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Da Ortosociale.

Ma davvero il progresso umano può scaturire da azioni distruttive?
Ha senso fare affidamento sugli uomini per rendere giustizia della violenza sulle donne?
mercoledì 18 aprile 2007 di Angela Giuffrida - Pubblicato su Il Paese delle donne on line
In tutto il pianeta, a nord come a sud, ad occidente come ad oriente, gli uomini vergognosamente sfruttano, emarginano, violano, uccidono le donne. Per la verità essi non risparmiano neanche l’altro uomo e, in più, fanno il possibile e l’impossibile per cancellare ogni forma di vita dalla faccia della terra. Che cosa devono fare ancora perché sia definitivamente chiaro che quando si vantano di possedere, unici al mondo, la Ragione con la erre maiuscola millantano un credito che non hanno? Quanto tempo dovrà passare prima che la manifesta parzialità di tale sedicente ragione evidenzi appieno l’impossibilità di contenere al proprio interno le più giuste rivendicazioni? Leggo su Noidonne di aprile l’esposto dell’UDI al Procuratore Generale della Repubblica di Roma. Si chiede l’attivazione di un’indagine conoscitiva circa il comportamento omissivo di Presidii deputati alla tutela delle cittadine, autrici di denunce ed esposti a causa di violenze subite. Naturalmente lo condivido ma so, come ogni donna sa in cuor suo, che non otterremo ascolto e rispetto dei nostri diritti per questa via. “Affermare l’illegalità della prevaricazione violenta di un genere su un altro, è la prevenzione”, scrive Stefania Cantatore. Giusto, il problema è però che tale prevaricazione si incardina nella struttura stessa del sistema e l’uguaglianza tanto decantata è un’uguaglianza solo formale, cioè “a parole”. La latitanza di chi dovrebbe salvaguardare le cittadine si iscrive in un clima di generale solidarietà-connivenza con i furbi e i prevaricatori e di diffusa indifferenza di fronte alle ingiustizie. Le comunità patriarcali “ammiccano al male”, più o meno scopertamente; visto che si ispirano tutte al dominio, i loro sistemi giuridici sono stati creati per sostenere l’ oppressione, perciò le leggi tendono a garantire i carnefici non le vittime, i colpevoli non gli innocenti, mentre le risorse economiche vengono destinate prioritariamente al finanziamento di imprese e tecnologie di distruzione. Persino la divinità si fa garante e portavoce dell’ingiustizia, dell’autoritarismo, della violenza sociale istituzionalizzata. Ma anche nella vita quotidiana è possibile notare un’istintiva solidarietà maschile verso chi si macchia di qualsivoglia reato. In determinati ambienti siciliani viene considerata “babba”, cioè stupida, la persona onesta così come un’intera provincia, regione o nazione esente dal virus della mafia; ma in genere nella mente maschile le equazioni onestà=stupidità e furbizia=intelligenza continuano ad operare, anche se talvolta a livello inconscio. L’idea stravagante che fa scaturire il progresso umano e civile da azioni distruttive e violente rappresenta un punto fermo nel pensiero maschile. Non ci insegnano forse i libri di storia che la civiltà è stata generata dai cacciatori, cioè che “l’uomo – come dice Robert Ardrey - si è evoluto dalla condizione di antropoide per un motivo soltanto: perché era un assassino”? Partendo dal principio della fecondità della contraddizione, Hegel arriva ad esaltare la guerra, assegnandole addirittura il gravoso compito di permettere l’evoluzione dello Spirito. Lo stesso Marx, politicamente agli antipodi rispetto ad Hegel, legittima la violenza perché vuole realizzare il comunismo, che è “il completo, consapevole ritorno dell’uomo a se stesso, come uomo sociale, cioè come uomo umano”, grazie alla sovversione violenta della società capitalista e alla imposizione della dittatura del proletariato, mentre il socialdarwinista Spencer giustifica lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e la guerra, considerandoli mezzi necessari perché i più capaci si affermino, “migliorando” la società nel suo complesso. Dal canto suo Freud ripone in un evento criminoso, l’assassinio del padre, l’origine di ogni civiltà. Che dire poi della stratosferica balla smithiana secondo cui in economia i “vizi privati” si convertirebbero in “pubbliche virtù”? Nel mondo ogni tre secondi un bambino muore di fame, tuttavia la dottrina è considerata ancora valida tanto che il capitalismo imperversa su tutto il pianeta come modello unico e insostituibile. La ferocia che insanguina il pianeta rimanda in modo inequivocabile ad una mente votata alla distruzione e alla morte. Gli uomini sono legati agli aspetti più aspri e ferini presenti in natura e li rafforzano con le loro scelte. Stando così le cose, ha senso fare affidamento su di loro perché ci rendano giustizia? L’illusorietà di tale speranza appare al di là di ogni ragionevole dubbio.

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