Sociologia47

Da Ortosociale.

(Differenze fra le revisioni)
m (La stratificazione sociale)
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"Matriarchè - il principio materno per una società egualitaria e solidale", autori vari, a cura di Francesca Colombini e Monica Di Bernardo, Exòrma, 2013. Raccoglie i contributi di autori come Vandana Shiva, Riane Eisler, Francesca Rosati Freeman, Marco Deriu (scuola della decrescita), ed altri, per estendere le pratiche matrilineari e matrifocali basate sul consenso, la cura, la non violenza, il rispetto profondo della Natura, il principio della Madre, da cui il titolo "Matri-Archè".
"Matriarchè - il principio materno per una società egualitaria e solidale", autori vari, a cura di Francesca Colombini e Monica Di Bernardo, Exòrma, 2013. Raccoglie i contributi di autori come Vandana Shiva, Riane Eisler, Francesca Rosati Freeman, Marco Deriu (scuola della decrescita), ed altri, per estendere le pratiche matrilineari e matrifocali basate sul consenso, la cura, la non violenza, il rispetto profondo della Natura, il principio della Madre, da cui il titolo "Matri-Archè".
"La razionalità femminile unico antidoto alla guerra", Angela Giuffridda, Bonaccorso, Verona, 2011. Angela Giuffridda va in profondità nell'analisi culturale. La guerra guerreggiata è lo spunto per esaminare i meccanismi mentali che la producono, vere e proprie macchine distruttive. L'approccio di AF è la centralità del "vivente": "Nonostante di unità mente-corpo si parli ormai da molto tempo, i due termini vengono ancora percepiti separatamente e permane un forte sbilanciamento a favore del primo. Continuando a negare al corpo vivente la sua centralità in quanto unico portatore di pensiero, si rimane su un terreno astratto che impedisce l'elaborazione di una filosofia della vita adatta ad una specie di viventi quali noi siamo." (pag.385). AF introduce nel cap.1 la teoria del "Corpo che pensa", la sua opera precedente. AF illustra gli elementi necessari per impostare ed avviare a soluzione la dicotomia mente-corpo, natura-cultura, uomo-donna, umanità-ambiente, utilizzando non solo la filosofia, la storia e la letteratura ma anche la biologia e le neuroscienze.  
"La razionalità femminile unico antidoto alla guerra", Angela Giuffridda, Bonaccorso, Verona, 2011. Angela Giuffridda va in profondità nell'analisi culturale. La guerra guerreggiata è lo spunto per esaminare i meccanismi mentali che la producono, vere e proprie macchine distruttive. L'approccio di AF è la centralità del "vivente": "Nonostante di unità mente-corpo si parli ormai da molto tempo, i due termini vengono ancora percepiti separatamente e permane un forte sbilanciamento a favore del primo. Continuando a negare al corpo vivente la sua centralità in quanto unico portatore di pensiero, si rimane su un terreno astratto che impedisce l'elaborazione di una filosofia della vita adatta ad una specie di viventi quali noi siamo." (pag.385). AF introduce nel cap.1 la teoria del "Corpo che pensa", la sua opera precedente. AF illustra gli elementi necessari per impostare ed avviare a soluzione la dicotomia mente-corpo, natura-cultura, uomo-donna, umanità-ambiente, utilizzando non solo la filosofia, la storia e la letteratura ma anche la biologia e le neuroscienze.  
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====La stratificazione sociale====
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La stratificazione sociale.
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"Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino
"Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino
, 2007. Per il passaggio dalle società senza stato a quelle statali, cap.I, par.4.3, "Forti disuguaglianze e grandi imperi", pag.42, si dice: "Come abbiamo visto, sia le società di cacciatori e raccoglitori, sia le società di orticoltori, erano tendenzialmente egualitarie. Non vi era possibilità nè di accumulare grandi ricchezze, nè di trasferirle per eredità ai propri figli; le disuguaglianze che pure si producevano, erano quindi prevalentemente di carattere personale e non davano luogo alla formazione di privilegi permanenti, vale a dire riproducibili di generazione in generazione. Il quadro cambia radicalmente con le società fondate sull'agricoltura. Qui, tra la massa dei contadini da una parte e il massimo sacerdote o re e il gran numero di persone che popolano la sua corte, dall'altra parte, si crea un vero e proprio abisso sociale invalicabile. Sono due mondi tra loro interdipendenti, ma anche profondamente divisi. Governanti e governati, cittadini e contadini, letterati e illetterati: si incominciano a delineare le dimensioni che marcheranno per secoli e secoli la disuguaglianza tra uomini.". Nel cap. VI, "Identità e socializzazione", pag.139, tratta della funzione dei ruoli sociali nella formazione della psiche individuale. Molto importanti gli studi di G.H.Mead citati a pag.146 su "l'altro generalizzato.". Il cap.XI, pag.253, tratta di "Stratificazione e classi sociali". Notevole la tabella 11.5 a pag.276, basata sul coefficiente di Gini, che riporta statistiche recenti verso l'anno 2000 che tracciano le differenze di reddito o di consumo in ogni nazione del mondo. Per citare solo un dato dell'analisi, nel par.8, "La durata della vita", a pag.279 si dice: "Le numerosissime ricerche svolte negli ultimi quarant'anni hanno invece mostrato che la relazione tra classe sociale e durata della vita è ancora oggi molto forte. Si pensi, ad esempio, che nella popolazione maschile adulta gli operai hanno una probabilità di morte quasi doppia rispetto agli impiegati.".
, 2007. Per il passaggio dalle società senza stato a quelle statali, cap.I, par.4.3, "Forti disuguaglianze e grandi imperi", pag.42, si dice: "Come abbiamo visto, sia le società di cacciatori e raccoglitori, sia le società di orticoltori, erano tendenzialmente egualitarie. Non vi era possibilità nè di accumulare grandi ricchezze, nè di trasferirle per eredità ai propri figli; le disuguaglianze che pure si producevano, erano quindi prevalentemente di carattere personale e non davano luogo alla formazione di privilegi permanenti, vale a dire riproducibili di generazione in generazione. Il quadro cambia radicalmente con le società fondate sull'agricoltura. Qui, tra la massa dei contadini da una parte e il massimo sacerdote o re e il gran numero di persone che popolano la sua corte, dall'altra parte, si crea un vero e proprio abisso sociale invalicabile. Sono due mondi tra loro interdipendenti, ma anche profondamente divisi. Governanti e governati, cittadini e contadini, letterati e illetterati: si incominciano a delineare le dimensioni che marcheranno per secoli e secoli la disuguaglianza tra uomini.". Nel cap. VI, "Identità e socializzazione", pag.139, tratta della funzione dei ruoli sociali nella formazione della psiche individuale. Molto importanti gli studi di G.H.Mead citati a pag.146 su "l'altro generalizzato.". Il cap.XI, pag.253, tratta di "Stratificazione e classi sociali". Notevole la tabella 11.5 a pag.276, basata sul coefficiente di Gini, che riporta statistiche recenti verso l'anno 2000 che tracciano le differenze di reddito o di consumo in ogni nazione del mondo. Per citare solo un dato dell'analisi, nel par.8, "La durata della vita", a pag.279 si dice: "Le numerosissime ricerche svolte negli ultimi quarant'anni hanno invece mostrato che la relazione tra classe sociale e durata della vita è ancora oggi molto forte. Si pensi, ad esempio, che nella popolazione maschile adulta gli operai hanno una probabilità di morte quasi doppia rispetto agli impiegati.".
"Dizionario di sociologia", Luciano Gallino, UTET, 2006. Vedere le voci "Stratificazione sociale", pag.673, e "Diseguaglianza sociale", pag.236. Utile per la bibliografia. I temi sono poco sviluppati per le ascendenze marxiste dell'autore, che vede nel concetto di classi economiche, impropriamente introdotto da Marx come il risultato dello sviluppo delle forze produttive che considera erroneamente il motore assoluto della storia, il punto focale della disuguaglianza. Questa teoria non spiega tutta la storia umana (alcuni milioni di anni) precedente l'avvento della proprietà privata e delle conseguenti classi economiche. Soprattutto non spiega la cosa più importante cioè la nascita della proprietà privata e delle classi economiche (a parte il lodevole ma goffo tentativo di F.Engels in "L'origine della famiglia, della proprietà privata, dello stato"). Viene considerata preminente se non esclusiva la dimensione economica (la E di IEMP). Questo può sembrare credibile solo oggi quando lo scambio di mercato sembra l'attività socialmente prevalente. Ma rende incomprensibile la nascita della disuguaglianza, quando i fattori IMP (Ideologici, Militari, Politici) erano materialmente prevalenti in quanto organizzati in protostati dediti alla predazione delle economie agricole (egualitarie) dei villaggi, sottoposte a tributo, vassallaggio, corvèe. Non è il moderno capitalismo, nella sua variante egemonica liberista, che può spiegare l'intero passato, ma la conoscenza storica delle organizzazioni IEMP e del loro mutevole intrecciarsi. Soprattutto non viene evidenziata la discontinuità storica della stratificazione sociale come proprietà emergente da un contesto e da fattori unici e irripetibili. Si narra invece la solita favoletta evoluzionista lineare per cui necessariamente si passa dalle società barbariche a quelle statali, dai grandi imperi al feudalesimo, dal feudalesimo al capitalismo, secondo leggi meccanicamente deterministiche. E poi, non si tratta di ragionare in modo riduttivo o gerarchico dando ad alcune "cause" una priorità maggiore che ad altre, ma di vedere il processo storico in un quadro di multifattorialità complessa e di "proprietà emergenti" che modificano il quadro complesso da cui sono nate.  
"Dizionario di sociologia", Luciano Gallino, UTET, 2006. Vedere le voci "Stratificazione sociale", pag.673, e "Diseguaglianza sociale", pag.236. Utile per la bibliografia. I temi sono poco sviluppati per le ascendenze marxiste dell'autore, che vede nel concetto di classi economiche, impropriamente introdotto da Marx come il risultato dello sviluppo delle forze produttive che considera erroneamente il motore assoluto della storia, il punto focale della disuguaglianza. Questa teoria non spiega tutta la storia umana (alcuni milioni di anni) precedente l'avvento della proprietà privata e delle conseguenti classi economiche. Soprattutto non spiega la cosa più importante cioè la nascita della proprietà privata e delle classi economiche (a parte il lodevole ma goffo tentativo di F.Engels in "L'origine della famiglia, della proprietà privata, dello stato"). Viene considerata preminente se non esclusiva la dimensione economica (la E di IEMP). Questo può sembrare credibile solo oggi quando lo scambio di mercato sembra l'attività socialmente prevalente. Ma rende incomprensibile la nascita della disuguaglianza, quando i fattori IMP (Ideologici, Militari, Politici) erano materialmente prevalenti in quanto organizzati in protostati dediti alla predazione delle economie agricole (egualitarie) dei villaggi, sottoposte a tributo, vassallaggio, corvèe. Non è il moderno capitalismo, nella sua variante egemonica liberista, che può spiegare l'intero passato, ma la conoscenza storica delle organizzazioni IEMP e del loro mutevole intrecciarsi. Soprattutto non viene evidenziata la discontinuità storica della stratificazione sociale come proprietà emergente da un contesto e da fattori unici e irripetibili. Si narra invece la solita favoletta evoluzionista lineare per cui necessariamente si passa dalle società barbariche a quelle statali, dai grandi imperi al feudalesimo, dal feudalesimo al capitalismo, secondo leggi meccanicamente deterministiche. E poi, non si tratta di ragionare in modo riduttivo o gerarchico dando ad alcune "cause" una priorità maggiore che ad altre, ma di vedere il processo storico in un quadro di multifattorialità complessa e di "proprietà emergenti" che modificano il quadro complesso da cui sono nate.  
“La civiltà delle buone maniere – La trasformazione dei costumi nel mondo aristocratico occidentale”, Norbert Elias, il Mulino, 1998. Viene presa in considerazione la nascita della psicologia moderna occidentale in relazione al divenire storico dalle società guerriero-aristocratiche, basate sullo sfruttamento della terra e dei contadini, alle società “industriali” basate sul movimento del denaro e sulla tecnologia. Nelle prime dominano le corti, dapprima cavalleresche, che forgiano il carattere della nobiltà attraverso il passaggio fondamentale dalla etero-costrizione alla auto-costrizione (self-control). Nelle seconde avverrà una complessa assimilazione della “educazione” cortigiana, passando per il rinascimento e l'umanesimo. N.Elias parla, nei termini freudiani che aveva a disposizione, della nascita del Super-Io. Secondo la psicologia freudiana il Super-Io agisce come censore a livello inconscio. Esiste dunque una psicologia profondamente diversa a seconda dell'epoca storica e dello strato sociale a cui si appartiene. Questa psicologia riguarda lo stare a tavola, il rapporto con il proprio corpo, i bisogni naturali, la relazione tra i sessi, l'aggressività vissuta come piacere (dal guerriero). Questa educazione degli strati aristocratici nella corte, centro focale deputato alla costruzione della “civilizzazione”,  prima nei castelli feudali e poi nelle reggie che porteranno alla formazione dei moderni stati-nazione (ad esempio nella versione assolutistica classica di Versailles), si diffonderà lentamente anche agli strati inferiori, in primis alla borghesia e poi anche negli strati dipendenti condizionati dalla borghesia. Il giovane Werther di Goethe, un borghese, esprime con i suoi dolori la sofferta assimilazione-esclusione di questi strati sociali emergenti. I gruppi umani organizzati per sopravvivere attraverso lo scambio, gli artigiani e i mercanti, la prima borghesia, sono presenti da secoli ed entrano nelle corti assolutiste di Spagna, Francia, Inghilterra e minori, come consulenti per le vitali questioni delle finanze dello stato e per garantire con le tasse e i tributi le entrate necessarie per le guerre e i consumi vistosi di queste èlite. Il giovane Werther ha sicuramente da piangere sulla sua identità sociale e psichica. Ma ha sicuramente da mangiare e da consumare in modo vistoso. Il monarca gestisce l'equilibrio tra gli esponenti maggiori di nobiltà, clero e borghesia che entrano alla sua corte e che gli forniscono tutta la conoscenza su cui egli basa le scelte del nuovo tipo di stato. La aristocrazia fondaria prima e la borghesia mercantilista poi, le due elite dominanti fuse in miscelazioni diverse in Inghilterra, Francia e Germania, esprimono la “civiltà” come  proiezione di questa cultura cortigiana.  NE così delinea questa "civiltà": “La società occidentale combatte le sue guerre coloniali ed espansionistiche nel nome della croce, come più tardi farà nel nome della civiltà. Nonostante l'avvenuta secolarizzazione, la parola “civiltà” conserva ancora un'eco del cristianesimo latino e della concezione cavalleresco-feudale della crociata.”, capitolo terzo, pag. 173.  Quanto alle civiltà in generale, l'opinione di N.Elias è riassunta nella citazione a pag.147, capitolo primo, Nota 1: “Oswald Spengler ne il “Tramonto dell'Occidente” afferma che ogni cultura ha peculiari possibilità di espressione che compaiono, maturano, declinano e non ricompaiono più. Queste culture, entità viventi del più elevato grado, crescono con la nobile mancanza di finalità dei fiori nei campi. E, come i fiori nei campi, appartengono alla natura vivente di Goethe, non alla morta natura di Newton."
“La civiltà delle buone maniere – La trasformazione dei costumi nel mondo aristocratico occidentale”, Norbert Elias, il Mulino, 1998. Viene presa in considerazione la nascita della psicologia moderna occidentale in relazione al divenire storico dalle società guerriero-aristocratiche, basate sullo sfruttamento della terra e dei contadini, alle società “industriali” basate sul movimento del denaro e sulla tecnologia. Nelle prime dominano le corti, dapprima cavalleresche, che forgiano il carattere della nobiltà attraverso il passaggio fondamentale dalla etero-costrizione alla auto-costrizione (self-control). Nelle seconde avverrà una complessa assimilazione della “educazione” cortigiana, passando per il rinascimento e l'umanesimo. N.Elias parla, nei termini freudiani che aveva a disposizione, della nascita del Super-Io. Secondo la psicologia freudiana il Super-Io agisce come censore a livello inconscio. Esiste dunque una psicologia profondamente diversa a seconda dell'epoca storica e dello strato sociale a cui si appartiene. Questa psicologia riguarda lo stare a tavola, il rapporto con il proprio corpo, i bisogni naturali, la relazione tra i sessi, l'aggressività vissuta come piacere (dal guerriero). Questa educazione degli strati aristocratici nella corte, centro focale deputato alla costruzione della “civilizzazione”,  prima nei castelli feudali e poi nelle reggie che porteranno alla formazione dei moderni stati-nazione (ad esempio nella versione assolutistica classica di Versailles), si diffonderà lentamente anche agli strati inferiori, in primis alla borghesia e poi anche negli strati dipendenti condizionati dalla borghesia. Il giovane Werther di Goethe, un borghese, esprime con i suoi dolori la sofferta assimilazione-esclusione di questi strati sociali emergenti. I gruppi umani organizzati per sopravvivere attraverso lo scambio, gli artigiani e i mercanti, la prima borghesia, sono presenti da secoli ed entrano nelle corti assolutiste di Spagna, Francia, Inghilterra e minori, come consulenti per le vitali questioni delle finanze dello stato e per garantire con le tasse e i tributi le entrate necessarie per le guerre e i consumi vistosi di queste èlite. Il giovane Werther ha sicuramente da piangere sulla sua identità sociale e psichica. Ma ha sicuramente da mangiare e da consumare in modo vistoso. Il monarca gestisce l'equilibrio tra gli esponenti maggiori di nobiltà, clero e borghesia che entrano alla sua corte e che gli forniscono tutta la conoscenza su cui egli basa le scelte del nuovo tipo di stato. La aristocrazia fondaria prima e la borghesia mercantilista poi, le due elite dominanti fuse in miscelazioni diverse in Inghilterra, Francia e Germania, esprimono la “civiltà” come  proiezione di questa cultura cortigiana.  NE così delinea questa "civiltà": “La società occidentale combatte le sue guerre coloniali ed espansionistiche nel nome della croce, come più tardi farà nel nome della civiltà. Nonostante l'avvenuta secolarizzazione, la parola “civiltà” conserva ancora un'eco del cristianesimo latino e della concezione cavalleresco-feudale della crociata.”, capitolo terzo, pag. 173.  Quanto alle civiltà in generale, l'opinione di N.Elias è riassunta nella citazione a pag.147, capitolo primo, Nota 1: “Oswald Spengler ne il “Tramonto dell'Occidente” afferma che ogni cultura ha peculiari possibilità di espressione che compaiono, maturano, declinano e non ricompaiono più. Queste culture, entità viventi del più elevato grado, crescono con la nobile mancanza di finalità dei fiori nei campi. E, come i fiori nei campi, appartengono alla natura vivente di Goethe, non alla morta natura di Newton."
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Tratta in modo approfondito le disuguaglianze nel mondo e in UK. Le ricerche dimostrano la continua crescita dei livelli di disuguaglianza. Qui si trovano notizie sulla "The Spirit Level" degli epidemiologi Kate Pickett e Richard Wilkinson che sostiene che "la società è piu ineguale che mai".
Tratta in modo approfondito le disuguaglianze nel mondo e in UK. Le ricerche dimostrano la continua crescita dei livelli di disuguaglianza. Qui si trovano notizie sulla "The Spirit Level" degli epidemiologi Kate Pickett e Richard Wilkinson che sostiene che "la società è piu ineguale che mai".

