Femminità

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31 maggio 2011 - Pubblicato su [http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article8621 Il Paese delle donne on line] . Nell’articolo "''Se tutti gli uomini del mondo''", pubblicato da il Paese delle donne il 29 maggio, Monica Lanfranco conferma alcuni aspetti del modus cogitandi che la teoria del corpo pensante attribuisce al maschio umano.  
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31 maggio 2011 - Pubblicato su [http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article8621 Il Paese delle donne on line] e su Nonviolenza - Femminile plurale n.360. Nell’articolo "''Se tutti gli uomini del mondo''", pubblicato da il Paese delle donne il 29 maggio, Monica Lanfranco conferma alcuni aspetti del modus cogitandi che la teoria del corpo pensante attribuisce al maschio umano.  
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Versione delle 16:31, 2 giu 2011

A cura di Angela Giuffrida.

Indice

Il nuovo libro sulla guerra: La razionalità femminile unico antitodo alla guerra

Presentazione

Un libro contro la guerra

Angela Giuffrida: La razionalità femminile unico antitodo alla guerra Editore Bonaccorso, 2011, pagg. 427, 20 euro

Il saggio porta alla luce un problema che caratterizza tutte le comunità androcentriche senza eccezioni e tuttavia rimane nascosto ed è invisibile ai più, malgrado sia di un’evidenza abbagliante. Tale problema è l’oblio del vivente e delle sue necessità. L’ignoranza di ciò che il vivente è sostanzia la singolare predilezione maschile per la distruzione e la morte, che si traduce in uno stato di guerra permanente e senza quartiere alla vita, di cui la guerra guerreggiata è solo l’aspetto più eclatante. Travalicando i campi di battaglia, la guerra impronta le organizzazioni sociali in ogni parte e ad ogni livello. Siamo sempre in guerra, come dimostrano l’universale, feroce repressione delle madri della specie, la politica del dominio, l’economia del profitto, l’insozzamento e la spoliazione dissennata della natura che ci alimenta. Elevando la guerra a fondamento dell’ordine sociale Michel Foucault conferma il suddetto assunto. I rinnovati inni alla sovrumana bellezza della guerra, da parte di Alessandro Baricco (Alessandro Baricco – Omero, Iliade – Feltrinelli 2004) e di James Hillman (James Hillman – Un terribile amore per la guerra – Adelphi Edizioni 2005), mettendo in scena senza veli la sinistra attrazione degli uomini per la distruttività, definita da Freud “istinto di morte”, scoprono la mancanza di significative cognizioni riguardanti il vivente. Infatti, si può definire bella, addirittura sublime la guerra solo omettendo le sofferenze e i lutti che essa comporta; ma una simile omissione è possibile a condizione di non riconoscere se stessi e gli altri né come umani né tanto meno come viventi, di considerare la propria e l’altrui vita un orpello insignificante, senza valore alcuno. Il pensiero filosofico registra tale carenza ignorando l’organismo che viene ridotto a mero contenitore della ragione. La domanda a cui bisogna prioritariamente e urgentemente dare risposta è, dunque, come mai il vivente sia assente nell’assetto cognitivo dominante. La teoria del corpo pensante, esposta estesamente in un precedente saggio (Angela Giuffrida – Il corpo pensa. Umanità o femminità? – Prospettiva Edizioni 2002) e ripresa nel primo capitolo di questo, è riuscita nell’intento, permettendo di comprendere l’origine dell’irragionevole, insana avversione maschile per la vita e dei meccanismi che rendono inevitabile il ricorso alla violenza. Ha potuto farlo perché ha attribuito convenientemente il pensiero all’organismo vivente, considerandolo un sistema cognitivo, capace di trasformare l’esperienza in conoscenza. La mente è un processo del corpo biologico che, pertanto, risulta il vero soggetto pensante, autore responsabile, nella sua interezza, della conoscenza. Il problema del sistema di pensiero dominante è che non coglie l’organismo come soggetto conoscente e agente. Il corpo e la ragione sono “cose” (non a caso Cartesio ha chiamato entrambe res) situate su poli opposti, perciò in conflitto tra loro. Non riconoscendo nel corpo vivente il produttore del pensiero, il soggetto diventa un essere immateriale - ragione, anima o spirito che dir si voglia – di cui si ignora l’origine, ma che assume l’esclusiva dell’individualità e del valore. La bizzarra sparizione dell’organismo dall’orizzonte concettuale maschile è dovuta al modo di intenzionare il mondo, che è diverso per donne e uomini in quanto deriva dall’esperienza riproduttiva, la più importante perché fonda la specie e ne permette l’esistenza. Gli uomini, in sintonia con l’esperienza del loro corpo, non recepiscono il reale complessivamente, ma fissano un singolo dato; privato del contesto, perciò assolutizzato ed entizzato, esso richiama il suo opposto che ha subito lo stesso trattamento. I due dati si misurano in uno scontro frontale, il cui esito non può che essere l’eliminazione dell’uno o dell’altro. Le donne assumono invece il reale nell’insieme, per cui scorgono tra i poli innumerevoli altre variabili che permettono di trovare soluzioni diverse. La tendenza a non radicalizzare