Sociologia104

Da Ortosociale.

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All'inizio era la "Comunità". Con l'invenzione del linguaggio, la Parola, il "Logos", diventano la scintilla di quella Coscienza Sociale che porta le prime "Comunità" umane a sviluppare la Cultura. Hanno regole sociali intra ed extra-comunitarie (Politica), rituali magici (Ideologia, Cosmologia, Conoscenza, Arte), una interazione strettissima col Territorio e la Natura (Economia, caccia, raccolta, trasformazione del cibo, ripari). Le prime "bande" di raccoglitori-cacciatori erano innervate sui rapporti parentali di tre generazioni, non solo, ma su rapporti inclusivi trattati come "adozioni", di amicizia o di scambio culturale. Le bande avevano necessità l'una dell'altra per la pratica del matrimonio esogamo che era il motore di sviluppo delle relazioni parentali, economiche, culturali, delle loro relazioni "politiche". Già 50.000 anni fa l'uomo era come noi, moderno nei suoi processi mentali (Claude Levi-Strauss). L'espansione di queste comunità, la loro diffusione, le loro migrazioni, i loro incontri e scontri, i loro conflitti spesso aspri e duraturi, le loro "invenzioni", il loro incessante e lento sviluppo, sono la storia della Umanità. Orgogliosi della nostra Preistoria oggi conosciamo in gran parte le nostre origini, biologiche e culturali. Tutte queste comunità si collegavano tra di loro costruendo delle "confederazioni" con una base culturale o linguistica "comune". Con la Rivoluzione Urbana alcune di queste Comunità cambiano radicalmente creando istituzioni basate sempre sul Linguaggio, ma su un linguaggio che si è fatto rigido, "scritto", verificabile sulla distanza del tempo, tempo che viene catalogato e misurato con cura. Il rapporto col territorio diventa più delicato, scoppiano guerre feroci tra città della stessa area culturale, per l'egemonia su un territorio sempre maggiore. Dopo pochi secoli cominciano a manifestarsi gli imperi che realizzano su tali territori una violenta egemonia politico-militare, economica e culturale-religiosa. La cultura viaggia con la forza degli eserciti e l'imposizione di un "Logos" unico, di un linguaggio sacro che porta la religione imperiale. Con la Rivoluzione Industriale le Comunità cambiano ancora. La commistione tra le antiche comunità e le nuove che alla fine prevalgono è incredibimente complessa. Si incrementano in modo esplosivo gli scambi, il fluire delle egemonie e degli scontri reciproci tra le nazioni leader dello sviluppo tecnologico, scientifico, economico e imprenditoriale, politico (Rivoluzione Inglese, Americana, Francese). In Africa, Asia, Oceania, America, tutte le altre comunità vengono travolte e riorganizzate da queste potenze che portano la cosiddetta "Civiltà". Sulle "Comunità" antiche prevale la "Società" moderna, stratificata,  espressa in termini esatti dal sociologo Max Weber nella tripartizione in "settori" stratificati gerarchicamente: di classe economica (posizione all'interno della economia capitalistica o di Mercato), di status culturale (posizione nell'avanzamento degli studi e della cultura ufficiale), di partito politico (posizione all'interno delle gerarchie di potere politico-militare). Questo lungo excursus storico è necessario per eliminare ogni facile illusione e per individuare le possibilita di ricostruzione di "Comunità" con le caratteristiche di quelle tradizionali: legate da vincoli profondi di amore, cura, ricordo del territorio in cui vive; produttive di valori e ricchezze non mercificati nè mercificabili, che seguono la logica del "munus", del dono basato sullo scambio e la reciprocità; che valorizzano ed integrano sia le potenzialità dei singoli territori che l'iniziativa di ogni membro della Comunità. Ciò è possibile perchè questa nostra "Società" attraversa una crisi sistemica perchè chiusa in strutture rigide come quelle del Mercato o quelle di Stati per la gran parte autoritari e vincolati ai voleri di elites economiche, durissime nel controllare e sfruttare tutte le risorse naturali e sociali. Ma è possibile, ripetiamo "è possibile", ripartire dai valori tradizionali delle Comunità che sono sopravvissute su tutto il terriotorio nazionale, partendo da paesi, borghi, città, quartieri e zone di aree metropolitane. Si tratta di ripartire dalle varie scala di grandezza delle Comunità. da quelle micro familiari e di vicinato, a quelle medie di paese o quartiere, a quelle macro di Regione o Bioregione. E' possibile perchè il patrimonio dei valori positivi di unione, cooperazione, amore, è rimasto scolpito e prevalente come istinto vitale nell'incoscio collettivo. Mirando ad attivare ogni dove valori e attitudini quali la collaborazione, il fare collettivo, la cura dell’altro e dell’ambiente (sia naturale che antropizzato), la convivialità, considerati prioritari rispetto ai valori prevalenti nella attuale visione individualistica della società. Questo contesto favorisce l'emergere di desideri e comportamenti positivi, cooperativi e pro-sociali, innescando così un circolo virtuoso per lo stesso benessere psico-fisico. (20) In questo contesto si sviluppano e prosperano iniziative produttive di tipo cooperativo e solidale, anche con meccanismi di monete locali (21), guidate dalle necessità e capacità del territorio, e non dalla ricerca di un profitto. Si fa ricorso all’economia di mercato e al lavoro retribuito solo nei casi più strettamente necessari. Questo è possibile anzi è necessario perchè solo in Comunità di questo tipo è possibile integrare e fondere armoniosamente le attività di tutti coloro che ne fanno parte; ogni lavoro è "produttivo" e si esprime contemporaneamente nei tre domini sociali della Cultura, della Politica, della Economia, riunificandoli le tre "potenze sociali" all'origine, sia nell'ambito intra-comunitario che in quello extra-comunitario. Questo risolve in modo definitivo la dicotomia assurda e distruttiva tra lavoro "produttivo" (oggi rivolto al singolo individuo) e lavoro riproduttivo (della Comunità e del suo Ambiente Naturale). Ogni istante dell'attività è al tempo stesso "produttiva" e "riproduttiva" perchè focalizzata sulla Comunità fusa con il suo ambiente naturale. Ambiente che comprende tutte le altre Comunità, via via più ampie, con cui unirsi per vicinanza, scambi, affinità, sviluppando ecosistemi culturali differenziati ed integrati.
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All'inizio era la "Comunità". Con l'invenzione del linguaggio, la Parola, il "Logos", diventano la scintilla di quella Coscienza Sociale che porta le prime "Comunità" umane a sviluppare la Cultura. Hanno regole sociali intra ed extra-comunitarie (Politica), rituali magici (Ideologia, Cosmologia, Conoscenza, Arte), una interazione strettissima col Territorio e la Natura (Economia, caccia, raccolta, trasformazione del cibo, ripari). Le prime "bande" di raccoglitori-cacciatori erano innervate sui rapporti parentali di tre generazioni, non solo, ma su rapporti inclusivi trattati come "adozioni", di amicizia o di scambio culturale. Le bande avevano necessità l'una dell'altra per la pratica del matrimonio esogamo che era il motore di sviluppo delle relazioni parentali, economiche, culturali, delle loro relazioni "politiche". Già 50.000 anni fa l'uomo era come noi, moderno nei suoi processi mentali (Claude Levi-Strauss). L'espansione di queste comunità, la loro diffusione, le loro migrazioni, i loro incontri e scontri, i loro conflitti spesso aspri e duraturi, le loro "invenzioni", il loro incessante e lento sviluppo, sono la storia della Umanità. Orgogliosi della nostra Preistoria oggi conosciamo in gran parte le nostre origini, biologiche e culturali. Tutte queste comunità si collegavano tra di loro costruendo delle "confederazioni" con una base culturale o linguistica "comune". Con la Rivoluzione Urbana alcune di queste Comunità cambiano radicalmente creando istituzioni basate sempre sul Linguaggio, ma su un linguaggio che si è fatto rigido, "scritto", verificabile sulla distanza del tempo, tempo che viene catalogato e misurato con cura. Il rapporto col territorio diventa più delicato, scoppiano guerre feroci tra città della stessa area culturale, per l'egemonia su un territorio sempre maggiore. Dopo pochi secoli cominciano a manifestarsi gli imperi che realizzano su tali territori una violenta egemonia politico-militare, economica e culturale-religiosa. La cultura viaggia con la forza degli eserciti e l'imposizione di un "Logos" unico, di un linguaggio sacro che porta la religione imperiale. Con la Rivoluzione Industriale le Comunità cambiano ancora. La commistione tra le antiche comunità e le nuove che alla fine prevalgono è incredibimente complessa. Si incrementano in modo esplosivo gli scambi, il fluire delle egemonie e degli scontri reciproci tra le nazioni leader dello sviluppo tecnologico, scientifico, economico e imprenditoriale, politico (Rivoluzione Inglese, Americana, Francese). In Africa, Asia, Oceania, America, tutte le altre comunità vengono travolte e riorganizzate da queste potenze che portano la cosiddetta "Civiltà". Sulle "Comunità" antiche prevale la "Società" moderna, stratificata,  espressa in termini esatti dal sociologo Max Weber nella tripartizione in "settori" stratificati gerarchicamente: di classe economica (posizione all'interno della economia capitalistica o di Mercato), di status culturale (posizione nell'avanzamento degli studi e della cultura ufficiale), di partito politico (posizione all'interno delle gerarchie di potere politico-militare). Questo lungo excursus storico è necessario per eliminare ogni facile illusione e per individuare le possibilita di ricostruzione di "Comunità" con le caratteristiche di quelle tradizionali: legate da vincoli profondi di amore, cura, ricordo del territorio in cui vive; produttive di valori e ricchezze non mercificati nè mercificabili, che seguono la logica del "munus", del dono basato sullo scambio e la reciprocità; che valorizzano ed integrano sia le potenzialità dei singoli territori che l'iniziativa di ogni membro della Comunità. Ciò è possibile perchè questa nostra "Società" attraversa una crisi sistemica perchè chiusa in strutture rigide come quelle del Mercato o quelle di Stati per la gran parte autoritari e vincolati ai voleri di elites economiche, durissime nel controllare e sfruttare tutte le risorse naturali e sociali. Ma è possibile, ripetiamo "è possibile", ripartire dai valori tradizionali delle Comunità che sono sopravvissute su tutto il terriotorio nazionale, partendo da paesi, borghi, città, quartieri e zone di aree metropolitane. Si tratta di ripartire dalle varie scala di grandezza delle Comunità. da quelle micro familiari e di vicinato, a quelle medie di paese o quartiere, a quelle macro di Regione o Bioregione. E' possibile perchè il patrimonio dei valori positivi di unione, cooperazione, amore, è rimasto scolpito e prevalente come istinto vitale nell'incoscio collettivo. Mirando ad attivare ogni dove valori e attitudini quali la collaborazione, il fare collettivo, la cura dell’altro e dell’ambiente (sia naturale che antropizzato), la convivialità, considerati prioritari rispetto ai valori prevalenti nella attuale visione individualistica della società. Questo contesto favorisce l'emergere di desideri e comportamenti positivi, cooperativi e pro-sociali, innescando così un circolo virtuoso per lo stesso benessere psico-fisico. (20) In questo contesto si sviluppano e prosperano iniziative produttive di tipo cooperativo e solidale, anche con meccanismi di monete locali (21), guidate dalle necessità e capacità del territorio, e non dalla ricerca di un profitto. Si fa ricorso all’economia di mercato e al lavoro retribuito solo nei casi più strettamente necessari. Questo è possibile anzi è necessario perchè solo in Comunità di questo tipo è possibile integrare e fondere armoniosamente le attività di tutti coloro che ne fanno parte; ogni lavoro è "produttivo" e si esprime contemporaneamente nei tre domini sociali della Cultura, della Politica, della Economia, riunificandoli le tre "potenze sociali" all'origine, sia nell'ambito intra-comunitario che in quello extra-comunitario. Questo risolve in modo definitivo la dicotomia assurda e distruttiva tra lavoro "produttivo", oggi espresso dal singolo individuo, e lavoro "riproduttivo" della Comunità e del suo Ambiente Naturale. Ciò significa anche, ad esempio, che gli attori di una micro-relazione comunitaria come l'amore materno sono sempre almeno due: la madre e la figlia o il figlio. Ogni istante dell'attività è al tempo stesso "produttiva" e "riproduttiva" perchè focalizzata sulla Comunità fusa con il suo ambiente naturale. Ambiente "Naturale" che comprende tutte le altre Comunità ("Naturali"), via via più ampie, con cui unirsi per vicinanza, scambi, affinità, sviluppando ecosistemi culturali differenziati ed integrati.
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Versione delle 13:36, 23 gen 2021