Versione delle 11:41, 26 mar 2014

Indice

C'era una volta l'Antica Europa...

un paese meraviglioso che viveva in pace ed amava la bellezza e la natura in tutte le sue manifestazioni. Non producevano armi se non per la caccia che praticavano assieme alla agricoltura per vivere adorando la natura come Madre. Studiavano, rispettavano e rappresentavano i molteplici aspetti della Dea. La loro ceramica vivace e colorata era un inno quotidiano alla vita. Per affrontare e risolvere gli inevitabili problemi di relazione avevano un metodo, un metodo sempre applicato fino ad oggi da tutte le culture, anche le piu' belliciste. Il metodo del dono che apriva la porta alla costruzione della fiducia reciproca, di una trattativa realistica, di accordi vantaggiosi per tutti. Un metodo che molte civiltà ancora oggi adottano quando devono accogliere un ospite. Questa civilta' e' fiorita tra il VI e il IV millennio aC lasciando le sue tracce profonde nella storia. I centri piu' importanti studiati dagli archeologi si chiamano Vinca, Cucuteni, Trypillia e si trovano tra l'Ucraina, la Moldavia, la Romania e i Balcani. Sono passati piu' di 7500 anni da allora. Avevano una cosmogonia complessa e secondo importanti linguisti e gli archeologi che piu' li hanno studiati, avevano elaborato una forma di scrittura sacra mille anni prima dei sumeri. L'umanita' avrebbe potuto seguire un altro corso se fosse prevalsa questa logica del tener conto degli altri, del rispetto della vita e della natura, della sua delicata infinita complessita'. Questa cultura è stata documentata e studiata in profondità e bisogna far sapere oggi che questa civilta' e' ancora possibile, che e' fiorita per migliaia di anni, che aveva la forza di propagarsi in tutta l'Europa occidentale, da Malta alla Cornovaglia, dalla Spagna alla Sardegna. Invece e' gradualmente prevalsa sulle altre civiltà nei secoli una civilizzazione diversa basata sulla guerra e sulla distruzione della vita. Certo andrà capito come e perchè questo sia stato il corso della storia, perchè sia prevalsa una forma piuttosto che l'altra. Ma l'archeologia con l'Antica Europa e l'antropologia con le innumerevoli culture studiate poco prima che sparissero hanno dimostrato che possono esistere modelli di umanità completamente diversi dal modello aggressivo dell' "homo homini lupus" del Leviatano di Hobbes, dell'essere umano marchiato nell'anima in modo indelebile dal peccato originale, dal mostruoso Principe del Macchiavelli. Questo modello aggressivo e' solo una delle infinite possibilità nel corso della storia umana. Sono esistiti ed esistono modelli completamente diversi dove è la cooperazione a guidare la competizione e non viceversa. Non esiste conflitto tra altruismo ed egoismo. Per amare gli altri e' necessario amare se' stessi. Per amare se' stessi e' necessario amare gli altri. La storia, la psicologia e l'economia sperimentali, la sociologia, l'antropologia lo indicano come possibile, gli esperimenti di laboratorio lo confermano. E' ora di conoscere e soprattutto di utilizzare queste ricerche svolte soprattutto in università americane. Forse è proprio indirizzandoci verso e praticando poi un diverso modello di umanità che potremo salvarci. Queste ricerche verranno esposte nella parte che riguarda la cooperazione mutualistica e le realtà economiche, culturali, politiche che si vanno spontaneamente organizzando, collegate tra loro via Internet, su questo paradigma dei sistemi cooperativi. Questa cooperazione è basata sì sullo scambio ed anche sulla competizione, ma è fondata in primis sul dono e la fiducia. La cooperazione mutualistica è una cooperazione basata sulle misteriose affinità elettive, spontanea. Non è la cooperazione forzata, compulsiva, di soldati che marciano verso la guerra. Questo paradigma pacifico sembra riecheggiare quello della civiltà dell'Antica Europa, che riaffiora dopo millenni nella sua poderosa vitalità femminile, delicata come un fiore e ardente come il cuore della Terra.

Contenuto

Dopo aver riproposto alla vostra attenzione la civiltà "diversa" dell'Antica Europa, tratterò il tema della differenza di genere cioè dei rapporti di potere tra uomo e donna, della stratificazione sociale, della sua nascita nelle prime città-stato, della sua diffusione e dello sviluppo della configurazione storica chiamata "impero". Valuteremo poi due imperi che sono stati il laboratorio del mondo moderno, gli imperi romano e bizantino, passando poi ai loro eredi, gli imperi americano e sovietico. Gli ultimi due paragrafi trattano rispettivamente delle tre grandi crisi che il mondo moderno si trova ad affrontare e della soluzione proposta che consiste nello sviluppo della cooperazione e della solidarietà come sistemi complessi. Questa cooperazione però deve necessariamente contenere tutta la sapienza, la saggezza e l'esperienza collettiva accumulate durante il lungo percorso storico esaminato. La conclusione dunque è che dobbiamo ricollegarci idealmente all'antico passato, al ruolo della Madre come centro focale della nostra cultura umana, ad una solidarietà da estendere ad ogni aspetto della vita sociale. Utilizzando allo stesso tempo tutte le conoscenze e tutta l'esperienza umana, emozionale, spirituale, artistica, relazionale, accumulata come memoria collettiva. Questa memoria va liberata per costruire una nuova intelligenza collettiva nella quale tutti siano attori e sceneggiatori.

Introduzione

Stiamo vivendo una transizione che tocca gli strati culturali e materiali profondi, sedimentati dalla storia, quelli che un grande storico francese chiamava di "long durèe", di lunga durata, quelli che sono presenti nella storia umana da millenni. Uno di questi strati profondi annidati nella nostra cultura moderna è la "gerarchia", l'idea che esistano esseri umani superiori che decidono i destini degli altri ed ai quali vanno tributati onori e ricchezze. Questa idea era prima evitata come la peste dall'umanità di tutte le latitudini e paesi fino a quando accanto alle società egalitarie ne sorsero altre definite di "rango" o domini o "chiefdom" o "chefferie". Fino ad allora le figure individuali emergenti, quelli che vengono impropriamente definiti i "capi" delle varie comunità esistenti all'epoca, non tramandavano agli eredi biologici il loro prestigio o il loro "potere" di cultura o di ricchezza. Questo invece iniziò ad avvenire in epoca più recente con i re o con i patriarchi maschili dei lignaggi aristocratici. Prima di allora sciamane e sciamani, grandi raccoglitrici e grandi cacciatori, donne e uomini di pace che mediavano i conflitti, artigiani e guaritrici, menti acute femminili e maschili capaci di dare saggi consigli, lavoravano tutti per la comunità e il suo benessere. Questa diffusione massiva della stratificazione, della gerarchia, della disuguaglianza, avviene inizialmente in pochissime aree del pianeta con la formazione dei proto-stati. Queste aree si contano sulle dita di una mano, 4, 5 o 6. Da lì si propaga a tutto il pianeta nel corso degli ultimi 5000 anni. La prima città-stato di cui si ha una completa documentazione archeologica, protostorica e storica è Uruk nella bassa Mesopotamia. Ma questo apparente successo della gerarchia e della disuguaglianza ha sempre trovato una fiera resistenza in infiniti movimenti che cercano di controllare e immunizzarsi da questa forma sociale di relazione umana basata sul dominio. Per fare un esempio famosissimo di questa resistenza, 2000 anni fa Gesù di Nazareth proponeva in modo radicale ed esplicito la totale uguaglianza di ogni essere umano davanti alla divinità e nella pratica quotidiana di tutte le relazioni sociali compreso il rapporto uomo-donna. I vangeli canonici e quelli gnostici e apocrifi sono molto precisi nell'elenco delle categorie umane che rientrano in questo rapporto di fratellanza/uguaglianza: lebbrosi, prostitute, criminali di ogni genere, soldati romani, esattori delle tasse (una delle più infamanti categorie sociali dell'antichità), adultere, anime dubbiose come la samaritana, increduli, pragmatici precursori di Popper come l'apostolo Tommaso, gli "altri" e i "diversi" per cultura e religione come il buon samaritano. Vengono invece trattati con asprezza come si meritano i ricchi, gli indifferenti, quelli privi di empatia, oppure i farisei che si ergono a padroni della verità e della legge, in una parola quelli che vogliono marcare la loro superiorità e il loro dominio sugli altri. In altri famosi passaggi dei Vangeli viene decostruito il concetto stesso di gerarchia. Si è trattato di una innovativa costruzione ideale e culturale che riprende dopo millenni alcuni valori della Antica Europa (ed anche la matrice matriarcale dell'Antica Europa quando papa Luciani parlava di un dio che va inteso anche come "Madre" o quando si afferma il culto fortissimo della Madonna, "deipara", madre di dio). Ma la diffusione in occidente di questa dottrina avviene ad opera di Paolo di Tarso, un sadduceo che aveva assorbito la cultura greca ellenistica e che quindi era spiritualmente affine alla rete egemonica dell'impero romano. Mentre Pietro davanti al Sinedrio di Gerusalemme rifiuta ogni forma di autorità terrena, Paolo reintroduce il principio di autorità che Gesù invece aveva apertamente sfidato predicando "non giudicare" e "scagli la prima pietra chi è senza peccato", guarendo e "lavorando" il sabato, cacciando i mercanti dal tempio, sfidando in catene come Pietro l' intero legittimo Sinedrio di Gerusalemme. Paolo usa un raffinato ragionamento ellenistico, un sillogismo: la somma autorità è dio, il potere dei re e dei giudici terreni deriva da dio, ergo bisogna sottomettersi all'autorità dei giudici terreni e di qualsiasi re nel cui territorio ci si trovi a vivere. Con questo parallelo Paolo attribuiva alla divinità le caratteristiche umane di un re, ed ai re umani le caratteristiche "divine" di onnipotenza. Esattamente come i re della Mesopotamia. Naturalmente Giovanni il Battista sarebbe stato di diverso avviso, e dopo 2000 anni circa papa Francesco ricordava giustamente, parlando proprio del martirio del Battista, che "Quando c'è la corte è possibile fare di tutto: la corruzione, i vizi, i crimini. Le corti favoriscono queste cose." (omelia del 7 febbraio 2014 a S.Marta). Erode il "grande" non era certo un buon esempio. Tutte le corti precedenti e successive furono in realtà strumenti di costruzione di una psicologia di gruppo molto particolare che dagli strati superiori si diffuse a tutta la società. Questo aspetto della religione cristiana predicata da Paolo di Tarso potrebbe non essere sfuggito a Costantino quando, dopo le crudeli persecuzioni di Diocleziano, decreterà nei primi decenni del 300 d.C. il cristianesimo religione di stato e fondamento dell'impero romano. Rafforzato dalle reti cittadine cristiane solidali, l'impero sarebbe sopravvissuto per altri mille anni a Bisanzio ed avrebbe gradualmente convertito i "barbari" ad Occidente. Si tratta di un passaggio storico che vedremo nel seguito, complesso, difficile da spiegare, di enorme importanza. Vedremo più in generale il nascere della Agenzia Templare gestita da una casta professionale di sacerdoti, centro del potere ideologico-religioso ed economico. Il sorgere poi dell'Agenzia Palatina, cioè del palazzo del Re, centro del potere politico e militare. Grandi organizzazioni che trasformandosi nelle forme ma mantenendo la ferrea struttura gerarchica saranno nel medioevo europeo la Chiesa e lo Stato, oppure il Papato e l'Impero. Queste due agenzie si appoggiano, si fondono, si scontrano come poteri distinti. Ma non potranno mai fare l'una a meno dell'altra. Il Re incoronato da un Sommo Sacerdote sarà fino a pochi anni fa il vertice della gerarchia e del potere per volere di dio, e solo nelle più recenti monarchie costituzionali anche per volere del popolo. A sua volta il sommo sacerdote sarà difeso dal re per difendere l'ortodossia religiosa. Lo scenario di oggi è dunque molto differente da quello egalitario del passato. Ma chi pensasse che questa umanità egalitaria sia una ricostruzione ingenua e ottimista può confrontarsi con una vasta letteratura di antropologi e archeologi. I sociologi, con alcune lodevoli eccezioni, sono più restii a prendere in seria considerazione questo vitale patrimonio culturale dell'umanità, perchè focalizzati sulle società “moderne” degli ultimi duecento o trecento anni. Molti danno per "naturale" l'esistenza dello stato, della gerarchia, della stratificazione sociale, pensando ad una evoluzione lineare, meccanica, deterministica, dal semplice al complesso. Aristotele considerava naturale la schiavitù, Paolo di Tarso la gerarchia estesa al mondo spirituale. Non potevano nemmeno immaginare che tutte queste cose prima semplicemente non c'erano e che non potevano proiettare nel passato o nel futuro le loro esperienze, magari eccezionali, ma pur sempre molto limitate rispetto alla totalità delle esperienze dell'intera umanità passata e presente. Passando ora dalla religione all'economia, si può dire che non è stato l'accumulo di surplus dovuti alla scoperta dell'agricoltura a generare la divisione del lavoro, la formazione di èlite sacre e politiche. Ma al contrario la formazione di èlite politiche o religiose ha portato con la coercizione ed il lavoro coatto alla formazione di surplus abbondanti capaci di sostenere queste stesse èlite. Questo passaggio alla logica dell'accumuluzione era consapevolmente ostacolato nel passato come hanno dimostrato archeologi e antropologi: si basa sulla semplice constatazione che raggiunto un equilibrio ottimale gli esseri umani e i viventi in generale tenderanno a migliorarlo non a peggiorarlo. Passare dal lavorare due o tre ore al giorno come i cacciatori-raccoglitori del neolitico alla schiavitù delle prime citta-stato (o al dover pagare tributi) non è "naturale". Lavorare 16 ore quotidiane o "morire di lavoro" come durante la prima rivoluzione industriale non è "naturale". Quanto ai vantaggi che tutto questo ha comportato ricordiamoci che lo sviluppo della medicina si è reso necessario per affrontare malattie prima sconosciute. Quanto all'indiscutibile aumento delle aspettative di vita ci si deve chiedere quale sia il senso di una valutazione quantitativa della vita umana e quale sia il ruolo degli anziani oggi nelle società postmoderne. Secondo l'ipotesi dello "ingabbiamento" di Robert L.Carneiro la creazione dei primi stati è nata da serie di fattori concomitanti ed unici. Poteva non accadere e si è trattato di una discontinuità storica per cui da un certo momento in poi il surplus prodotto da chi lavora in forma variamente coatta va a beneficio delle èlite dominanti e viene redistribuito solo parzialmente all'intera società. Come siano nate queste elite è argomento di discussione. Qui verrà proposta una teoria ben documentata, allo stesso tempo flessibile ed esaustiva, per cui il surplus produttivo è conseguente e non antecedente alla formazione di èlite distinte dal corpo sociale in modo sostanziale, dal lignaggio, dal sangue, dalla parentela che in alcuni casi si estende alle varie divinità. Oggi la "gerarchia" si manifesta come "stratificazione sociale" in forme sfuggenti e complesse, ramificate in ogni dove in estensione e profondità. La competizione e i conflitti tra esseri umani sono sempre esistiti, a volte anche in forme acute di aggressioni collettive, che sarebbe però improprio definire "guerre" come quelle che conosciamo oggi. Ma da quando la "stratificazione sociale" è apparsa per la prima volta circa 6000 anni fa, la competizione tra esseri umani è esplosa in forme distruttive quali guerre di sterminio e lo sfruttamento organizzato di altri esseri umani attraverso la schiavitù. C'è sempre stata una stretta relazione tra guerra e schiavitù. Mentre oggi la schiavitù sembra ufficialmente scomparsa, le guerre invece continuano, giustificate sia da interessi economici che da ragioni culturali . Caratteristica di questa "stratificazione sociale" è il suo dinamismo distruttivo, competitivo e conflittuale. Si creano blocchi di potere militare, politico, economico, e culturale, sempre più grandi, che si contrappongono prima e si inglobano poi l'un l'altro. Queste reti di potere sociale sono gli "imperi". L'ipotesi che oggi si comincia a fare considera questa "stratificazione sociale" la causa profonda che sta portando l'umanità al collasso. Le varie èlite mondiali ritardano oggi deliberatamente la soluzione ai drammatici problemi dell'ambiente e dell'energia perchè si ritengono protette e temporaneamente al sicuro, a differenza della masse che sono le prime a risentire i problemi dell'inquinamento, del cambiamento climatico, del cibo spazzatura, delle guerre, delle nuove epidemie. Dopo la comparsa delle prime città-stato nella Mesopotamia di 5300 anni fa, un gigantesco meccanismo di guerre, conquiste, espansioni imperiali, sviluppo di armi e di nuove tecnologie, costruzione di burocrazie sempre più complesse, ha inglobato l'intero pianeta. Grandi successi nella scienza e nella tecnologia, alimento materiale e ideologico di ogni annuncio pubblicitario, hanno illuso in una imminente età dell'oro. Ma la "stratificazione sociale" aumentava sia all'interno delle società "avanzate" che tra queste e quelle "piu primitive" che non tenevano il passo, costruendo fratture, tensioni, divisioni, ruoli cristallizzati sempre più estesi e profondi. Abbiamo parlato brevemente di religione, di istituzioni politiche e militari come i regni e gli imperi, della economia passata dalla pacifica sopravvivenza agro-pastorale dell'Antica Europa ad una predazione complessa organizzata dagli stati. Soprattutto vedremo come si intreccino tra loro queste 4 "reti", della ideologia e religione, della economia, dell'apparato coercitivo militare, della politica. Userò nel seguito l'acronimo IEMP per indicare questo intreccio (Ideologia, Economia, Militare, Politico). Un grande sociologo, Max Weber, attento alla storia politica delle società ma anche alla loro struttura economica e soprattutto alla loro religione o morale tradizionale è riuscito ad impostare pochi criteri flessibili per studiare i gruppi umani complessi nel loro continuo modificarsi sulle base dei fattori IEMP. Marx, invece, dopo aver ridotto tutta l'analisi al fattore economico (la lettera E nell'acronimo IEMP), ricadeva con il "Manifesto del partito comunista" nel puro fattore Politico (la lettera P nell'acronimo IEMP), cioè nella conquista del Potere (politico-statale) tramite il Partito (politico) dei "comunisti". Una grande confusione mentale che nel 1917 in Russia, dopo la conquista del potere "politico", portava alla crisi "economica" che avrebbe distrutto in soli 70 anni l'impero neozarista di Lenin-Trotzky-Stalin. Tutti gli altri riformatori sociali invece cercavano alternative sperimentali sul terreno dell'economia e della cultura, oltre che su quello dello istituzioni politiche. Attraverso la solidarietà attiva, la cooperazione mutualistica, la ricerca storica e scientifica oltre a quella filosofica. Prevaleva l'analisi di Marx perchè nel filone culturale del pensiero astratto autoritario e gerarchico, dove tutto è stabilito a priori da una divinità ridefinita come "la Storia" e gli individui viventi sono solo espressione di queste forze onnipotenti e impersonali. Prevaleva la logica del Potere e della conquista del Potere anzichè quella della tessitura del tessuto vivente delle reti di vita organizzata dei gruppi umani. Userò dunque il modello IEMP per l'analisi storica e per la proposta di una costruzione diffusa di sistemi cooperativi avanzati. Nel tentativo di impostare un quadro sinergico per armonizzare le sfere della vita economica, culturale-spirituale, politica e della sicurezza, non possiamo prescindere dalla unità dei processi storici, sociali e culturali che il modello IEMP cerca solo di rappresentare in prima approssimazione, senza dogmatismi, senza pretendere di esaurire la complessità storica.

