Sociologia28

Da Ortosociale.

Indice

Organizzare

La struttura del paper

La struttura del paper segue queste linee:

  • critica dell'approccio alle organizzazioni astratto, essenzialista e reificato di (Scott, 1994), e della sua categorizzazione dei quattro modelli: chiuso razionale, aperto razionale, chiuso-naturale, aperto naturale (Scott, 1994, pag.130, TAB.5.1);
  • proposta alternativa di (Mann, 2005), come illustrazione o narrazione (vedi infra Il paradigma della riflessività) delle organizzazioni, narrazione diacronica, generale, opportunamente idealtipizzata. Il libro di (Mann, 2005) sulle sorgenti del potere sociale è in realtà un libro sulle organizzazioni, intese come gruppi umani “organizzati” nel perseguimento di scopi (goals), tra i più vari. I quattro aspetti delle fonti del potere sociale sono: ideologico, economico, militare e politico, secondo il modello di analisi siglato IEMP. Mentre R.Scott considera le organizzazioni dal 1930 al 1980, Mann considera quelle dal Paleolitico al 1914 (comprendendo il Vol.II), con una inevitabile maggiore profondità di visione e semplicità-potenza di schema interpretativo. Al paper allego le 33 pagine del I capitolo di (Mann, 2005) completo di bibliografia;
  • integrazione di (Mann, 2005) con lo studio delle organizzazioni aziendali moderne di (Costa e Gubitta, 2004); l'integrazione è possibile e naturale dal momento che (Costa e Gubitta, 2004, pag.7, Fig.1.4) seguono un approccio evolutivo (potremmo anche definirlo processuale contestualizzato) che corrisponde all'approccio "storico" di (Mann, 2005). Più in profondità, l'approccio Strategia e Struttura, cioè il cosa produrre e il come produrre dell'organizzazione (Costa e Gubitta, 2004, pag.5), corrisponde a "organizations, institutional means of attaining human goals" di (Mann, 2005, pag.2). La valenza pratica e didattica dell'integrazione va oltre alla copertura del dominio dei fatti storici che vanno dal paleolitico al 1914 (Mann, 2005), e nella prima e soprattutto nella seconda metà del 1900 (Costa e Gubitta, 2004). La conoscenza del contesto moderno attuale, con la sua prevalenza dell'impresa capitalistica, ben documentata da (Costa e Gubitta, 2004) è un buon punto di partenza, anche per mettere in ombra teorie che oggi non servono più (vedi Il marxismo e l'epistemologia del 1900) o che erano già sfocate agli inizi del 1900 (La Leadership Craismatica o Fuhrerprinzip e la burocrazia di Max Weber) per cercarne di nuove e alternative, magari scavando nella storia, nell'antropologia, nell'archeologia per trovare studi di caso generalizzabili.
  • uso degli ultimi tre capitoli di (Costa e Gubitta, 2004) per prospettare workshop di costruzione di organizzazioni alternative sul modello delle convenzioni (Linux, Open Source, Open Source Ecology). L'efficacia didattica, la capacità di sintesi, la scelta coraggiosa di un preciso modello [quello delle tre dimensioni: Attori, Relazioni, Ambiente, (Costa e Gubitta, 2004, pag.7, Figura 1.5) ] derivano dal suo organizzarsi sullo scopo della progettazione organizzativa. “Per questa ragione progettare organizzazioni non significa solo disegnare organigrammi, definire posizioni e ruoli, stabilire procedure e così via. Significa anche, e soprattutto, capire processi economici, tecnologici e normativi e intervenire su complesse dinamiche interpersonali e interorganizzative. Per questa ragione, l'organizzazione deliberata sarà sistematicamente diversa da quella emergente sulla base di tali dinamiche [NdR: vedi proprietà emergenti dei Sistemi Complessi Adattivi]. Nondimeno si cercherà di progettare l'organizzazione.” (Costa e Gubitta, 2004, pag.31-32.). Il focus costruzionista (dell'organizzazione), oltre alla sua immediata valenza didattica, filtra gli spunti teorici sulla base della loro utilità attuale. Questo viene realizzato nel cap.5, “Le forme organizzative unitarie e divisionali”, dove si progetta la macrostruttura organizzativa con unità di comando stabili e definite e confini pure stabili e definiti; nel cap.6, “Le adhocrazie e le forme organizzative ibride”, dove si progetta la macrostruttura organizzativa con unità di comando fluida e confini indefiniti; nel cap.7, “Organizzare il lavoro delle persone”, dove si progetta la microstruttura, che ha il compito di “fare le cose” e dove si considerano i cambiamenti radicali nell'organizzazione del lavoro quali lavoro a progetto, lavoro a team, lean organization, comunità di pratiche o virtuali, telelavoro, knowledge worker, networking, strutture a matrice.
  • dalla morfogenesi alla sociogenesi, dalla sociologia a alla sociogenetica. "Le prospettive soggetto, sistema, popolazioni, possono trovare una sintesi in un approccio dialettico che fa interagire le tre prospettive, L'azione soggettive, come si è visto, trova delle limitazioni quando opera all'interno di sistemi fortemente strutturati. Tuttavia all'interno di questi sistemi possono accumularsi tensioni (vedi ), e quindi un potenziale di cambiamento che può essere attivato, in particolari contingenze, da azioni soggettive. Nelle teoria delle catastrofi [Zeeman, 1976], si fa l'esempio di un bambino che spostando un sassolino in una parete rocciosa sul mare ne provoca la caduta. E' una forza debole che però attiva tutta l'energia accumulata attraverso l'erosione della base della parete provocata nei secoli dalle maree.". "Nella prospettiva morfogenetica potrebbero nascere nuovi attori che fondono il ruolo di impresario e acquirente, per esempio sotto forma di cooperativa di costruzioni, oppure potrebbe affermarsi un nuovo sistema urbano basato sull'affitto piuttosto che sulla proprietà individuale dell'abitazione" (Costa e Gubitta, 2004, pag.30). La progettazione di microstrutture che possono estendersi e modificare l'ambiente sociale è quello che (Mann, 2005) chiama nuove overlapping social power networks che nascono, crescono, si estendono, e si diffondono come organismi vitali all'interno degli "interstizi" della giungla sociale esistente, modificandola o sostituendola tout court. Questo processo, se possibile, all'interno della attuale crisi del modello di civilizzazione, non può non essere frutto di una progettazione organizzativa consapevole, riflessiva, democratica, partecipata da tutti i suoi attori secondo queste modalità. Tale partecipazione va inserita nel modello della sociologia riflessiva che diventa il modello della sociogenesi riflessiva (vedi Il paradigma della riflessività). In termini operativi quella che oggi si chiama ricerca diventa decisamente azione riflessiva.