Indice

Comunità e Manifesto

Comunità

Contributo a Comunità

All'inizio era la "Comunità". Con l'invenzione del linguaggio, la Parola, il "Logos", diventano la scintilla di quella Coscienza Sociale che porta le prime "Comunità" umane a sviluppare la Cultura. Hanno regole sociali intra ed extra-comunitarie (Politica), rituali magici (Ideologia, Cosmologia, Conoscenza, Arte), una interazione strettissima col Territorio e la Natura (Economia, caccia, raccolta, trasformazione del cibo, ripari). Le prime "bande" di raccoglitori-cacciatori erano innervate sui rapporti parentali di tre generazioni, non solo, ma su rapporti inclusivi trattati come "adozioni", di amicizia o di scambio culturale. Le bande avevano necessità l'una dell'altra per la pratica del matrimonio esogamo che era il motore di sviluppo delle relazioni parentali, economiche, culturali, delle loro relazioni "politiche". Già 50.000 anni fa l'uomo era come noi, moderno nei suoi processi mentali (Claude Levi-Strauss). L'espansione di queste comunità, la loro diffusione, le loro migrazioni, i loro incontri e scontri, i loro conflitti spesso aspri e duraturi, le loro "invenzioni", il loro incessante e lento sviluppo, sono la storia della Umanità. Orgogliosi della nostra Preistoria oggi conosciamo in gran parte le nostre origini, biologiche e culturali. Tutte queste comunità si collegavano tra di loro costruendo delle "confederazioni" con una base culturale o linguistica "comune". Con la Rivoluzione Urbana alcune di queste Comunità cambiano radicalmente creando istituzioni basate sempre sul Linguaggio, ma su un linguaggio che si è fatto rigido, "scritto", verificabile sulla distanza del tempo, tempo che viene catalogato e misurato con cura. Il rapporto col territorio diventa più delicato, scoppiano guerre feroci tra città della stessa area culturale, per l'egemonia su un territorio sempre maggiore. Dopo pochi secoli cominciano a manifestarsi gli imperi che realizzano su tali territori una violenta egemonia politico-militare, economica e culturale-religiosa. La cultura viaggia con la forza degli eserciti e l'imposizione di un "Logos" unico, di un linguaggio sacro che porta la religione imperiale. Con la Rivoluzione Industriale le Comunità cambiano ancora. La commistione tra le antiche comunità e le nuove che alla fine prevalgono è incredibimente complessa. Si incrementano in modo esplosivo gli scambi, il fluire delle egemonie e degli scontri reciproci tra le nazioni leader dello sviluppo tecnologico, scientifico, economico e imprenditoriale, politico (Rivoluzione Inglese, Americana, Francese). In Africa, Asia, Oceania, America, tutte le altre comunità vengono travolte e riorganizzate da queste potenze che portano la cosiddetta "Civiltà". Sulle "Comunità" antiche prevale la "Società" moderna, stratificata, espressa in termini esatti dal sociologo Max Weber nella tripartizione in "settori" stratificati gerarchicamente: di classe economica (posizione all'interno della economia capitalistica o di Mercato), di status culturale (posizione nell'avanzamento degli studi e della cultura ufficiale), di partito politico (posizione all'interno delle gerarchie di potere politico-militare). Questo lungo excursus storico è necessario per eliminare ogni facile illusione e per individuare le possibilita di ricostruzione di "Comunità" con le caratteristiche di quelle tradizionali: legate da vincoli profondi di amore, cura, ricordo del territorio in cui vive; produttive di valori e ricchezze non mercificati nè mercificabili, che seguono la logica del "munus", del dono basato sullo scambio e la reciprocità; che valorizzano ed integrano sia le potenzialità dei singoli territori che l'iniziativa di ogni membro della Comunità. Ciò è possibile perchè questa nostra "Società" attraversa una crisi sistemica perchè chiusa in strutture rigide come quelle del Mercato o quelle di Stati per la gran parte autoritari e vincolati ai voleri di elites economiche, durissime nel controllare e sfruttare tutte le risorse naturali e sociali. Ma è possibile, ripetiamo "è possibile", ripartire dai valori tradizionali delle Comunità che sono sopravvissute su tutto il terriotorio nazionale, partendo da paesi, borghi, città, quartieri e zone di aree metropolitane. Si tratta di ripartire dalle varie scala di grandezza delle Comunità. da quelle micro familiari e di vicinato, a quelle medie di paese o quartiere, a quelle macro di Regione o Bioregione. E' possibile perchè il patrimonio dei valori positivi di unione, cooperazione, amore, è rimasto scolpito e prevalente come istinto vitale nell'incoscio collettivo. Mirando ad attivare ogni dove valori e attitudini quali la collaborazione, il fare collettivo, la cura dell’altro e dell’ambiente (sia naturale che antropizzato), la convivialità, considerati prioritari rispetto ai valori prevalenti nella attuale visione individualistica della società. Questo contesto favorisce l'emergere di desideri e comportamenti positivi, cooperativi e pro-sociali, innescando così un circolo virtuoso per lo stesso benessere psico-fisico. (20) In questo contesto si sviluppano e prosperano iniziative produttive di tipo cooperativo e solidale, anche con meccanismi di monete locali (21), guidate dalle necessità e capacità del territorio, e non dalla ricerca di un profitto. Si fa ricorso all’economia di mercato e al lavoro retribuito solo nei casi più strettamente necessari. Questo è possibile anzi è necessario perchè solo in Comunità di questo tipo è possibile integrare e fondere armoniosamente le attività di tutti coloro che ne fanno parte; ogni lavoro è "produttivo" e si esprime contemporaneamente nei tre domini sociali della Cultura, della Politica, della Economia, riunificandoli le tre "potenze sociali" all'origine, sia nell'ambito intra-comunitario che in quello extra-comunitario. Questo risolve in modo definitivo la dicotomia assurda e distruttiva tra lavoro "produttivo", oggi espresso dal singolo individuo, e lavoro "riproduttivo" della Comunità e del suo Ambiente Naturale. Ciò significa anche, ad esempio, che gli attori di una micro-relazione comunitaria come l'amore materno sono sempre almeno due: la madre e la figlia o il figlio. Ogni istante dell'attività è al tempo stesso "produttiva" e "riproduttiva" perchè focalizzata sulla Comunità fusa con il suo ambiente naturale. Ambiente "Naturale" che comprende tutte le altre Comunità ("Naturali"), via via più ampie, con cui unirsi per vicinanza, scambi, affinità, sviluppando ecosistemi culturali differenziati ed integrati.