La differenza di genere

La relazione di genere è senz'altro il punto più importante e decisivo della nostra vita sociale. La comparsa di una relazione non ugualitaria tra i sessi è anche la questione più complessa, difficile, controversa. Come abbiamo visto nell'Antica Europa il ruolo delle donne era all'apice nella stima collettiva. Soprattutto erano le donne che gestivano la sfera del sacro, il mondo simbolico in cui l'umanità si specchia alla ricerca della sua identità. Prima degli sciamani maschi c'erano "le" sciamane femmine. Studi antropometrici delle mani dipinte nelle grotte sacre del tardo paleolitico dimostrano che sono mani femminili. La/o sciamana/o godeva della più alta considerazione collettiva nelle società di cacciatori raccoglitori, in quelle di coltivatori/pastori come nell'Antica Europa ed anche in quelle successive. Inoltre con ogni probabilità sono state le donne ad "inventare" l'agricoltura, la più importante rivoluzione produttiva della storia umana. Quindi il loro ruolo nella divisione sessuale del lavoro, e di conseguenza il loro status sociale, non potevano che essere molto alti. Riproduttrici della vita, sciamane/guaritrici, inventrici della produzione del cibo, sono tutti ruoli essenziali che propagano e difendono la vita a livello naturale e culturale. I manuali di sociologia affermano infatti che nelle società di cacciatori e raccoglitori la posizione della donna era di notevole importanza e le relazioni tra uomo e donna egalitarie. Lo status delle donne diminuisce drasticamente nelle società ad agricoltura avanzata, nelle società che utilizzavano l'aratro, all'incirca nel 3000 a.C. Ma qui siamo già entrati nell'era della nascita delle prime formazioni statali e quindi della stratificazione sociale. Gli studiosi maschili non si preoccupano molto di spiegare questo drammatico passaggio all'ineguaglianza che ha relegato la donna in una posizione di subordinazione che le cronache dal 3000 a.C. in poi descrivono con dettagli terrificanti. Un testo che li riporta e che molti conoscono è la Bibbia. Questa diventerà la normalità che nessuno più metterà in discussione fino ai primi del 1900 d.C. quando nasce il movimento femminista. Cito un diffuso manuale universitario di sociologia: "Furono elaborate raffinate ideologie che giustificassero le forti disuguaglianze di genere. Così, per fare solo un esempio, Aristotele pensava che la donna fosse un uomo mancato e avesse una natura difettosa, debole, mutilata. Anche le grandi religioni universali, il cristianesimo, l'islamismo, l'induismo, il buddismo, l'ebraismo prescrivevano, in misura maggiore o minore, la subordinazione delle donne e, all'interno della organizzazione, le tenevano lontane dal potere.". Un segnale di questa "subordinazione" è una vera e propria perdita di identità dell'universo femminile. Il linguaggio che usiamo quotidianamente prevede quasi sempre nel definire i ruoli sociali l'uso di nomi solo maschili. Ad esempio noi parliamo di un "autore" (declinato al maschile) indipendentemente dal fatto che si tratti di un uomo o di una donna. E così pure per una infinità di altri termini. Ma la più grave mutilazione che l'universo femminile ha subito è stata l'esclusione dal sacro. Tranne rari casi di profetesse o di vestali specializzate, i templi dal 3000 a.C. in poi saranno gestiti esclusivamente da maschi. Questo significava l'esclusione dell'universo femminile dalla sfera della cultura e quindi una conseguente scissione nell'educazione della prole tra il mondo privato affettivo femminile e il mondo pubblico razionale maschile. Le energie mentali, spirituali, psichiche di metà della popolazione umana venivano frenate e represse. Alcune "autrici" spiegano così l'insorgenza patologica di guerre distruttive e irrazionali apparse da quel periodo in poi. L'attività bellica era infatti l'unica attività da cui la divisione sessuale del lavoro escludesse la donna. Eraclito, uno dei padri della filosofia occidentale, con uno spettacolare capovolgimento logico tra il concetto di madre e il concetto di guerra, dirà che "la guerra è la madre di tutte le cose". La autoliberazione della prima metà del cielo nel suo ruolo di madre aiuterà tutta l'umanità ad eliminare il flagello della guerra.

La stratificazione sociale

Le conseguenze della stratificazione sociale sono molto profonde e investono tutto lo sviluppo e l'evoluzione della personalità umana. Si creano ruoli sociali diversi nei quali ciascuno si identifica in maniera quasi totale. Si può essere re, mercanti del re, scribi, sacerdoti, grandi sacerdoti, schiavi, produttori di ceramiche, liberi contadini, artigiani di corte, marinai, pirati, eunuchi, ballerine, guerrieri, poeti o commediografi, ladri, camerieri, madri di famiglia a tempo pieno. Questi ruoli sono espressioni storiche dei principali campi di attività dei gruppi umani organizzati, Ideologico, Economico, Militare, Politico, che abbreviamo nell'acronimo IEMP. Questi ruoli cambiano radicalmente nel tempo, alcuni spariscono come quello del cavaliere medioevale, per poi vivere di rendita poetica nel mito collettivo. Ad ogni ruolo viene attribuita una qualificazione di valore, uno "status", che può essere il prestigio culturale, la ricchezza economica, la posizione nella gerarchia militare, il potere politico (IEMP). Naturalmente nella vita reale questi ruoli si intrecciano in modo imprevedibile in tutte le possibili combinazioni di ruolo e di grado. Questi ruoli giocano come specchi nella costruzione e nella dinamica della nostra psiche, irriproducibile nella sua effimera unicità. La vita di ciascuno viene fortemente dominata dallo status complessivo della famiglia in cui nasce cosicchè si è subito impegnati a difendere, tramandare, acquisire e scalare posizioni sociali in competizione con gli altri, per necessità o per scelta. Da quando è apparsa la stratificazione sociale, pochissime migliaia di anni fa, in pochissimi posti del pianeta (si discute se siano 4 o 5 o 6), ogni posizione sociale ha i suoi privilegi rigidamente organizzati su una scala gerarchica che non si può mettere in discussione: dal re, con il suo potere di vita o di morte su tutti, allo schiavo che può solo sperare nella pietà o negli interessi del suo padrone. La sociologia ufficiale considera questa divisione del lavoro sociale un fattore del progresso umano che ha prodotto la "civilizzazione", anzi il fattore che ha permesso la "individualizzazione" della struttura e del carattere di ogni "persona". Naturalmente (detto con molta ironia e forte critica) i modelli di personalità validi per tutti erano quelli alti, degli "strati" sociali alti. Le qualità umane, veramente umane, non erano quelle dello schiavo, degradato a macchina meccanica e quindi privo di ogni residua umanità, ma quelle del re, dello scriba raffinato, dell'artigiano ricercato, del lettore di oroscopi o dell'esorcista a tempo pieno. Qualità riservate ad una piccola minoranza ed ai loro discendenti o favoriti. Questa specializzazione di funzioni comporterà secondo i sociologi una cultura sempre più raffinata che avrà il merito di sviluppare tipi umani sempre più complessi e capaci di padroneggiare tutte le arti e le scienze. Ma allo stesso tempo dividerà l'umanità in esseri ultraspecializzati separati da relazioni di dominio o concorrenza. Un esempio di questa incredibile complessità e artificiosità dello sviluppo storico dei tipi umani è la corte di Versailles di Re Sole verso il 1700. Queste corti dove si concentravano e miscelavano i poteri politico, militare, economico e ideologico, cominciavano ad esistere già a Sumer o nell'Egitto dei Faraoni migliaia di anni prima ed erano in grado di rivaleggiare con la futura Versailles. La drammatica frattura determinatasi con la cristallizzazione stabile della stratificazione sociale e la sua riproduzione nel tempo attraverso la ereditarietà di ricchezze, titoli, onori, relazioni sociali importanti (la assurda pretesa di "avere un sangue diverso"), entrano poi nella sfera cognitiva, nella alienazione della capacità creativa progettuale del singolo individuo, sempre più dipendente da esperti nelle varie arti e conoscenze. Nascevano anche gli specialisti della verità, quelli che avevano il diritto, in quanto prescelti dagli dei o loro discendenti diretti, di definire la realtà. Coloro che detenevano il potere ideologico, religioso, delle regole di scrittura e di amministrazione, stabilivano quale fosse l' ordine cosmico. Nascevano le religioni che vietavano al popolo il contatto con il dio della città, chiuso come simulacro nel sancta sanctorum del tempio e inaccessibile a tutti, e tutte le conoscenze circoscritte a pochi prescelti e blindate in un rituale segreto. Il dio cittadino era un copyright dei grandi sacerdoti. Quello che si perdeva in questo processo era tutta l'enorme capacità creativa, progettuale, emozionale, psichica, della enorme massa degli esclusi, di "coloro che non sapevano leggere". Con la trasmissione famigliare dei ruoli sociali si veniva esclusi "perchè non si sapeva leggere". Questo comportò di fatto un impoverimento e una deformazione dell'intero processo cognitivo, gestito da poche menti selezionate su basi di appartenenza famigliare e allenate a lavorare solo nell'interesse esclusivo di un piccolo strato di privilegiati. Le guerre, le distruzioni di massa, le deculturazioni, l'abbrutimento per eccesso di lavoro, l'esclusione sociale e culturale che ci accompagnano da allora fanno da cornice alle contemporanee meraviglie prodotte dalla civiltà mesopotamica, dai grandi imperi, e poi dal mondo occidentale con la sua trionfante tecnologia. I politici, come i sacerdoti (che a differenza degli antichi anacoreti in genere non digiunano), è tutta gente che fa parte di una èlite specializzata che non lavora e che non ha mai lavorato. Questo, credo, dal 3500 aC. Non è una situazione gradevole, lo ammetto, ma va affrontata per quello che è. Alcuni gruppi umani organizzati hanno creato delle situazioni storiche che hanno plasmato altri esseri umani come i preti, gli scribi, i politici, i militari, i mercanti, i tecnocrati. Gente che non sarebbe in grado di sopravvivere tre minuti senza il supporto di un immenso apparato di servi, di produttori di tutto il necessario alla loro vita e di molto altro completamente superfluo. Servi ovviamente disprezzati e che a loro volta dipendono dai loro padroni. Le persone vanno quindi interpretate come un prodotto storico sociale con limitate capacità di azione ed intervento sul loro ambiente storico sociale, compresi i re e le èlite dominanti. Perchè hanno introiettato questo ambiente e lo considerano come parte dell'ambiente naturale, come i fiumi o le montagne. Stratificazione sociale compresa. Le situazioni che cerchiamo di affrontare e risolvere non dipendono solo dai singoli personaggi che vi giocano ruoli di potere, ma dall'incastro di funzioni gerarchiche che costituiscono la divisione sociale del lavoro. Si tratta di una situazione complessa che la volontà dei singoli non può controllare. Le società di cacciatori-raccoglitori o quelle agricole-orticole-pastorali dell'Antica Europa sono definite dagli antropologi come "non stratificate", "egalitarie", "acefale" (senza capo), senza alcun concetto di gerarchia sociale, di status politico o economico, di classe, o perfino di leadership permanente. Il saggio, il guaritore, l'eroe che si sacrifica per la comunità, il creativo che inventa nuove soluzioni a problemi antichi, dopo le loro "performance" riprendono la loro vita normale lavorando a fianco degli altri per procurarsi i mezzi per vivere. La stratificazione sociale non è uno standard, gli umani non sono naturalmente o in modo inevitabile competitivi o acquisitivi. E parliamo di società reali, efficienti e complesse come la "nostra", capaci di costruire città di migliaia di abitanti o monumenti come quelli di Stonehenge o decine di migliaia di nuraghi. Queste società vengono definite "orientate all'affinità" perchè privilegiano l'armonia reciproca rispetto alla ricchezza, allo status, alla divisione. Al contrario delle culture orientate alla accumulazione, competizione e conflitto, in esse vengono attivamente contrastate e prevenute le gerarchie sociali perchè si pensa che conducano a instabilità e conflitto. Ognuno è libero di preferire un tipo di società o l'altro, ma è importante sapere che entrambe sono possibili, in tutta la gamma delle sfumature intermedie. La differenza sociale oggi si misura in base al reddito, allo status culturale, al potere politico di organizzare i gruppi umani, che poi sono tre delle reti IEMP. È possibile misurare a livello quantitativo il reddito, o le spese nei consumi (meno significativa del reddito), mentre status e potere sono difficilmente misurabili. Ricerche statistiche recenti dimostrano che, tra le varie società ricche occidentali moderne, quelle con gli indici minori di disuguaglianza, quali il coefficiente di Gini sul reddito o il consumo, sono le meno colpite dai vari malanni sociali quali criminalità, maternità precoci, depressione e malattie mentali, suicidi, omicidi, obesità, mancanza di fiducia, mortalità infantile. Tra le più diseguali gli USA, UK, Portogallo. Tra le più "egalitarie" la Svezia e il Giappone. Certo non basta una ricerca a stabilire le mille sfaccettature della realtà e soprattutto come viene vissuta da chi la vive. Ma la disuguaglianza sociale è in aumento e così pure le malattie sociali. Nessuna diagnosi sicura. Nessuna terapia infallibile. Ma siamo sicuri che non serva più oggi la saggezza tradizionale dei nostri avi contadini e dei loro avi cacciatori-raccoglitori?

