la violenza sparisca dal mondo bisogna individuare la fonte dell’oppressione nell’apparato cognitivo che si picca di governare da solo il mondo.
  • Una filosofia che esclude il soggetto stesso della riflessione, l’organismo umano quale centro intelligente ed unitario, e' in se' violenta e proietta la sua ombra annichilatoria su ogni altro sapere.
  • Secondo me piu' che elaborare tecniche e addestrare alla nonviolenza occorre sostenere la formazione di menti cosi' aperte da includere l’estrema ricchezza e variabilita' del reale, cosa che sara' possibile solo grazie ad un nuovo sistema concettuale con caratteristiche adatte alla bisogna.
  • La nonviolenza non e' efficace quando rimane interna alla polarizzazione tipica del pensiero maschile che scarnifica la realta' e radicalizza i conflitti. D’altronde finche' la vita resta marginale nella cultura e la sua cura continua ad essere l’ultimo dei pensieri della politica e delle istituzioni, si puo' ragionevolmente sperare in rapporti significativi col pensiero nonviolento? L’oblio della vita e dei suoi bisogni e' in se' violento e fa della morte la protagonista unica della scena che spetterebbe di diritto alla vita.
  • Ribadisco che la nonviolenza non gode di buona salute in Italia e nel mondo e rimarra' debole e marginale fin tanto che non scaturira' direttamente da una nuova categorizzazione adatta a far ritrovare alla specie le radici vitali. Perche' il pensiero nonviolento operi davvero occorre che concreti corpi umani, fatti di ossa, carne e sangue, tornino ad abitare il mondo, scacciando l’inconsistente uomo universale che da alcuni millenni lo infesta. Il rispetto, la solidarieta', la giustizia si attivano laddove la cura attenta e costante della vita produce l’immediato e chiaro riconoscimento della differenza sostanziale tra vivente e non vivente, tra persone e cose, e una salda presa di coscienza del valore della vita e della sua incommensurabilita'. Poiche' costruiscono il vivente umano e se ne prendono cura, le donne possiedono tali capacita', ma per renderle operanti a tutti i livelli devono riacquistare fiducia in se stesse e accingersi ad organizzare le comunita' attorno alla loro visione del mondo che stringe in un caldo, vitale abbraccio non solo tutta la propria specie ma anche le altre. Fino ad allora un sistema avverso alla vita, che lavora all’inaridimento dell’humus da cui la vita trae alimento, rendera' inoperanti i piu' sinceri tentativi di modificare lo stato delle cose.
  • L’insegnamento-apprendimento del pensiero filosofico praticato per anni mi ha portato ad una critica radicale della Weltanschauung ad esso sottesa e all’elaborazione di una teoria esposta nel saggio Il corpo pensa. Umanita' o femminita'? pubblicato da Prospettiva Edizioni nel 2002. Entro la fine di quest’anno verra' pubblicato un altro saggio intitolato La razionalita' femminile unico antidoto alla guerra.

Mi metto a disposizione per discutere le mie tesi consapevole che, proponendo una rivoluzione senza precedenti nel campo del pensiero, non sia facile accettarle anche perche' comprenderle appieno e' impossibile rimanendo intrappolati nei perversi meccanismi del pensiero dominante.

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