(Mann, 2005) vs (Scott, 1994)

da un studio di teorie che implicano la necessità di ulteriori teorie di raccordo delle teorie sottostanti, in una ricorsività poco economica sul piano della teoria (Scott, 1994), si passa a uno "skeptical empiricism" (Mann,2005, pag.4) basato su studi di caso storici e su idealtipi à la Max Weber (“the greatest sociologist”). Da una pseudo meta-teoria che chiede in continuazione di considerare le teorie “elementari” nei loro aspetti conflittuali via via sempre più incontrollabili (Scott, 1994), a degli idealtipi che rendono a dare un quadro ragionevole della evoluzione della struttura sociale dal paleolitico ai giorni nostri, risolvendo molte antinomie teoriche, rifiutando in toto il marxismo con la sua aberrante teoria delle classi e il suo messianico determinismo storico, ri-organizzando infine la teoria neo-weberiana (Mann, 2005); Essendo diacronica, la sociologia di M.Mann spiega l'evoluzione delle principali “organizzazioni” umane come processi “sociali” contingenti che interagiscono tra loro e con l'ambiente. Il riferimento all'ambiente è ecologicamente situato nell'ambiente naturale che conosciamo nelle sue variazioni geologiche, antropiche (agricoltura) e nella sua varietà geografica. I riferimenti ai gruppi umani organizzati nel perseguire i loro vari obiettivi (goals), detti anche “organizzazioni”, sono relativi a gruppi storicamente esistiti e documentati anziché a modelli astratti. Inoltre, per meglio enfatizzarne la valenza, la prospettiva di M.Mann è tale per cui si chiede: “For are not a history and theory of power relations likely to be sinonymous with a history and theory of human society itself? Indeed they are” (Mann 2005, pag.1)

(Costa e Gubitta, 2004) vs (Scott, 1994)