L'origine dello Stato

Il mio intento è argomentare la tesi che i problemi che oggi affrontiamo derivano in gran parte da una frattura storica prodottasi millenni fa per la prima volta in Mesopotamia, replicatasi poi in pochissimi altri posti nel mondo, tre o quattro, e da lì diffusasi in tutto il pianeta. Parlo della nascita dello Stato come formazione storico-sociale. Alcuni sostengono che lo stato forse si è propagato dalla Mesopotamia a tutto il mondo, compresi gli stati imperiali degli Inca (Perù) e degli Aztechi (Messico), sorti nelle Americhe. Alcuni dicono che questi imperi americani non siano sorti “spontaneamente", ma avanzano l'ipotesi diffusionista. Questa frattura ha generato, cristallizzato, reso autopropulsiva per la prima volta nella storia della specie Homo, la “stratificazione sociale” e la disuguaglianza. Alcuni sociologi sostengono nei loro manuali che siano sempre esistite differenze, se non vere e proprie stratificazioni, di genere tra maschio e femmina, e di età tra giovani e anziani. La questione di genere è forse la questione centrale e l'origine stessa della stratificazione. Il rapporto tra il patriarcato, la dominazione maschile sull'universo femminile, e l'origine dello stato viene attivamente indagato ed è di enorme importanza. Come abbiamo visto nell'Antica Europa non vi era traccia di dominazione maschile o di forme di patriarcato. La disuguaglianza è materiale ma soprattutto "culturale". Le diversità enormi tra gli uomini sono ovviamente sempre esistite. Quello che è comparso ad un certo momento è stata la trasmissione ereditaria nei discendenti di tali differenze, la nascita di lignaggi “superiori” e di “lignaggi” inferiori, legati al sangue, alla cultura, alle differenze somatiche, al colore della pelle, alla lingua parlata. È nato il disprezzo di esseri umani "superiori" rispetto ad esseri umani "inferiori". Bisogna affondare all'indietro nel tempo per capire questo fatto eccezionale ed il suo perdurare mascherato in mille forme. A volte tutto questo è brutalmente evidente come nell'episodio storico del nazismo, del razzismo etnico o culturale, della presunta missione civilizzatrice dell'imperialismo spagnolo, inglese o francese (Napoleone Bonaparte compreso). Tutti i ricercatori sono d'accordo che bisogna tornare indietro a non più di 5000 anni fa per veder comparire la stratificazione e la disuguaglianza sociali, prima inesistenti. Circa nel 3200 aC, iniziava l'"Antica Età del Bronzo" a cui gli scienziati fanno risalire la comparsa della stratificazione sociale, della disuguaglianza sociale (della non uguaglianza, vi rendete conto?), della nascita di una èlite politica prima inesistente, di una casta professionale di sacerdoti dotata del monopolio esclusivo delle relazioni con la divinità intesa come tutore divino di quel lignaggio o di quella città, della divisione del lavoro. Di quella divisione del lavoro che dice con Platone: "IO penso, TU fai quello che dico IO". È questa la divisione tra lavoro intellettuale o simbolico e tra lavoro manuale o esecutivo, come tra gli scribi addetti alla scrittura/lettura e i contadini addetti alla produzione di cibo. Quando nel 3200 aC i popoli indoeuropei iniziavano a propagarsi nella loro seconda ondata, imponendo la loro cultura guerriera e patriarcale su quella matriarcale e pacifica dei popoli dell'Antica Europa (secondo l'ipotesi di Marija Gimbutas, vedi approfondimenti), nasceva in Mesopotamia la prima civilta' sumerica. Perche' tornare così indietro nel tempo? Perchè dalle prime città stato di Sumer nasceva la civiltà cosi' come oggi la conosciamo. Nasceva lo Stato che prima non esisteva. Nasceva la prima forma stabile di stratificazione e disuguaglianza sociale con una elite religiosa, politica e militare che decideva, pianificava, dirigeva e contabilizzava una nuova grande attivita' economica consistente nell'irrigazione e sfruttamento delle terre di proprieta' del dio e nell'allevamento delle mandrie di animali pure di proprieta' del dio, lo stesso dio che veniva venerato e considerato vivente nel tempio principale della città appena edificata. Così sarebbe stato anche per Roma, ma dopo due millenni. Nasceva la schiavitù di donne e bambini che tessevano la lana delle greggi del "dio" del tempio cui era dedicata la città-stato. Nasceva la scrittura, ma solo per registrare minuziosamente le derrate alimentari (orzo) e gli animali d'allevamento (caprovini) che entravano ed uscivano dai magazzini delle due grandi organizzazioni: il tempio, gestito da una casta di sacerdoti, ed il palazzo del re, coadiuvati entrambi da una burocrazia di scribi che per millenni continueranno ad usare in modo maniacale i caratteri cuneiformi. Si tratta dell'agenzia templare (i sacerdoti) e dell'agenzia palatina (il re e la sua corte). Tra queste due agenzie inizieranno lotte, fusioni, accordi, che passando tra i guelfi e i ghibellini del medioevo europeo arriveranno sino a noi con le feroci battaglie tra Chiesa e Stato, e con le ipocrite e costose pacificazioni dei Concordati. Il resto della popolazione, convinto con le buone e con le cattive che poteva godere della salvaguardia del dio a protezione del cibo, dei raccolti, della salute, viveva in villaggi sottoposti a tasse e tributi in beni ed in corvèe di lavoro. Le corvèe riguardavano la costruzioni di canali di irrigazione, di templi e palazzi, la raccolta dei cereali, e col tempo anche il dover combattere le guerre decise dal re, come soldati gli uomini e come vedove le donne. La produzione di tessuti veniva realizzata in laboratori-prigione dove alcune donne schiave producevano le stoffe coi loro bambini, in cambio della pura sopravvivenza. Alcune di esse erano "oblate del tempio", donate al tempio dalla comunità, non si sa quanto spontaneamente. La corte, i sacerdoti, gli scribi, gli artigiani importanti che lavoravano a tempo pieno per le due agenzie, vivevano nelle citta' fortificate, dove intorno ai vari templi ed ai palazzi del re si trovavano i grandi magazzini riempiti di beni di ogni tipo, alimentari e non. L'agenzia palatina e l'agenzia templare si identificavano come rappresentanti diretti del dio, il re addirittura come una sua incarnazione, non diversamente da come avviene oggi in Giappone, a distanza di 5000 anni, con il suo imperatore di presunta origine divina. Origine che non gli permesso di evitare ai giapponesi Hiroshima, Nagasaki e Fukushima. Gli usurpatori che non potevano vantare una ascendenza di lignaggio con i re precedenti e quindi con il dio della città dovevano fare grandi sforzi per farsi accettare senza ricorrere all'uso delle armi, ai complotti, ai delitti, alla corruzione. Tutte pratiche che oggi giustamente biasimiamo ma senza capirne l'origine storica e la loro millenaria persistenza nel tempo. Con il passare dei secoli si creavano situazioni sempre piu' complesse e innovative, ma era sempre maggiore il dislivello di potere, nelle quattro reti IEMP (Ideologico, Economico, Militare, Politico), tra la popolazione che stava alla base della gerarchia sociale e l'èlite che ne occupava le posizioni dominanti. Aumentava soprattutto l'aggressivita' distruttrice e predatoria da parte di queste èlite, la sua forza organizzativa politica, la sua potenza militare, il suo raggio di espansione economica e mercantile, la sua capacità di manipolazione culturale e simbolica. Tutte cose meravigliose diranno alcuni! Di certo è impossibile giudicare da un punto di vista neutrale. L'unico criterio condiviso, metro di giudizio e punto di partenza di ogni discussione tra uomini di buona volontà, sono i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare come retaggio di queste scelte. Innescato dalla nascita delle prime città-stato, nel 2300 aC (4300 anni fa) nasceva in Mesopotamia il primo "impero del pianeta", grazie a Sargon di Akkad. Nasceva uno stato in grado di controllare, sottomettere, distruggere e terrorizzare altre città-stato e villaggi nel raggio di centinaia di km, grazie ad un esercito permanente di 5000 uomini. La principale scoperta di Sargon fu la deterrenza terroristica, la capacità cioè di minacciare di ritorsione violenta e letale chiunque si fossse opposto al suo volere. La storia prendeva la piega che oggi ben conosciamo e che oggi ci sembra "naturale". La cultura, di 'Ubaid, immediatamente precedente a quella della prima città-stato, Uruk, era invece totalmente egalitaria e pacifica. Il lettore si sara' subito accorto che in questa breve descrizione della nascita della "civiltà" sono apparsi dei concetti, delle categorie storiche, economiche e culturali, presenti ancora oggi sotto innumerevoli strati e manipolazioni, ben vive nella attuale societa' occidentale.

Imperi

Nel 2310 aC con l'impero di Sargon di Akkad in Mesopotamia iniziano processi storici nuovi per l'umanità. Il primo impero nasce nella stessa area delle prime città-stato, Sumer. Anzi nasce ai suoi limiti, in una zona di frontiera, dove Sargon, il Signore della Marca, di origine semita e non sumerica, aveva sviluppato una terribile esperienza militare e politica, proprio perchè si trovava ai confini della ricca regione di Sumer con le sue vie commerciali, la ricchezza della sua agricoltura irrigua, i beni preziosi e meravigliosamente nuovi accumulati dalle èlite delle città-stato. Alla prevalenza della attività religiosa ed economica centrata sul tempio del dio della città e sulle terre irrigate gestite dal tempio, si passa decisamente alla prevalenza della monarchia, dell'agenzia palatina, delle attività logistico-militari e diplomatico-geopolitiche. Il re di Akkad, che nel frattempo diventa "proprietario" di 2300 ettari di terreno a Marad nella Mesopotamia centrale, controlla militarmente il territorio delle varie città-stato sottomesse, per un raggio di centinaia di kilometri, con una efficienza logistica mai vista prima. Minaccia di distruzione fisica chiunque si ribelli, crea una rete geopolitica di re-clienti-fantocci nelle varie città-stato sottomesse, interviene nelle complicate religioni locali (ogni città stato aveva il suo dio ed i suoi culti) cercando di uniformarle in un culto unificato che sfocerà nella contestata autodivinizzazione di suo nipote Naram-Sin. Ad esempio Sargon invia sua figlia Enkheduanna nella sumerica Ur come sacerdotessa della divinità cittadina, mentre invita una sacerdotessa sumera nel tempio di Ishtar ad Akkad. Estende il dominio sulle rotte commerciali controllate dalle città di Ebla a nord e dalla confederazione di Elam a Est, con 34 spedizioni militari vittoriose, nel tentativo di far coincidere la sfera commerciale con quella politica e militare arrivando direttamente alle fonti delle materie prime senza sottostare alle reti di intermediazione politico militari. Nasce il primo impero della storia con caratteristiche militari, geopolitiche, economiche, religiose che possiamo ritrovare in vari miscugli negli imperi che seguiranno. È una struttura che comprende altre strutture al suo interno: città, stati, confederazioni, reti commerciali, miniere, risorse naturali come foreste e pascoli, vie logistiche di terra e di mare, centri di produzione culturale e religiosa. Nel Vicino Oriente dal 2300 aC al 500 aC (nel 500 aC il persiano Ciro II unifica il Vicino Oriente), e' tutto un susseguirsi di imperi e di guerre feroci che svenano sia le popolazioni che conquistano che quelle che vengono conquistate, per prendere possesso di vie commerciali e zone strategiche, di schiavi da impiegare nelle terre regie o templari, di manodopera per la costruzione di nuove capitali, di nuovi templi e palazzi, di canali e strade. Tra i piu' feroci e determinati ricordiamo gli Assiri che facevano un uso terroristico delle loro campagne militari e che ricevevano gli ambasciatori in una sala sui cui muri erano raffigurate tutte le atrocita' da loro compiute sui popoli vinti. Ma la conquista esterna di paesi, risorse umane e naturali, li distrae da una gestione oculata del loro stesso paese. Cosi all'improvviso collassano lasciando libera la strada a Ciro il grande. La nuova configurazione storica denominata "impero" è un fenomeno emergente sulle reti di città-stato costituite come un "sistema", una proprietà assolutamente "nuova", un modello capace poi di influenzare e determinare l'intero corso storico, nel bene e nel male. D'ora in avanti saranno gli imperi a definire l'agenda dei fatti storici, grazie alla loro capacita' di manipolare, influenzare e distruggere le altre popolazioni e le loro reti ideologiche, militari, economiche, politiche (IEMP). Gli imperi creano al loro interno un processo "culturale" di omologazione e standardizzazione; verso l'esterno di conflitto e di contemporanea assimilazione e scambio. Così è stato ad esempio il rapporto tra impero romano e barbari ai confini. Nella relazione con questo centro imperiale le tribù pre-statali dei "barbari"che si trovano ai suoi confini, nelle marche di frontiera, assimilano le tecniche di combattimento e scambiano prodotti sui mercati dove i vincitori vendono il loro bottino di guerra, conoscono nuove ideologie e nuove istituzioni politiche come quelle delle città-stato. Si "statalizzano" creando regni "barbarici" originali e diversi che mantengono parte della cultura tribale pre-statale. In sostanza si innesca una spirale di violenza e di crescita della capacità di dominio che porta alla formazione di nuovi stati e nuovi imperi, la' dove prima vivevano tribu' e confederazioni di tribù. La guerra come pratica costante con le sue deportazioni di schiavi, la distruzione di raccolti e villaggi, le conseguenti epidemie, lo stupro di massa, l'impalatura dei prigionieri, nasce come ombra inquietante con la civilta' dei grandi monumenti, dei templi, delle citta', della scrittura, del consumo vistoso delle èlite cittadine. La colonna di Traiano che esalta le conquiste dell'impero ed è ammirata da milioni di turisti nei fori romani, è una raffigurazione di atrocità e di teste mozzate. Thomas Hobbes, autore del "Leviathan", una teoria della nascita dello stato come di una costruzione volontaria collettiva e spontanea, utile al mantenimento della pace interna ed esterna, è stato definitivamente smentito dalla evidenza storica di millenni indagati con precisione e pazienza nei dettagli più intimi. È lo stato che ha portato la violenza all'interno ed all'esterno. Non ha portato la pacificazione, altrimenti oggi vivremmo in condizione di sicurezza e di pace. Certo questa spirale, una volta innescata, è stato impossibile fermarla. Niccolò Machiavelli invece non aveva molto interesse alle costruzioni collettive spontanee quanto piuttosto all'azione di un singolo principe. Machiavelli consigliava l'uso della violenza letale e dell'inganno spacciato per astuzia, il comportamento del leone e della volpe, al fine lecito come i mezzi per raggiungerlo della costruzione di un principato, di uno stato, di un impero. Il principe è il prototipo antropologico del "leader carismatico" teorizzato dal grande sociologo Max Weber, un conservatore liberale. La sua teotia del "Fuhrerprinzip" purtroppo negli anni 1920 trovava nella sua Germania una sgradita inaspettata incarnazione in Adolf Hitler. Un principe, un condottiero capace di costruire un "reich" della dursta di soli ventanni. Hobbes era nato quando l'impero spagnolo e la sua "grande armada" minacciavano di invadere l'Inghilterra. Machiavelli aveva vissuto il nascente imperialismo francese di Carlo VIII e il sacro romano impero fare a pezzi l'autonomia degli stati regionali italiani. Entrambi osannati per il loro "realismo" e la loro "modernità", la loro profonda conoscenza della natura umana, non avevano capito il processo monopolistico della costruzione degli imperi, costituito da guerre, conquiste, distruzioni, omologazioni e standardizzazioni religiose, economiche, militari e politiche forzate che avrebbero stravolto la psiche umana. In sostanza non avevano capito che la logica del potere distributivo ("quello che io guadagno è quello che tu perdi", oppure più crudamente "mors tua vita mea") porta ad una concorrenza distruttiva dove il più forte costruirà culturalmente uno più forte di lui che lo destituirá. Alla fine del processo resterà un unico vincitore che governa su un cumulo di macerie. Come ci si è trovati dopo la fine della II guerra mondiale, conclusa nel 1945 dC con Hiroshima e Nagasaki, epilogo di questa storia di imperi sempre più estesi. La II guerra mondiale è stata una enorme distruzione a cui è seguita nel dopoguerra, sì certo, una temporanea ricostruzione basata sul petrolio ma durata solo trent'anni di relativo benessere caratterizzati dal terrore di una minaccia nucleare. I grandi imperi sono molto diversi tra loro come ogni situazione nella storia. I confronti vanno considerati come un esercizio concettuale senza forzature teoriche. Utile solo per capire dove si va a parare e per approntare eventuali rimedi. Infatti tutte queste configurazioni storico-sociali si muovono per ingrandirsi a scapito dei paesi confinanti, innescando una logica di paura, terrore, sfiducia, concorrenza. E tutti si appoggiano ad un apparato militare che e' la loro principale costruzione organizzativa e culturale. Quando il loro nucleo centrale perde vitalità, capacità economica-culturale-tecnologica, quando il popolo, la èlite, le classi medie cittadine perdono ogni fiducia nei loro destini imperiali e "non ci credono piu'", vengono assediati e poi sommersi dai loro circumvicini, i "barbari", che nel frattempo hanno assimilato parte della loro cultura e il meglio delle loro tecniche di combattimento. Oppure gli imperi collassano e si frammentano in tutte le etnie che prima tenevano unite con la forza militare; come è successo di recente nella ex Jugoslavia o nella ex URSS, sconvolgendo la vita quotidiana di milioni di esseri umani, perchè l'impero con i suoi sussidi era anche la fonte della loro sopravvivenza. Per avere un quadro della importanza degli imperi nella storia vediamo una sequenza di grandi imperi, che dopo l'inizio mesopotamico sono quasi tutti indoeuropei: impero persiano (indoeuropeo), imperi romano e bizantino (indoeuropei), il sacro romano impero nel Medioevo, impero cinese (Han), impero ottomano (turco), impero spagnolo (CarloV, 1500 dC circa, indoeuropeo), impero olandese (1600 dC, indoeuropeo), impero britannico (il piu' grande, 1700 dC, indoeuropeo), quello francese, germanico, austro-ungarico, zarista; infine l'impero russo neozarista di Stalin collassato nel 1991 con Gorbachev. Ed infine quello americano che definisco ancora come "impero", affermatosi come leader egemonico dopo la II guerra mondiale e l'ultimo ed unico impero sopravvissuto. Un impero che controlla il continente americano, l'Europa occidentale, l'Asia dal Giappone alle Filippine. In tutti questi continenti mantiene le sue enormi basi militari che avvolgono come una rete logistica l'intero pianeta. Se si applicano agli Stati Uniti le caratteristiche elencate a proposito dell'Impero di Sargon di Akkad, si notano grandi differenze quantitative ma non qualitative. Tranne l'aggiunta di una nuova rete ideologica che si fonde con quella religiosa, come spiegava MaxWeber parlando di capitalismo e calvinismo. Una ideologia basata su due punti, "democrazia e libero mercato", un tipo di democrazia governata da due partiti controllati dalle lobbies economiche e un tipo di mercato controllato dalle stesse lobbies che controllano i partiti. Non posso trattenermi dall'esprimere la mia meraviglia: una bella sfilata di potenze, e di guerre, e di conquiste sanguinose con cui si fa coincidere la "storia", che dite? Una storia di battaglie e conflitti con qualche sprazzo di cultura, di arte, di tecnologia, molto ben valorizzati mentre la sporca realtà viene sfocata sullo sfondo fino ad essere fatta scomparire dai mezzi di comunicazione di massa. Configurazioni storiche che hanno lasciato palazzi, romanzi, stoffe, personaggi coi baffi o regine premurose e romantiche, tutti i più raffinati oggetti per l'arredamento, l'architettura, la vita quotidiana, ma anche disastri planetari, la tratta degli schiavi africani, carestie dovute alle guerre con il loro seguito di pestilenze, malattie, sparizione di risorse umane ed ambientali, e poi per finire la distruzione di quasi tutte le culture umane preesistenti (il termine storico asettico è “deculturazione” ). Chi farà un bilancio realistico di tutte le imprese di “lor signori”? Con l'impero spagnolo e la conquista delle Americhe verso il 1500 dC inizia la diffusione planetaria degli imperi indoeuropei la cui civilizzazione si estende ora a tutti i continenti tramite la globalizzazione. Gli imperi orientali, cinese, moghul, ottomano, non tengono testa alla determinazione degli europei e alla fine soccombono. Perchè "vincono" gli europei che riescono ad imporre a tutto il mondo il loro modello di civilizzazione? La risposta di uno storico (Michael Mann) e' questa: vincono perche' hanno acquisito una incredibile esperienza bellica e militare facendo il piu' gran numero di guerre, tra di loro tutti e contro tutti gli altri. Non e' dipeso da una superiorita' tecnologica, di armi, o di cultura, o peggio di razza. La configurazione storica "impero", apparsa per la prima volta con Sargon di Akkad, è complessa, riunisce stati diversi, si articola su vasti territori, esplora vie di penetrazione commerciale per approvigionarsi di risorse o di beni di lusso per le proprie èlite e per le proprie masse cittadine, crea alleanze con i popoli di confine, piazza nei punti strategici i suoi "Signori delle Marche di Frontiera" (Marchers' Lords), quelli che nel Medioevo europeo saranno i "marchesi", terrorizza le popolazioni limitrofe per tenerle a bada o per saggiare la loro resistenza, soprattutto è una configurazione sempre diversa nel corso della storia. Saranno poi sempre i “Signori delle Marche”, i più esperti nella guerra, a fondare i nuovi imperi come Gengis Khan, la Spagna, l'Inghilterra, ed in tempi moderni l'URSS e gli USA. L'impero come “configurazione storica” si diffonde per imitazione e per reazione. Nel seguito vediamo l'impero romano e quello bizantino, tra i più importanti e interessanti, tra i più terribili al di là delle celebrazioni che la cultura ufficiale gli tributa insegnando i fasti della guerra nelle scuole elementari, punto di passaggio tra la prima fase degli stati e degli imperi e la seconda fase più propriamente europea ed occidentale.

