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Da Ortosociale.

Il linguaggio maschile occulta il vero.

Il problema non è solo di rendere sessuate le lingue per dare visibilità alle donne, ma è anche e soprattutto la restituzione di quanto è stato loro proditoriamente tolto; solo così potranno riacquistare quella autorevolezza di cui sono state defraudate e di cui hanno bisogno per ricostruire il mondo a misura di donna che vuol dire, in fin dei conti, a misura dell’intera specie

L’articolo di Graziella Poluzzi Parole innocue ma non troppo mi ha fatto pensare al senso di impotenza che mi assale tutte le volte che l’indignazione nei confronti di un uomo fa affiorare alle mie labbra parole come "cornuto" o "figlio di puttana", le quali offendono in realtà altre donne, mogli o madri, di cui il poveretto sarebbe alla fine vittima innocente.

Inventare epiteti atti ad attribuire al diretto interessato le sue responsabilità senza scaricarle su altre/i, secondo modalità tipicamente maschili, è divertente, liberatorio e pedagogico allo stesso tempo; il linguaggio maschile però produce danni incalcolabili a tutta la specie perché non corrisponde alla verità di fatto che sostituisce e occulta.

Nel mio saggio Il corpo pensa affermavo che "si deve restituire alla parola la sua originaria pregnanza se si vuole sostenere, insieme all’indispensabile operazione di trasparenza, la struttura simbolica materna capace di trasformare il mondo", ma "per essere veritiere le parole devono rendere giustizia alle madri. Non si possono più usare i derivati della parola uomo per distinguere in positivo la nostra specie dalle altre.

Non si può parlare di umanizzazione per definire il processo di incivilimento senza mentire spudoratamente, visto che l’evoluzione è stata determinata dallo sviluppo di speciali qualità da parte delle donne. Si è trattato in realtà di femminizzazione e poiché ancora oggi per molti uomini i valori di civiltà sono ideali irraggiungibili, non di ’umanità’ bisogna parlare per definire la nostra specie e i caratteri benefici che la diversificano, ma di femminità.

Le parole umano, umanistico e simili devono invece andare a coprire il vuoto linguistico per significare l’insieme di atteggiamenti, atti e misfatti che fanno dell’uomo il peggiore tra tutti i maschi che abitano il pianeta.

Da oggi in poi il termine umano dovrà indicare la particolare propensione maschile a fare un uso disinvolto dell’altra e dell’altro, considerato una via di mezzo tra bestia e cosa; l’attitudine a produrre e riprodurre gerarchie, ispirandosi al vile modello della dominanza, che prevede per uno stesso individuo il doppio ruolo di umile lecchino dei potenti e di altero tiranno dei deboli; la diffusa omertà maschile che non solo tende a celare le violenze grandi e piccole, le ingiustizie legali ed illegali nei confronti delle donne, ma si manifesta anche come solidarietà generalizzata nei confronti dei persecutori, dei carnefici, degli sfruttatori, dei criminali di tutte le risme; la cieca distruttività che annienta vite umane, saccheggia, guasta, disfa la natura, sperpera e polverizza le risorse, coltivando estesamente e capillarmente il sadismo che struttura le comunità attorno alla sofferenza e alla morte, anziché alla vita e alla gioia di vivere. La stessa parola uomo non è adatta a designare tutto il genere umano, perché di fatto è la donna che, essendo allo stesso tempo artefice della vita e della civiltà, comprende l’uomo così nel corpo come nella mente, negli aspetti naturali come in quelli culturali.

Il vocabolo fratellanza, poi, non può definire i reciproci legami di affetto e benevolenza fra gli esseri umani, sia perché i legami fra gli uomini più che fraterni sono omertosi, in quanto non si riferiscono in genere ad una disinteressata solidarietà ma al desiderio interessato di sostenere un determinato sistema di potere o determinati privilegi, sia perché è l’affettività materna che coinvolge disinteressatamente tutti, maschi e femmine, in un unico abbraccio ed ha fatto da collante sociale nella formazione delle prime comunità.

Come si vede il problema non è solo di rendere sessuate le lingue per dare visibilità alle donne, ma è anche e soprattutto la restituzione di quanto è stato loro proditoriamente tolto; solo così potranno riacquistare quella autorevolezza di cui sono state defraudate e di cui hanno bisogno per ricostruire il mondo a misura di donna che vuol dire, in fin dei conti, a misura dell’intera specie.

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