Mentre la teoria delle organizzazioni come espressione dei vari tipi di potere sociale di M.Mann fornisce il corretto approccio sociologico diacronico, con un'enfasi particolare sulle sorgenti ideologica, politica, militare, economica del potere sociale, nella loro interrelazione come gruppi umani organizzati da e su obiettivi da loro stessi stabiliti, la modernità potrebbe essere integrata dallo studio delle organizzazioni aziendali moderne, ben condotto in (Costa e Gubitta, 2004), un modello, quello della impresa o azienda capitalistica, che grazie alla globalizzazione liberistica sta diventando l'unico modello universale per ogni tipo di obiettivo e di gruppo umano organizzato. In (Costa e Gubitta, 2004) è anche documentata una relazione organizzativa nuova e vitale completamente assente in (Scott, 1994): le convenzioni. Le convenzioni sono un particolare governo delle transazioni, o una struttura particolare di governo delle relazioni organizzative, distinti sia dal mercato che dalla gerarchia-organizzazione. Vedi il “Caso Linux” (Costa e Gubitta, 2004, pag.16); In (Costa e Gubitta, 2004) sono presenti i maggiori autori presenti anche in (Scott, 1994). Vantaggio del libro è la sua dichiarazione: “Senza alcuna ambizione di formulare una meta-teoria” (Costa e Gubitta, 2004, pag.8), ambizione che appesantisce notevolmente lo (Scott, 1994). Sono presenti in (Costa e Gubitta, 2004) studi di casi ben commentati ad uso didattico, come lo spillettaio di A.Smith, ma anche recenti ed italiani (Malaguti, Ducati, Diesel, Benetton). Il merito maggiore di (Costa e Gubitta, 2004, pag.17) è il suo assunto: “Il modello che è alla base di questo volume propone una sintesi di approcci diversi a questa problematica. Nei paragrafi che seguono si cercherà di ofrire una panoramica di questi approcci, ordinandoli a seconda che si focalizzino sui soggetti, sui sistemi o sulle popolazioni di organizzazioni. Questi diversi orientamenti fanno capo a scuole che sono spesso chiuse e in marcata contrapposizione tra loro. Lo spirito migliore per analizzarli non è quello di accentuare le contrapposizioni e nemmeno quello di tentare un ecumenico affastellamento.”. Tale ecumenico affastellamento, successivo alla loro contrapposizione analitica, è esattamente l'impressione che ho ricavato da (Scott, 1994). Unico inconveniente del (Costa e Gubitta, 2004) è la sua datazione precedente la grave crisi capitalistica del 2008 che potrebbe compromettere l'evoluzione delle organizzazioni, anche in senso non capitalistico (convenzioni). Lo studente avrebbe comunque la possibilità di studiare casi aziendali concreti (e in gran parte italiani) e progettare organizzazioni, potendo utilizzare anche il modello avanzato e cooperativo delle convenzioni in alternativa al mercato e alla gerarchia-organizzazione. (Costa e Gubitta, 2004) fornisce importanti ausili didattici. Comprende nel cap.I, in 33 pagine tutta la parte terza di (Scott, 1994) “Ambienti, Strategie, Strutture”, di ben 217 pagine, fornendo anche una inappuntabile carrellata sulle maggiori teorie emerse sinora e sul loro uso come “prospettive” à la Karl Mannheim. Maggiore è la capacità di analisi di una autore (Scott, 1994), maggiore sarebbe la capacità di sintesi che a lui viene richiesta; (Costa e Gubitta, 2004) è costellato da studi di caso puntuali che danno la “realtà fattuale” contestualmente al modello analitico proposto, sulla falsariga dello zig zag tra teoria e fatti di M.Mann; è fornito di diagrammi chiarissimi che spiegano le varie prospettive organizzative, Scott compreso; è presente un glossario completo dei principali concetti relativi all'organizzazione; comprende un ottimo elenco completo dei maestri dell'organizzazione aziendale in cui, ad esempio, si cita Max Weber: “La sua complessa elaborazione teorica ha influenzato gli studi organizzativi per quanto riguarda le teorie sulla burocrazia, intesa come esercizio del potere legale”. Non viene citato Karl Marx, in quanto si presume non abbia dato contributi alla teoria dell'organizzazione (vedi Il marxismo e l'epistemologia del 1900).

La analogia tra organizzazione e organismo

L'esempio più evidente dell'uso di questa specifica analogia si trova nelle varie teorie di Talcott Parsons (Scott, 1994, paragrafo 2.4, pag.96), ma non solo. E' presente in modo pervasivo in quasi ogni “rappresentazione” o “frame” cognitivo. L'ispirazione alla esperienza con la natura domina il nostro universo simbolico, anche se in forme sempre più mediate. Il funzionalismo deriva, dalla figura retorica dell'analogia, l'autorizzazione a traslare sull'oggetto di partenza dell'analisi le caratteristiche dell'oggetto di riferimento. Così la società o le varie organizzazioni diventano “corpi” biologici con una loro fisiologia che nel caso umano ha un insieme di regole precise che i sociologi funzionalisti chiamano “struttura” quando la riferiscono all'universo sociale. Questo processo è arbitrario. Va controllato e usato criticamente. “Così, ogni organizzazione deve sviluppare strutture che la mettano in grado di adattarsi all'ambiente e deve mobilitare le risorse necessarie per continuare a funzionare.” (Scott, 1994, paragrafo 2.4, pag.97). L'enfasi è mia, per evidenziare il teleologismo in cui si cade applicando in modo meccanico le leggi del modello all'oggetto di analisi. Altro errore è assumere caratteristiche del modello inapplicabili all'oggetto e vicerversa non assumere caratteristiche fondamentali del modello evitando di applicarle all'oggetto. Io mi limito a considerare questo secondo aspetto. Accettiamo pure a scopo critico la metafora, la similitudine, l'analogia, tra organismo biologico e organizzazione (e società fatta di organizzazioni) e vediamo quali sono le proprietà fondamentali del modello che non vengono minimamente considerate. Gli organismi biologici sono processi dinamici che seguono un ciclo universale di nascita, crescita, morte. La caratteristiche fondamentali che vengono ignorate, oltre al carattere generalmente processuale, sono la morte e la nascita. Una completa decostruzione delle varie teorie funzionaliste e non si trova nel cap.I allegato (Mann, 2005, pag.2). Ma lo stesso manuale di riferimento accenna timidamente ad una critica al funzionalismo, distruttiva nella sostanza. Il funzionalismo ha avuto la sua origine primaria nell'antropologia di B.Malinowski, ripresa poi anche da T.Parsons: “Blau [1955,9-10] suggerisce che il postulato teorico del modello strutturalfunzionalista possa essere spiegato secondo la particolare origine storica: gli antropologi che studiavano le società primitive non potevano verificare le spiegazioni storiche di particolari caratteristiche strutturali poiché ovviamente non disponevano di documenti storici. Per superare questo limite è stato sviluppato un tipo di spiegazione diverso, che sottolineava la funzione di mantenimento del sistema sociale da parte di un elemento. L'attenzione si è spostata dalle origini alla persistenza di un particolare tratto strutturale.” (Scott, 1994, Nota 1, pag.82). Tutto questo è oggi di uso corrente con l'antropologia cognitiva ed evoluzionistica nell'omonimo istituto di Oxford. Nel testo successivo alla nota, si corregge il tiro, dando indicazioni comunque poco chiare al lettore: “Molti aspetti dell'approccio funzionalistico sono problematici. Nel caso dei sistemi sociali, diversamente da quanto avviene per i sistemi biologici, è difficile specificare i bisogni essenziali; anzi spesso è difficile precisare che cosa si intende con sopravvivenza del sistema.” (Scott, 1994, pag.82). Tanto più problematici dal momento che per le varie scuole: “Le singole strutture dell'organizzazione sono analizzate in termini dei bisogni che soddisfano cioè delle funzioni che svolgono nell'assicurare la sopravvivenza del sistema.” (Scott, 1994, pag.82).“Malgrado questi problemi e queste riserve, lo struttural-funzionalismo ha fornito il modello dominante di analisi delle organizzazioni dagli anni Trenta fin verso i Sessanta. Molte delle più importanti analisi e generalizzazioni concernenti le organizzazioni delle quali possiamo disporre sono prodotti di questa tradizione; malgrado le sue pecche, essa rimane una prospettiva utile e ben conosciuta dalla quale esaminare le organizzazioni” (Scott, 1994, pag.83). Per commentare l'ambiguità della meta-teoria di R.Scott che mette tutto assieme invitando a tener conto dei lati positivi di ciascuna teoria ignorandone le pecche, senza fare scelte dolorose, cito (Mann, 2005, pag.4): “Nevertheless, I take skeptical empiricism seriously. Its principal objection is well founded: Societies are much messier than our theories on them”.