Gli imperi romano e bizantino

Entrambi sono reti complesse di potere che hanno determinato la storia dell'Occidente e quindi poi dell'intero pianeta. Qui vengono analizzati solo per studiare due modi diversi di affrontare una crisi fatale. Due grandi imperi nati dallo stesso ceppo che sarebbe arbitrario studiare separatamente. Consideriamo quindi l'impero romano occidentale dall'inizio della crisi dovuta ai rendimenti decrescenti della sua "economia delle legioni", a dopo la caduta formale, alla costellazione di stati germanici "barbari" che ne hanno riempito il vuoto, fino ai vari tentativi di ricostruzione con il sacro romano impero. L'opera di Dante Alighieri testimonia questa vitalità culturale dell'antico impero latino, mitizzato da poeti, letterati, storiografi. Quando l'impero bizantino orientale tramonta definitivamente, travolto dal grande impero turco, l'occidente con le sue grandi monarchie nazionali, che diverranno gli imperi di Spagna, Francia, Inghilterra, ed altre minori, è già pronto all'espansione geografica, alla scoperta delle Americhe, alla colonizzazione del pianeta. Elemento di unione/disunione e di continuità tra le due sfere geopolitiche ad occidente ed oriente è la religione cristiana. Le due chiese ad est e ad ovest sono divise solo da una questione di potere reciproco. E da due modi diversi di rapportarsi tra Chiesa e Stato (ortodossa in un caso, cattolica nell'altro; bizantino in un caso, franco-germanico nell'altro). L' impero romano prima, quello bizantino poi, adottano due modi diversi di gestire il pericolo di sparire come struttura di dominio, grande impero durato per secoli. Un punto di osservazione molto utile oggi per fare confronti e cogliere spunti per possibili strategie di soluzione. Vediamone la storia per entrare nel dettaglio del funzionamento di un impero nei suoi apparati, militare, fiscale, politico, religioso (IEMP). Un impero è una configurazione storico sociale complessa costituita da una costellazione di reti intrecciate tra loro dei quattro poteri sociali principali: politico, militare, economico, culturale-ideologico-religioso, quest'ultimo forse il potere più importante, quello che fornisce la sintesi consapevole delle esperienze vissute collettivamente in quella data epoca. Usiamo l'impero romano anche per fare comparazioni con gli imperi attuali. Nei primi tempi, dalle origini sino ad Augusto (I secolo dC), i territori e le popolazioni conquistati dai romani erano fonte di grandi ricchezze. Gli alti ritorni in tasse, tributi e schiavi venivano parzialmente reinvestiti in un maggiore rafforzamento dell'apparato militare e nella costruzione di una èlite locale cointeressata, partecipe, alleata, culturalmente assimilata tramite la lingua latina o greca, come i sadducei ad Israele, un rappresentante dei quali era quel Paolo di Tarso che abbiamo visto in precedenza. L'esercito romano con le legioni dislocate alla periferia e nel centro dell'impero costituiva di per sè un sistema economico imponente, "l'economia delle legioni". Dopo la riforma militare di Mario i legionari costruivano, strade, ponti, fortificazioni, accampamenti che gradualmente diventavano nuove città. Questo permetteva nuove conquiste e quindi nuovi investimenti nell'apparato militare in un processo circolare di accrescimento continuo. Ma ogni nuovo territorio conquistato doveva essere poi amministrato e difeso, aumentando in modo significativo tutti i costi dell'apparato militare, della complessa rete logistica, dell'apparato amministrativo-burocratico, dello strato locale di alleati. L'impero all'epoca di Cesare aveva raggiunto i limiti dell' oceano atlantico, del Reno e del Danubio, del Sahara a sud. Ad Est lo ferma l'impero persiano che distruggerà Crasso e le sue legioni. Cesare si riprometteva di conquistarlo, per aprirsi la via della seta, poco prima dell'attentato alle idi di marzo che forse hanno salvato i persiani da una fine simile a quella subita dai Galli (Per inciso, i persiani affrontati da Crasso, la cui lingua è di origine indoeuropea come quella dei romani e degli americani, sono gli eredi di Ciro il grande che aveva unificato il Vicino Oriente in un grande impero 2500 anni fa. Forse sono loro gli antenati di quelli che oggi hanno determinato il blocco della politica americana in Medio Oriente.) Ma già negli anni di Nerone le risorse provenienti dalla tassazione dei surplus agricoli erano appena sufficienti a coprire le normali spese di mantenimento del governo dell'impero. Eventi eccezionali ma frequenti come le guerre venivano finanziati attraverso un deprezzamento della moneta, una prassi che divenne sempre più frequente. La crisi si manifestò in tutta la sua gravità nella seconda metà del III secolo, in particolare dal 230 al 284 dC. L'impero fu attraversato da guerre civili e da numerosi complotti politici. Molte città e territori di frontiera furono saccheggiati e devastati. La risposta dell'impero fu il raddoppiamento delle dimensioni dell'esercito e soprattutto lo sviluppo abnorme della complessità dell'apparato burocratico-militare. L'esercito romano arriverà a contare una forza permanente di 680.000 uomini, armati, addestrati, ricompensati in denaro e terre. Per far ciò furono aumentate le tasse sotto Diocleziano e Costantino, e furono introdotte nuove forme di lavoro forzato. Ciascun villaggio era responsabile del proprio carico fiscale e in caso di inadempienza i villaggi vicini erano chiamati a sopperire. Schiacciati dalla tassazione i contadini giunsero ad abbandonare le terre, o a rifugiarsi sotto la protezione di signori locali. Si innescava così un processo circolare negativo tra riduzione delle entrate e inasprimento della tassazione. Iniziavano la feudalizzazione e la decentralizzazione di una unità di dominio, di una configurazione, l'impero, ormai incapace di autosostenersi e di difendere frontiere sempre più estese e permeabili. Attorno al 400 dC la maggior parte delle terre della Gallia e dell'Italia era sotto il possesso di solo 20 famiglie senatoriali. Le premesse per il collasso militare del V secolo erano già tutte presenti. Quando mancarono le risorse finanziarie per sostenere l'esercito mercenario, le invasioni barbariche segnarono la fine del sistema. La soluzione tentata e fallita nell'impero romano ancora indiviso fu dunque una manovra di maggior controllo burocratico ed amministrativo, di una maggiore complessità della macchina statale, di un forte inasprimento fiscale, di un raddoppiamento delle dimensioni dell'esercito. Una soluzione che ricalcava i modelli consueti esasperandoli . Queste misure che forse in altre condizioni storiche avrebbero potuto funzionare servirono invece a rendere più veloce il tracollo. Il prelievo di nuove risorse distruggeva le fonti stesse di queste risorse semplicemente perchè il sistema non poteva più espandersi geograficamente. L'elite al potere si era formata nella logica predatoria ed estensiva della conquista di nuovi territori e di nuove popolazioni da sfruttare e da assimilare, una logica che aveva sempre funzionato fino ad allora, e quindi non poteva avere la consapevolezza che questa crisi profonda avrebbe trascinato l'impero di Occidente alla rovina. Invece Costantino che proveniva dalla Britannia ai confini dell'impero ebbe forse l'intuizione graduale di dover passare da uno sviluppo estensivo di predazione militare ad uno intensivo di sviluppo culturale, mercantile, artigianale, religioso e spirituale, di allargamento delle basi sociali dell'impero, di sviluppo di nuovi centri urbani. Naturalmente sempre dentro una forte cornice concettuale basata sulla tradizione dell'impero romano, della sua forza militare letale, del suo diritto al dominio politico, ma attento e pronto a riequilibrare le reti militari e politiche (la M e la P di IEMP) con le reti economiche e religiose (la E e la I di IEMP), con la vitalizzazione delle grandi reti commerciali e produttivo-artigianali del vicino Oriente e la "scoperta" della religione cristiana che su quelle reti aveva viaggiato. Costantino non aveva pietà con i nemici e cercava un dio che lo aiutasse sui campi di battaglia. Scelse come appoggio i cristiani, presenti soprattutto nelle città, tra gli artigiani, negli interstizi più vitali della società del tempo. I cristiani avevano un network di chiese (comunità) diffuso dentro e fuori l'impero e capace di comunicazione attraverso tutte le vie mercantili e militari, attraverso i media del tempo e in gran parte delle varie lingue, a partire dal greco. L'appoggio di Costantino alle "sette" cristiane fu tale da trasformarle in religione di stato e di proibire nel tempo ogni altra forma di culto prima consentita nel vasto impero che assemblava lingue, popoli, dei e tradizioni diverse. Costantino, di cui si dubita si fosse mai convertito, non era certo un teologo ma stabiliva i concili e gli articoli di fede. Si trasferì quindi in Oriente costruendo la nuova capitale, una prassi abbastanza consueta tra re e imperatori di ogni tempo e paese. Nasceva l'impero di Oriente con un destino assai diverso da quello dell'impero di Occidente. Costantino aveva di fatto agito contemporaneaneamente sulle quattro reti sociali IEMP. Questo spiega la ragione del suo successo. Questa svolta fu di estrema importanza per la sopravvivenza del "sistema greco-romano" e della sua "civilizzazione". L'impero di Bisanzio sopravvisse alla crisi del V secolo e, ad occidente, aiutò la nascita di Venezia che a sua volta, con i genovesi, "inventò" il capitalismo. Se si può sintetizzare in poche parole la strategia bizantina dopo il V secolo, queste parole sono "semplificazione sistematica e decentramento", una risposta sinceramente inconsueta nella storia delle società complesse. Una strategia opposta a quella degli imperatori romani fino a Diocleziano compreso. Nell'impero bizantino nel VI secolo le paghe dei militari furono ridotte alla metà e poi ancora alla metà della metà nel VII secolo. Dopo la guerra con i Persiani (sempre loro), che durò 26 anni e lasciò l'impero esausto, venne deciso di lasciare le terre in affidamento ereditario a liberi soldati-contadini (soldier peasantry) che si riorganizzarono secondo un modello fondato su piccoli feudi autosufficienti. Si sviluppava gradualmente il sistema originale dei "themi". In questo modo, nonostante le entrate si fossero drasticamente ridotte, anche a causa della riduzione della popolazione decimata dalle pestilenze, fu possibile evitare un inasprimento delle tasse, legando i soldati-contadini al proprio territorio, lo stesso territorio che avrebbero dovuto difendere. L'amministrazione centrale e quelle locali furono pure drasticamente semplificate. Riducendo i costi dell'apparato militare e di governo, i bizantini si assicurarono migliori ritorni sul loro investimento più importante, l'esercito. Dopo una lunga crisi e guerre estenuanti, già nello VIII secolo Bisanzio ristabilì il proprio controllo sulla Grecia e sui Balcani meridionali e nello XI secolo estendeva nuovamente i suoi confini sino al Danubio. Sarebbe azzardato sostenere che l'impero bizantino possa costituire un esempio di governo fondato sull'autonomia dal basso, tuttavia non vi è dubbio che la risposta alla crisi di Bisanzio è stata una risposta maggiormente resiliente (resistente agli choc ambientali) e più efficace nel tempo rispetto a quella di Roma. Le vicende successive dei due imperi, nati entrambi dallo stesso ceppo del "grande" impero romano proprio nel momento in cui esso si fondeva con la nascente comunità delle chiese cristiane, furono complesse ed alterne. Alla crisi dell'impero di occidente, frantumato nei vari regni barbarici, corrispose fino allo 800 dC la ripresa dell'impero di oriente, più robusto e compatto economicamente, politicamente, militarmente, ideologicamente (oltre alla ideologia religiosa aveva rafforzato l'ideologia morale con un enorme apparato di leggi codificate da Giustiniano). Aveva inoltre un legame stretto e autoritario con le chiese cristiane orientali. Questo rapporto tra Chiesa e Stato, iniziato dallo stesso Costantino, si definisce "cesaropapismo" e significa che Cesare (l'imperatore) è superiore gerarchicamente al papa o al "patriarca" che dirige la chiesa. Ad occidente invece la chiesa ("cattolica", che in greco significa universale, almeno nelle intenzioni), priva di una struttura statale come quella di Bisanzio, aveva dall'inizio con Ambrogio da Milano una grande autonomia, tale che nel seguito nessun re o imperatore poteva ritenersi legittimato finchè non veniva consacrato dal vescovo di Roma. Tradizione, questa della incoronazione dei re e imperatori, che continuerà in occidente con alterne vicende e paradossi fino alla incoronazione di Carlo V in S.Petronio a Bologna nel 1530 o a quella tragicomica di Napoleone nel 1804. Dopo la ripresa economica e politica dell'occidente dal 1000 dC è la volta dei cristiani cattolici, guidati dal vescovo di Roma, a rivolgersi ad Oriente con le Crociate. Con la Quarta Crociata organizzata con le navi veneziane nel 1200 viene messa a ferro e fuoco Bisanzio. Vengono colpiti i "fratelli" cristiani anziché gli "infedeli" islamici in quella che veniva chiamata "Terrasanta". Ma già prima nel 1054 dC era iniziato il Grande Scisma o scisma di oriente, senza particolari motivi religiosi ma solo per la pretesa del vescovo di Roma di comandare su tutte le chiese e comunità cristiane come unico rappresentante di Cristo. Mentre i veneziani si concentravano su quelle cose che avevano un grande valore, i francesi arraffavano tutto quello che luccicava e si fermavano solo per ammazzare e violentare. Le cantine vennero depredate, i quasi cinquemila palazzi della città, che secondo le fonti custodivano i due terzi di tutte le proprietà mondiali accumulate fino ad allora, furono vandalicamente saccheggiati e dati alle fiamme. La città era piena di soldataglia avvinazzata che trucidava chiunque trovasse lungo il cammino. Gli indifesi cittadini venivano torturati perché rivelassero dove avevano nascosto i loro valori. I conventi vennero presi d'assalto, le monache stuprate, uccisi e torturati i monaci, molti vescovi e metropoliti e molti nobili e notabili bizantini furono incarcerati e altri assassinati. Vecchi, donne e bambini giacevano in pozze di sangue per le strade, già morti o morenti. La Quarta Crociata conquistò Costantinopoli, stabilendovi un Impero Latino. L'impero di oriente però rinasce dopo la IV crociata e tramonta più tardi nel 1453 conquistato definitivamente dai turchi ottomani. Lascia parte della sua eredità culturale, come le tradizioni della chiesa ortodossa e la pratica del cesaropapismo, al nascente impero russo degli zar (ancora oggi nel 2014 ci ritroviamo questi modelli culturali nella Russia neo-zarista di Putin, dopo la breve stagione dell'impero ateo di Stalin). Ad occidente invece, poco dopo la caduta di Costantinopoli e la scopetta delle Americhe, la Chiesa di Roma si frattura con lo scisma del 1500 tra cattolici al sud, dominati dall'egemonico impero spagnolo, e protestanti al nord, dove andavano nascendo vari stati di origine germanica o vichinga. Nel 1500 assistiamo ad un altro sconvolgente saccheggio a Roma, simbolo della cristianità e della storia, simile al sacco di Costantinopoli del 1200, dove l'odio religioso tra versioni quasi identiche della stessa religione viene utilizzato per scatenare i massacri. Carlo V, un Absburgo, un cattolico, nel 1527 mette a ferro e fuoco Roma con truppe protestanti, i famigerati Lanzichenecchi, mettendo a rischio la vita stessa di quel pontefice, Clemente VII, che tre anni dopo lo avrebbe incoronato capo del Sacro Romano Impero. Pochi tra gli storici o gli intellettuali si indignano davanti alle atrocità del sacco di Roma, mirando piuttosto a spiegare i motivi politici economici e militari che spingevano un imperatore "cristiano" a distruggere e terrorizzare la capitale della cristianità, una grande città. Oppure a giustificare la guida della Chiesa romana che dopo questo fatto lo incorona capo del "sacro" romano impero. Come poteva un "papa", custode del gregge di anime a lui affidate, incoronare un sovrano che aveva distrutto la "sua" città? Carlo V si comportava esattamente come si comportava Sargon di Akkad, primo imperatore della storia, con le città della Mesopotamia 4000 anni prima. I contrasti, le guerre, gli accordi, i tradimenti, tra la chiesa di Clemente VII e l'impero di Carlo V, rappresentano in modo esaustivo ed esemplare la complessa rete di interazioni tra agenzia palatina (impero) e agenzia templare (chiesa), iniziata a Sumer 4700 anni fa. Per concludere, la scelta di Costantino non solo prolungò di altri mille anni le complesse reti IEMP che mutarono profondamente nel corso del tempo sotto l'etichetta unitaria di "impero bizantino". Ma fornì il substrato politico, militare, ideologico-culturale, economico, per le future civilizzazioni europee che dovranno alla fine sfociare nella supremazia "bianca" occidentale, nella sua colonizzazione di gran parte del pianeta a partire dalla scoperta dell'America, nell'egemonia dei due grandi imperi finali della metà del 1900, USA e URSS, con il loro terrore nucleare. Considerando la storia come intreccio di reti IEMP vediamo sgorgare dal piccolo network religioso medio-orientale un nuovo filone dell'ebraismo, il cristianesimo, che si fonde poi con le strutture IEMP romane a occidente (ma che, grazie alla protezione dei persiani in funzione antibizantina, si diffonde anche in Asia fino alla Cina con i nestoriani, dove sparirà nel IX secolo perchè proibito dal celeste impero). Non molto lontano dal tempo di Costantino, nel 600 d.C., il cristianesimo influenza dall'inizio assieme all'ebraismo la nascita dell'Islam. Il quale a sua volta costruirà un enorme intreccio IEMP "islamico" avente il suo centro focale nella religione. Sarà poi una espressione dell'Islam ad abbattere nel 1453 l'impero bizantino. Nel 2000 gli USA e quello che resta della ex URSS nell'impero neo-zarista di Putin sono lì che affrontano ancora questo enorme sistema IEMP islamico, sopravvissuto e unificato ancora dalla religione nonostante tutte le sue contraddizioni e divisioni interne. I primi (gli USA) hanno tentato con Bush junior di affrontarlo con una forma di fondamentalismo protestante. Putin invece si arrocca su una stretta osservanza cristiano-ortodossa, ripristinata come niente fosse dopo 70 anni di stretta ortodossia atea. Entrambi comunque non trascurano l'armamentario bellico di cui dispongono. Ma questo non ci autorizza a dimenticare tutta la nostra capacità di indignazione davanti a questi orrori ed a questo cinismo mascherato dalle buone intenzioni e dalla presunta sapienza spirituale dei protagonisti della storia dell'umanità, una storia di saccheggi, violenza e ipocrisia durata millenni.