Vecchio O&L

Le comunità, cuore di questo sistema, sono i luoghi in cui tutto si realizza, e dove si producono valori e ricchezze non mercificati né mercificabili, nella logica dell’economia del munus (19, rimanda a Karl Polanyi) (basata sullo scambio e lareciprocità), valorizzando sia le potenzialità dei singoli territori che l’iniziativa di ogni cittadino. Valori o attitudini come la collaborazione, il fare collettivo, la cura dell’altro e dell’ambiente (sia naturale che antropizzato), la convivialità, sono considerati prioritari rispetto a quelli prevalenti nella vecchia visione individualistica della società. Questo contesto favorisce l'emergere di desideri e comportamenti positivi, cooperativi e pro-sociali, innescando così un circolo virtuoso per lo stesso benessere psico-fisico. (20) In questo contesto si sviluppano e prosperano iniziative produttive di tipo cooperativo e solidale, anche con meccanismi di monete locali (21), guidate dalle necessità e capacità del territorio, e non dalla ricerca di un profitto. Si fa ricorso all’economia di mercato e al lavoro retribuito solo nei casi più strettamente necessari.

Comunità Immaginate

Forse le Comunità Immaginate di Benedict Anderson sono la via giusta per agire sulle Comunità Locali. La costruzione sociale della Comunità (locale, ma nel caso di Anderson anche nazionale) avviene attraverso la Cultura, in primis attraverso gli strumenti mitopoietici del Linguaggio, quelle che sono di moda oggi come "narrazioni". Se sostituisci "narrazioni" con "narrativa" o "letteratura" trovi anche il tuo giusto posizionamento (curriculum) nel Team SIA. Posizionamento centrale. Ti segnalo il link su wikipedia:

Collegato a questo parte tutto il discorso su linguaggio, semiotica, pragmatica, Chomski, etc. Ti segnalo solo l'Atto Performativo di John Langshaw Austin e la "Nazionalizzazione delle Masse" di George Mosse:

Ti segnalo anche, dal punto di vista pratico-economico (che invece fa parte del mio curriculum): Produzione Paritaria o CBPP (Produzione Paritaria basata su Beni Comuni) che è stato il nucleo della mia tesi di sociologia e che è uno dei pilastri dello Sviluppo Locale di Trigilia (lo Sviluppo Locale per lui è Innovazione anche tecnologica, cioè per me CBPP):

Naturalmente per finire non puoi evitare l'Economia del Dono (declinata da noi ecologisti anche come Economia di Cura). Considera anche la Lubich (cattolici, Focolarini). L'Economia del Dono ti rimanda alle Comunità Immaginate di Benedict Anderson chiudendo il cerchio:

Discussioni da valutare per il Manifesto

Discussioni da valutare per il Manifesto Google Drive

Anche le multinazionali hanno un'anima?
REMO 21/01/2021 10.56

Forse bisogna partire dalla precisazione di Nello. Il discorso entra nel merito di uno dei gruppi di GT Economia: la Economia Civile o The Economy of Francesco. Il papa ha soltanto "ricevuto" i vari "magnati" e poi li ha "benedetti" come fa credo assolutamente con tutti. Quanto al destino del capitalismo, credo che gli elementi autodistruttivi siano già all'opera ed evidenti. Dobbiamo fare in tempo a sostituirlo. Ma per fare in tempo dobbiamo avere ben chiare le ragioni che ci hanno portato "dentro" il disastro nel quale già ci troviamo. Non si tratta solo del capitalismo recente, nè di quello primitivo. Si tratta di qualcosa di molto più antico, la DISUGUAGLIANZA TRA UMANI, come aveva intuito 2 secoli fa J.J.Rosseau. La sua visione, corretta e profetica, va ripresa. Ricordo che Rousseau ha rotto con i suoi amici illuministi, che hanno invece avuto successo ed hanno sicuramente influenzato Monarchie Assolute regnanti all'epoca e lo stesso sviluppo capitalistico, fornendogli la logica stessa dello sviluppo scientifico e tecnologico, quella che si chiama Ragione Strumentale, quella che faticosamente la Decrescita tenta di raddrizzare su obiettivi di Ragione Etica, insomma di un'altro tipo di Logica. Ma è possibile raddrizzare in tempi utili una Logica così pervasiva (calcolo del massimo bene collettivo di Jeremy Bentham). Non conviene ripartire con qualcosa di nuovo e differenziato, là dove è possibile? Gran parte dei "successi" e delle "innovazioni" capitalistiche sono "correttivi"tecnologici e non "sociali" ai disastri sociali e ambientali dovuti allo stesso capitalismo (citazioni infinite). In altre parole qualsiasi soluzione che non sia "sociale" (e dunque cooperativa), che sia solo tecnologica è destinata al fallimento ed all'auto dissolvimento, perché ANCHE la Scienza e la Tecnologia hanno "una Origine Sociale". Anche la Scienza e la Tecnologia dunque vanno ricostruite su una base cooperativa sociale di nuovo tipo, come alcuni scienziati, tecnologi e intellettuali stanno cominciando a fare, spinti dall'evidenza del disastro in cui siamo. remo

Il giorno gio 21 gen 2021 alle ore 00:14 Aniello DE PADOVA

<a.depadova@gmail.com> ha scritto: Mi pare che la posizione del Papà sia stata chiarita: Secondo suor Alessandra Smerilli, potrebbe trattarsi di un’operazione di greenwashing. O meglio di “Vatican- washing”: «È passato il messaggio che in qualche modo il Vaticano abbia prestato il proprio endorsement a un gruppo che propone il capitalismo inclusivo, ma non è così. Il gruppo è stato solo ricevuto dal Papa, come succede a molti altri. Sono stati abili da un punto di vista comunicativo. Ma non è vero che il Pontefice li stia accompagnando». La Smerilli è del gruppo di Bruni. Giovane ma molto autorevole in quell'area.

