Storia40

Da Ortosociale.

Il Dramma Spagnolo

Commento n.424, 1 Maggio 2016 di Immanuel Wallerstein

Il Re Filippo VI di Spagna ha annunciato che, nei quattro mesi dopo le ultime elezioni, i membri eletti del parlamento, e in particolare quelli che rappresentano i quattro partiti principali, non erano in grado di fare un accordo che porti ad un governo praticabile. Ha quindi annunciato nuove elezioni per il 26 giugno 2016.

La Spagna, come nei governi dei sistemi parlamentari dell'Europa occidentale, ha avuto per lungo tempo due partiti principali: il Partido Popular (PP), conservatore, ed il PSOE socialdemocratico. Essi si sono alternati in varie maggioranze parlamentari a partire dalla fine del regime franchista e, talvolta, hanno formato un governo di coalizione. Come nella maggior parte di tali sistemi, gli altri partiti sono stati essenzialmente degli osservatori insignificanti in grado di ottenere al massimo poche concessioni per i loro obiettivi politici.

Le ultime elezioni in Spagna hanno cambiato tutto. Un nuovo partito, Podemos ("We Can"), che era cresciuto dal movimento di opposizione nelle strade, gli Indignados, è emerso con un considerevole numero di deputati eletti su una piattaforma anti-austerità. Questo programma mirava principalmente al PP, il partito al potere, ed al suo leader, Mariano Rajoy, che era stato un sostenitore inesorabile del programma neoliberista imposto dagli istituti di credito esterni al governo.

C'era un secondo nuovo partito emerso con un numero minore ma comunque significativo di deputati. Il suo nome era Ciudadanos (Cittadini). Autore pure lui di una campagna contro il PP, ma per motivi di corruzione, e con un programma di centro.

Il re inizialmente ha invitato il PP, come il partito con il maggior numero di deputati eletti (ma con un numero inferiore rispetto al passato, quando aveva avuto la maggioranza assoluta) per cercare di formare un governo. Dopo un breve periodo, Rajoy ha riconosciuto che nessuno degli altri tre partiti era disposto a partecipare a un governo con il PP e ha informato il re che non era in grado di formare un governo con una maggioranza parlamentare.

Il re allora si rivolge al PSOE come il partito con il secondo più grande numero di deputati (ma inferiore rispetto al passato) per cercare di formare un governo. Il leader del PSOE, Pedro Sanchez, cerca di creare una coalizione di PSOE, Podemos, e Ciudadanos i cui voti combinati sarebbero stati sufficienti per creare una maggioranza. Acquisisce il consenso di Ciudadanos, ma Podemos non è affatto pronta a partecipare a una tale coalizione.

Il leader del Podemos, Pablo Iglesias, ha posto tre condizioni per entrare in un governo guidato dal PSOE. Numero uno: la nomina di Iglesias come vice primo ministro con quattro posti di gabinetto chiave per i deputati di Podemos. Numero due: il sostegno di un referendum per l'indipendenza della Catalogna. E il numero tre era l'esclusione di Ciudadanos sulla base del fatto che essi si erano fortemente opposti a tale referendum e avevano sostenuto la linea dura del PP contro tale referendum.

Il PSOE ha respinto tutte e tre le condizioni, essenzialmente perché era sulle posizioni di Ciudadanos [NdR: sulla Catalogna], e vedeva le richieste di Podemos come una mossa per sostituirlo subito dopo come il secondo partito in parlamento, se non il primo. Di fronte al fermo no del PSOE, Podemos doveva decidere se votare a favore del governo del PSOE, anche senza esserne un membro, o di votare contro di esso. La domanda era davvero se Podemos come movimento avrebbe cercato il potere attraverso il Parlamento o attraverso l'azione di strada.

Iglesias era a favore della prima opzione [NdR: agire attraverso il Parlamento], ma sapeva che rischiava di essere estromesso all'interno del suo partito, se avesse usato la sua maggioranza tra i deputati di Podemos per dare sostegno passivo a un governo PSOE. Così ha rimesso la questione ai singoli membri di Podemos in un referendum interno, e il voto che ne è venuto fuori è stato letteralmente un pareggio. Iglesias ha poi annunciato che Podemos s avrebbe votato contro la proposta PSOE nel suo secondo tentativo di formazione del governo. Il re, dopo aver indicato il 2 maggio come scadenza per l'intero processo, ha chiamato per una nuova elezione.