Imperi moderni

Oggi viviamo una situazione storica, sociale, economica e ambientale, particolarmente complessa in cui stratificazioni culturali profonde si mescolano e si mimetizzano in nuove e più recenti esperienze. È quindi necessario tentare di valutare allo stesso tempo le somiglianze dei fatti storici assieme alla loro irripetibile specificità. Con l'obiettivo di fare valutazioni e previsioni utili per il presente che ci orientino tra le grandi scelte che ci competono, come cittadini del mondo, membri della specie Homo, atomi dell'Universo. Gli imperi a cui abbiamo accennato hanno avuto nel corso del tempo l'indubbia capacità di determinare in larga misura il corso degli eventi storici. Nonostante la loro immensa diversità, nel tempo e nello spazio. Poi uno dopo l'altro sono crollati. Consideriamo gli ultimi due, l'impero russo (ex URSS) e l'impero americano (USA). Dalla conclusione della II guerra mondiale in poi ed ancora prima, dal tempo degli accordi di Yalta, queste due enormi concentrazioni di potere IEMP, con i loro reticoli che potevano essere la NATO, il Patto di Varsavia, il GATT, il COMECON, la Accademia delle scienze sovietica, etc, hanno fatto il bello e il cattivo tempo (più il cattivo che il bello). Come gli imperi mesopotamici entrambi sono dotati della loro agenzia templare, un mix moderno di religione, morale, sapere scientifico. Quella americana è fatta di un mix di fondamentalismo protestante, di cultura accademica finanziata dalle multinazionali e dalla Fondazione Rockfeller, di propaganda hollywoodiana della american way of life; quella russa da una chiesa marxista-leninista sclerotizzata da decenni e da una ricerca scientifica condotta da uomini senza alcuna fiducia nel sistema di governo. Una barzelletta russa dice che chi soffre all'udito va a curarsi dall'oculista, perchè quello che vede non corrisponde a quello che sente dire (dalla propaganda ufficiale). Da questo si vede la debolezza della componente ideologia/cultura sovietica, nonostante il supporto della chiesa ortodossa. L'agenzia palatina americana, il palazzo, il centro del potere politico/militare, è invece costituita da una elite fluida e dinamica che scambia al proprio interno i maggiori rappresentanti della politica statale e federale, dell'economia, dell'apparato militare. Questa elite è stata studiata in modo esemplare da un grande sociologo americano, Charles Wright Mills, nel su o libro "L'elite al potere", che analizza le interviste incrociate a 1000 rappresentanti di questa elite. L'elite sovietica era costruita in forma strettamente gerarchica con una piramide avente come vertice il partito comunista. Anche in questo caso una struttura più rigida e fragile, meno capace di rinnovarsi rispetto a quella americana, soprattutto una struttura dove il fattore economico era isolato e dipendente da quello politico. Queste strutture di comando e di elaborazione politica e culturale hanno nel caso americano, come braccio operativo e come fonti di ogni informazione due grandi agenzie, che lavorano spesso in modo "coperto", cioè totalmente nascosto agli occhi della pubblica opinione. La prima è la Central Intelligence Agency (CIA), la seconda è la National Security Agency (NSA), entrambe dotate di un enorme potere per la loro capacità di orientare le scelte politiche della èlite attraverso i loro rapporti segreti. Allo stesso tempo non bisogna però sottovalutare la opacità e la rigidità mentale e comportamentale di queste stesse elite politico-economico-militari, incapaci a volte di accettare i rapporti sgraditi. Due classici esempi si trovano nell'ottusità arrogante di G.W.Bush negli anni 2000. Oppure nel 1968 quando i rapporti CIA indicavano, poco prima della drammatica fine della guerra in Vietnam, una imminente catastrofe per le truppe americane e i loro alleati senza essere ascoltati dai politici. Analogamente una delle strutture portanti della ex URSS era il KGB, i servizi segreti russi, indaffarati a spiare tanto gli "alleati per forza" del patto di Varsavia quanto gli avversari "capitalisti". La struttura politica e decisionale della ex URSS era al tempo stesso molto più rozza e complicata di quella americana. Era organizzata in una miriade di piramidi fortemente gerarchiche che si incastravano tra loro e che avevano nel partito, che controllava il KGB, il loro vertice indiscusso. I manager statali che gestivano l'economia non potevano avanzare critiche, così pure i vertici militari che Stalin con perfetto tempismo aveva decapitato con fucilazioni di massa poco prima dell'attacco nazista. Al primo tentativo di riforma con Gorbacev questa struttura fatiscente implodeva su sè stessa con grande sorpresa degli analisti della CIA e di tutti gli innumerevoli studiosi ed accademici che si occupano di scienze sociali. Era durata esattamente 73 anni circa, nonostante tutta la sua scienza moderna, la sua tecnologia militare, la sua presunta sapienza storico-politico-sociologica marxista-leninista. Molto poco in verità rispetto alla durata in secoli di un impero persiano o romano o bizantino, come abbiamo visto in precedenza. Viviamo una fase storica difficile per gli imperi? La fragilità e il crollo immediato e improvviso di un impero "moderno" come la ex URSS potrebbe essere un segnale importante della gravità della crisi che stiamo attraversando. Oggi gli imperi durano molto poco. Ma torniamo all'impero vincente, gli USA, che nel corso della II guerra mondiale aveva costruito per primo la bomba atomica. Dopo la sconfitta militare dei nazisti e mentre i giapponesi trattavano la resa senza condizioni, due bombardieri americani sganciavano su Hiroshima e Nagasaki le prime terrificanti armi di sterminio di massa nucleare. La stessa logica distruttiva imperiale di Sargon di Akkad colpiva una popolazione inerme con la tutta la scienza e la tecnologia sviluppate nel corso di 4000 anni. Tra USA e URSS nasceva allora una gara nel costruire la massima potenza distruttiva, subito dopo la fine della più catastrofica guerra cui avesse assistito il pianeta. Nasceva il MAD ovvero la Mutua Distruzione Assicurata (in inglese: Mutual Assured Destruction). La logica MAD (che in inglese significa pazzo) consiste in questo: per convincere l'avversario della inutilità di infliggere un primo colpo totalmente distruttivo, bisogna costruire e tenere pronte all'uso armi nucleari automatiche a sufficienza per rispondere colpo su colpo, una, due, tre, dieci volte. Con questo russi e americani hanno accumulato un potenziale distruttivo capace di distruggere l'umanità decine di volte. Queste armi sono ancora stivate nei loro arsenali segreti e nessuna trattativa è in corso tra i loro "creatori" per smantellare definitivamente questo insulto all'umanità, alla ragione, alla vita, all'intero pianeta. Il MAD e più in generale le armi di distruzione di massa costituiscono uno dei tre principali punti di crisi che l'umanità deve oggi affrontare. Gli altri due sono, come vedremo, la crisi economica e il collasso ambientale. L'idea stessa di distruggere con totale indifferenza ogni forma di vita sul pianeta (a parte alcuni insetti) è inconcepibile. Queste armi nucleari hanno proliferato e sono numerosi i paesi in conflitto tra loro che potrebbero usarle, come India/Cina o India/Pakistan o Israele/Iran, o Russia/USA, o Russia/Cina, o Cina/USA. Se questo è il punto di arrivo della "civilizzazione" iniziata a Sumer vuol dire che sicuramente si è presa una strada molto pericolosa, non ieri, o 500 anni fa con il moderno capitalismo come sostengono i marxisti autori del castastrofico esperimento russo, ma molto prima, con la nascita degli stati, della guerra, degli imperi, della stratificazione sociale a livelli molteplici, della gerarchizzazione di ogni aspetto della vita di relazione umana, della domesticazione di donne, bambini, uomini come fossero animali d'allevamento da utilizzare a proprio piacimento. Se ci si stupisce per la definizione di "impero" associata ad un paese che si proclama libero e democratico come gli USA, ricordiamoci che anche il primo impero romano aveva istituzioni "democratiche". Le aveva e sono celebri anche il terribile imperialismo ateniese di Pericle. Caio Giulio Cesare era il capo del partito democratico, come lo era, mutatis mutandis, Harry Truman, presidente americano (Caio Giulio era stato anche pontifex maximus, responsabile del culto degli dei cittadini nella capitale). È compito dell'apparato politico dell'impero gestire in modo opportuno il consenso interno al suo centro geografico, soprattutto distribuendo in modo oculato i vantaggi derivanti dalla propria posizione di dominio sulla estesa "periferia" dell'impero. I cittadini degli Stati Uniti consumano le risorse del pianeta in una proporzione maggiore della loro quota numerica, di gran lunga maggiore anche nei confronti dei paesi europei. L'aspetto più importante di questa configurazione imperiale moderna è la sua capacità di influenzare la vita economica, politica, culturale, militare (IEMP) di gran parte dell'intero pianeta. Di influenzare la nostra vita quotidiana assieme a quella di altri miliardi di esseri umani. Questa capacità discende dalla struttura di comando della sua elite, fluida, pragmatica, interscambiabile nei suoi livelli grazie alla generale cultura "manageriale" diffusa negli USA, simile in questo all'elite dell'impero romano, come alcuni fautori della grandezza americana propongono sperando forse in una durata simile a quella del defunto imperium. Simile però anche a quella degli assiri nella loro ferocia militare e determinazione mercantilista. Questa capacità di controllare la vita di miliardi di esseri umani si basa su una avanzata tecnologia militare e su una estesa rete di basi diffuse nei luoghi strategici del pianeta. Si basa poi su una precisa ricetta che deve valere per tutti gli altri paesi: democrazia rappresentativa basata su due soli partiti e una economia cosiddetta di libero mercato che permetta ai capitali ed ai dollari di entrare di diritto nelle economie locali. La democrazia, fondamento storico della Federazione americana, va intesa come un modello standard di istituzione politica stabile e facile da controllare da parte del ristretto nucleo dirigente dell'impero che controlla scuole, chiese, giornali, associazioni. Soprattutto un modello funzionale alla mediazione politica delle interazioni economiche e degli scambi basati sul libero mercato, attraverso "regolari" elezioni e rappresentanze parlamentari decenti. Il modello economico del libero mercato invece, basato su una concorrenza feroce, è sponsorizzato e imposto di fatto dal "Washington Consensus" costituito da Fondo Monetario Internazionale (IMF), Banca Mondiale (WB), Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Queste organizzazioni risiedono a Washington e si ritiene all'unanimità che siano influenzate dai personaggi dell'èlite di potere americana. Il loro compito è garantire che ogni stato apra in entrata ed uscita i flussi di merci, servizi, capitali, umanità in cerca di lavoro, che il mercato internazionale richiede, mercato che ha i più importanti punti di riferimento sul piano finanziario nelle borse di Londra e New York. Gli stati che non accettano sono emarginati e chiusi in una specie di embargo, soprattutto finanziario. Attraverso questi due meccanismi l'impero americano, per quanto abbacchiato, riesce ancora a controllare la situazione mondiale a suo intero vantaggio. Ricordo per inciso che, pur essendoci una notevole percentuale di popolazione negli USA al di sotto della soglia di povertà, soprattutto afro-americana, gli USA assorbono una enorme percentuale delle risorse planetarie, dal petrolio alla frutta, dai metalli alle manifatture tecnologiche. In poche parole la fanno da padroni. Quanto alla democrazia, pur essendo un valore genuinamente difeso da tutti gli americani, rimane una parola vuota se la partecipazione alle elezioni scende sotto il 50% o il governo federale appoggia giunte fasciste in America Centrale, Pinochet in Cile, PolPot in Cambogia, Saddam Hussein in Iraq, i Talebani in Afghanistan, i colonnelli in Grecia, lo scià Reza Palhevi in Persia, per non fare una lista esaustiva dei regimi appoggiati e finanziati dagli USA nel mondo. A volte questi fantocci si rendono autonomi e si ribellano ai loro burattinai diventando all'improvviso dei "mostri" come Saddam Hussein o i Talebani. Questo controllo si valeva del lavoro diplomatico e soprattutto del supporto militare fornito ai fantocci, soprattutto sul piano della formazione, dell'addestramento, della fornitura di armi. Un altro fondamentale strumento di interferenza è la forza economica e la capacità di guidare nei paesi "alleati" capitali e investimenti commerciali. La CIA dimostrava una grande capacità di manovra nel destabilizzare governi sfavorevoli e nel favorire governi alleati, fino all'anno della presa del potere di Khomeini in Iran nel 1978. La rivoluzione iraniana, assolutamente non prevista dai vari esperti (nè dalla CIA nè dai ricercatori in scienze sociali), è uno chock per l'Intelligence statunitense. Da quella data assistiamo ad un cambio di strategia, ad un passaggio dal brutale strumento militare ad una più sofisticata interferenza politica, centrata sulla richiesta di "democraticità", sulla lotta alla corruzione, sulla necessità di sicurezza, anche sulla difesa dei più elementari diritti della donna, in modo adeguato allo specifico contesto politico del paese interessato. In questo modo si può regolare la formazione ed il ricambio delle èlite politiche locali. Per far questo ci si può avvalere di partiti politici locali anche radicali o "populisti". L' importante è che questi partiti o movimenti e relativi leader non mettano in discussione l' equilibrio politico militare internazionale nè il credo economico liberista del "Washington Consensus" (così vengono chiamati IMF, WB, WTO che risiedono tutti a Washington). La storia italiana dal 1945 agli anni recenti è un esempio di queste terribili interferenze "imperiali" americane, giustificate all'inizio dalla guerra fredda con l'URSS. Da Portella delle Ginestre (1947) alla stragi di piazza Fontana, di Brescia, di Bologna, dell'Italicus, di Ustica. Da Gladio a Sindona, alla fine di Enrico Mattei, è tutto un filo rosso di attentati mirati a spaventare le persone e a privarle della loro sovranità. Analogamente l'impero sovietico, forte soprattutto delle sue armate corazzate, disponeva di partiti politici totalmente manovrati nei paesi di influenza americana. Nei paesi del cosiddetto "terzo mondo" i russi utilizzavano i movimenti di liberazione locali che volevano sganciarsi dalle ex colonie europee per "aiutarli" a costruire regimi "socialisti" a loro affini. Tranne pochi casi, tra cui quello famoso di Cuba, non ebbero successo perchè intendevano sostituire il dominio imperiale occidentale con il proprio. È importante che tutti abbiano gli strumenti cognitivi per valutare i fatti politici al di là dei vari personaggi che ricoprono con la loro maschera ruoli stabiliti da altri. La storia di tutti questi paesi era stabilita con brutalità da forze estranee alla loro cultura ed alla loro libertà. La storia degli imperi, anche quelli più antichi, è una ragnatela di complotti e interferenze politiche. In moltissimi casi gli imperi comandavano delegando altri "sovrani" o insediavano come eredi di una dinastia quelli a loro favorevoli aiutandoli o con armi ed armati o con soldi e favori politici e commerciali, o con entrambi. Niente di nuovo sotto il sole imperiale se non una enorme manipolazione delle comunicazioni di massa. Per questo gli imperi antichi e moderni vanno conosciuti nella loro realtà attuale e passata.