Bernardo

Assolutamente d'accordo. L Africa e la sua gente non sono ancora riconosciuti come soggetto politico, ma solo come oggetto di conquista da una parte e di carità dall'altra. Due facce della stessa medaglia. Bernardo

Giorgio

Il Mer 20 Gen 2021, 22:09 giorgio.scio <giorgio.scio@gmail.com> ha scritto: Carissimi, molto interessante il dibattito . Ovviamente non era certo mia intenzione disquisire se il capitalismo delle multinazionali avesse un'"anima" volta all'inclusività , ovvero la tendenza ad estendere a quanti più soggetti possibili il godimento dei diritti fondamentali dei popoli del mondo. A dir la verità credo, salvo smentite, che quest'"anima" non conviva in nessuno dei soggetti coinvolti sia privati sia religiosi che pubblici: banalizzando il capitale è interessato a creare nuovi mercati e allo sfruttamento di risorse, la Chiesa a diffondere la propria influenza religiosa, gli Stati nazionali a rappresentare gli interessi politici e commerciali delle loro comunità. In altre parole la patente di buoni e giusti che redimono gli altri soggetti peccatori per le ingiustizie create al mondo non ce l'ha nessuno Fatta questa doverosa premessa di chiarezza dovremmo chiederci se possa avere senso avviare una interlocuzione tra Vaticano e i potenti della terra nella consapevolezza delle proprie diversità e dei propri limiti . Certo, nulla avrebbe senso se commettessimo l'errore di non coinvolgere in questo dialogo le persone che si vuole "aiutare"........ già perchè questo è forse il problema più importante che cosa vuol dire "capitalismo inclusivo"? Che vogliamo condividere il diritto alla salute, ad avere una casa, del cibo, all'istruzione, al lavoro, a fruire delle nostre tecnologie? Qual'è il punto di equilibrio tra l'aiuto e il rischio di esportare inconsapevolmente la nostra "cultura" ? Personalmente ho avuto la grande opportunità di partecipare direttamente ad una missione in Malawi ed un'idea me la sono fatta . Voi che ne pensate? ======Bernardo======Il giorno mercoledì 20 gennaio 2021 alle 15:50:07 UTC+1 bernardo.vaiano ha scritto: Carissime, io invece al contrario di Giorgio ritengo che, quand'anche il capitalismo possa contemplare (sopportare) forme di inclusività, lo possa fare solo snaturandosi. A livello teorico, ritengo che il capitalismo significhi un'attività orientata all'accumulazione di capitale da parte di soggetti privati che si avvalgono della forza lavoro di altri soggetti. L'inclusività consiste dunque nell'erogare un salario in cambio di un lavoro. Salario che dev'essere il più basso possibile, perchè più basso è il salario, maggiori sono i profitti per il capitalista. In questo scenario, piuttosto che di inclusività, parlerei di opportunismo, di individualismo, di mors tua vita mea. Il capitalismo, per definizione, è il contrario dell'inclusività: è esclusività, nella misura in cui la ricchezza è generata dall'accumulo di capitale "privato", cioè sottratto agli altri. Le cose che dice il direttore della bank of america, cioè l'espressione del capitalismo all'ennesima potenza, sono cose facilmente confutabili. I concetti di creatività e innovazione non sono necessariamente prerogative del capitalismo, e il fatto di possedere capitali privati non è l'unico modo possibile per sostenere il futuro. Il capitalismo non produce bene comune. Il capitalismo produce bene privato. Il bene comune si produce, al limite, tassando il capitalismo, quindi mettendogli dei freni. Storicamente, si dice che il capitalismo abbia generato ricchezza e prosperità, e persino democrazia. Lo considero un punto di vista perverso: semmai queste conquiste si sono generate NONOSTANTE il capitalismo. Le scoperte scientifiche e tecnologiche degli ultimi secoli avrebbero permesso una prosperità estremamente maggiore e più diffusa se si fosse organizzata l'economia secondo altri criteri. Il capitalismo ha semplicemente distribuito in modo iniquo la ricchezza generata dai progressi tecnologici: per funzionare si è avvalso e si avvale dello sfruttamento di gran parte del pianeta e delle sue popolazioni, le quali vengono sistematicamente saccheggiate per sostenere lo stile di vita di pochi. E naturalmente, questo saccheggio è possibile solo grazie a dittature compiacenti e complici, quindi più che portare la democrazia, il capitalismo ha esternalizzato la dittatura. Certo che se guardiamo le cose solo dal punto di vista dei vincitori, il capitalismo è stato un successo. Ma i vincitori sono pochi, e sono sempre di meno... Bernardo

Giorgio

Il giorno mer 20 gen 2021 alle ore 13:39 Giorgio Sciò <giorgi...@gmail.com> ha scritto: Caro Mario, forse non sarò cattolico quanto te Certamente possiamo affermare che sciacquarsi il sedere con l'acqua santa è uno "sport" di antichissime origini �� ma non mi sento a priori di escludere che possa esistere un capitalismo che possa revisionare i suoi modelli di business in senso inclusivo. https://twitter.com/i/status/1337351531809677312 . Sarebbe come affermare che il capitalismo, comunque attivato dalla ricerca del profitto, sia stato storicamente incapace di produrre bene comune cosa che considerereifalsa : Come dice il direttore della Bank of America, il settore privato ha dalla sua come punto di forza la creatività, la capacità di innovare e i capitali per sostenere le sfide del futuro: se questo ruolo è ben inserito in un quadro in cui tutti gli attori fanno la loro parte credo che il mondo non possa che giovarsene. In definitiva non credo all' equazione profit=male, sfruttamento noprofit=bene,inclusività

Mario

Il mer 20 gen 2021, 08:32 Mario Sassi <mariosassi23@gmail.com> ha scritto: Specie per chi è più cattolico di me, come vedete questa storia del Papa e del “capitalismo inclusivo”, anche con British Petroleum e Saudi Aramco? La sfida del "capitalismo inclusivo", benedetta da Papa Francesco (da valori.it) Sarà possibile riformare il sistema finanziario ed economico mondiale dall'interno e rendere il capitalismo più giusto e sostenibile? Con la “benedizione” di Papa Francesco ha raccolto tale sfida il Consiglio per un capitalismo inclusivo con il Vaticano. Iniziativa sorta a dicembre 2019 da un gruppo di grandi multinazionali che hanno dichiarato di voler cambiare i loro modelli di business. Ricevendo parole di incoraggiamento dal pontefice che li ha invitati a «perseverare lungo il cammino della generosa solidarietà e a lavorare per il ritorno dell’economia e della finanza a un approccio etico che favorisca gli esseri umani». Tra i manager che fanno parte del Consiglio figurano i dirigenti di multinazionali come Mastercard, Allianz, Merck, CalPERS, Johnson & Johnson, State Street Corporation, Bank of America, Fondazione Rockefeller, British Petroleum e Saudi Aramco. Dirigenti battezzati “Guardiani del capitalismo inclusivo”, donne e uomini che “valgono”, in termini di asset gestiti, 10,5 miliardi di dollari. E imprese la cui capitalizzazione in Borsa è di oltre 21 miliardi. Con 200 milioni di lavoratori impiegati in 163 nazioni. «Il capitalismo ha creato una ricchezza immensa nel mondo, ma ha anche lasciato troppe persone indietro. E ha portato al degrado del nostro Pianeta», ha ammesso Lynn Forester de Rothschild, fondatrice del Consiglio e dirigente di Capital Partners. Secondo suor Alessandra Smerilli, potrebbe trattarsi di un’operazione di greenwashing. O meglio di “Vatican-washing”: «È passato il messaggio che in qualche modo il Vaticano abbia prestato il proprio endorsement a un gruppo che propone il capitalismo inclusivo, ma non è così. Il gruppo è stato solo ricevuto dal Papa, come succede a molti altri. Sono stati abili da un punto di vista comunicativo. Ma non è vero che il Pontefice li stia accompagnando». Papa Francesco riuscirà nella complicata opera di non cacciare più i mercanti dal Tempio ma di provare a redimerli? E i manager riusciranno ad ascoltare, come affermato dallo stesso Bergoglio, «il grido dei poveri e della Terra»?

