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Da Ortosociale.
A chi giova reificare le donne?
di Angela Giuffrida
Se la riduzione di persone a cose e' un crimine contro l'umanita', a quale
"superiore" etica si ispira la legge 40 che riduce le donne a cose prive di
diritti, a quale "coscienza" si appellano i politici per sostenerla? Davvero
si pensa che la reificazione delle madri umane possa giovare a qualcuno?
Di certo non giova alle donne che, avendo la responsabilita' di protrarre la
vita, ma non godendo nelle societa' paterne del simmetrico potere per
sostenerla, hanno la necessita' di recuperare a pieno titolo la qualita' di
soggetto. Quali che siano le proprie convinzioni religiose o politiche, a
nessuna conviene sostenere la propria retrocessione a cosa. Il motivo per
cui le donne non riescono ad affermarsi compiutamente come soggetti neanche
nei paesi occidentali, dove godono di una maggiore liberta', e' che vengono
sempre e comunque ridotte ad oggetti sessuali e macchine per fare figli; per
poter contare davvero e' percio' necessario recuperare la soggettivita'
prima di tutto in campo sessuale e riproduttivo. A molte manca, pero', la
consapevolezza che negare alle donne l'autodeterminazione in questo campo
significa sostenere tout court la loro reificazione, svuotando di
significato ogni richiesta di contare in altri campi della vita associata.
Nella diatriba sul sostegno o meno alla legge 40, e' capitato spesso di
sentire affermare con convinzione che non si puo' equiparare una persona
gia' formata a chi ancora non lo e'; e' mancata pero' l'asserzione chiara e
decisa che la donna non solo e' persona gia' fatta ma, permettendo
all'embrione di esserci e di avere un futuro, e' il soggetto a cui la specie
deve la sua esistenza.
L'oscuramento di questa elementare verita' e' reso possibile dalla
resistenza delle donne a rivendicare apertamente la propria centralita'.
L'indecisione a riconoscersi e quindi a porsi come soggetto centrale della
specie, incoraggia i tentativi maschili di reificazione, culminati da ultimo
con l'attribuzione della personalita' giuridica all'embrione, anacronistica
riproposizione della teoria dell'homunculus, opportunamente riveduta e
corretta. Alla stessa titubanza si deve, secondo me, la mancata
mobilitazione delle donne, come ai tempi della legge sull'aborto. Molte non
hanno percepito quanto alta fosse la posta in gioco perche' l'articolo che
fa assurgere l'embrione a soggetto di diritto, confuso tra gli altri, non e'
stato adeguatamente evidenziato.
La retrocessione delle donne a cose senza diritti, sanzionata dalla legge 40
non e' una iattura solo per le donne, lo e' anche per gli uomini, perche' il
disprezzo della donna si traduce inevitabilmente in un irragionevole
disprezzo per la vita. Non e' un caso che le societa' androcratiche sono
centrate sulla distruzione e la morte. La sconfitta delle donne si traduce
in una sconfitta per la specie tutta anche perche' la reiterazione e la
conseguente amplificazione dei meccanismi di pensiero che non permettono una
piena visualizzazione del reale, producendo problemi inesistenti e rendendo
impossibile trovare soluzioni, stanno cacciando l'umanita' in un vicolo
cieco. La specie farebbe certo un bel salto di qualita' se si trasferissero
le energie dalle inutili disquisizioni sull'improbabile attribuzione di una
personalita' filosofico-giuridica all'embrione alla ricerca di un razionale
superamento degli squilibri esistenti sul pianeta, se invece di difendere
astrattamente la vita, che e' un mero concetto, si evitasse di fare scempio
di viventi nelle guerre, se invece di perorare i diritti dell'embrione si
evitasse di negarli alle madri umane, ai bambini gia' nati e agli stessi
uomini, come avviene in sistemi sociali incivili e disumani.