Crisi

Questo gigantesco meccanismo di accumulazione di ricchezze, di costruzione di una pletora di ruoli sociali e di nuovi mestieri, di burocrazie e di eserciti ramificati in interi continenti, di conoscenze che si espandono facendo diventare la ricerca scientifica oggi la principale attività umana, ha cominciato a rallentare e forse ha raggiunto un punto di crisi. Oggi tutto questo non sembra più funzionare. Gli indici che possiamo usare sono i deficit finanziari degli stati-nazione, i “debiti sovrani”, la insoddisfazione delle masse umane, la loro diminuita partecipazione politica, il peggioramento generale della salute fisica e psichica (anche se le aspettative di vita aumentano complessivamente), l'aumento del degrado dell'ambiente che garantisce la nostra sopravvivenza fisica e psichica. È un quadro talmente nuovo e complesso che si possono avanzare solo delle ipotesi, senza alcuna pretesa di certezza. Un quadro altamente probabilistico dove però potrebbe influire la nostra volontà collettiva. Le ipotesi sono di tre tipi: rendimento della organizzazione sociale, impatto ambientale, demotivazione profonda soprattutto nelle nuove generazioni. La struttura sociale fa aumentre i costi spesi dagli strati sociali superiori nel controllo degli strati sociali inferiori e nella concorrenza con gli altri strati superiori. Questi costi superano il rendimento complessivo del complesso IEMP mondiale. Come nel caso già visto dell'impero romano e bizantino le risorse estratte non sono più sufficienti ad alimentare il sistema. I costi sono costituiti da guerre, repressioni, corruzione, mantenimento di burocrazie costosissime (si pensi ai costi dei top manager i cui rendimenti sarebbero tutti da verificare), consumo stellare di vari tipi di droga, costruzione di ogni genere di armi usate a scopo di deterrente come quelle nucleari o quelle che il pubblico ignora, la corsa allo spazio (per andare dove?), calcoli maniacali dei costi di ogni minima attività (nei quali sono applicate più computer e più persone che nella produzione di beni e servizi), spese per la pubblicità (40% delle spese industriali), per la propaganda politica, per l'attività di spionaggio militare, politico, economico e ideologico-privato. Le distruzioni apportate all'ambiente naturale stanno presentando il loro terribile rendiconto in termini di inquinamento, cambiamento climatico, effetto serra, minacce alla biodiversità, esaurimento di risorse finite come metalli, petrolio, uranio, foreste, acqua, distruzione dello strato fertile dei terreni coltivati. Ci sono i rischi di crisi alimentari causate anche da una agricoltura tutta basata sul petrolio per produrre energia, fertilizzanti, pesticidi. Cominciano ad esserci segnali di preoccupazione crescente verso malattie causate dallo stile di vita, dall'inquinamento, dal riscaldamento globale. Molti sperimentano sulla propria pelle i fenomeni distruttivi di questo complesso IEMP e cominciano a dubitare di questo gigantesco meccanismo planetario di omologazione culturale esprimendo una forte protesta a livello politico e culturale. Nel loro intimo moltissimi, forse la grande maggioranza, per i motivi più svariati e personali, non ci credono più. Per capire dove siamo diretti è giusto guardarsi allora all'indietro, al cammino percorso, e ricordare i miliardi di poveri del pianeta che soffrono la fame e la violenza e che sono le prime vittime di questo processo di "civilizzazione". Ricordiamo le centinaia di milioni di esseri umani distrutti perchè di pelle diversa dalla bianca e di cultura diversa da quella occidentale europea. Ricordiamo tutte le vittime delle infinite guerre intestine alla civiltà europea occidentale e dei genocidi che vi sono accaduti. Ricordiamo i nostri antenati, contadini, orticoltori, cacciatori-raccoglitori, tutti gli esseri viventi del pianeta, rispettiamoli senza pretese di fatua superiorità tecnologica, per essere consapevoli degli strati profondi della storia, della preistoria, della intera evoluzione biologica, per portarli a galla e approntare soluzioni adeguate all'intera comunità planetaria. Questa situazione di ordine apparente e di caos sostanziale si è condensata in tre crisi principali che dobbiamo affrontare e che sono strettamente intrecciate tra loro. Le possiamo guardare con fiducia se partiamo con il piede saldo di chi le vuole superare con buona volontà, ognuno con i suoi mezzi. Le tre crisi fondamentali, che ci troviamo davanti, ora e nei prossimi anni, sono:

  • [A] il pericolo delle armi nucleari
  • [B] la crisi economica capitalistica
  • [C] il cambiamento climatico, l'inquinamento, la distruzione dell'ambiente

Si tratta di problemi ben noti ma aggravati da:

  • [A] non gestire minimamente il problema (caso A),
  • [B] dal perseverare nell'applicare come cura la causa stessa del male (caso B),
  • [C] dal ritardo nel prendere in considerazione i vari problemi ambientali (caso C).

In tutti i tre grandi problemi pesa l'inerzia o l'azione deliberata del "manto imperiale" americano che cura i suoi interessi egemonici. Nel caso degli armamenti nucleari la proliferazione è ormai fuori controllo. Le maggiori potenze del club atomico si limitano a ostacolare l'ingresso a potenze regionali come l'Iran senza avere alcuna intenzione di condurre le necessarie trattative sullo smantellanto definitivo di tutte le armi nucleari strategiche o non, come lo stesso Iran richiede come garanzia della sua rinucia al nucleare. Nel caso della crisi economica ci troviamo di fronte a un fenomeno più difficile e complesso di quello della grande crisi del 1929. Una autorità economica americana ufficiale, Lawrence (Larry) Summers, consigliere di Obama e uno degli inventori dei famosi “derivati” (strumenti finanziari di secondo livello, di speculazione sui rendimenti futuri degli strumenti finanziari di primo livello da cui “derivano”), ha dichiarato di recente (inizio 2014) che ci si trova davanti ad una stagnazione economica secolare, perchè le imprese capitalistiche non riescono a fare profitto e investono nella speculazione finanziaria. Ma la crisi economica deve fare i conti soprattutto con i limiti finiti delle risorse umane e naturali del pianeta, per orientarsi verso nuovi valori e stili di vita e di consumo. Il pericolo è che il meccanismo economico capitalistico basato sull'accumulazione e il profitto si spezzi come un fuscello appena la crescita diventi impossibile, per i raggiunti limiti fisiologici del pianeta o la debolezza intrinseca del complesso sociale, diviso, frastornato, deluso, esaurito nella sua spinta vitale. Quanto alla terrificante crisi ecologica, è più documentata dall'informazione e in parte contrastata dalla iniziativa di scienziati, meteorologi, biologi, associazioni di difesa dell'ambiente della salute (ed anche della bellezza e del paesaggio, senza i quali la nostra vita di animali terrestri non ha senso e le nostre anime non hanno più gioia). Ma è anche il pericolo più subdolo, più sconosciuto e imprevedibile. Noi non sappiamo, nonostante tutte le conoscenze acquisite, quale potrebbe essere la reazione della Natura al nostro comportamento. Da un certo momento abbiamo smesso di considerarla sacra per seguire altre divinità "venute dal cielo".

Sistemi cooperativi

Ricerche recenti indicano nel mutualismo intraspecifico e interspecifico, nella cooperazione altruistica, nella collaborazione tra specie diverse e tra individui della stessa specie, uno dei fattori principali dell'evoluzione, assieme alla selezione naturale. Tra le popolazioni cosiddette primitive, le società definite "segmentarie", comprese le civiltà mediterranee prima dell'impero romano, l'omicidio veniva considerato con orrore, come una violazione dell'ordine cosmico. Omicidi di gruppo come le guerre dovevano essere preparati con e seguiti da una preventiva purificazione collettiva. La guerra inoltre doveva seguire un rituale preciso, un codice da rispettare al di sopra di ogni altro obiettivo. Ancora tra gli Hittiti, di origine indoeuropea, stanziati nell'attuale Turchia, nonostante il loro fosse un impero a pieno titolo, la guerra era " ordalica" cioè governata da regole sacre per stabilire quale tra i due contendenti avesse ragione. Per le società "segmentarie", senza ignorarne le forme di violenza presenti, le guerre sono manifestazioni più che altro simboliche aperte ad una prevedibile trattativa pacifica. Probabilmente questo aspetto cooperativo deve ancora essere organizzato e sviluppato a livello culturale profondo in forme adeguate ai tempi e su una scala mai raggiunta in precedenza. Il genere umano ha sviluppato il suo apparato simbolico, la sua "cultura", basata sul linguaggio e la comunicazione, a livelli mai visti prima nel mondo animale, dove è purtuttavia presente, ma dovrà continuare a svilupparlo soprattutto adattandolo e modificandolo secondo le necessità. Il quadro fin qui disegnato vede fortemente limitata la capacità di autogoverno dei cittadini dei vari paesi, la loro possibità di determinare e autodeterminare il loro vivere quotidiano, la democrazia reale, e quindi la possibilità di costruire cultura e conoscenza. Molti credono sinceramente al valore protettivo di questa gabbia imperiale, di questa civiltà che ci ha dato infinite meraviglie tecnologiche, artistiche, culturali, ma che ci ha tolto la sorpresa continua di vivere negli spazi aperti della natura e della nostra creatività. La consapevolezza di vivere ingabbiati in una griglia che lascia poche possibilità di scelta può condurre a sentimenti negativi di impotenza o di ribellione irrazionale. La situazione è talmente complessa, dopo 5000 anni di storie incrociate con infiniti fili esistenziali, da richiedere la massima razionalità e una lucidità serena. Sono fallite le scorciatoie rivoluzionarie, le semplificazioni teoriche, le soluzioni individuali. Ognuno di noi è l'unico in grado di gestire al meglio la sua vita ma può aiutare gli altri a gestire la loro e ricevere in cambio il loro aiuto. Per decine di migliaia di anni la specie Homo ha fatto proprio questo con successo, dai piccoli gruppi familiari raccolti nei villaggi a intere civilizzazioni geograficamente estese come l'Antica Europa. A volte però l'evoluzione si infila in labirinti difficili da cui è arduo uscire. Ma, come si dice, identificato il problema si è già sulla via della soluzione, una soluzione che può essere solo una paziente costruzione collettiva. Anche perchè sulla via della soluzione si incontra una folla variopinta di persone, persone qualsiasi ma assolutamente geniali, che ci danno idee, spunti, conforto, simpatia, un possibile mondo di relazioni intense, sofisticate, empatiche, variegate, di mille colori . La soluzione proposta è quindi quella razionale ed emozionale allo stesso tempo di una grande cooperazione mutualistica che coinvolga sia gli esseri umani sia tutta la biodiversità sopravvissuta nell'ambiente. Ma questa cooperazione deve essere guidata dalle esperienze fatte finora, da una precisa conoscenza della storia percorsa sino ad oggi, che vede nella stratificazione sociale conseguente alla nascita degli stati e nella formazione degli imperi i suoi processi principali. Si tratta di innescare dei processi che gradualmente riducano la stratificazione sociale portando nei moderni stati-nazione forme sempre più avanzate di democrazia partecipata e che avviluppino l'impero residuo, gli USA, in una soffocante anche se amichevole rete di potere culturale, economico, politico, una rete che costruisca la base di una coesistenza pacifica tra tutti i popoli, come si ipotizzava nel 1963 con J.F.Kennedy in USA, Nikita Krushchev in URSS, Giovanni XXIII nella Chiesa di Roma. Questo può avvenire con la costruzione di sistemi cooperativi capaci di ramificarsi su tutti i mezzi di comunicazione umana, dai più tradizionali ai più recenti, propagandosi all'interno di tutte le strutture istituzionali costruite nei secoli: imprese, partiti, gruppi di lavoro e di ricerca, comunità e associazioni, stati, istituti religiosi, movimenti utopici di sperimentazione sociale, famiglie, scuole. Tutte queste istituzioni oggi sono gerarchiche, stratificate, autoritarie, profondamente in crisi. Questi sistemi cooperativi sono già stati costruiti e provati con successo anche in tempi recentissimi. Attraverso questi sistemi cooperativi, in ogni sfera dell'attività umana, si può gradualmente ricomporre dall'interno quella terribile frattura che abbiamo chiamato "stratificazione sociale" e che attraverso la formazione delle prime città-stato ha portato agli imperi con le loro catastrofiche guerre di conquista. Il segreto consiste nel partire dall'esistente e dalla propria concreta esperienza anzichè da modelli astratti. L'esperienza della URSS e della sua implosione dimostrano che i modelli astratti non funzionano. Non possono funzionare perchè non sono stati progettati in modo cooperativo attraverso anche e soprattutto l'intelligenza e la prova sperimentale di coloro che avrebbero dovuto vivere ed applicare questi modelli teorici. La scienza moderna ha raggiunto i suoi successi grazie a questo metodo: modellazione teorica, che “dimostra” secondo una certa logica, e sperimentazione pratica, entrambe condivise; ma essa si deve oggi confrontare con un pubblico che sperimenta le sue produzioni e si chiede angosciato a cosa portino. La cooperazione proposta implica anche una ricerca partecipata, aperta, condivisa, già avviata con successo in alcuni casi esemplari. I modelli teorici di cambiamento sociale vanno prima provati. La sperimentazione individuale diretta di nuove pratiche sociali va eseguita negli ambienti che meglio si conoscono e che più spesso viviamo: il lavoro, la famiglia, le riunioni conviviali e culturali, l'arte, lo spettacolo, lo sport, la spiritualità. La applicazione di modelli astratti altrimenti richiede la nostra alienazione dai luoghi e dalle situazioni nelle quali viviamo. Va a finire di solito che ci troviamo con chi già la pensa come noi e da lì ragioniamo come estendere i modelli costruiti, cercando il modo di convincere gli "altri" anzichè trovare buone pratiche operative con coloro con cui ci siamo riuniti e soprattutto con coloro con cui lavoriamo, abitiamo, con coloro che amiamo in mille infiniti modi diversi. Dobbiamo agire nei gruppi umani coi quali siamo interdipendenti e nei quali abbiamo i nostri riferimenti, le "configurazioni" di Norbert Elias. Normalmente invece partecipiamo a riunioni o assemblee dove decidiamo di proporre nuove leggi per tutti, in genere in occasione di elezioni di rappresentanti che poco si conoscono, secondo una pratica diffusa chiamata "fare lobbying". Da lì poi torniamo frustrati alla nostra vita di sempre che prosegue come prima. Certo che è utile fare riunioni e assemblee ma ognuna deve portare a piccole ma significative modifiche della nostra vita quotidiana, per essere vissuta provata modificata e immediatamente utilizzata per favorire il potenziamento del gruppo in cui stiamo operando. Solo in questo modo è possibile agire contemporaneamente su tutte le sfere del potere sociali del complesso IEMP. L'elenco delle possibili applicazioni della cooperazione mutualistica può comprendere ad esempio, naturalmente in gradualità e contesti diversi, l'industria (Toyota Management System), l'esercito USA dove si sperimenta una attenuazione della gerarchia, la CIA (che condivide al proprio interno le informazioni tramite intellipedia), le comuni di agricoltori spagnoli, i pescatori di aragoste del Maine, le comunità del Free Software, la scienza Open Access, la tecnologia Open Source dei Makers, l'arte che si può liberamente scaricare da Internet, praticamente tutto. I passi essenziali per la costruzione di sistemi cooperativi e la conversione dei sistemi gerarchici sono due e sono entrambi necessari:

  • la costruzione consapevole di una fiducia reciproca (FIDUCIA)
  • la costruzione consapevole di una conoscenza condivisa e aperta (CONOSCENZA)

La costruzione di una fiducia sempre più estesa può allora demolire teorie nichiliste come quelle che guidano oggi i governi e la politica. Sono le teorie della concorrenza, della forza, della violenza, della repressione, le teorie del Leviatano di Hobbes e del Principe di Machiavelli. Teorie che erano il riflesso delle paure e delle pratiche tenebrose di un mondo che semplicemente non può più continuare. La conoscenza condivisa apre le vie della creatività e dello sviluppo culturale collettivo. Se le analisi fatte sulle cause dei nostri problemi e sui possibili rimedi sono corrette, è importante agire in armonia e in contemporanea sui piani della cultura, della politica, dell'economia, relegando il mondo militare della forza letale al ricordo di un labirinto evolutivo dal quale uscire definitivamente. Si tratta di una profonda riforma del sistema capitalista nel quale siamo immersi da circa 5 secoli. Questo si accompagna alla sperimentazione di nuovi modelli economici cooperativi, solidali, sostenibili, alternativi e diversi, con i quali può mescolarsi o no. Uno dei modelli economici più importanti è l'agricoltura organica, la vera grande "green economy", che oggi sfama centinaia di milioni di persone nel sud del mondo, nonostante venga spregiativamente definita "agricoltura di sopravvivenza", e che , per ironia del destino, nel nord del mondo produce il "cibo di qualità" biologico per una minoranza privilegiata. Il tentativo allora è di riportare in primo piano la cooperazione senza pretendere di eliminare i conflitti e la competizione, che vanno strettamente controllati ma che serviranno ancora per trovare la migliore via evolutiva e la migliore soluzione ai nuovi problemi che dovremo sicuramente affrontare nel futuro. Le persone definite "comuni", cioè tutti noi, sono in realtà, siamo, persone eccezionali. Non dobbiamo diventare altro da quello che siamo nè schiacciarci sui modelli astratti dei leader che hanno costruito o guidato Agenzie Templari (grandi sacerdoti) o Agenzie Palatine (grandi re). Possiamo lavorare tenacemente ancorati alle nostre condizioni esistenziali che sono anche condizioni "sociali". Costruire FIDUCIA con tutti quelli con cui entriamo in contatto e che sentiamo possano essere importanti per noi. Questo lo sappiamo già fare, molti al meglio, altri in una quota consistente si comportano da "free riders" cioè riescono a convincere gli altri delle proprie buone intenzioni senza corrispondere alle attese suscitate. Quello che forse conviene migliorare e sviluppare è la capacità di costruire una CONOSCENZA CONDIVISA, di mettere a disposizione degli altri gratuitamente il frutto migliore della nostra intelligenza e della nostra unica e irripetibile esperienza umana, come fanno i ragazzi del Free Software o dell' Open Source. Com'era delle tradizioni esperienziali accumulate dagli antenati e tramandate oralmente. Come potrebbe essere l'attuale conoscenza scientifica sperimentale e tecnologica. Non dobbiamo temere che qualcuno ci rubi le nostre conoscenze. Le nostre idee sono un dono che facciamo e che ci ritornerà indietro arricchito, moltiplicato, trasformato. Grazie alla fiducia che saremo riusciti a costruire. L'antica economia del dono della tradizione e degli antenati potrebbe diventare oggi l'economia del dono culturale, cognitivo, artistico. Se saremo in grado di costruire oltre alla FIDUCIA anche una CONOSCENZA CONDIVISA non esisteranno problemi che non saremo in grado di risolvere. Le attuali èlite, abituate a dirigere con autorità e senza alcuna empatia, secondo i modelli astratti della Agenzia Templare e della Agenzia Palatina, dovranno imparare a cercare soluzioni cooperative valide per tutti, loro compresi, nessuno escluso, come individui eguali agli altri, utilizzando l'immensa creatività e l'intelligenza collettiva di tutti coloro che fino ad oggi hanno considerato semplici strumenti.