i conflitti, salvaguardando i contendenti, deriva anche dal fatto che dall’esperienza materna esse ricavano la capacità di privilegiare le connessioni. Poiché lo costruiscono e se ne prendono cura conoscono l’organismo, che svanisce nella mente maschile frantumata, come tutta la realtà, in parti irrelate e appiattite su coppie di contrari in perenne conflitto. Descrivendo i meccanismi di tale mente, la teoria del corpo pensante è in grado di spiegare le incongruenze e le disfunzioni che fanno delle comunità androcratiche veri e propri manicomi a cielo aperto. Riesce laddove il pensiero dominante ha fallito, essendo quanto mai lontano “da una visione scientifica della guerra che risulti soddisfacente” (Theodor Ropp in Un terribile amore per la guerra, op. cit.). Motivando l’inclinazione maschile a decostruire e il piacere da essa derivante, ne rivela la tramutazione, attraverso la mescolanza con altri fattori, in quella violenza distruttiva di cui la guerra guerreggiata è solo l’espressione più vistosa. Mostrando, inoltre, i ferrei limiti che l’approccio cognitivo analitico impone al reale e la sua estrema pericolosità per gli organismi viventi, ne indica il superamento in un radicale cambio di prospettiva che solo le donne possono assicurare perché stanno al mondo e lo concepiscono in un modo affatto diverso. Il presente saggio è un’applicazione della superiore teoria. I meccanismi mentali che essa ha individuato sono fatti scaturire socraticamente da un dialogo ideale con le autrici e gli autori presi in considerazione, che avviene attraverso la discussione di stralci dei loro saggi, riportati estesamente per evidenziare le contraddizioni in cui il pensiero dominante si impantana, bloccato da insuperabili aporie. Il confronto serrato non avviene solo con chi fa discorsi rapiti sulla guerra, come i citati Baricco e Hillman, ma anche col variegato mondo della nonviolenza che, pur avvertendo la necessità e l’urgenza di un cambiamento, non vede che gli ideali di riconoscimento e rispetto dell’altro a cui si ispira, per essere concretamente realizzati, necessitano di un’altra impostazione mentale. Gli interlocutori sono Gandhi, Capitini, King, considerati i maggiori ispiratori dei movimenti nonviolenti, il cui idealismo rende inefficaci in radice gli onesti sforzi tesi a realizzare la pace perseguita. Anche il soggetto del loro pensiero, infatti, non è un organismo integro, ma uno spirito trascinato dal corpo in cui soggiorna verso il basso mondo della materia e degli istinti, che ostacola il raggiungimento di alte quanto imprendibili idealità. Come l’uomo neutro universale - l’incongruente concetto chiave del pensiero politico moderno - essendo inficiato da parzialità, astrattezza e genericità, non rappresenta gli esseri umani singoli e concreti. C’è da chiedersi quando mai potremo essere riconosciuti e rispettati, quando mai potremo vedere soddisfatte le nostre reali esigenze se non esistiamo nel pensiero unico che governa indebitamente il mondo . La permanenza nell’apparato concettuale dominante ha finora impedito anche alle donne di far irrompere nella sfera pubblica la viva esperienza umana. Uscite dal privato grazie al femminismo, la nascita, la sessualità, la malattia e la morte, non potendo essere attribuite al soggetto umano nella sua interezza, ne hanno seguito la parcellizzazione e la conseguente deformazione. Il pensiero femminista, non solo italiano, si affatica nella decostruzione dei modelli maschili senza aggredire la logica che li informa. Malgrado il fine dichiarato sia il superamento dell’economia binaria, le filosofe continuano ad occupare il polo opposto o a situarsi all’esterno rispetto alle categorie del logos, che inopinatamente rafforzano. Così la riduzione del soggetto metafisico di origine cartesiana nelle cosiddette personalità multiple e senza centro, portando alla sparizione dell’idea stessa di soggetto, approda nel mondo fantasmatico in cui brancoliamo da millenni. Per non essere irrigidito in un’astratta ipostatizzazione né smembrato in frammenti instabili, il soggetto deve essere incardinato sul corpo biologico che si trasforma e diviene senza perdere la sua stabilità. Ciò che bisogna cancellare, quindi, non sono i soggetti - cosa peraltro impossibile – ma le categorie maschili di riferimento. In questo momento storico, però, in generale il femminismo sembra impermeabile all’istanza di una messa in discussione globale del sistema di pensiero dominante, malgrado la sua inadeguatezza sia visibile ad occhio nudo e le sue ricadute scortichino letteralmente la nostra pelle. La teoria del corpo pensante è al momento l’unica in grado di far scaturire l’insufficienza del sistema direttamente dai suoi fondamenti. Numerose ricerche condotte in tutto il mondo - di cui nel saggio sono riportate le più significative - confermano la difformità mentale fra i due sessi, mostrando come siano le donne a possedere il tipo di razionalità funzionale alla vita, perché capace di comprendere quei sistemi aperti che vanno sotto il nome di viventi. Ritrovare il punto di vista femminile sul mondo è condizione necessaria per porre fine alle inutili stragi ed alle infinite, gratuite sofferenze, dovute ad un carente e disordinato ordine mentale.