Presa di posizione MDF sul Reddito di Base
Mauro

Il 19/01/21 18:23, mauro furlotti ha scritto: si, per me è evidente che la dimensione locale (sicuramente federata per tutte le ragioni elencate da Federico) sia l'ambito dal quale può muovere i primi (ma anche i secondi, terzi, ecc.) passi la Decrescita Felice, incluso la proposizione di un Reddito che potrà diventare universale ed erodere piano, piano il lavoro retribuito, creare resilienza. Mauro Furlotti

Remo

Il 19/01/21 18:23, Remo Ronchitelli ha scritto: Sarebbe importante "riepilogare" la discussione, inglobando le osservazioni di tutti. Come quella di Mauro Furlotti, da dui io ricavo che agire a livello locale non è una scelta ma una necessità dovuta al peso enorme della BUROCRAZIA che costituisce la realtà materiale-sociologica di QUESTO Sistema, come riconosce lo stesso Federico. Agire su scala "Macro" significa l'illusione di poter modificare questa enorme massa sociale che manipola tutti i vincoli nel quale siamo soffocati. Peggio ancora, agire dall'Alto, Top/Down, significa correre il rischio di Ri-Costruire questa enorme massa parassitica, come è avvenuto nella ex-URSS o nell'attuale Cina. Remo

Federico

Il Mar 19 Gen 2021, 16:57 Federico Tabellini ha scritto: Purtroppo in questo momento non ne ho tempo Nello, ma sono assolutamente favorevole all'idea. Se voleste farlo voi ve ne sarei grato. In futuro proporrei di realizzarlo direttamente sul documento il dibattito (magari con una sezione "dibattito" alla fine, così da non appesantire il testo). In questo modo si conserva per future consultazioni senza doverlo ripescare fra le email. Propongo anche che ognuno scriva il proprio nome in grassetto prima di aggiungere un intervento, e che lasci dello spazio prima e dopo quest'ultimo, per rendere il documento più facilmente leggibile. Infine, abolirei il grassetto, che lascerei per i soli nomi di chi contribuisce (così da evidenziarli nel documento). E ora scusate ma devo davvero scappare per motivi lavorativi! ;)

Mauro

Prima di tutto un grazie a Federico per aver sistematizzato il dibattito permettendo a tutti di seguirlo ed, eventualmente, di contribuire anche in maniera estemporanea. Per Federico, rispetto al punto 2 sulla territorialità del reddito universale, la mole di burocrazia necessaria ad una corretta erogazione si determina, secondo me, dal grado di centralizzazione dell'ente erogante, p.es. la UE ha bisogno di un esercito di burocrati e i "furbetti" la fregano comunque, al contrario se l'ente erogante (e anche quello che effettua la tassazione) è una piccola comunità locale, non ci sarà bisogno che di pochissima burocrazia. (MAURO)

Federico

Il 19/01/21 11:12, Federico Tabellini ha scritto: Alcune riflessioni sulle domande di Mauro (e sulle risposte di Remo e Aniello). Mi permetto anche di mettere insieme le risposte di tutti, e inviterei chi vuole continuare la discussione a fare lo stesso, in modo da rendere chiare a tutti le posizioni di ognuno (ho tolto il grassetto dal contributo di remo per evidenziare i nomi).