Gli impiegati anziani di Kracauer ovvero: la morte e le organizzazioni

“Il fatto che ci si comporti verso di loro [NdR: gli impiegati anziani che vengono licenziati] con un'assenza di scrupoli addirittura maggiore, forse, di quella che sarebbe richiesta dall'interesse economico delle aziende, deriva in ultima analisi da un rifiuto della vecchiaia che è caratteristico del nostro tempo. Non soltanto la categoria dei datori di lavoro – tutto il popolo le ha voltato le spalle ed esalta la giovinezza in sé stessa in una maniera sbalorditiva. … Se invecchiare significa andare incontro alla morte, questa idolatria della giovinezza ha il senso di una fuga dalla morte. Ma solo il crescere della morte intorno agli uomini schiude loro il significato della vita, e la frase <La gioventù è bella, non torna più> ha il senso che la giovinezza è bella perchè non torna più. La morte e la vita sono intrecciate l'una con l'altra in un modo così profondo che non si può avere la seconda senza la prima. E dunque, se la vecchiaia è detronizzata la giovinezza ha vinto, certamente, ma ha anche perso la vita. … Il modo economico dominante non vuol essere scrutato al suo interno, per questo la pura vitalità deve necessariamente vincere. L'eccessiva esaltazione della giovinezza è una rimozione non meno della svalutazione della vecchiaia che va oltre i limiti del necessario. Entrambi i fenomeni provano indirettamente che nelle condizioni economiche e sociali attuali gli uomini non vivono la vita.” (Kracauer, 1980, pag.48-49). Aggiungo io, le organizzazioni non vivono la vita. Nonostante l'intero capitolo “La fondazione delle organizzazioni” (Scott, 1994, cap.7, pag.185), dove si considerano solo le imprese capitalistiche post rivoluzione industriale e la burocrazia nata in una fase ancora successiva. Nonché altri passaggi dove considera la natalità e mortalità delle organizzazioni ma come riferimento sporadico a studi specifici “Anche se il ciclo vitale delle organizzazioni non è così regolare e chiaro come quello delle piante, degli animali o degli esseri umani, è tuttavia istruttivo identificarne le fasi generali di sviluppo e declino [Kimberley, Miles et al. 1980]” (Scott, 1994, cap.7, pag.216). Vedi le considerazioni della Struttura del paper sulla necessità della integrazione storica empiricista di (M.Mann, 2005) e aziendale organizzativa moderna di (Costa e Gubitta, 2004), per evitare le indicazioni generaliste di R.Scott che invita costantemente a considerare approcci e aspetti dicotomici e destabilizzanti da lui stesso edificati.