Recensione

Questa è la recensione di Anna Pacifico:
La filosofia non perde il suo carattere euristico se non la si chiude nella caverna delle illusioni. Dai tempi di Platone ad oggi, una è la filosofia, una è la verità: indagare sulla vita. Soltanto che a farlo, finora, è stata soltanto una parte dell‟umanità, quella maschile, essendosi impadronita di tutti gli strumenti cognitivi per costruire un sistema di pensiero e per propagandarlo. Ma, le "ombre‟ proiettate sul muro della mitica caverna sono rimaste, a ben vedere, la primordiale fuorviante visione propulsiva del pensiero filosofico occidentale, di fatto androcentrico. Così che la gran parte dei filosofi non è riuscita mai a liberarsi dalle metaforiche catene, oppure, qualcuno tra essi, una volta distolto lo sguardo dalle illusorie proiezioni, è rimasto così malamente abbagliato dalla luce da non poter né abbassare né alzare lo sguardo senza..."vedere doppio”. Sì, perché il mondo, risultato delle "visioni", risulta essere un mondo irreale, preda di fatto di innumerevoli sdoppiamenti; v'è il mondo dell‟apparenza" e quello della "realtà", dell'"essere" e del "pensiero", del "corpo" e dell"anima", celeste e terreno. Ne conseguono forme disparate di opposizioni logiche, generatrici di un inevitabile stato di guerra permanente. Un pensiero siffatto, di cui è impregnato ormai ogni aspetto della nostra vita, come non ammetterlo, ha dovuto, se non altro in nome della coerenza, produrre "razionali" giustificazioni a ogni genere di sopraffazioni e di dominio. A tanto bieco disegno si è assuefatta la Filosofia! Dove risiede, dunque, la declamata razionalità? Perché la mente maschile parla di pace e fomenta guerre, parla di salute e genera morte? Razionalità, questo termine di convalida del pensiero filosofico occidentale, che accredita i discorsi degli scienziati, sostiene ogni formula concettuale, garante del progresso e della cultura, assume un'ambigua quanto contorta amplificazione nel pensiero teoretico del novecento, fino a concretizzarsi negli orrori dello sterminio, dei più atroci delitti a danno dei viventi, come delle catastrofi ambientali (provocate per mano dell'uomo). Angela Giuffrida assume, per contro, la razionalità in quanto funzione conoscitiva precipua di una specie, quella umana, per differenziarla in quanto attività pensante propria del sesso femminile, ben distinta da quella maschile, foriera di altra diversa attività ordinatrice del pensiero e del mondo. L'analisi è condotta sulla base delle più recenti scoperte nel settore delle neuroscienze e completa il discorso svolto nel primo lavoro, "Il corpo pensa", del 2002. L'autrice snoda il filo delle riflessioni con abilità logica e senso realistico nel confutare le teorie dei maggiori pensatori che hanno segnato la storia del pensiero occidentale, per soffermarsi su alcune delle più recenti. Le donne, al pari della loro antenata "servetta tracia", pare abbiano sempre continuato a lavorare pensando, a studiare pensando, a procreare pensando, mai schiave del buio, né di illusorie ombre, sebbene impegnate nel loro costante lavoro di "cura", pur costrette a fare i conti con una reale schiavitù che le minava, e le mina tuttora, nel corpo e nella libera espressione del loro essere (fatta eccezione per i casi di devianza o patologici che appartengono ai singoli di ambo i sessi, è ovvio). Il risultato dell'indagine svolta da Giuffrida è pari, si può dire, a un grido d'allarme, e non può che convincere il lettore della necessità di un cambio di prospettiva, auspicabile quanto necessario, se desideriamo salvarci dalla distruzione totale. La filosofia razionale femminile si profila come un atteggiamento di pensiero, per natura predisposto a concepire l’essere vivente in quanto tale, non assunto come una cosa, un mero oggetto d'indagine. Da qui l'apertura a una nuova filosofia, superando, contenendole, le più illuminate riflessioni del pensiero femminile del secolo scorso, mai giunte a trarre conclusioni tanto audaci. La soluzione prospettata non è altro che un chiaro, concreto sostegno al vivente, e, nella sua evidente semplicità, risulta basilare per ogni possibile speculazione filosofica. Essa si inserisce, a mio modo di vedere, nel più ampio concetto da me definito filosofia per la vita, nel senso del fondamento e della continuità, contro ogni specismo, e soprattutto, contro ogni verità totalizzante, illusoria soluzione all"autistico" sdoppiamento di matrice maschile. Resta un problema: saranno gli uomini tanto responsabili e umili da contemplare questa "visione‟ del mondo quale conditio...? E un altro nodo si profila, forse più difficile da risolvere: sapranno innanzitutto le donne, relegate per secoli al ruolo di "serve‟, recuperare consapevolezza e orgoglio, sulla base del servigio che oggi finalmente la Scienza, pur restia a divulgare i risultati conseguiti, riconosce in merito alla loro naturale attività raziocinante? La razionalità femminile unico antidoto alla guerra è, di fatto, un saggio filosofico-scientifico dalla portata rivoluzionaria, che inciderà, io credo, in modo determinante sul pensiero del terzo millennio. Soltanto coloro i quali avranno il coraggio e l'onestà di affrontare senza preconcetti i presupposti filosofici che sottendono il discorso in esso contenuto potranno dirsi autentici "amanti del sapere".
Anna Pacifico

Femminità

Perchè una nuova parola ?

Il termine femminità nasce dall'esigenza di superare lo stereotipo che la parola femminilità restituisce semplicisticamente di un universo ricco, complesso, in continuo divenire. L’insieme di caratteristiche attribuite dal pensiero dominante alla donna riduce, infatti, drasticamente gli aspetti, le capacità e le potenzialità che le appartengono. Opposto al modello virile, sinonimo di razionalità, forza e coraggio, sicurezza e risolutezza nell’azione, il femminile si distingue per emotività, assimilata dall’apparato cognitivo prevalente ad irrazionalità, debolezza, pavidità, insicurezza e passività. Il quadro rimanda l’idea di una donna dipendente dall’uomo, incapace di governare la propria vita, quindi inadatta a gestire la cosa pubblica. La perdita della qualità di soggetto ha giustificato la millenaria prigionia nella sfera domestica. Purtroppo i due stereotipi resistono ancora oggi, malgrado la seppur contenuta partecipazione femminile alla vita pubblica ne evidenzi l’intima inconsistenza peraltro confermata, al di là di ogni ragionevole dubbio, dalle ricerche scientifiche. Il loro superamento, attraverso una sistematica decostruzione, si pone pertanto, come inderogabile necessità.