  1. D. chi acquisisce, gestisce ed eroga questo enorme volume di ricchezza? MAURO: D. chi acquisisce, gestisce ed eroga questo enorme volume di ricchezza? R. La UE? Lo stato italiano? Le regioni? Delle costruende comunità locali? REMO: Delle costruende comunità locali? Esatto: Delle costruende comunità locali. Questa risposta è struttura, integra i vari elementi ed è efficace/efficiente. Permette di rispondere anche alla terza domanda sul "controllo della sostenibilità. E' la comunità locale, che "cura il territorio" a stabilirne la corretta fruizione senza dover dichiarare una impossibile guerra alla Cina perchè produce la CO2 del resto del mondo (per esagerare). La Risposta per me è dunque "Comunità Locali". Da un punto di vista della Sociologia significa armonizzare e stabilizzare il violento processo storico che ci ha portato a questa situazione: La Comunità Locale diventa la cellula base di una nuova "società" sostituendo la "Famiglia", che oggi definire in crisi sarebbe improprio. oggi ha finito il suo ciclo storico. Può essere riassorbita nelle sue infinite varianti all'interno della Comunità Locale. Che per evitare fraintendimenti con le vecchie "Comunità" religiose, potremmo chiamare "Comuni". Questo è quanto viene sperimentato nella Confederazione del Rojava. Queste Comuni, in una fase di Transizione servono soprattutto come Comunità di sopravvivenza (alimentare, sanitaria, etc) e di Resistenza. Il Reddito di Base potrebbe essere in minima parte monetaria, costituendosi in gran parte sulle risorse reali della Comune/Territorio: case, acqua, cibo, energia. La modulazione dei "servizi" potrebbe essere totalmente personalizzata costruendo una perfetta "economia on demand". Ad esempio il fruitore di un Reddito di Base che comprende una abitazione a lui dedicata dalla Comune, potrebbe dedicare (o potrebbe essere gentilmente invitato a dedicare) il suo tempo lavoro alla manutenzione ed implementazione della stessa. Idem per il cibo, l'acqua ed altri Beni Comuni (della Comune). All'incirca come oggi avviene nelle attuali microstrutture sociali definite Famiglie. ANIELLO: quella di chi decide il quantum è una questione importante. FEDERICO: L'istituzione che distribuisce il reddito di base deve necessariamente essere la stessa (o LE stesse) che dispongono del denaro per farlo. Proporre le comunità locali per questo ruolo significa decentralizzare la tassazione, o per lo meno lasciarne i proventi a livello locale. Continuo a pensare che un reddito di base gestito ed erogato a livello per lo meno nazionale (ma meglio se europeo, e a lungo termine globale) sia la soluzione migliore, anche se ciò non esclude la presenza accessoria di redditi di base su base locale. Prima di procedere, però vorrei chiarire che sto parlando di una società già decresciuta, e che redditi di base su scala locale potrebbero essere un buon terreno di prova prima di passare a un'implementazione su vasta scala. Nonostante concordi a livello di principio con molti dei punti esposti da Remo, vorrei porre l'attenzione su alcuni degli svantaggi di un reddito locale: a) potrebbe generare flussi migratori incontrollati verso le zone con un reddito più elevato. b) se la tassazione è diseguale da territorio a territorio, potrebbe generare fughe di capitale dalle zone dove la tassazione è più elevata. c) credo che un reddito di base debba essere un diritto di ogni cittadino, a prescindere della comunità locale in cui vive. Inclusi i cittadini che decidono di condurre una vita 'nomade', come le popolazioni zingare, o i cosiddetti 'digital nomads'. Non oso pensare al labirinto burocratico attraverso cui dovrebbe passare un cittadino 'nomade' se deve fare richiesta per un reddito di base differente ogni pochi mesi. d) un reddito di base su larga scala dona più libertà (e quindi benessere) a ognuno rispetto a un reddito localizzato. In più, per sfuggire alla trappola del ricatto del lavoro salariato (per cui lo sfruttatore non deve essere necessariamente un attore sul mercato! Può essere anche un ente pubblico), occorre fare sì che le necessità DI BASE di ognuno siano garantite senza prove dei mezzi e senza requisiti di lavoro (e ciò include il lavoro per la comunità locale). Una soluzione potrebbe essere creare un reddito di base minimo a livello europeo (o comunque a un livello sovralocale), a cui si aggiungerebbero redditi di base locali che rispondano alle esigenze e alle possibilità delle varie comunità. Questo evita inoltre che le zone più povere di un paese non possano permettersi di finanziare un reddito di base mentre quelle più ricche navigano nell'oro. In alternativa, i servizi di base potrebbero essere erogati su base locale, mentre il reddito di base potrebbe essere erogato su base nazionale. Ma anche qui si rischia di creare forti diseguaglianze e quindi flussi migratori incontrollati che potrebbero impoverire ulteriormente i territori (e le comunità) più svantaggiati. Si potrebbe pensare a un modello federale altamente decentralizzato, per cui la comunità sovralocale si occuperebbe di tenere sotto controllo le diseguaglianze fra territori (il reddito di base in questo senso è uno strumento essenziale) e di erogare una serie di servizi che è meglio coordinare a livello sovralocale (reti di trasporti, difesa, politica estera, tutela dei diritti individuali contro i soprusi delle maggioranze locali ecc.). Ma qui sto andando fuori tema, quindi mi fermo.
  2. Le cifre proposte per me andrebbero anche bene, ma andrebbero rimodulate territorialmente e in base all'età MAURO Le cifre proposte per me andrebbero anche bene, ma andrebbero rimodulate territorialmente e in base all'età: molto per un anziano in un paesino in Calabria, niente per un giovane al centro di Milano! REMO: le cifre andrebbero modulate territorialmente. ANIELLO: anche questa è una questione importante, ma solo nel transitorio. A regime, quando i Servizi Universali siano disponibili per tutti lo è molto meno. FEDERICO: La proposta di Mauro ha enormi costi in termini di burocrazia e gestione, inclusi i costi per il controllo dei 'furbetti' che spunterebbero come funghi (come già fanno con tutti i sussidi basati su 'discriminazioni' in base a età, genere, livello di reddito ecc.). I costi non sono solo economici, ma anche in termini di lavoro (quello svolto dalle persone che dovrebbero gestire quella burocrazia e quella gestione). Credo sia meglio eliminare quei costi e utilizzare il denaro risparmiato per investirlo a) in servizi di base realmente utili e/o b) nel finanziamento del reddito di base. Ad Aniello rispondo invece che l'importanza del reddito di base un un mondo decresciuto non è scontata, ma dipende da come immaginiamo quel mondo.
  3. Le quantità dei Servizi Universali dovranno tener conto della sostenibilità. ANIELLO: Su questo non ci sono dubbi. Le quantità dei Servizi Universali dovranno tener conto della sostenibilità. I primi 20 litri d'acqua a testa al giorno saranno gratis, ma il 21 probabilmente costerà quanto un litro di ferrarelle e ci vorranno anche un bel pò di €arbonini per poterla comprare. FEDERICO: su questo concordo con Aniello. Il giorno mar 19 gen 2021 alle ore 09:44 Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> ha scritto: La domanda 2) di Mauro ("Le cifre proposte andrebbero rimodulate territorialmente") risponde alla domanda 1) " chi acquisisce, gestisce ed eroga questo enorme volume di ricchezza?.. Delle costruende comunità locali? Esatto: Delle costruende comunità locali. Questa risposta è struttura, integra i vari elementi ed è efficace/efficiente. Permette di rispondere anche alla terza domanda sul "controllo della sostenibilità. E' la comunità locale, che "cura il territorio" a stabilirne la corretta fruizione senza dover dichiarare una impossibile guerra alla Cina perchè produce la CO2 del resto del mondo (per esagerare). La Risposta per me è dunque "Comunità Locali". Da un punto di vista della Sociologia significa armonizzare e stabilizzare il violento processo storico che ci ha portato a questa situazione: La Comunità Locale diventa la cellula base di una nuova "società" sostituendo la "Famiglia", che oggi definire in crisi sarebbe improprio. oggi ha finito il suo ciclo storico. Può essere riassorbita nelle sue infinite varianti all'interno della Comunità Locale. Che per evitare fraintendimenti con le vecchie "Comunità" religiose, potremmo chiamare "Comuni". Questo è quanto viene sperimentato nella Confederazione del Rojava. Queste Comuni, in una fase di Transizione servono soprattutto come Comunità di sopravvivenza (alimentare, sanitaria, etc) e di Resistenza. Il Reddito di Base potrebbe essere in minima parte monetaria, costituendosi in gran parte sulle risorse reali della Comune/Territorio: case, acqua, cibo, energia. La modulazione dei "servizi" potrebbe essere totalmente personalizzata costruendo una perfetta "economia on demand". Ad esempio il fruitore di un Reddito di Base che comprende una abitazione a lui dedicata dalla Comune, potrebbe dedicare (o potrebbe essere gentilmente invitato a dedicare) il suo tempo lavoro alla manutenzione ed implementazione della stessa. Idem per il cibo, l'acqua ed altri Beni Comuni (della Comune). All'incirca come oggi avviene nelle attuali microstrutture sociali definite Famiglie. remo Il giorno lun 18 gen 2021 alle ore 18:29 Aniello DE PADOVA <a.depadova@gmail.com> ha scritto: 1) quella di chi decide il quantum è una questione importante. 2) anche questa è una questione importante, ma solo nel transitorio. A regime, quando i Servizi Universali siano disponibili per tutti lo è molto meno. 3) Su questo non ci sono dubbi. Le quantità dei Servizi Universali dovranno tener conto della sostenibilità. I primi 20 litri d'acqua a testa al giorno saranno gratis, ma il 21 probabilmente costerà quanto un litro di ferrarelle e ci vorranno anche un bel pò di €arbonini per poterla comprare. Ing. Aniello DE PADOVA Il lun 18 gen 2021, 17:38 mauro furlotti <maufurlot@gmail.com> ha scritto: A io modo di vedere, la proposizione di un reddito universale pone almeno n.3 grandi criticità: 1) D. chi acquisisce, gestisce ed eroga questo enorme volume di ricchezza? R. La UE? Lo stato italiano? Le regioni? Delle costruende comunità locali? D. Su che base? R. Su un sistema burocratico inicuo come l'attuale? 