Discussione:Economia17

Da Ortosociale.

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Piero Pagliani

Grazie Mauro per il tuo scritto, molto interessante. Sono contento che abbia ottenuto risonanza. Veramente non so cosa pensare di un economista come Krugman che dice “bel fresc”: “Ohibò, ma allora la bolla immobiliare era una bolla; ma allora la bolla dotcom era una bolla!”. Già, chi l’avrebbe mai immaginato che le bolle erano bolle? Lo si capisce solo quando scoppiano. Cosa ci vuole a capire che la finanziarizzazione passa da una bolla all’altra? Lo capisco anch’io che di economia so ben poco. Basta il buon senso e ... la conoscenza della Storia. Perché questa non è la prima finanziarizzazione del capitalismo. Possibile che la Storia sia così poco maestra? La domanda vera da porsi è: sarà l’ultima? Domanda collegata: il contesto della crescita postbellica è irripetibile? Alla seconda domanda io rispondo senz’altro di sì: è irripetibile. La prima domanda è invece a tranello, perché questa non è l’ultima finanziarizzazione solo se ci sarà un nuova crescita. Il problema è allora: che diavolo di crescita ci può essere? Ovvero, che diavolo di accumulazione si possono inventare? Krugman suggerisce, a quanto ho capito, la solita ricetta di scavare buche (magari con tecnologie molto smart - inquietante la faccenda dei Google-glass) per riempirle. Solo che non so perché Krugman si immagina condizioni per cui lo dovrebbero fare le imprese private. Boh! Ho capito bene? Concludo. In questo momento il dibattito a sinistra è incentrato su Euro sì-Euro no. A mio avviso il dibattito è condotto su linee sbagliate. L’unico tema che secondo me riveste reale importanza è quello della dimensione che garantisce la massima democrazia e capacità popolare di intervento. E’ una dimensione nazionale o europea? Invece il tema svolto è: quale dimensione può garantire una ripresa, cioè una nuova crescita? L’Euro, l’Euro riformato o una nuova Lira? Io non amo per nulla l'Euro, ma i fautori del suo abbandono quasi immancabilmente vorebbero dimostrare coi loro modelli che se lo si fa si ritornerebbe a crescere come ai tempi d'oro. In questi 50 anni non sarebbe successo nulla! I loro modelli dovrebbero, chissà perché, essere eterni. In realtà sono eterni perché la dinamica materiale non è rappresentata. Un bel modo di rappresentare la realtà. Comunque, nessun sembra metere in dubbio che in un modo o nell’altro ci possa di nuovo essere crescita. Con più Europa o, viceversa, con più Italia. E “crescita” in una situazione di disoccupazione drammatica come quella attuale è un termine magico. Forse è ora che si incominci a dire anche in questi ambienti, che ci sono contigui, che la crescita come è stata conosciuta ed immaginata finora è finita e che bisogna incominciare a pensare a una drastica riduzione dell’orario di lavoro e a fare una programmazione economica centrata sul rapporto uomo-sfera ecologica. Insomma, solo un paio di idee. Un caro saluto Piero