Lo stereotipo femminile

Perché ci sia vera decostruzione non si può prescindere da un confronto costante e serrato con la realtà. Esaminiano prima lo stereotipo femminile. Le ricerche condotte in tutto il mondo evidenziano la priorità degli organismi in grado di riprodursi, quelli femminili appunto, che, applicandosi all’autocostruzione, hanno dato origine ciascuno alla propria specie. Secondo il concetto organizzativo elaborato dai biologi, quello femminile è il sesso di base mentre quello maschile è il sesso sviluppato in seguito. A tal proposito David Crews sostiene che il sesso maschile si sia sicuramente evoluto solo dopo la comparsa dei primi organismi autoreplicanti, quelli femminili, per cui quello femminile è il sesso ancestrale e quello maschile il derivato (La sessualità degli animali, in Le scienze n. 307, marzo 1994). I recenti esperimenti sulla clonazione, inoltre, indicano nella madre il soggetto che permette lo sviluppo e l’evoluzione della specie. In un’intervista al settimanale Panorama del 25 febbraio 1999, il professor Renato Dulbecco, Premio Nobel 1975 per la medicina, ha spiegato come il meccanismo della clonazione abbia evidenziato l’importante ruolo svolto dal citoplasma della cellula uovo nel ringiovanimento del nucleo ospite e nell’attivazione del processo di sviluppo. Sottolinea che il fenomeno ha un interesse filosofico oltre che biologico, perché mostra come già da principio il contributo materno sia fondamentale, infatti lo sviluppo dell’umanità è dovuto alle madri, non solo per lo sviluppo intrauterino e per la cura del neonato, ma anche nel dirigere l’attività dei geni verso lo sviluppo. Ma non basta, alcune ricerche collegano l’evoluzione cerebrale dei mammiferi allo sviluppo del comportamento materno (“Il cervello materno” in Le Scienze di marzo 2006), mentre altre attribuiscono alla madre la costruzione della corteccia cerebrale tout court (Keverne E. Barry, “Genomic Imprinting in the Brain” in Current opinion in Neurobiology, n. 7, 1997).I numerosi studi sul dimorfismo cerebrale tra donne e uomini, poi, presentano un cervello femminile più plastico, più attivo, più sviluppato nelle zone riservate ai processi superiori di elaborazione e al linguaggio e con una comunicazione interemisferica facilitata. Dal loro insieme emerge l’idea di un corpo femminile che reagisce complessivamente in modo più evoluto agli stimoli perché le donne riescono a discernere meglio le situazioni rispetto agli uomini. Sembra che abbiano, insomma, più testa, cosa confermata peraltro dalla civile attività quotidiana della stragrande maggioranza delle donne nel mondo, altamente razionale perché funzionale alla vita. Stando così le cose, non è errato affermare che sia stato il cosiddetto secondo sesso, come viene definito contro ogni evidenza il sesso femminile, a far compiere un deciso salto di qualità alla nostra specie differenziandola dalle altre. Può allora lo stereotipo definito sopra attagliarsi a colei che ha fondato la specie, permettendole non solo di sopravvivere ma di evolversi in modo tanto significativo?

Lo stereotipo maschile

Elisabeth Badinter esprime lo stereotipo maschile come meglio non si potrebbe quando afferma che l’uomo (vir) si vive come universale (homo), considerandosi il rappresentante più compiuto e il punto di riferimento dell'umanità. (XY L’identità maschile, Longanesi, Milano 1993). Suo carattere distintivo è la razionalità. La costante e puntigliosa valorizzazione del modello, portata avanti per millenni, compenetrando ad ogni livello ed in ogni parte tutti gli aspetti della vita associata, ha prodotto un’interiorizzazione forzosa e irriflessiva dello stesso. Così la valutazione positiva ha finito per coinvolgere anche gli aspetti negativi tipici di questo sesso, come la tendenza al predominio e alla prevaricazione, obiettivamente contradditori rispetto al principio che vuole l’uomo razionale, olimpico, spirituale. D’altronde l'inconsistenza del modello scaturisce in modo certo ed inequivocabile dalla generale irrazionalità e dalla diffusa disumanizzazione endemiche nelle comunità androcratiche. Oramai nessuna persona ragionevole può mettere in discussione l’inadeguatezza del sistema di pensiero che si picca di governare il mondo in solitaria. A quale superiore razionalità risponde l’impiego massiccio a livello planetario di risorse in attività militari che trasformano le energie accumulate direttamente in distruzione e rovina? Il compito di ogni stato dovrebbe essere garantire e gestire la vita dei suoi cittadini, non metterla a repentaglio. Malgrado sia possibile produrre beni per una popolazione mondiale doppia di quella che abita oggi il pianeta, si trova il modo di far morire di inedia circa un miliardo di persone. I bambini sono le maggiori vittime di tale dissennato governo del mondo: ogni 3 secondi un bambino muore di fame, mentre molti altri vengono uccisi nei conflitti armati dalle cosiddette bombe intelligenti e dalle mine antiuomo sparse intelligentemente sul territorio. Che dire, poi, della brutale oppressione di metà dell’umanità, proprio quella a cui la specie deve l'esistenza e la propria evoluzione? Poiché le donne costruiscono il vivente umano lo conoscono, poiché se ne prendono cura sanno che cosa gli serve per vivere; la cancellazione del sapere femminile ha prodotto attorno al vivente e ai suoi bisogni un’ignoranza abissale, in grado di mettere a rischio l’esistenza stessa della specie. L’irrazionalità del pensiero dominante diventa addirittura tangibile quando le scelte danneggiano palesemente anche l’uomo che le fa, come ad esempio quando si spende per rendere progressivamente inadatto alla vita il pianeta che lo ospita, ignorando il fatto che sta attentando alla propria sopravvivenza. Si potrebbero aggiungere innumerevoli altri esempi senza riuscire a completare l’infinita serie di nonsense che rende le società umane simili a manicomi. D’altra parte i risultati degli esperimenti funzionali in vivo sul cervello umano assestano un duro colpo all’immagine dell’uomo unico detentore della ragione con la erre maiuscola, perché delineano la fisionomia di un primitivo, portato ad agire impulsivamente, senza sottoporre le sue risposte al vaglio della ragione. Se dalle ricerche (v. ad esempio Paolo Pancheri, “La razza dei sessi”, in Giornale italiano di psicopatologia, n.4, vol.5, dicembre 1999) emerge la figura di un uomo tagliato più per il movimento che per la riflessione, più per l’azione istintiva che per il ragionamento attento e meditato, mentre la donna appare socialmente più evoluta, non risulta del tutto falsa la gerarchia fra i sessi data per scontata nelle società dei padri? Se, poi, l’encefalo femminile risulta più equilibrato e più plastico, avendo una rete organizzativa più omogenea, quindi con maggiori capacità di integrazione e di risposte (v. Umberto Dinelli, Il nostro cervello: viaggio dentro la conoscenza, i sentimenti, le emozioni, Marsilio, Venezia 2000), non dovrebbe tutta la specie far propria l’impostazione mentale delle donne per garantirsi la sopravvivenza e una buona qualità della vita?