2) Le cifre proposte per me andrebbero anche bene, ma andrebbero rimodulate territorialmente e in base all'età: molto per un anziano in un paesino in Calabria, niente per un giovane al centro di Milano! 3) D. Infine siamo sicuri che quello che qui, in occidente chiamiamo sopravvivenza (energia, mobilità, questa sanità cultura, ecc. gratis) sia a livello ambientale sostenibile? R. secondo me no! C'è da fare più di un passo indietro! A presto. Mauro Il 18/01/21 15:08, Aniello DE PADOVA ha scritto: Cari tutti, alcuni giorni fa ho girato sul gruppo FB di MDF un articolo di Andrea Fumagalli sul Reddito di cittadinanza presentandolo con un mio commento che ha suscitato numerose prese di posizione. Nei giorni seguenti Lucia, a nome del direttivo nazionale, mi ha chiesto di provare a scrivere, assieme a voi, un breve documento in cui esplicitare la posizione del Gruppo Economia in merito, da sottoporre poi appunto al direttivo perchè possa diventare -eventualmente emendata- quella ufficiale del movimento. I più "vecchi" sanno che circa un anno fa ci fu un problema analogo ma poi, anche causa COVID, la questione non è stata più affrontata. L'occasione attuale va invece sfruttata a dovere. Anche perchè nel frattempo il gruppo si è allargato in quantità ma soprattutto in qualità (sono convinto che i "vecchi" non si offenderanno e che invece condivideranno questa mia opinione). Per questo ho riportato in questo documento ( https://docs.google.com/document/d/1cwNlnhPgbYuXQD0esPxbZe2P1_ghMLCxC04Dy8pMnFY/edit ) quello che ho scritto di getto in quel post e sul quale ho cominciato a confrontarmi con Mario e Federico. Consideratelo solo come un brogliaccio su cui prendere appunti (come ha già fatto Federico). Obiettivo sarà quello di scrivere un articolo per il sito (i soliti 6000-8000 caratteri) che contenga, possibilmente, anche una sintesi (1000 caratteri) che sia la vera e propria "presa di posizione". Tenete conto però (ed in tal senso chiedo a Federico di rivedere i commenti che ha già inserito) che la posizione da prendere è nella logica della "visione" e che cioè deve essere coerente con il contesto prefigurato di una società "decrescituta" e non con quello attuale. Cionondimento nell'articolo potremo allargare il discorso al contesto attuale ed a formule "transitorie" compatibili con la situazione attuale. Propongo di dedicare a questo la prossima riunione collegiale (che immagino potremo realizzare fra 3 o 4 settimane) durante la quale faremo anche brevemente un SAL sui "progetti 2021". Grazie per l'attenzione, Nello. Federico 19/1 Il fatto che il libro si concentri sulle soluzioni macro non significa che quelle micro non siano utili. Non sono sicuro siano necessarie in senso stretto, ma sarebbero sicuramente utili. Dell'opposto, però, sono sicuro. Una soluzione esclusivamente 'dal basso' non è una soluzione. E questo perché esistono ostacoli a livello macro che ne impedirebbero l'attuazione. Il riconoscere questo fatto e agire (anche a livello di speculazione 'astratta') io lo considero qualcosa di estremamente concreto. Ciò che non è concreto è ignorare gli ostacoli solo perché a guardare il mondo con la lente d'ingrandimento non si vedono. Il mio consiglio è di provare ad allontanarti per un momento dal locale, e abbracciare con lo sguardo un segmento più ampio della geografia sociale, economica e istituzionale. Il mio modello non testato, è vero. Ma se proponessimo solo quello che è testato saremmo condannati o a ripetere gli errori del passato o a rassegnarci ai problemi del presente. Considero il tuo approccio molto più utopico e molto meno pratico del mio, sinceramente. Chiariamoci, se funzionasse potrei sposarlo. La mia critica non è sugli ideali, bensì sulla loro realizzabilità. Il fatto che sia un'esperienza vissuta, non significa che sia utile a levarci dal pantano. Non è sicuramente 'testato' come ponte solido verso una società stazionaria sostenibile. Inoltre, ciò che funziona a livello micro non necessariamente funziona a livello macro. Un sistema complesso non è la semplice sommatoria delle sue parti. Infine, un appunto per quanto riguarda il libro: ogni capitolo fa riferimento a quelli precedenti, e le varie riforme strutturali che propongo considerano le potenziali reti di feedback ognuna e sulla società nel suo complesso. Nel sesto e settimo capitolo, in particolare, si mostrano le relazioni profonde fra le riforme e i loro probabili effetti. Naturalmente si tratta di un primo passo che va approfondito, migliorato e in parte anche rivisto. Ma credo sia un passo essenziale se vogliamo davvero un cambiamento concreto, che abbracci tutti gli aspetti della società e tenga in considerazione tutti gli ostacoli al cambiamento (che non sono solo culturali purtroppo). Questo è il mio ultimo intervento per ora perché il tempo è poco e vorrei anche commentare i documenti condivisi dei vari gruppi e l'opuscolo generale. Comunque possiamo sicuramente approfondire queste questioni in futuro se vorrai :) (Ah, e naturalmente lungi da me il difendere il regime cinese, nel caso non si fosse capito...) On Tue, Jan 19, 2021, 3:02 PM Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> wrote: L'Istituzione Cina ti ha privato, per poco tempo mi auguro, di un "bene spirituale" e di un "bene sociale concreto", che mi ha colpito personalmente come una violenza dolorosa e inaccettabile. Mi ha profondamente ferito. Caro Federico queste sono le Istituzioni, con tutta la loro strutturazione "burocratica" che tu elenchi diligentemente (fisco, trasporti...), che vedrei di buon occhio trasmutarsi in Libertà. Più che in un sistema liberale.Ti chiedo un poco di pazienza e di spirito pratico. Ti chiedo di mettere a fuoco il punto: in quali condizioni possiamo vivere per cambiare Istituzioni così ramificate nella vita individuale? Abbiamo bisogno di energie fisiche, relazionali, spirituali. Non basta nemmeno una solida famiglia estesa. Serve un Nuovo Modello di Famiglia. Ma il mio Modello, come i Modelli scientifici, non è un Modello Astratto. Per me la tua Utopia andrebbe bene come Modello se non fosse un Modello Astratto. È un Modello Astratto, perchè i moduli sui quali si basa NON SONO TESTATI. NON puoi unire due moduli se ENTRAMBI non sono stati ampiamenti testati. Nella tua Utopia tu unisci tutti i moduli descritti capitolo per capitolo senza averne testato uno. E difatti li proponi uno ad uno. Va bene. Ma andrebbero testati, da chi? Nella mia proposta lo studio di fattibilità e il progetto vengono costruiti COLLETTIVAMENTE e testati in tutti gli elementi e le varie condizioni, VISSUTI. Solo se funziona il Modello si può proporre propagare implementare. Nel mio caso si tratta di un modello di Comunità Locale, su cui ci sono già esperienze da cui partire. Utopia per definizione non ne ha. Un altro limite della tua proposta è "la scala" su cui lavori. Tu lavori esclusivamente sulla "scala massima", su quella delle istituzioni macro. Io lavoro principialmente su quelle Micro, per ricostruire EX NOVO quelle Macro. In sostanza tu vuoi riformare i sistemi scolastici, statali, fiscali, macroeconomici, etc. Io penso che siano sull'orlo di una crisi quale mai abbiamo assistito e che ad occhi esperti sono più che evidenti. La mia soluzione Micro cambia la sostanza delle cose, è un mezzo ed un fine allo stesso tempo, ci può accompagnare felicemente in un percorso tortuoso, lungo e imprevedibile. Indipendentemente da come andranno le cose 😂 Il Mar 19 Gen 2021, 14:14 Federico Tabellini <federico.tabellini@gmail.com> ha scritto: Caro Remo, che dire: i cambiamenti di cui parli sono tutti positivi e li condivido (almeno per come li hai descritti, poi bisognerebbe entrare nello specifico). Vorrei che questo sia chiaro prima di passare alle critiche... ... non sono d'accordo né che mezzi corrispondono a fini, né sull'inutilità di un modello. I modelli devono essere flessibili, questo sì, e non bisogna seguirli alla cieca, bensì adattarli e migliorarli (e persino abbandonarli se necessario) se non funzionano, strada facendo. Ma sono necessari se si vuole avviare un cambiamento non effimero. Il mondo non è solo cultura: è anche cose come leggi, sistema monetario, stato di diritto, istituzioni democratiche, burocrazia, sistema educativo, rete di trasporti, sistema di produzione, organizzazione dei rapporti internazionali, diritto internazionale e un lungo eccetera. Se tutto questo va lasciato al caso (o subordinato a un risveglio culturale), allora i gruppi di lavoro di questo movimento sono inutili, e stiamo solo sprecando il nostro tempo. Usciamo di casa, creiamo un ecovillaggio fra le montagne e incrociamo le dita (estremizzo, naturalmente, ma la sostanza credo sia quella). Per quanto riguarda il caso di mia moglie, non credo che quanto proponi mi sarebbe di grande aiuto. Istituzioni sovranazionali liberali (non necessariamente liberiste, teniamo d'occhio i termini per evitare fraintendimenti) e democratiche e un diritto internazionale forte che protegga i diritti umani (che sono sempre individuali prima che comunitari, e che preferirei comunque declinare in termini di capacità, sul modello delineato da Martha Nussbaum), quello sì che potrebbe aiutarmi. On Tue, Jan 19, 2021, 1:38 PM Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> wrote: Refuso, coreggo: come insegna la epistemologia anarchica i mezzi corrispondono ai fini. Il Mar 19 Gen 2021, 13:35 Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> ha scritto: Quello cui attribuisco la massima importanza e che tutti possono verificare nella loro esperienza pratica di vita attuale è: le difficoltà che tutti noi viviamo potrebbero essere alleviate da una ri-strutturazione a partire da subito del ruolo della Famiglia. La Famiglia va riallargata da subito in Comunità più estese in grado di fornirci tutti i mezzi per traversare questo tortuoso e imprevedibile sviluppo. Vicini di Casa, Condomini solidali, Gruppi di Affinità Ideologica (Comuni Anarchiche o New Age o Religiose come i Focolarini di Loppiano) vanno tutte bene per darci il tempo necessario e le enegie psico-spirituali per "costruire insieme" questa alternativa. Che sarebbe ridicolo predefinite in un libro o in un articolo. Se vuoi le Utopie sono un esperimento mentale alla Einstein per testare se le ipotesi sono congruenti. Ma è troppo facile trovare soluzioni alle incongruenze sul piano teorico. È un vecchio trucco. Gli elementi vanno testati uno ad uno.nelle diverse situazionie, tentando di produrre una differenza di pissibilità (biodiversità culturale) che una teoria precfenzionata esclude. Per farlo devi metterti nelle condizioni adatte, non lo puoi fare da solo nè "ragionare" da solo. Vai per la tangente. Una Famiglia Estesa e Robusta e Resiliente ti dà quanto ti serve per crescere e costruire alternative. Bisogna fare un salto di qualità nella nostra vita quotidiana, uscire dal totale isolamento in cui ci ha messo questa società. Se mi permetti di citare il tuo caso personale, la distanza fisica di alcune migliaia di km da tua moglie a cui ti costringe il regime autoritario cinese è una drammatica esemificazione della necessità di apoatenere ad una sida Comunità Locale. Non è facile, io ho parzialmente ricostruito il tessuto connettivo della originaria famiglia estesa di mia moglie e sto tentando di allargarla ad amici affini ed altri. Questo mi ha permesso di "sopravvivere" finora e di avere gli scambi sufficienti per poter affrontare le difficoltà presenti e forse la costruzione di qualche alternativa. Come insegna la epustemogia anarchica i mezzi coincidono con i fini. 