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==Annachiara dicembre 2011==
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Versione delle 15:22, 20 giu 2012

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Annachiara dicembre 2011

Annachiara scrive

Ho iniziato il tuo "La razionalità femminile unico antidoto alla guerra" e lo trovo estremamente interessante, da diffondere. Teorizza quello che ciascuna donna sente istintivamente, a conferma che la conoscenza è biologica prima di tutto ed emerge e si lega all'inconscio, conoscenza istintiva che spesso provoca un senso di inadeguatezza verso una realtà vissuta come non conforme. Mi ha suscitato però un dubbio che è sorto dalle prime pagine del libro: come collocare quegli uomini che non corrispondono, almeno per la loro parte preponderante, alla mentalità maschile? potrei riferirmi a R. o ad E. che conosciamo, ma anche a personalità letterarie come Zanzotto ("ogni sfregio al paesaggio, ogni cementificazione è un lutto per noi...") o anche a quel "personaggio" di Mauro Corona (il volo della martora, le voci del bosco, la fine del mondo storto,...) che testimoniano con la vita l'unità con la Natura? Forse le risposte mi verranno, forse le troverò nel libro stesso. Vorrei avere anche la tua versione. Grazie e a presto.

Angela risponde

Cara Annachiara, la tua domanda mi viene posta di continuo, anche se in forme diverse. In realtà la mia teoria, considerando il corpo biologico il vero soggetto del pensiero, ha in sé la risposta. Ogni vivente è unico quindi, in qualche misura, diverso da tutti gli altri, anche da chi appartiene alla sua specie e al suo sesso. Pure gli uomini – come d’altronde le donne - sono tra loro differenti, ma condividono la stessa impostazione mentale, dovuta all’esperienza riproduttiva, in assoluto la più importante per gli organismi. Vivere fuori dal proprio corpo proiettandosi all’esterno, cogliere dati singoli separati dal contesto e tra loro opposti, costituiscono le modalità tipiche del rapporto maschile col mondo. All’interno del sistema di pensiero che ne scaturisce è tuttavia possibile un allentamento dei meccanismi generali prodotto dagli individui più dotati, capaci di cogliere gli aspetti di rigidità e parzialità, quindi di inadeguatezza del sistema stesso. Ma ciò non basta; per visualizzare un reale complesso e in continuo divenire, come ad esempio un organismo, occorre fare esperienze in grado di allargare l’orizzonte della propria mente tanto da contenere se stessi prima ancora degli altri. So per certo che gli uomini potranno mettersi finalmente in cammino solo in comunità gestite dalle madri; d’altronde, se la natura ha dato alle femmine l’esclusiva della maternità, non ha negato ai maschi la possibilità di partecipare alle cure parentali, determinanti nello sviluppo di quelle qualità, come empatia e responsabilità, che hanno permesso alle donne di guidare il processo di civilizzazione della specie. Hanno potuto farlo non perché possiedono la perfezione - cosa peraltro impossibile visto che, essendo viventi, sono affette da contraddizioni e debolezze - ma perché accomunate, pur nella diversità, da un medesimo punto di vista, inclusivo e connettivo, sul mondo, come sopradetto. In questo momento storico gli uomini più intelligenti e sensibili dovrebbero, secondo me, persuadersi e persuadere gli altri della necessità di fare un passo indietro e consentire alle donne di ritrovare, insieme alla fiducia in se stesse minata da millenni di patriarcato, la determinazione per ricostruire quella visione organica del mondo adatta ad integrare sé, l’altro, la natura nella propria mente e per affermare i valori femminili, basati sul potere di generare e sostenere la vita, non sul potere di infliggere sofferenze e dare la morte. Se le donne rioccuperanno il fuoco delle comunità rimetteranno al centro la persona, ogni singola persona, cosicché tutte e tutti, da esseri in divenire e soggetti del cambiamento evolutivo quali siamo, potremo sviluppare le infinite possibilità della nostra mente a favore della vita.

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