La teoria del Corpo Pensante

Essendo organismi, le maggiori conoscenze femminili sui viventi dovrebbero tornare utili anche agli uomini; come mai essi non riconoscono tale elementare verità? Come mai da millenni ripetono lo stesso copione, modificandolo solo nella forma anche quando sanguinose rivoluzioni tenderebbero ad intaccarne i caratteri strutturali? Com’è possibile che la tanto glorificata ragione maschile, promossa ad unica e insuperabile detentrice delle superiori capacità della specie, sia refrattaria all’apprendimento, ma, soprattutto, com’è che si traduce in una macroscopica inadeguatezza a gestire razionalmente comunità di viventi quali noi siamo? La ragione femminile sembra al contrario adattiva per l’intera specie; la civile operosità della maggior parte delle donne nel mondo lo rivela e gli studi scientifici sopra ricordati lo confermano al di là di ogni ragionevole dubbio. I quesiti più pressanti, che esigono serie e irrinunciabili risposte, possono essere così formulati: una differenza tanto marcata nel modo di intenzionare il mondo da parte di donne e uomini dipende forse dal fatto che le une e gli altri sono organismi differenti? E ancora: che cos’è in realtà la mente? Poiché considera la mente un processo del corpo biologico la teoria del corpo pensante (vedi Angela GiuffridaIl corpo pensa – Umanità o femminità?, Prospettiva Edizioni, 2002), permette di rispondere ad entrambi gli interrogativi. Essa propone un sistema concettuale atto a comporre in unità tutto il reale, a partire dall'inscindibilità di corpo e mente. Si tratta di un nuovo paradigma conoscitivo che assimila la conoscenza all'intero organismo, facendo del corpo il vero soggetto pensante, capace di dare, attraverso la sua forma e la sua esperienza, forma al pensiero. La teoria nasce da un approccio critico al pensiero filosofico, che ha portato all'individuazione di alcuni meccanismi mentali costanti, e dalla percezione dell'intrinseca intelligenza e autonomia del vivente, che ne ha consentito l'attribuzione alla mente maschile. Se ogni organismo è un sistema che si auto organizza e si autoregola, dev'essere principalmente un sistema cognitivo; se è così, l'organismo femminile possiede per forza di cose un sapere altro, più vasto e comprensivo, dato che protrae la vita. Essendo strutturati in modo differente, donne e uomini fanno esperienze molto diverse e si sono, quindi, evoluti diversamente. Dall'esperienza materna la donna ricava una forma mentis contenitiva, capace di sopportare la complessità e la ricchezza del reale, propensa a costruire, connettere, combinare, quindi ad operare scelte favorevoli alla vita e alla crescita. L'uomo, invece, non contenendo l'altro nel suo corpo e percependosi come parte della madre, sviluppa uno sguardo parziale sia sul mondo che su di sé e, non essendo portato a cogliere connessioni fra le parti, adopera l'opposizione. Isolare un dato, separarlo dal contesto, opporlo agli altri dati costituisce la modalità tipica del suo rapporto col mondo, tant'è che non solo impronta le relazioni alla conflittualità e lacera tutto il reale in parti contrapposte, ma riproduce la dicotomia persino nella percezione di sé: l'anima confligge con il corpo, la logica con l'affettività e così via. Inoltre, siccome procrea fuori di sé, è proiettato verso l'esterno, perciò è incline a vivere fuori dal proprio corpo e a mettere l'accento sull'ideale-generale-astratto, privilegiando la ragione, una ragione che, sciolta da legami con il naturale-corporeo e priva di un adeguato sviluppo dell'affettività, non esercitata come quella femminile nel dare e sostenere la vita, si è evoluta in forme non omogenee di intelligenza settoriale. Il mondo atomizzato, conflittuale, astratto che l'uomo ci presenta è il suo mondo, ma viene confuso con la realtà tout court visto che la Weltanschauung maschile è stata attribuita all'intera specie.

