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Notizie Giuridiche - Articolo dell'Avv. Marco Caliandro

La nostra lingua, il nostro parlare comune, il linguaggio quotidiano che usiamo tutti i giorni si sta lentamente modificando con l’introduzione di termini e modi di dire propri di altre lingue. E così accade anche nel nostro sistema giuridico, che si adatta ai tempi moderni: per esempio, quante volte abbiamo sentito parlare di “stalking” o “mobbing”? Conosciamo il significato di questi termini e gli ambiti giuridici a cui si riferiscono? Partiamo dallo “stalking”. Solo da pochissimo tempo il nostro legislatore, con la legge 23 aprile 2009 n. 38, ha voluto colmare una lacuna presente da anni nel nostro ordinamento in tema di molestie o di atti persecutori, introducendo nel nostro codice penale l’art. 612 bis, a tenore del quale «salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero di ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». Con questa norma lo Stato ha voluto contrastare quel fenomeno che, giornalisticamente, viene denominato “stalking” (dall’inglese “to stalk” che significa appunto “molestare”, “perseguitare”), e che consiste in una serie di comportamenti posti in essere da un soggetto finalizzati a perseguitare e ad ingenerare in una vittima stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità. La norma è stata introdotta soprattutto a tutela della donne, spesso vittime di ammiratori molesti o di ex mariti o ex fidanzati gelosi, ma anche di tutte quelle persone che, a causa del loro ruolo nella società (pensiamo ad esempio a politici, cantanti famosi, VIP o personaggi del mondo dello spettacolo) rischiano di essere oggetto delle morbose attenzioni di qualche “fan” sfegatato o, al contrario, di qualche violento detrattore. Per certi versi, il “mobbing” è molto simile: con tale termine, sempre di derivazione inglese, intendiamo il comportamento illecito e protratto nel tempo del datore di lavoro o dei colleghi, preordinato e finalizzato all’emarginazione o all’eliminazione dal posto di lavoro del lavoratore che ne è vittima. Siamo in presenza di un fenomeno ampiamente riconosciuto da parte dei Giudici del Lavoro, in quanto pare che un numero sempre più alto di lavoratori affermi di essere, o di essere stato, vittima di “mobbing”, anche se, in Italia manca ancora un’apposita legge a tutela del lavoratore. Dunque lo “stalking” e il “mobbing” si differenziano tra loro anzitutto perché nel primo caso, l’aggressore molesta la propria vittima nell’ambito della propria vita privata, mentre nel caso del “mobbing” il molestatore opera all’interno dell’ambiente di lavoro. Sono invece molto simili per via degli effetti negativi che tali comportamenti provocano: svilimento della personalità e della dignità umana, disturbi psicofisici, perdita di fiducia e di autostima, stato d’ansia, ecc., tutti fenomeni che vanno ad influire in maniera pesante sulla sfera personale, e non solo economica o professionale, della vittima.

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