L'organismo come costruzione sociale

Per evidenziare la costruzione riflessiva della nozione di organismo usata in sociologia dai funzionalisti prendo come esempio l'analisi etnografica di P.Bourdieu sulla divisione di genere e la costruzione sociale del corpo tra i berberi di Cabilia: “Associando l'erezione fallica alla dinamica vitale del gonfiamento che è immanente a tutto il processo di riproduzione naturale (germinazione, gestazione, ecc), la costruzione sociale degli organi sessuali registra e ratifica simbolicamente alcune proprietà naturali indiscutibili; in tal modo essa contribuisce, con altri meccanismi – tra i quali il più importante è probabilmente, come si è visto, l'inserimento di ogni rapporto (quello tra pieno e vuoto, per esempio) in un sistema di relazioni omologhe e interconnesse – trasmutare l'arbitario del nomos sociale in necessità della natura (physis)” (Bourdieu, 1998, pag.21). Eccezionalmente importante l'analisi della costruzione sociale simbolica “della visione <<fallonarcisistica>> e della cosmologia androcentrica” (Bourdieu, 1998, pag.14) capace di trasmutare il nomos sociale , arbitrario, in legge naturale, in physis, neutra, oggettiva, oggettivata. Questa operazione è quella che P.Bourdieu acutamente definisce di violenza simbolica. Tale “physis culturale” ridiventa “cultura naturale” per il tramite degli intellettuali organici prodotti da tale processo; la violenza simbolica diventa regime sociale. “I loro atti di conoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza” (Bourdieu, 1998, pag.22). Nell'organismo di T.Parsons è una latenza neutra partenogenetica, evolutasi in numerosi gruppi animali, che sostituisce la riproduzione sessuata. La violenza simbolica diventa una maledizione che si autoavvera, come il Leviathan di Hobbes avvera e invera la profezia negativa che vuole “homo homini lupus”. “La visione androcentrica è così continuamente legittimata dalle stesse pratiche che essa determina: nella misura in cui le loro disposizioni [NdR: habitus] sono il prodotto dell'incorporazione del pregiudizio sfavorevole contro il femminile che è istituito nell'ordine dlel cose, le donne possono solo confermare costantemente tale pregiudizio. Questa logica è la logica della maledizione, nel senso forte di self-fulfilling prophecy pessimista che che invoca la propria verifica e determina l'avvento di ciò che pronostica” (Bourdieu, 1998, pag.43) [NdR: i corsivi sono nell'originale]. Si avvera così, declinando correttamente il sesso, un aspetto importante e pregiudizievole che Hobbes non aveva considerato: “foemina homini lupa”. E' la forzatura del modello, matematico o non, all'oggetto dell'esperimento, come avviene nelle grandi teorie generali delle scienze sociali e delle scienze naturali.

Le tecniche di ricerca sociologiche

Il modello quantitativo derivato dalle ricerche di Paul Felix Lazarsfeld (“I disoccupati di Marienthal” e “The People's Choice”), è basato sulla statistica e sulle variabili ricavate da questionari compilati da persone anonime, caratterizzate dalle dimensioni previste dalla “teoria”, come il sesso, l'età, la religione, la professione, etc. Il punto di partenza della ricerca “empirica” è la domanda cognitiva ricavata dalla “teoria”, che si struttura quindi come punto di partenza e punto di arrivo. La teoria si autoalimenta, il pensiero astratto cresce su sé stesso cercando conferme sperimentali. Questo metodo è stato spesso usato per domande rivolte agli scienziati sociali (Lazarsfeld, Merton) dalle élite sociali sulle conseguenze delle loro politiche economiche (marketing), comunicative (mass media), politiche (composizione e previsione di voto alle elezioni), in quella che è stata in seguito definita “ricerca amministrativa”. La tecnica del questionario è analizzata e scomposta nei suoi elementi critici da Pierre Bourdieu, che dopo aver dimostrato che i questionari sono sondaggi di chi detiene il potere, sostiene poi che anche le elezioni politiche a loro volta sono semplici sondaggi (Bourdieu, 1976). Senza nulla togliere ai meriti storici e cognitivi di queste tecniche, ma senza nemmeno assolutizzarle, va affermandosi sempre più una tecnica complementare, la tecnica qualitativa, che si avvicina al caso, alla situazione sociale, in modo partecipato, cercando di viverla dall'interno con il minimo di intrusione e perturbazione, caso mai come azione trasformativa à la intervention sociologique, sull'esempio di “Street Corner Society” di William Foote Whyte (Whyte, 2011). I casi possono poi essere comparati dimostrando la loro validità idealtipica a posteriori, come fa L.Gallino nella nota introduttiva de “Gli impiegati” di Kracauer, validi nella Germania del 1930, negli USA dei “Colletti Bianchi” di C.W.Mills nel 1950, nel mondo occidentale pre Reagan-Tatcher nel 1980, e probabilmente, aggiungo io, validi nei nuovi ceti medi del BRICS nel 2012. Per chiarire in modo inequivocabile la sua ricerca-azione, Kracauer così conclude “Ciò che importa non è che le istituzioni siano cambiate, è che gli uomini cambino le istituzioni” (Kracauer, 1980, pag.112), focalizzando la sua proposta trasformativa, di immaginazione sociologica, al massimo dettaglio, al livello atomico di singolo individuo umano. In alternativa ad una carrellata che si pretende esaustiva di teorie, variamente connesse tra di loro, sulle organizzazioni, forse una via alternativa di ricerca avrebbe potuto illustrare almeno 4 casi tipici di gruppi umani organizzati, uno per ogni tipo di potere sociale, sul modello IEMP di Michael Mann (Mann, 2005, pag.29), basato sulla comparazione storica di lungo periodo (sociologia storica). Forse sarebbe stato possibile fornire una migliore conoscenza dei “gruppi” organizzati sui 4 tipi di potere sociale e spiegare allo stesso tempo l'emergere delle varie teorie sulle organizzazioni nei vari contesti storici e sociali. Soprattutto la rispettiva autonomia dei vari tipi di potere sociale tra loro, la loro intersezione, il loro poliformismo. Senza necessariamente insistere sullo stato-nazione come meta-organizzazione o contenitore di riferimento delle organizzazioni comprese al suo interno, in pratica senza confondere lo stato-nazione con la “società” tout court: “Societies are actually federations of organizations” (Mann, 2005, pag.52) [NdR: i corsivi sono nell'originale]. Secondo Mann lo stato è solo una di queste organizzazioni, quella di tipo politico, distinta o fusa con il potere militare della forza. Per concludere i gruppi organizzati in reti di potere sociale di vario tipo possono essere conosciuti in una prospettiva congiunta di sociologia critica (C.W. Mills, S.Kracauer), di sociologia riflessiva (A.W.Gouldner), di sociologia radicale, di sociologia comparata (A.Etzioni, T.Parsons, S.N.Eisenstadt), di sociologia storica, vedi: (Gallino, 2006). Si potrebbe studiare come esempio di social power network di varie organizzazioni, nel periodo 1930-1940, il potere politico dello stato nazista e del suo partito unico, quello ideologico della Chiesa Cattolica in Germania (Eugenio Pacelli, nunzio apostolico in Germania), quello economico della IBM americana e della sua consociata tedesca, la Dehomag, che forniva alle SS le macchine meccanografiche per organizzare lo sterminio degli ebrei, infine il potere militare della Wermacht. Nelle ricerche riportate da (Scott, 1994) non vi è accenno alle tecniche sociologiche adottate. Tranne una esplicita critica alla metodologia dello studio intensivo di caso di Selznick (Scott, 1994, pag.95), che significa in pratica il rifiuto della tecnica qualitativa, così fertile e valida come dimostra (Kracauer, 1980).