Pierre Tosi

Care amiche e cari amici, in effetti i keynesiani di oggi non sono quelli di ieri, ma giova ricordare che Keynes intendeva inoculare nella società statunitense germi di socialismo o di statalismo a mo' di vaccinazione, proprio allo scopo preciso di salvare e rinvigorire il sistema capitalistico. In questo senso, non v'è forte soluzione di continuità; sarebbe bene che i (mini-)leader della sinistra radicale(!?!) che si sono quasi tutti improvvisamente innamorati di lui se ne rendessero conto. Personalmente io preferisco riferirmi a Marx per la pars destruens (l'autodistruttività del capitalismo sembra confermarsi ogni giorno di più) e per la pars construens a Bakunin, che quest'anno ne compie duecento e fin dall'inizio aveva capito quanto fosse pericoloso affidarsi, sia pure transitoriamente, a Stato e Partito, il che mi pare sia stato ampiamente confermato dalla storia. Nel merito. Rendere il denaro una merce deperibile, la cui detenzione comporta cioè una spesa senza il percepimento di interessi, è un'idea che ha indubbiamente elementi di genialità e che avevo sentito proporre anche in ambienti alternativi vicini ai nostri. Nella famosa complessità sociale dei giorni attuali essa potrebbe presentare risvolti sia (molto) positivi, sia (molto) negativi. Da un punto di vista filosofico, una sorta di svalorizzazione del denaro in una società che vive nella sua totemica idolatria potrebbe avviare meccanismi mentali, e non solo, altamente apprezzabili. Dall'altra parte, e condivido in proposito le osservazioni di Mauro, il denaro totalmente dematerializzato, circolante solo in forma elettronica per il tramite ineludibile delle banche a fronte di ogni seppur minima transazione, consentirebbe una forma di controllo ancor più potente e invasiva di quelle attuali. Forse, ma chi lo sa?, ciò darebbe finalmente impulso alle monete locali e alternative. Ci sarebbe infine da chiedersi se scoraggiare l'accumulo di denaro da parte dei grandi possessori di ricchezze non comporti una corsa a determinati beni d'investimento, case in primis come ai tempi dell'inflazione italiana a due cifre, determinando nuove scarsità ai danni di chi ne ha bisogno per l'utilizzo personale. L'irruzione della stagnazione secolare negli alti livelli del dibattito economico dimostra che i fautori della decrescita già ci vedevano bene, e a lungo termine (anche senza gli occhiali di Google!). Non dobbiamo però illuderci che questa ammissione abbia solo buone conseguenze e favorevoli ai nostri scopi di giustizia sociale e ambientale. Da qualche tempo si odono voci che usano strumentalmente questo concetto per giustificare la decrescente remunerazione del lavoro, senza dimenticare i rischi di ecofascismo paventati da U. Beck e Latouche o di ritorno a un tradizionalismo oscurantista come in fondo auspica l'anti-sviluppista de Benoist. Il lavoro culturale di chi genuinamente crede nel dopo-sviluppo sarà insomma particolarmente importante, così come sarà di grande rilevanza mantenersi aggiornati sulle evoluzioni della discussione in corso (in questo caso è giusto ringraziarne sentitamente Mauro). Pierre

Serge Latouche

Cari Amici, Probabilmente siete avvertiti della morte recente della nostra amica Carla Ravaioli. Con Karin avevamo cenato insieme un po prima di natale. Questa foto sara' la nostra ultima e forse anche la sua... Aveva qualque perturbazione della memoria ma per il resto era in gamba. Lei era venuta a Roma III per la mia conferenza e anche al dibattito con Torrealta e Landini al teatro paradiso. Dopo la Cena fatta insieme, malgrado la pioggia ci ha accompagnato fino a Torre Argentina e voleva a mezzanotte andare a piedi fino a Trastevere. Ero' molto imbarassato perché voleva scrivere un libro con me... Quando lei ci ha confessato a tavola di aver più di novant'anni siamo rimasti stupefatti. Insomma una bella fine. Un caro saluto a tutti, Serge Latouche

Carla Ravaioli

Carla Ravaioli

Molto triste e molto tenero. Conoscevo Carla Ravaioli solo per i suoi lavori e il suo impegno, non personalmente. Anche pensando alla bellissima età che ha raggiunto mi rattrista sempre la perdita di militanti e pensatori della sua generazione, di persone che in qualche modo sono la Storia. Piero Pagliani

Remo Ronchitelli

Mi inserisco nel dibattito. Trovo molto stimolanti le considerazioni di Pierre Tosi, soprattutto come invito ad "autoliberarci" l'immaginario. Mi fermo sulla indicazione PARS DESTRUENS (Marx, autodistruzione capitalistica) e PARS CONSTRUENS (Bakunin, Stati e Partiti). Mi sembra un'OTTIMA impostazione. Mi permetterei un tentativo di IMPLEMENTAZIONE in questa (scandalosa) direzione:

  • PARS DESTRUENS Mauro Buoniauti "IL COLLASSO CAPITALISTICO" o pudicamente "La grande transizione"
  • PARS CONSTRUENS Piotr Kropotkin (Il Muotuo Appoggio) e il suo prosecutore Yochai Benkler (Harvard)

La mia motivazione teorica è, in poche righe (una dozzina), qui:

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