Occorre un Nuovo Sistema Categoriale

Derivata da lunghi anni di studio del pensiero filosofico, la teoria del corpo pensante, avendo messo a fuoco i meccanismi mentali maschili, ne permette una facile individuazione a chiunque in ogni momento. Essa trova autorevoli conferme in diverse scienze quali biologia, antropologia, psicologia, mentre un incisivo sostegno viene dalla storia. La profondità e l'onnicomprensività della crisi contemporanea, in uno all'incapacità dell'intellighenzia di tutto il mondo di dare risposte significative, rivela l'insufficienza del sistema concettuale che organizza le comunità umane. Poiché la ragione maschile, "siderale" in quanto slegata dall'intelligenza affettiva, è stata imposta come l'unica possibile, anche le donne si servono delle sue categorie, nonostante abbiano un diverso modo di concettualizzare. Questo è il motivo principale della mancata emersione ed efficace affermazione del pensiero femminista e femminile, nonostante notevoli contributi provengano da tutte le parti del mondo. La concezione di conoscenza profonda, rivalutando il corpo come produttore di pensiero, rivaluta l'esperienza femminile e la situa al centro come fonte permanente di civilizzazione: mostrando, poi, l'effettiva differenza di funzionamento delle menti maschile e femminile, dà alle donne la possibilità di chiamarsi fuori dalle mille trappole del pensiero dominante e di elaborare un nuovo sistema categoriale, capace di restituire concretezza ed organicità al reale, ricomponendolo nella sua costitutiva unità. La permanenza nello schematismo del pensiero maschile può ostacolare l'immediata acquisizione della teoria, nonostante i suoi assunti siano sotto gli occhi di tutti. Il millenario deprezzamento della corporeità, ad esempio, rende difficile assimilare al corpo funzioni considerate superiori, mentre il recupero della centralità delle donne viene interpretato in chiave oppositiva, come riproposizione delle gerarchie in forma rovesciata, con il consueto corteo di emarginazione, persecuzione e sfruttamento dell'inferiore e del diverso. Ma la filosofia che pone al centro il corpo ha un'alta considerazione della dimensione naturale: il corpo che risulta da un approccio organicistico non è un mero involucro di massa e materia, è un organismo integro da cui promanano le più alte manifestazioni dello spirito. Matrismo e patriarcato, poi, non sono speculari, perché la naturale asimmetria tra donna e uomo si è tradotta in una diversa forma mentis: riconoscendo il figlio come parte di sé, la madre lo contiene nella propria mente. Non è vero il contrario, come dimostrano i rapporti pubblicati periodicamente da Onu e Unicef che riconoscono nella violenza contro le donne la violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo. Le donne possono dar vita a comunità equilibrate dove ci sia posto per tutte e tutti.Possono farlo, però, a condizione di riconoscere senza infingimenti la differenza della loro mente e rivendicare con fermezza l'occupazione del fuoco delle comunità per affermare i valori femminili, centrati sul potere di generare e sostenere la vita, non sul potere di infliggere sofferenze e dare la morte. In fin dei conti le nostre madri preistoriche hanno potuto guidare il processo di civilizzazione della specie perché hanno usato le loro categorie mentali. Per riallacciare il filo con le antiche comunità materne, spezzato dall'avvento del patriarcato autoritario, bisogna ricostituire quella visione organica del mondo che permette l'integrazione di sé, dell'altro, della natura nella propria mente. Solo così si possono centrare le comunità sulla persona, su ogni singola persona, e organizzarle attorno al lavoro di sostegno e di cura, riportando i valori dal cielo della teoria alla pratica della vita quotidiana. La percezione di una intrinseca debolezza spinge il maschio umano alla ricerca continua di potere, non a caso il dominio è il centro propulsore delle società patricentriche. Sperare che organizzazioni della dominanza, la cui matrice è costituita da prevaricazione e sfruttamento, possano trasformarsi in sistemi sociali civili attraverso qualche riforma qua e là, è una pura illusione. D'altronde, la sistematica degenerazione autoritaria dei movimenti rivoluzionari dimostra che senza le madri nessun cambiamento è possibile perché, lasciati a se stessi, gli uomini autoalimentano, potenziandoli, i meccanismi perversi che stanno mettendo in discussione la sopravvivenza della specie e la vita stessa sulla terra. L'unica risposta alla deriva, altrimenti inevitabile, non può che essere l'elaborazione di uno stile di pensiero capace di superare la millenaria tradizione intellettuale parziale e riduttiva, attraverso il recupero di quelle prerogative sviluppate dalle madri della specie e divenute la sostanza stessa della civiltà.

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3 maggio 2011 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line Recentemente pubblicato dall’editore Bonaccorso di Verona, nella collana "saggi liberi", il libro che ripropone il pensiero di Angela Giuffrida sul nesso guerra-pensiero dominante.

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22 gennaio 2011 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line Negli innumerevoli dibattiti sui comportamenti poco edificanti del cavaliere, la cosa che più mi colpisce e mi indispone è il balbettio degli oppositori, che finisce per alimentare la petulanza dei suoi arroganti legulei.

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La parzialità dello sguardo maschile sul mondo

Il compito prioritario di chi vuol sostenere la nonviolenza

2 ottobre 2010 - giornata internazionale della non violenza - Pubblicato su Il paese delle donne on line Il rispetto per il vivente umano e non umano dovrebbe caratterizzare i pensieri e i comportamenti di una specie che ha scommesso tutto sulla Ragione, se non fosse che la supremazia di uno dei due generi, imposta con la violenza, ha portato al drastico privilegiamento di forme di intelligenza settoriale che hanno fatto smarrire alla ragione il suo reale significato.

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Il compito prioritario di chi vuol sostenere la nonviolenza

Luttazzi e l’idea maschile del coito (anale e non) come atto sopraffattorio

13 Agosto 2010 - Pubblicato su Il Paese delle donne online. Bisogna ringraziare Luttazzi per aver messo in scena in modo esemplare l’idea maschile di sessualità, associata in modo tanto inestricabile quanto inopportuno all’idea di dominio. Presentato come metafora del servilismo imperante il coito anale diventa, al di là di ogni ragionevole dubbio, un’azione in sé sopraffattoria che si concreta di fatto in uno stupro, non importa se sia agito fra due individui consenzienti o no.

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Luttazzi e l’idea maschile del coito (anale e non) come atto sopraffattorio

Un modus vivendi altamente razionale e civile

13 Agosto 2010 - Pubblicato su La nonviolenza è in cammino. Non posso far risalire ad una data o ad un preciso episodio il mio accostamento alla nonviolenza. La personalita' decisamente piu' importante e' stata, infatti, mia madre che, da quando mi ha messa al mondo, non servendosi di specifiche teorie o dotte argomentazioni ma con la potente forza del suo esempio, mi ha permesso di assimilare come naturale e normale un modus vivendi altamente razionale e civile.

