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Da Ortosociale.

L'astrattezza e l'incongruenza delle argomentazioni a sostegno dei diritti dell'embrione
di Angela Giuffrida
L'astrattezza e l'incongruenza delle argomentazioni a sostegno dei diritti dell'embrione devono suscitare un'attenta riflessione. Secondo me sono il risultato del particolare approccio cognitivo maschile alla realta': fissare un singolo dato, isolarlo dal contesto, opporlo agli altri dati e' il modo tipico con cui il maschio umano intenziona il mondo. Tutte le disquisizioni attorno ad un unico elemento "scorporato" producono discorsi astratti che nulla hanno a che fare con la sua concreta esistenza, per il semplice motivo che, non permettendo di cogliere il reale in tutta la sua complessita', non lo colgono affatto. Questo e' tanto piu' vero quando si tratta di viventi la cui esistenza e' possibile solo grazie ad intricatissime connessioni che, o si assumono nel loro insieme, o non si visualizzano tout court. Nella fattispecie l'embrione "assolutizzato" diventa un essere umano autonomo, tanto da vantare la qualita' di soggetto di diritto contro la madre, a cui necessariamente la sottrae. Dipendendo infatti la sua esistenza ed ogni suo possibile sviluppo dal corpo materno, deve costituire un tutt'uno con esso. Fin dall'inizio e' l'ovulo femminile ad indirizzare i geni verso lo sviluppo creando l'embrione, il quale e' obbligato a vivere in simbiosi con la madre per continuare ad evolversi fino a diventare bambino: il soggetto a cui la specie deve la sua esistenza e la sua evoluzione e', percio', la donna. Solo uno sguardo angusto, incapace di cogliere le necessarie e imprescindibili connessioni tra l'organismo creativo della madre e la sua creatura, puo' rovesciare la situazione. Ma se non possono esistere embrioni, ne' tanto meno nascere bambini senza la potenza e la generosita' dell'organismo femminile, ha senso parlare dell'embrione come di un essere umano autonomo, di un soggetto di diritto, riducendo a cosa priva di soggettivita' proprio colei che rende possibile l'esistenza della specie? Le donne che si schierano dalla parte dei diritti dell'embrione contro quelli della madre fanno, a mio parere, l'errore di assumere acriticamente la parzialita' del punto di vista maschile sul mondo, senza accorgersi che stanno sostenendo la propria reificazione, quella stessa che gli uomini operano da millenni sia per motivi di ordine cognitivo che per il desiderio di superare la loro marginalita' in campo riproduttivo e la loro dipendenza dalla donna. Le donne sono mosse da nobili ragioni, vogliono impedire il progressivo, inesorabile scadimento della vita umana che nelle societa' patricentriche non ha grande valore. Il fatto che l'80% delle ricerche scientifiche persegua scopi bellici, legittima il sospetto che anche quelle che sembrano perseguire fini umanitari siano la manifestazione piu' o meno scoperta del consueto delirio di onnipotenza. Ma voler superare la "cosalizzazione" della vita umana acconsentendo a "cosalizzare" se stesse e' irragionevole, per l'ovvio motivo che cio' che deve essere superato e' l'inclinazione a ridurre a cosa gli esseri umani, anche e soprattutto le donne che, conoscendo l'alto costo della vita, sono piu' adatte alla bisogna. Solo se si pongono come soggetti forti e determinati le donne possono restituire al vivente la sua specificita' e la sua unicita', ma per far questo devono prima di tutto acquisire la coscienza del loro valore e del valore di cio' che fanno. Del tutto infondata appare, percio', l'equazione fra la necessita' dell'embrione di costruirsi all'interno del corpo materno e il bisogno di cure di un bambino gia' nato, di un vecchio, di un malato o di un disabile. La maternita' non puo' essere ridotta a nient'altro perche' e' cio' che rende possibile qualsiasi esperienza, e' l'apriori che consegna un individuo, formatosi grazie ad un processo simbiotico tra due organismi, al mondo come soggetto portatore di diritti. A partire dalla consapevolezza che il loro organismo non e' mero contenitore ma artefice della vita le donne potranno rifiutare manipolazioni indebite del proprio corpo e dell'embrione che ne fa parte.

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