Fe20

Da Ortosociale.

La razionalità maschile che uccide le donne
di Angela Giuffrida
Nelle risposte alla domanda: "Maschi, perche' uccidete le donne?", posta dal quotidiano "Liberazione", manca in genere la coscienza piena del fatto che cio' di cui si parla - l'assassinio delle donne da parte di padri, fratelli, fidanzati, mariti e persino figli - sia un crimine, anzi il piu' abietto dei crimini perche' commesso contro le madri della specie, a cui gli uomini devono la loro esistenza. Non si spiegherebbe altrimenti l'innocente invito di Alessandro Curzi a "pensarci un po'" sull'assenza di indignazione - meglio dire sull'assurdo silenzio - da parte del sesso forte di fronte agli "assalti violenti, tanto spesso mortali, dei quali e' vittima una donna"; ne' si capirebbe la serafica esortazione di Pasquale Voza a "fare molta attenzione" perche', ora che "c'e' la lunga campagna elettorale", "fare gruppi pubblici di autocoscienza maschile" sarebbe fuorviante (ove si vede come la campagna elettorale rivesta un'importanza superiore alla vita degli esseri umani), o il "fuori tema" di Fabrizio Giovenale il quale, ignorando che la ricerca del Consiglio d'Europa si riferisce alla violenza domestica come prima causa di morte delle donne nel mondo, conclude che "invecchiando le cose migliorano". Nei suddetti interventi manca, altresi', la consapevolezza che la resistenza opposta sia da destra che da sinistra ad un possibile empowerment femminile, mantenendo le donne in posizione di subalternita' rispetto all'uomo, le consegna inermi alla violenza maschile. Ma cio' che e' soprattutto assente e' l'idea che il costante ricorso alla violenza letale, cosi' come ad ogni altro tipo di violenza, in tutte le guerre combattute dagli uomini non solo contro le donne, scopre evidenti carenze nella mente maschile che si vuole, invece, produttrice della razionalita' con la erre maiuscola, l'unica di cui la specie intera possa disporre. Non si usano forse i muscoli quando non si hanno argomentazioni razionali da far valere civilmente? Ne' risolve il problema definire la violenza "una patologia dell'affezione, del desiderio" e attribuirla al "bisogno ossessivo di identita' del maschio" (Franco Berardi), oppure ad "una carenza della dimensione intima" (Roberto Melloni), ritenendo necessaria la ricostruzione di "un contatto con la sfera del mondo interiore" (Franco Giordano), perche' uno sviluppo inadeguato dell'affettivita' rende difficile elaborare risposte complesse agli stimoli emotivi, traducendosi comunque in un deficit cognitivo. La "falla... della propria capacita' critica", che Roberto Melloni individua nel privato, deve essere estesa anche alla sfera pubblica, se e' vero che gli uomini hanno "la pretesa di interpretare da soli che cosa e' universale e oggettivo", proponendo il proprio genere come modello superiore e unico, mentre perpetuano "l'orrore di avere ragione con la forza e la violenza" (Alberto Leiss). L'estremo squilibrio e la generale irrazionalita' delle societa' androcratiche non rispecchiano forse lo squilibrio e l'irrazionalita' della mente che le governa in ogni parte e ad ogni livello? E ancora, come mai "la ferrea sicurezza che le donne non possano avere opinioni e tanto meno rivendicazioni e' purtroppo dura ad estinguersi" (Andrea Milluzzi) e persiste la "fatica a riconoscere la liberta' e l'autorita'... di una donna" (Alberto Leiss), mentre la civile e operosa vita quotidiana della gran parte delle donne del mondo evidenzia una superiore razionalita', confermata peraltro dalle ricerche scientifiche? Non e' che gli uomini nascano sani e poi si ammalino, come crede Giulia Ingrao; il problema sta nel cosiddetto pensiero razionale che, non essendo in grado di inglobare il "pensiero senza coscienza", cioe' la dimensione affettiva, di razionale ha ben poco; gli esseri umani, infatti, possono pensare proprio perche' sono sensibili ed "affettivi". E' percio' necessario che quanti, come Stefano Ciccone, ritengono "necessario che nel maschile si apra una riflessione", avendo ben compreso che la violenza interroga la "normalita'" maschile, mettano prima di tutto in discussione il sistema di pensiero che produce modelli rigidi e conflittuali, contrari alla flessibilita' dei viventi e alla loro intima connessione.

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