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Un modus vivendi altamente razionale e civile

Donne e uomini: poli opposti?

9 aprile 2010 - Pubblicato su Il paese delle donne on line Equiparare l’attrazione fra i due sessi e i fenomeni elettrici fa parte di un immaginario collettivo tanto stantio quanto errato che occorre superare. L’idea che donne e uomini siano poli opposti che si attraggono deriva dall’inclinazione tipicamente maschile a polarizzare la realtà, falsandola. Gli uomini sono i figli delle donne e nell’abbraccio amoroso entrambi sono attratti dall’archetipo femminile; infatti anche le fantasie femminili si strutturano attorno ad un corpo di donna.

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Donne e uomini non sono poli opposti che si attraggono

Il linguaggio maschile occulta il vero

23 Febbraio 2010 - Pubblicato su Paese delle Donne online. Il problema non è solo di rendere sessuate le lingue per dare visibilità alle donne, ma è anche e soprattutto la restituzione di quanto è stato loro proditoriamente tolto; solo così potranno riacquistare quella autorevolezza di cui sono state defraudate e di cui hanno bisogno per ricostruire il mondo a misura di donna che vuol dire, in fin dei conti, a misura dell’intera specie.

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Il linguaggio maschile occulta il vero

Sesso a pagamento

30 ottobre 2009 - Pubblicato su Paese delle Donne online. La vicenda Marrazzo ha portato ancora una volta alla luce tutto lo squallore del sesso a pagamento. I vari interventi, come era già avvenuto sul “caso Berlusconi”, ruotano generalmente sulla divisione pubblico-privato, e molti a sinistra magnificano Marrazzo per le sue dimissioni a fronte dell’ostinazione del premier a mantenere il suo ruolo istituzionale, nonostante le azioni che gli vengono contestate non si possano iscrivere unicamente nella sfera privata come nel caso del governatore del Lazio.

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Sesso a pagamento

Dieci domande che esigono risposte rigorose

9 ottobre 2009 - Pubblicato su Paese delle Donne online. Ho seguito il dibattito sul silenzio delle donne promosso da l’Unità ed ho pensato di dare il mio contributo. Bisogna riconoscere con Stefania Cantatore che “né il superamento dell’esclusione del potere, né quello della subordinazione violenta delle donne sono mai state una priorità per la politica” e che “nelle pieghe di queste due questioni c’è una sostanza politica che preme verso la rifondazione del pensiero sul governo delle cose”. Fare appelli, scendere in piazza, manifestare e contarci non serve a niente se non sarà ristabilita la verità e cioè la centralità del soggetto donna.

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Dieci domande che esigono risposte rigorose

Partire dal sessismo e dalle sue cause per eliminare il razzismo

8 luglio 2009 - Pubblicato su La nonviolenza è in cammino e Paese delle Donne online. Il sessismo che resiste ostinatamente in tutte le comunità patrifocali, differenziandosi solo per il grado di coercizione, e le altre forme di razzismo che, latenti in alcuni periodi, esplodono in altri sfacciatamente, sono la spia della peculiare prospettiva con cui gli uomini accostano il reale.

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Partire dal sessismo e dalle sue cause per eliminare il razzismo

La realtà vera e quella immaginata

13 giugno 2009 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line. Sono stata particolarmente colpita dall’articolo Il Cavaliere, Draghi e le bugie sui precari pubblicato da la Repubblica il 6 giugno 2009 in cui Massimo Giannini, lamentando "l’irrealtà berlusconiana", così scriveva: "Nell’archetipo berlusconiano, il ’principio della realtà immaginata’ è il cuore della politica".

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La realtà vera e quella immaginata

Lo spazio delle donne è il mondo

25 Maggio 2009 Pubblicato su Il Paese delle donne online Nel suo intervento "Think different", pubblicato da Il Paese delle donne, Marina Boscaino ha correttamente ampliato l’orizzonte del dibattito sulle "classi omogenee" appellandosi alla "dimensione sociale" della scuola.

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Non sense

9 Febbraio 2009 Pubblicato su Il Paese delle donne online C’è qualcosa che non convince nella plateale, caparbia difesa della vita da parte della Chiesa e di quei rappresentanti dello Stato allineati sulla sua posizione.

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Non sense

La violenza, assenza di pensiero

3 Luglio 2006 Pubblicato su La nonviolenza è in cammino La violenza letale sulle donne e' strettamente connessa ad altre forme di violenza che le assicurano un ampio e forte sostegno: la distanza forzata dal potere e lo sfruttamento dell'attivita' di cura.

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La violenza, assenza di pensiero

La Finzione e la realtà

16 Maggio 2006 Pubblicato su "Il Paese delle donne online" e La nonviolenza è in cammino La giudice di Murcia, che ha posto una questione di incostituzionalita' a proposito della Legge organica contro la violenza di genere in Spagna, e' l'emblema delle donne che hanno assimilato appieno le categorie del pensiero dominante.

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La Finzione e la realtà

La razionalità maschile che uccide le donne

8 Gennaio 2006 Pubblicato su La nonviolenza è in cammino Maschi, perche' uccidete le donne?

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La razionalità maschile che uccide le donne

A chi giova reificare le donne?

16 Giugno 2005 Pubblicato su La nonviolenza è in cammino Se la riduzione di persone a cose e' un crimine contro l'umanita', a quale "superiore" etica si ispira la legge 40 che riduce le donne a cose prive di diritti, a quale "coscienza" si appellano i politici per sostenerla?

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A chi giova reificare le donne?

Quali interessi serve la violenza?

29 Gennaio 2009 Pubblicato su Il Paese delle donne online Io credo che svelare gli interessi che sostengono il dominio maschile non sia sufficiente per spiegare una violenza così generalizzata, brutale, insensata.