😊 Remo Il Mar 19 Gen 2021, 13:16 Federico Tabellini <federico.tabellini@gmail.com> ha scritto: Alcune punti: 1. Il ruolo della cultura è importantissimo, ma al contrario delle riforme economiche ed istituzionali, è difficile da pianificare. Quindi preferisco concentrarmi su quello su cui è possibile fare qualcosa partendo dallo scenario peggiore possibile, ovvero quello in cui una rivoluzione culturale non ha avuto luogo. Se poi tale cambiamento culturale avviene, tanto di guadagnato, ma è difficile produrlo a tavolino, e dunque eviterei di darlo per scontato. 2. Mi sembra che tu stia dando per scontato che creare nuove istituzioni sia una passeggiata. Io credo sia meglio, almeno inizialmente, riformare le istituzioni esistenti, che non sono il male assoluto, ma vanno corrette e riorientate, in certi casi anche profondamente (ed è possibile, come illustro nel mio libro e in altri luoghi). In alcuno casi specifici vanno rimosse e sostituite, ma non in tutti. Meglio in che senso? Nel senso che è meno pericoloso e politicamente più realistico. Certo, se le istituzioni collassano, siamo obbligati a ricostruire da zero. Ma credo quello sia uno scenario peggiore, non migliore e, se è vero che 'potrebbe' condurre a un'utopia, è molto alto il rischio che conduca a un vero proprio inferno decresciuto. 3. Servono sperimentazioni locali, sono d'accordo. Ma una cosa non esclude l'altra. On Tue, Jan 19, 2021, 1:00 PM Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> wrote: La "coordinazione che serve tra istituzioni sovranazionali, nazionali, etc" di cui parli va senz'altro sostenuta. Ma per essere "molto realisti" tale coordinazione "oggi non esiste" o se esiste è quella dei petrolieri. Va "ricostruita" dal basso o come sostiene Greta col supporto determinante degli scienziati, cioè di una parte di quella "Cultura" cui ho la sensazione tu attribuisca un ruolo secondario. Come esempio di Ri-Costruzione di Istituzioni Politiche potrei citare le Comunità che si organizzano in Liste Civiche a difesa dell'Ambiente. Come esempio di Ri-Costruzione Economica, oltre alle già citate Monete Complementari, è compito del GTEconomia di cui facciamo parte. 😊 Quanto alle vecchie Istituzioni le considero talmente fatiscenti che mi preoccupano non ci crollino addosso prima che abbiamo trovato una via di uscita. Non è su quelle che ci possiamo basare ne su modelli astratti che chiamiamo Utopie. Servono sperimentazioni locali di successo da diffondere come semi indistruttibili. Il Mar 19 Gen 2021, 12:27 Federico Tabellini <federico.tabellini@gmail.com> ha scritto: Rimando il mio ultimo messaggio perché per sbaglio lo avevo inviato solo a Remo: A livello di crescita materiale non siamo in una società decresciuta. Piuttosto, viviamo in una società della crescita fallita e vicina al collasso, il che è diverso. Credo poi che finché non avremo un modello condiviso di transizione, il progetto decrescente sia condannato all'invisibilità politica (al meglio) e a una decrescita infelice e liberticida (al peggio). C'è una differenza fra l'avere un modello flessibile, e adattarlo strada facendo, e il rifiuto di qualsiasi modello. Il mondo è interconnesso, e abbiamo bisogno di una transizione non solo locale (pur necessaria) ma anche nazionale, sovranazionale e globale. Per questo non basta un cambiamento culturale: servono anche riforme economiche, istituzionali, politiche e sociali. Serve, cioè, coordinazione di intenti fra entità politiche locali, sovralocali, nazionali e sovranazionali. Il giorno mar 19 gen 2021 alle ore 12:16 Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> ha scritto: XFederico. Devi tener conto di questa ipotesi: che le opzioni alla Decrescita Felice di riducono ad una: Decrescita Infelice. La Tesi di Mauro Buonaiuti della Associazione Decrescita è che siamo GIA' in una società decrescente. Questo perchè la tue considerazioni sul rapporto tra "una società decresciuta" ed "una società non decresciuta" andrebbero secondo me riviste come un lungo processo tortuoso e non prevedibile. Dovremmo "prepararci" a gestire questo difficilisdimo passaggio, "organizzandoci" nel modo più resiliente, reale, concreto ed efficace possibile. Da subito. Smettendo di piangersi addosso come fa gran parte della Sinistra che tenta di risolvere tutto a colpi di "petizioni" o di "manifesti". remo Il Mar 19 Gen 2021, 12:06 Federico Tabellini <federico.tabellini@gmail.com> ha scritto: Per rispondere all'ultimo messaggio di Remo: ciò sarebbe possibile solo in un mondo già decresciuto. Se questo è ciò che intendi, posso essere abbastanza d'accordo. Credo però nella necessità di una democrazia ANCHE globale (con un parlamento globale che coordini politiche globali impossibili da implementare a livello locale) in un mondo decresciuto. On Tue, Jan 19, 2021, 12:03 PM Federico Tabellini <federico.tabellini@gmail.com> wrote: X Remo: Ti ho in parte già risposto nell'email precedente, ma vorrei aggiungere che l'approccio localista alla transizione è purtroppo impossibile da implementare a meno di una coordinazione globale fra comunità locali (che mi pare del tutto utopica). Questo per via dell'estremo svantaggio competitivo in cui si troverebbe una comunità decresciuta di piccole dimensioni sullo scenario globale. Questo porterebbe a una fuga di capitali e di persone senza precedenti e, nel caso di un regime democratico, alla formazione di una maggioranza impoverita a favore di un ritorno al passato. L'unico modo di prevenire tale fuga è l'instaurazione di un regime dittatoriale (e immagino non sia la tua idea). Credo però, per chiarire, che il modello che proponi potrebbe funzionare in una società GIÀ decresciuta (non però, come detto, come via possibile alla transizione). On Tue, Jan 19, 2021, 11:53 AM Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> wrote: Non vorrei essere frainteso sulla "Scomparsa della Moneta". Lo vedo come un processo lungo e tortuoso, come già detto non prevedibile. La Transizione può passare attraverso Monete Locali. Esistono già come il Sardex e sono proprio Locali in quanto sono una rete FIDUCIARIA di relazioni dirette tra imprenditori LOCALI. Questi imprenditori usano l'Euro per altri scambi. Il Sardex si va diffondendo assumendo una entità nuova a livello REGIONALE, ad esempio in Veneto si chiama Venetex. Questo significa che in una prospettiva di crescente Autonomia Regionale (alimentare, energetica, scientifica ed anche politica) si realizza il principio di sussidiarietà sancito ad Aarhus dalla UE. Tendenzialmente questo rende lo EURO complementare a Sardex, Venetex, etc. E non viceversa. Certo che nel frattempo il Dollaro Americano dovrebbe smettere di essere la moneta universale, ma il crollo di Trump va in questa direzione. remo Il Mar 19 Gen 2021, 11:32 Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> ha scritto: Rispondo velocemente a Federico, che ringrazio per la sistematicità e la chiarezza con cui tratta il dibattito. Nella mia prospettiva delle Comunità Locali io vedo una massa monetaria tendenzialmente "a scomparire", a fronte di una gestione "economica" totalmente diversa, che non ci è dato "prefigurare", anzi che sarebbe "profondamente errato" prefigurare. La Nuova Società o LE NuovE società possiamo forse immaginarle (Murray Bookchin). Quanto alle "migrazioni" sono un punto "importantissimo" in quanto queste Comunità Locali potrebbero essere il centro di intensi scambi di ogni tipo, culturali in primis. Sulla pratica di "adottare" nuovi membri, rifugiati, bisognosi, o "di scelta di vita", il processo va gestito tra la Comunità di origine e quella di destinazione. remo Remo 19/1 Rispondo a Federico sulle "migrazioni". Giusto porsi il problema delle "pari opportunità" a livello planetario. Ripeto A LIVELLO PLANETARIO. Ma se smettiamo di ragionare in termini di PIL e ragioniamo in termini di "felicità" gli scambi tra Comunità Locali avverranno soprattutto a livello culturale-cognitivo. Una specie di Erasmus planetario. Gradualmente si dovrebbe raggiungere, eliminate guerre, pandemie, crisi economiche ed alimentari, una situazione di stabilità dinamica, di armonia e fortissima resilienza del Sistema Planetario. Quanto alle scelte di vita se passare da una Comunità ad un'altra ho già risposto. remo Il Mar 19 Gen 2021, 11:53 Remo Ronchitelli <remo.ronchitelli@gmail.com> ha scritto: Non vorrei essere frainteso sulla "Scomparsa della Moneta". Lo vedo come un processo lungo e tortuoso, come già detto non prevedibile. La Transizione può passare attraverso Monete Locali. Esistono già come il Sardex e sono proprio Locali in quanto sono una rete FIDUCIARIA di relazioni dirette tra imprenditori LOCALI. Questi imprenditori usano l'Euro per altri scambi. Il Sardex si va diffondendo assumendo una entità nuova a livello REGIONALE, ad esempio in Veneto si chiama Venetex. Questo significa che in una prospettiva di crescente Autonomia Regionale (alimentare, energetica, scientifica ed anche politica) si realizza il principio di sussidiarietà sancito ad Aarhus dalla UE. Tendenzialmente questo rende lo EURO complementare a Sardex, Venetex, etc. E non viceversa. Certo che nel frattempo il Dollaro Americano dovrebbe smettere di essere la moneta universale, ma il crollo di Trump va in questa direzione. remo
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