In parallelo, ci sono state tre battaglie in corso allo stesso tempo. Una ha riguardato Izquierda Unida (Sinistra Unita o UI) e la sua relazione con Podemos. IU era una coalizione di partiti marxisti e verdi che erano stati attivi nel movimento Indignados, all'interno del quale tendeva a scontrarsi con i gruppi più populisti che in seguito sarebbero diventati Podemos. A livello locale, IU era pronto a formare coalizioni con il PSOE. Ma ora hanno indicato che potrebbero unire le forze con Podemos nelle prossime elezioni parlamentari, rafforzando così le possibilità di Podemos.

La seconda battaglia è stata quella che si è verificata all'interno della Catalogna. C'erano due coalizioni principali nelle elezioni regionali a favore del referendum. Una era la centrista Junts pel Si (Uniti per il Si), guidata dal presidente regionale uscente Artur Mas. L'altra era una coalizione di sinistra chiamata Candidatura d'Unitat Popular (CUP). Il CUP aveva posto come condizione per il suo sostegno a Junts nel parlamento regionale che Artur Mas se ne andasse, il chè finalmente ha fatto. Il candidato di compromesso era il poco noto Carlos Puigdemont il cui partito faceva parte del raggruppamento Junts. Ha promesso di tenere il referendum entro diciotto mesi, arrivando così ad una resa dei conti con il governo spagnolo, o almeno con il PP e il PSOE, che entrambi considerano il referendum come illegale.

Il terzo evento parallelo, dovuto ad accidentali coincidenze temporali, erano gli sviluppi nel paese basco. Per decenni c'era stato un movimento, l'ETA, che cercava l'indipendenza attraverso conflitti armati. C'era sempre un partito in sintonia con l'ETA che cercava di operare legalmente. Il governo spagnolo metteva fuori legge regolarmente tali partiti. Il leader di uno di loro, Arnaldo Otegi, che proprio in questo momento era finito per un periodo in carcere, viene rilasciato. Egli è il capo del Sortu, l'ultima versione di un partito operante legalmente. Fu ricevuto come un eroe nei Paesi Baschi, con la costernazione del governo spagnolo.

Otegi ha indicato che l'ETA potrebbe accettare di porre fine alla sua rivolta armata se ci fosse qualche indicazione della volontà da parte del governo spagnolo di acconsentire ad un governo autonomo basco. Ha detto piuttosto aspramente che il PP e Rajoy non erano stati disposti di spostarsi di un pollice dalle loro posizioni. Naturalmente, per il PP, l'autonomia basca è ancora peggiore della autonomia della Catalogna. Ed ora eventuali concessioni ai baschi potrebbero alimentare in Catalogna il supporto per il referendum sull'indipendenza. Il PSOE è stato ulteriormente messo in imbarazzo da questo ultimo sviluppo.

Allora, cosa possiamo concludere? Tre cose, forse. La prima è una domanda circa le possibilità di un vero successo dei movimenti populisti contro l'austerità. Podemos in molti modi si era modellato su Syriza della Grecia, e le difficoltà che quest'ultimo sta avendo hanno sollevato varie questioni in Spagna e altrove, per gli ostacoli che un tale movimento incontra, seguendo un percorso parlamentare.

La seconda è se sia davvero possibile per gli stati resistere alle pressioni dei movimenti etno-nazionali verso il decentramento. Ad esempio oggi in Gran Bretagna, su dibattiti come quello sul ritiro britannico dall'Unione Europea, tutti sono consapevoli delle conseguenze della cosiddetta Brexit per il movimento della Scozia verso un ulteriore decentramento e l'eventuale indipendenza.

E in terzo luogo, c'è un modo per qualsiasi governo di mantenere una politica anti-austerità nel medio periodo, nonostante le pressioni che i ridotti ricavi reali dei governi stanno imponendo negli stati di tutto il mondo?

La Spagna è in termini economici, di gran lunga più importante per l'Europa e il mondo della Grecia. Poichè questo dramma si gioca in Spagna, il mondo starà a guardare, reagire, e impararne le lezioni.

Immanuel Wallerstein

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