La antinomia tra organizzazione come sistema razionale e organizzazione come sistema naturale

“Mentre i teorici del sistema razionale concepiscono le organizzazioni come collettività deliberatamente costruite per raggiungere obiettivi determinati, i teorici del sistema naturale sottolineano che le organizzazioni sono, in primo luogo e più di ogni altra cosa, collettività. Così la prospettiva del sistema razionale sottolinea quelle caratteristiche delle organizzazioni che le distinguono da altri gruppi sociali, mentre i teorici del sistema naturale ci ricordano che queste loro caratteristiche non sono le uniche [Gouldner 1959, 406], anzi potrebbero non essere le più importanti.” (Scott, 1994, pag.77). Questa antinomia è elegantemente evitata da (Mann, 2005) poiché considera le organizzazioni come gruppi umani organizzati su degli obiettivi (goals nell'originale) . Mann in altre parole riunifica gli “scopi” (gli obiettivi determinati secondo R.Sott) e i gruppi umani (le collettività secondo R.Sott) nella sua osservazione empirica dei gruppi umani organizzati su degli obiettivi. Mentre invece R.Scott divide analiticamente gli scopi dai gruppi umani e su questa base classifica due insiemi di teorie delle organizzazioni, quelle razionali e quelle naturali. La inutilità della astrazione di (Scott, 1994) è evidente se si confronta la sua trattazione del sistema cooperativo di Barnard dove esemplifica la presunta contraddizione (antinomia? divergenza strategica? conflitto pratico?) tra la necessità di sopravvivere e la etica del fine (Scott, 1994, pag.91) con la elegante e raffinata trattazione del Caso Paul Fashion (Costa e Gubitta, 2004, §1.7 Le relazioni, pag.11), dove si evidenzia l'intreccio tra un piano economico, un piano politico, un piano ideologico. Sono le tre fonti del potere sociale di (Mann, 2005), con l'esclusione del potere militare che nell'ambito dell'economia aziendale capitalistica nei paesi occidentali è in genere assente. Nel suo “Sommario e conclusioni provvisorie”, (ci si chiede provvisorie fino a quando?) (Scott, 1994, pag.101), si tenta di spiegare la insanabile differenza tra l'approccio naturale e quello razionale. Il tentativo, non riuscito di spiegazione è molto significatvo per is eguenti motivi: vengono forniti tre tipologie di spiegazione tra di loro slegate (ognuno scelga quella che più gli aggrada); secondo la prima spiegazione i teorici del sistema naturale sono professori universitari che attribuiscono “il loro bisogno di autonomia ai lavoratori”. R.Scott, nonstante i suoi variegati excursus teorici, ignora i problemi motivazionali dei lavoratori. Vedi al contrario il Caso Paul Fashion (Costa e Gubitta, 2004, §1.7 Le relazioni, pag.11); secondo la seconda spiegazione esistono tipi differenti di organizzazione che danno luogo alle due teorie: fabbriche ed uffici pubblici nel caso razionale (con il nucleo tecnico e la burocrazia sullo sfondo) e servizi volontari e professioni nel caso naturale. Scott con un'audace proiezione teorica ipotizza due polarità di un continuum, dal polo più strutturato delle organizzazioni a quello meno strutturato (Scott, 1994, pag.103). Questo inficia in maniera decisiva lo sforzo di unificazione teorica tentato da R.Scott; secondo la terza spiegazione “le forme organizzative variano in funzione dell'ambiente”. Questo proposizione è criticabile perchè scarica sull'ambiente le caratteristiche delle organizzazioni, ma ancora peggio perchè ipotizza ambienti “statici” ed ambienti “dinamici”; la conclusione è che: “Alla base delle due prospettive ci sono divergenze fondamentali di ordine morale e filosofico“ dovute al non lieve problema che “l'organizzazione in quanto contesto sociale influisce sul benessere dei suoi singoli membri [Maslow, 1954; Argyris 1957]” (Scott, 1994, pag.103). Nel campo antiumanistico del calcolo pone come precursori Hobbes, Lenin e Saint Simon, in quello umanistico della spontaneità Rousseau, Proudhon, Burke e Durkheim (precursore di Parsons). A parte qualche dubbio sul dubbioso Edmund Burke, suona strana l'inclusione tra gli spontaneisti di Durkheim e Parsons. E' interessante notare come questa nota riflessiva di R.Scott sui due filoni di teorie contrapposti denoti da parte sua l'assunzione (temporanea? dubitativa? solo proposta?) di una dipendenza della ricerca dallo scopo empirico emozionale trasformativo dell'osservatore. R.Scott comunque tratta di teorie diverse senza porsi il problema di una unificazione epistemica delle varie metodologie seguite. Ritorna in questo punto preciso l'importanza, essenziale per ogni ricerca empirica, del paradigma della riflessività , trattato qui di seguito;