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Quali interessi serve la violenza?

Il compito delle donne

21 Dicembre 2008 Pubblicato su Il Paese delle donne on line Mi riferisco all’articolo di Fulvia Bandoli "E se parlassero solo gli uomini?" e alla risposta di Paola Zaretti "Non togliamo più le castagne dal fuoco".

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Il compito delle donne

Yes we can

9 Novembre 2008 Pubblicato su Il Paese delle donne online. Quello che Obama non ha detto perché non lo sa è che sono le donne ad avere la possibilità di cambiare il mondo, essendo al momento le sole a comprendere il linguaggio della vita.

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Yes, we can

La debolezza del femminismo

29 Ottobre 2008 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line.Il femminismo non è riuscito a generalizzare la sua cultura, che riguarda uomini e donne, sfera pubblica e sfera privata” perché è rimasto impantanato nella cultura dominante di cui usa i perversi meccanismi che impediscono di trovare risposte significative.

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La debolezza del femminismo

La sinistra che non c’è

20 aprile 2008 - Pubblicato su Il paese delle donne on line. La scomparsa della sinistra in seguito alle ultime elezioni ha ben altro significato che la semplice cancellazione della rappresentanza istituzionale. Secondo me gli uomini "sembrano" di sinistra quando sono all’opposizione, perché il conflitto è il loro naturale elemento. Il problema cambia quando hanno responsabilità di governo e devono abbandonare gli atteggiamenti reattivi per realizzare quei valori che dicevano di perseguire quando il loro compito era attaccare e denunciare. Storicamente non si ha notizia di successi in tal senso.

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La sinistra che non c’è

La pena di morte

24 dicembre 2007 - Pubblicato su Il paese delle donne on line. Non mi unisco al coro che saluta la moratoria della pena di morte come un passo decisivo nell’evoluzione civile dell’umanità. La guerra, infatti, resta fuori dalla moratoria.

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La moratoria per la pena di morte e la questione maschile

Ha senso fare affidamento sugli uomini?

18 aprile 2007 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line. Le comunità patriarcali “ammiccano al male”, più o meno scopertamente; visto che si ispirano tutte al dominio, i loro sistemi giuridici sono stati creati per sostenere l’ oppressione, perciò le leggi tendono a garantire i carnefici non le vittime, i colpevoli non gli innocenti, mentre le risorse economiche vengono destinate prioritariamente al finanziamento di imprese e tecnologie di distruzione. Persino la divinità si fa garante e portavoce dell’ingiustizia, dell’autoritarismo, della violenza sociale istituzionalizzata.

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Ha senso fare affidamento sugli uomini per rendere giustizia della violenza sulle donne?

Nostro fine non può essere condividere alla pari un sistema di pensiero carente e irrazionale

20 giugno 2006 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line. In un articolo apparso sul quotidiano “L’Unità” del 22 maggio 2006, intitolato “Uomini, voi cosa dite?”, Luisa Muraro scrive: “La seconda ondata del femminismo, ormai trascorsa, ha cambiato molte cose in meglio, ma la tendenza maschile a farsi valere con il disprezzo dell’altro sesso, nel suo fondo sembra immutata”.

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Nostro fine non può essere condividere alla pari un sistema di pensiero carente e irrazionale

A misura di donna ovvero a misura di essere umano

2 gennaio 2006 - Pubblicato su Il Paese delle donne on line. Nella relazione pronunciata all’Assemblea delle donne della Sinistra Europea, Elettra Deiana ha affermato che "non c’è nessuna naturale attitudine da parte delle donne a dire - no - alla guerra. Il loro essere madri non è un vaccino contro la guerra". A me pare, invece, che la naturale attitudine femminile a non fare la guerra si evinca in modo evidente da due dati di fatto incontrovertibili: la guerra non è un parto della mente delle donne, mentre la cura è, in tutto il mondo, il loro mestiere.

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Un mondo a misura di donna ovvero a misura di essere umano

L'astratto e il concreto

23 Maggio 2005 Pubblicato su La nonviolenza è in cammino L'astrattezza e l'incongruenza delle argomentazioni a sostegno dei diritti dell'embrione devono suscitare un'attenta riflessione.

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L'astratto e il concreto

Una domanda decisiva

24 Aprile 2005 Pubblicato su La nonviolenza è in cammino Scrive Giancarla Codrignani: "i partiti sono al massimo disposti a rinunciare a qualche posto per attribuirlo alle donne, purche' nessuna si sogni di modificare il modello delle politiche e la qualita' dei diritti". Come reagiscono le donne di fronte alla irragionevole pretesa maschile di continuare ad "occupare" la societa' e a dettare legge "in solitaria"?

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Una domanda decisiva

Come uscire dal vicolo cieco

17 Marzo 2005 Pubblicato su La nonviolenza è in cammino Seguire gli uomini nel loro disegno esistenziale che rinnega il corpo significa guidare la specie verso l'autoannientamento.

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Come uscire dal vicolo cieco

Il silenzio delle donne

13 Marzo 2005 Pubblicato su Nonviolenza in cammino Il femminismo, nelle sue diverse forme, rimane interno ad un apparato concettuale che mostra ormai scopertamente la sua inadeguatezza ad interpretare l'umano in particolare, il vivente in generale.

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Sul silenzio delle donne

Una equazione infondata

Gennaio 2005 Da una lettera di Angela Giuffrida inviata al quotidiano "L'unita'" in risposta a un articolo li' pubblicato secondo cui Lawrence Summers, presidente dell'Universita' di Harvard, ha sentenziato che le donne alle altezze delle materie scientifiche "proprio non ci arrivano col cervello". La lettera non è stata pubblicata, è apparsa, invece, sottoforma di articolo il 6.2.2005 sul n. 482 de La nonviolenza in cammino.

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Una equazione infondata

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