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Da Ortosociale.

Donne e uomini non sono poli opposti che si attraggono
Non si è riflettuto abbastanza sulle conseguenze nefaste dell’idea di dominanza che caratterizza e struttura le comunità androcentriche
di Angela Giuffrida - Pubblicato su Il paese delle donne on line

Cosa c'è nella mente dell'uomo?

Equiparare l’attrazione fra i due sessi e i fenomeni elettrici fa parte di un immaginario collettivo tanto stantio quanto errato che occorre superare. L’idea che donne e uomini siano poli opposti che si attraggono deriva dall’inclinazione tipicamente maschile a polarizzare la realtà, falsandola.

Gli uomini sono i figli delle donne e nell’abbraccio amoroso entrambi sono attratti dall’archetipo femminile; infatti anche le fantasie femminili si strutturano attorno ad un corpo di donna. Nel mio primo saggio, Angela GiuffridaIl corpo pensa – Umanità o femminità?, Prospettiva Edizioni, 2002, pagg. 49,50, così concludevo la dimostrazione dell’irrazionalità interna alla teoria freudiana dell’invidia del pene: “…Presentata come esercizio di maschia superiorità, l’attività sessuale è umiliante per la donna: la libido è maschile, la potenza sessuale è, quindi, patrimonio dell’uomo; lui è attivo mentre lei è passiva; lui sta sopra e lei sotto; lui domina e lei è dominata; lui è il soggetto, lei l’oggetto e come tale priva del valore e della dignità di persona. Eppure basta soffermarsi un solo istante a riflettere per accorgersi che la realtà è ben diversa: a parte l’infantilismo insito nell’attribuzione di un valore alla posizione e all’attività nell’abbraccio sessuale, che dovrebbe prevedere la reciprocità, la possibilità di procurarsi a vicenda emozioni, indipendentemente dal ‘movimento’ e dalla ‘collocazione’; a parte il fatto ovvio che non sta scritto da nessuna parte che la donna dev’essere passiva e stare sotto; la passività femminile rispecchia, comunque, una condizione di privilegio non di inferiorità. Lei non ha bisogno di agitarsi perché tutto l’universo dei desideri sessuali, sia maschili che femminili, ruota attorno ad un corpo di donna e d’altra parte tutto ciò che lui fa durante il rapporto lo può fare proprio perché lei è donna; il turgore del pene eretto dipende da lei anche quando lei non c’è, infatti anche se vuole masturbarsi un uomo deve pensare ad una donna e lo stesso rapporto tra omosessuali segue la tipica modalità maschio-femmina. Quando una donna e un uomo fanno l’amore, l’archetipo di donna che entrambi hanno in mente si incarna in quella donna particolare: tutti e due stanno amando lei. Per usare una terminologia tanto cara agli uomini, lei è la forte, suo è il potere di dare e ricevere piacere, e se anche lui la stupra o la uccide, non sposterà di una virgola il fatto che dipende e dipenderà sempre da lei. Il dominio è l’arma attraverso cui il maschio ha cercato di capovolgere la situazione a suo vantaggio”.

Ma, aggiungo, è un’arma spuntata perché non c’è modo di cancellare la centralità femminile ed è per questo che l’improvvida guerra scatenata contro le donne è in radice perdente e rende gli uomini sempre più rabbiosi, facendoli arretrare verso una feroce bestialità, sconosciuta ai maschi delle altre specie animali.

Giustamente Federico, nella sua risposta al mio articolo riguardante l’intervento di Luttazzi, sostiene che la visione maschile della sessualità come dominio è da tempo conosciuta. Certo è, però, che non si è riflettuto abbastanza sulle conseguenze nefaste dell’idea di dominanza che caratterizza e struttura le comunità androcentriche in tutti i loro aspetti. Intanto erotizza la violenza ed è perciò responsabile di guasti gravi nelle relazioni sessuali che spesso sfociano nell’assassinio, ma più in generale, negando l’autonomia del vivente, ridotto a puro mezzo dalla debolezza maschile in cerca di onnipotenza, imbriglia la creatività di cui gli organismi devono servirsi per continuare ad esistere. Poiché “ridondanza, movimento e imprevedibilità sono ciò che permette il cambiamento evolutivo, quindi, in ultima analisi, l’esistenza e la sopravvivenza stesse degli individui e delle specie”, i rigidi meccanismi entro cui la propensione a dominare ingabbia la vita non possono che produrre il suo annullamento.

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