Il paradigma della riflessività

“Nell'introduzione al suo “Verso una sociologia riflessiva” , Alberto Melucci [1998] ha sintetizzato questo mutamento di paradigma in quattro elementi 1.la centralità che acquisisce il linguaggio; 2.la ridefinizione dei rapporti tra osservatore ed osservato e la consapevolezza del carattere situato di entrambi; 3.la doppia ermeneutica riguardante il fatto che la sociologia è un'interpretazione di interpretazioni(cioè un'interpretazionedi ciò che gli attori intepretano quotidianamente) che si offre a sua volta ad altre interpretazioni (quelle che gli attori compiono a proposito del lavoro dei sociologi) 4.il carattere narrativo e dialogico che assume la presentazione dei risultati della ricerca. Presi singolarmente, questi elementi non sono originali (il primo rimanda alla <<svolta linguistica>> nelle scienze socialiprodotta dal secondo Wittgenstein e riconosciuta nel modo più influente da Habermas; il secondo può essere fatto risalire alla tradizione tedesca di Simmel, Scheler e Mannheim, anche se per alcuni passa oggi per la mediazione di un pensatore <<sistemico>> originale come Gregory Bateson; il terzo corrisponde esattamente alla lezione della fenomenologia; il quarto può essere fatto risalire al modo in cui Bachtin intendeva la natura di ogni enunciazione e, più avanti, ad alcuni aspetti del decostruzionismo). Ma nel loro insieme producono una svolta epistemologica che ha importanti effetti tanto sul disegno quanto sull'esposizione e sulla valutazione stessa della ricerca empirica.” (Jedlowski e Leccardi, 2003, pag.44) Analogamente: “Prima di sostenere che la comunicazione dei risultati della ricerca è innanzitutto una forma di racconto, vorrei richiamare brevemente le cartteristiche rilevanti di quella che può essere definita una vera e propria <<svolta epistemologica>> nelle scienze sociali [Melucci 1998, 22-31]: centralità del linguaggio: tutto ciò che è detto, è detto da qualcuno in qualche luogo e il linguaggio è sempre situato e culturalizzato; ridefinizione del rapporto tra il ricercatore e i soggetti della ricerca: tutto ciò che è osservato nella realtà sociale è osservato da qaulcuno all'interno di certe relazioni sociali; doppia ermeneutica: la ricerca produce interpretazioni palusibili che danno senso ai modi in cui gli attori danno a loro volta senso alle loro azioni e al mondo; pluralismo nella forma di presentazione di risultati: la forma canonica del linguaggio scientifico con le sue strategie retoriche argomentative non è l'unica disponibile e la necessità di rispondere a <<domande sociali>> (a partire dagli attori coinvolti nella ricerca) spinge a cercare altre forme comunicative più adatte a dialogare su una realtà <<mutevole e prospettica>>, senza per questo diventare <<inconoscibile o riducibile a percezioni soggettive>>. “ (Frisina, 2010,pag.121)

I sistemi aperti e le teorie dei sistemi complessi adattativi

“There are two primary challenges faced by all complex, adaptive systems. One is an uncertain and noisy environment. The other is conflict. Conflict arises when the interests of system components – whether genes, cells, individuals, or states – are not fully aligned. Some have gone so far as to argue that lack of alignment, or “frustration,” in many body systems is the defining feature of complex systems. In the long 3.5 billion year history of life on earth organisms and aggregates have devised manifold strategies in order to survive and prosper in the face of conflict. The solutions that organisms have built for managing conflict are thought to have played a central role in facilitating the major transitions from simple aggregates to more integrated, social organisms, and cultures. Although these transitions suggest nature has been successful at predicting and managing conflict, the problem is not a simple one. Controlling conflict is tricky because it is both a destabilizing force and an agent of innovation – thus nature has evolved mechanisms of good management, not suppression. Conflict can have multiple, nonlinear causes and effects, and these often lie at different timescales (e.g. evolutionary, ontogenetic, societal). Conflict can be the outcome of competitive processes and involve deception or be generated by differing priorities, communications failures, and error. Despite this complexity, data indicate that similar conflicts with comparable mechanisms of control have evolved at different levels of biological and social organization. This suggests that there might be a universal class of mechanisms that have arisen across very different levels to control co-evolutionary escalation. This focus area brings together evolutionary theorists, immunologists, experts on behavioral conflict in human and animal societies, computer scientists, molecular biologists, economists, and complex systems theorists all seeking to understand how conflict has shaped their systems. Areas of research include principles of immunity in social, computer and biological immune systems; inductive game theory and the extraction of conflict strategies from time series data; the causes, consequences, and detection of anomalous patterns of conflict; the timescales of conflict and the implications of multiple timescales for individual and system prediction and control of conflict, robustness, and adaptation; tradeoffs between conflict as a source of innovation and conflict as a destabilizing perturbation; and computing adaptive conflict decision-making strategies under uncertainty.” (SFI, Santa Fe Institute, sitografia). Lo SFI in particolare, uno dei centri di ricerca più importanti sulla teoria della complessità, fondato nel 1984 si è particolarmente dedicato allo studio dei sistemi complessi adattativi (CAS o Complex Adaptive Systems), cioè sistemi complessi in grado di adattarsi e cambiare in seguito all'esperienza, come ad esempio gli organismi viventi, caratterizzati dalla capacità di evoluzione: cellule, organismi, animali, uomini, organizzazioni, città, società, politiche, culture. La teoria dei sistemi complessi ha assunto sempre maggiore rilevanza e preminenza. Fortemente interdisciplinare è un nuovo rinnovato tentativo di unificare e contaminare le scienze “positive” con le scienze umane, con importanti effetti sulla epistemologia. Esponenti di spicco nel versante filosofico, epistemologico, sociologico, pedagogico, umanistico, sempre all'interno dei una forte interdisciplinarietà, sono: il francese Edgar Morin, sociologo, l'italiano Mauro Ceruti, allievo dell'epistemologo Jean Piaget, Erwin Laszlo della scuola di Budapest, Immanuel Wallerstein, sociologo della Columbia University. Si appoggiano alle teorie del chimico-fisico Ilya Prigogine che ha studiato i sistemi fisici lontani dall'equilibrio. Sono stati sviluppati settori di ricerca su esempi concreti di sistemi complessi, in modo ovviamente indipendente l'uno dall'altro, quali: gli automi cellulari, la crosta terrestre, il clima, gli ecosistemi, gli organismi viventi (ad esempio i lieviti), il sistema uomo in senso biologico cognitivo, i sistemi economici, i sistemi sociali, le reti, le reti informatiche. Le caratteristiche principali di questi sistemi sono la non linearità, le proprietà emergenti, il caos, le biforcazioni (ampiamente usate da I.Wallerstein), l'autopoiesi e soprattutto la auto-organizzazione. Nello schema di Boulding (Scott, 1994, pag.106-107) i sistemi complessi sono invece organizzati in modo gerarchico, prevedendo al top della scala addirittura una sistema trascendentale (sic!). La parte terza dello (Scott, 1994), con la sua distinzione tra ambiente, strategia e struttura va rivista alla luce di questa nuova impostazione. Anche il (Costa e Gubitta, 2004, pag.105) segue comunque lo schema di struttura dell'organizzazione dello (Scott, 1994, pag.177), limitandosi però a riportare le varie teorie senza pretendere di unificarle in una meta-teoria.

Il marxismo e l'epistemologia del 1900

Mach,Arrhenius--->empiriocriticismo--->Lenin--->Bogdanov--->neopositivismo--->fenomenologia--->Schutz--->interazionismo simbolico--->Goffmann--->etnometodologia

La mancanza delle organizzazioni militari ed ideologiche in (Scott, 1994)

Mann: la falange di picche svizzera (1300) ---> aiuta l'emergenza dello stato moderno che si impone sul vecchio stato patrimoniale feudale Mann: l'emergere delle religioni statali

Potere ideologico

“Weick, Karl E. (Stati Uniti, 1936) Docente di psicologia lla'Università del Michigan. Con le sue opere ha contribuito a spostare l'attenzione degli studi organizzativi dal processo decisionale alla creazione di senso come conoscenza e organizzazione; sostiene l'equivalenza tra i processi cognitivi di creazione di senso e i processi mentali e sociali dell'organizzazione.” (Costa e Gubitta, 2004, pag.292, appendice “I maestri dell'organizzazione aziendale” a cura di Diego Campagnolo e Martina Gianecchini)

Bibliografia

  • Bourdieu, Pierre

1976 L'opinione pubblica non esiste, Problemi dell'Informazione, n.1, gennaio-marzo, pag.71-88

  • Bourdieu, Pierre

1998 Il dominio maschile, Milano, Feltrinelli Frisina, Annalisa
2010 Focus group Una guida pratica, Bologna, Il Mulino Gallino, Luciano
2006 Dizionario di Sociologia, Torino, Utet Libreria Jedlowski, Paolo e Leccardi, Carmen
2003 Sociologia della vita quotidiana, Bologna, Il Mulino Kracauer, Sigfried
1980 Gli impiegati, Torino, Giulio Einaudi Mann, Michael
2005 The sources of social power, vol.I, New York, Cambridge University Press (in allegato al paper) Melucci, Alberto
1998 Verso una sociologia riflessiva. Ricerca qualitativa e cultura, Bologna, Il Mulino Scott, W.Richard
1994 Le organizzazioni, Bologna, Il Mulino Whyte, William Foote
2011 Street Corner Society. Uno slum americano, Bologna, Il Mulino Costa Giovanni e Gubitta Paolo
2004 Organizzazione Aziendale Mercati, gerarchie e convenzioni, Milano, McGraw-Hill

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