Approfondimenti

Per ogni tema trattato verranno indicati i testi principali usati come fonte di ispirazione. Questi testi contengono a loro volta amplie bibliografie che si potranno utilizzare per indagare su aspetti più profondi di ogni tema trattato. I testi citati sono in una buona armonia tra di loro loro e in alcuni casi si richiamano direttamente ed esplicitamente. Senza questa armonia le tesi sostenute non avrebbero coerenza. Anche se i singoli punti possono essere contestati è la coerenza del discorso complessivo che va verificata. Il criterio seguito è semplicemente quello di trovare le teorie più libere da vecchi condizionamenti culturali (come l'ingenua credenza in un progresso irreversibile e necessario presente nelle teorie fin qui dominanti), le teorie più recenti e più coerenti tra loro per avere gli strumenti concettuali minimi per affrontare le crisi che oggi ci troviamo davanti. Sia nel testo precedente che negli approfondimenti non c'è alcuna pretesa di stabilire "cosa si deve fare" o "quale sia la verità". Nè leggi naturali nè leggi storiche indicano in modo autoritativo ed univoco cosa si "deve" fare. Ogni singola tesi o fatto citato può essere criticato, rivisto, reinterpretato. Le tesi e le fonti citate servono solo come una tavolozza di possibilità per affrontare in modo organizzato e alla radice le grandi crisi che "dobbiamo" affrontare. Sia l'Antica Europa che le società non industriali erano fatte di uomini reali, con le loro pulsioni e la loro violenza, e non vanno mitizzate come un eden perduto. Ma possono aiutarci a ritrovare una relazione più saggia tra noi stessi e tra noi e la Natura. Come in un albero, ogni tema trattato nelle fonti citate parte dal tronco e da pochi rami principali per arrivare alle foglie e alle radici. Inoltre per qualsiasi argomento o voce, wikipedia è attendibile quanto l'Enciclopedia Britannica. Se ne consiglia l'uso, è uno strumento cooperativo.

C'era una volta l'Antica Europa

Autorevoli esperti sostengono che le tesi di Marija Gimbutas, archeologa all'università di Berkeley ma di origine lituana, rappresentano un svolta rivoluzionaria nel modo di considerare la civiltà nella quale oggi viviamo, il nostro passato, il rapporto tra donne e uomini, il rapporto tra l'umanitá e il nostro pianeta. Marjia Gimbutas ha studiato nei Balcani e nell'area del Danubio una civiltà assolutamente originale che presenta caratteristiche opposte a quella che sarà la civiltà indoeuropea, che oggi è "la civiltà". La civiltà dell'Antica Europa sposta migliaia di anni indietro la comparsa di culture sofisticate, complesse, che si espandevano con l'arte e la cultura, pacifiche, amanti della bellezza e dell'armonia, con una spiritualità centrata sulla figura della "dea". Questa civiltà era basata su un rapporto di genere, tra maschio e femmina, che vedeva la donna al centro della spiritualità e delle pratiche sacrali, e la natura come origine e arrivo del processo vitale. La presa d'atto documentaria dell'esistenza stessa di questa civiltà smentisce la favoletta storica che vede l' umanita progredire in modo meccanico e lineare da una condizione di barbarie e di estrema semplicità di vita ad una sempre più complessa e raffinata. In realtà culture molto avanzate e complesse sono sparite, a volte misteriosamente, a volte perchè sopraffatte da altre culture più semplici e rozze ma aggressive ed efficienti nella loro aggressività. La complessità nasce dalla possibilità che queste culture scomparse vivano in realtà negli strati profondi della memoria collettiva, riemergendo a volte appena le condizioni ideologiche o le scoperte storiche lo permettano, come dimostra il libro seguente di R.Eisler. "Il calice e la spada", Riane Eisler, Frassinelli, 2006. Introduce alle teorie di M.Gimbutas e delinea il passaggio dal culto di forze spirituali femminili a quello di personaggi maschili portatori di una cultura molto diversa. Vedere a pag.349 la mappa delle invasioni indoeuropee disegnata apposta da M.Gimbutas per R.Eisler. Importante l'introduzione di Mauro Ceruti che riassume le conoscenze acquisite sul nostro passato e spiega l'utilità di queste scoperte per costruire il nostro futuro. "La civiltà della dea", Marija Gimbutas, Stampa Alternativa, Volume 1, 2012, e Volume 2, 2013, traduzione e cura di Mariagrazia Pelaia. È l'opera fondamentale sulla civiltà denominata "Antica Europa" che si espande da un primo nucleo sud orientale verso Nord e Occidente. La Gimbutas unifica popolazioni e culture nel segno di una Grande Dea creatrice che guida i popoli verso una convivenza pacifica ed egualitaria. Uno scenario supportato da una poderosa mole di dati e dal meticoloso e puntuale esame della religione, della scrittura, della struttura sociale, che si conclude con l’analisi del suo declino attribuito alla comparsa degli indoeuropei Kurgan, bellicosi e patriarcali. "Il linguaggio della dea", Marjia Gimbutas, Venexia, 2008. È l'unico esempio di archeoreligione , o archeomitologia, iniziato con lo studio dei simboli e delle rappresentazioni artistiche scoperte nei numerosi siti dell 'Antica Europa che si sono diffuse verso l'intera Europa continentale. Il libro contiene una bibliografia esaustiva, anche delle opere della Gimbutas stessa. "Cucuteni Trypillia - Una grande civiltà dell'Antica Europa", Vaticano, Palazzo della Cancelleria, Roma, Catalogo della Mostra, 16 settembre - 31 ottobre 2008 . A cura del complesso museale nazionale "Moldova" di Iasi, Romania. La mostra è stata organizzata sotto l'alto patrocinio del ministero della cultura e degli affari religiosi della Romania, del ministero della cultura e del turismo di Ucraina, e con un contributo della repubblica di Moldova. A pag 40 una breve descrizione delle conclusioni degli studiosi sul tipo di civiltà portata alla luce a Cucuteni e Trypillia: "Non vi erano differenze tra le varie tipologie abitative. Dunque non è possibile stabilire quali case appartenessero a persone ricche e quali a persone povere. Le variazioni nelle dimensioni delle abitazioni potrebbero essere attribuite al numero dei membri della famiglia che vi risiedeva, o dipendere dalle tecniche di costruzione delle case. Pertanto, non è possibile parlare di ineguaglianza sociale [come nelle società in cui vigeva la schiavitù], ma solo dell'esistenza di una naturale gerarchia all'interno di ciascuna comunità. Come non si può sostenere che esistesse una categoria di guerrieri, in quanto la maggior parte degli abitanti era dedito all'agricoltura. Gradualmente, iniziarono ad emergere gli artigiani (ceramisti, addetti alla lavorazione dei metalli, intagliatori del legno e della pietra, costruttori), così come dei personaggi con un ruolo specifico nel campo della religione. L'abbondanza di statuine antropomorfe femminili e la parallela scarsità di sculture a soggetto maschile sembra suggerire l'importanza del ruolo delle donne all'interno di queste comunità". Qui si tocca il punto centrale della gerarchia definita "naturale", cioè della naturale differenza tra gli esseri umani contrapposta alla "artificiale" gerarchia costruita sulla cristallizzazione ereditaria di queste differenze. Si ipotizza anche la nascita di nuove attività sociali che potrebbero aver generato dei ruoli diversi. Ma il ruolo principale, se si parla di ruoli o gerarchie, era quello della Madre, divinizzata, e della donna. "Gli indoeuropei e le origini dell'Europa - Lingua e storia", Francisco Villar, Il Mulino, 1997. Vedere Parte Prima, cap.III, pag.93, "La Vecchia Europa" e Parte Seconda cap.I, pag.131, "Una società guerriera" (quella indoeuropea). "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Lucio Russo, Mondadori Education, 2013. Il par.2.3, pag.27-32, "Dai Balcani alla Mongolia", è un ottima introduzione al tema delle relazioni tra le civiltà, ed alla Antica Europa, termine introdotto da Marija Gimbutas in "The Goddesses and Gods of Old Europe: Myth and Cult Images (6500-3500 B.C.)", Thames and Hudson, London, 1974. Dice L.Russo a pag.27: "Nel VI e V millennio a.C. La cultura che è stata detta 'Antica Europa' (Old Europe), localizzata nella penisola balcanica, era la più ricca e complessa dell'Eurasia.". Vedi anche fig.7 pag.29. Sempre in questo libro di L.Russo c'è un'ottima panoramica delle teorie e dei fatti storici e protostorici che mettono in dubbio la tesi di un progresso lineare irreversibile dalla "semplicità" alla "complessità" (complessità di cui manca una definizione credibile). Vedi par.5.1, "Dalla fede nel progresso alla moda dei collassi", pag.71-75. Vi si citano Mario Liverani e Joseph Tainter, citati qui di seguito.

Introduzione

Mentre la sociologia tratta in genere le società moderne, l'antropologia culturale tratta le società che sono sempre state considerate fino a tempi più recenti come "società arretrate". In tutte le definizioni di queste società appare il prefisso "pre" : pre-industriali, pre-statali, pre-istoriche, pre-moderne. Questa impostazione è stata ufficialmente abbandonata dagli antropologi attuali. L'evoluzione biologica, culturale e storica segue numerosi corsi che si intrecciano, ognuno dei quali non si può definire come "migliore" e "a misura di tutti gli altri". Per iniziare è necessario mettere a fuoco gli elementi fondamentali dell'antropologia culturale, dell'antropologia economica, dell'antropologia politica, dell'antropologia della violenza. Sono queste le quattro fondamentali attività intorno a cui i gruppi umani si organizzano nel perseguire i propri obiettivi, cioè la ricerca del signifucato delle proprie esperienze, la sopravvivenza nell'ambiente naturale, la gestione dei rapporti e degli equilibri di potere all'interno dei gruppi e tra i gruppi, l'uso della violenza letale. "Antropologia culturale - Un'introduzione", Amalia Signorelli, McGraw-Hill, 2007. Il manuale della allieva del più grande antropologo italiano, Ernesto De Martino, è una buona introduzione ai temi dei rapporti umani e delle varie culture che le società hanno elaborato nel corso del tempo nei vari ambienti geografici. Il cap.2 "La costruzione degli altri da noi" tratta in una sessantina di pagine tutti i temi che tratta anche il paragrafo "C'era una volta l'Antica Europa". È importante la premessa da cui parte la trattazione delle differenze tra esseri umani: "Abbiamo ripetuto più volte che la diversità tra gli esseri umani non è un dato ontologico, quanto un prodotto mutevole delle relazioni tra esseri umani: la diversità è storica, relazionale, dinamica.". Segnaliamo i paragrafi "Raccoglitrici e cacciatori", "I diversi interni" (anche se Mario Liverani in "Uruk, la prima città" sostiene ipotesi “conflittuali” diverse che completano quelle di A.Signorelli), "Gli indoeuropei", "I colonizzati". Il cap.4 " La ricognizione delle diversità: sistemi di sostentamento, strutture e istituzioni sociali, insediamenti" riprende sempre in una sessantina di pagine i temi del cap.2 : da un lato l'economia del dono e della reciprocità dei cacciatori-raccoglitori, dall'altro le forme del potere degli imperi agrari e la stratificazione sociale apparsa con capi, sovrani, re. Pag.219: "La struttura sociale adottata da questi grandi imperi (non solo quelli del Medio Oriente e della Valle del Nilo, ma anche quelli orientali e quelli americani) ha segnato un cambiamento di estrema rilevanza nelle forme di organizzazione delle società: è in queste grandi formazioni economico-sociali che le società assumono una struttura stratificata. In altre parole, nasce qui la stratificazione sociale, vale a dire l'organizzazione della società in strati, di cui la condizione servile è lo strato più basso.". Pag.224, al paragrafo "Ubbidienza, consenso, egemonia": "I sistemi sociopolitici rappresentano casi esemplari di contraddizione, nella misura in cui sono, tutti, basati su rapporti di comando e ubbidienza, di dominio e subalternità, di sopraffazione e sottomissione. Perchè alcuni esseri umani comandano? Perchè altri, in genere molto più numerosi, ubbidiscono? La spiegazione funzionale suggerisce che si ubbidisce perchè si riconosce la validità, la razionalità, la convenienza personale e collettiva dei comportamenti imposti da chi comanda. Questo può essere vero in alcuni casi, ma è del tutto insufficiente per spiegare perchè milioni e milioni e milioni di esseri umani hanno accettato e accettano di vivere nella condizione femminile di sottomissione, nella condizione servile di schiavitù, nella condizione lavorativa di sfruttamento e alienazione, nella condizione militare di destinati a morire, nella condizione di consumatori di un'esistenza mercificata.". La risposta di A.Signorelli sta nella produzione del consenso attraverso l'egemonia culturale esercitata sulle masse dalle èlite di potere. Questo avviene sicuramente ma solo perchè le masse percepiscono che non hanno alternative. È questo meccanismo che le costringe ad accettare sul piano culturale l'egemonia dei ceti dominanti. La mancanza di alternative, e la mancanza di alternative culturali, deriva dai meccanismi che hanno originato i primi stati e che poi si sono propagati e cristallizzati diventando enormi sistemi socio-economici come gli imperi con le loro periferie e colonie, dai quali non si può scappare e nei quali non si possono costruire economie o culture diverse da quelle che attualmente occupano tutti gli spazi geografici e culturali disponibili. È questa la teoria dello "ingabbiamento" che vedremo all'origine dei primi stati, sostenuta da Robert L. Carneiro e ripresa da Michael Mann. Nel primo caso, per uscire dall'egemonia delle èlite, basterebbe una presa di coscienza culturale di massa, basata sulla educazione e autoeducazione. Così predicano quasi tutti i partiti e movimenti politici di opposizione, soprattutto i partiti di orientamento marxista (in forte declino come partiti di opposizione ma saldamente rimasti al potere come partito unico di governo in alcuni stati importanti). Nella seconda ipotesi invece, per uscire dalla gabbia ideologica, politica, economica e militare, è necessario ricostruire in modo diverso tutte le condizioni sociali di esistenza IEMP che si sono strettamente intrecciate e sintonizzate tra loro nel corso di secoli e secoli. Questa seconda ipotesi, che vede molto più oneroso il lavoro di costruzione di una società alternativa, è però l'unica realistica. È stata sostenuta nel passato dai socialisti definiti "utopisti" che sarebbe più corretto definire "socialisti sperimentali". Il collasso della ex URSS e dei paesi sottomessi conferma la necessità di guardare in modo realistico, storicizzato, sperimentato e partecipato al lavoro di costruzione collettiva di società umane diverse, libere, differenziate. "Gli argonauti del Pacifico Occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva", Bronislaw Malinowski, Bollati Boringhieri, 2004. Pubblicato nel 1922, questo libro è il frutto di una ricerca sul terreno condotta nelle isole Trobriand (Papua-Nuova Guinea), presso società di orticoltori che praticavano anche la pesca e l'allevamento di maiali a fini cerimoniali. Centrale nello studio di Malinowski è il sistema di scambi detto "Anello di Kula" che si svolgeva - e si svolge ancora - tra una trentina di isole, stabilendo rapporti di partenariato tra individui appartenenti a società diverse. Oggetto dello scambio sono collane e braccialetti privi di utilità pratica, ma carichi di valore simbolico. Il richiamo agli Argonauti dell'Antichità classica nel titolo si riferisce ai viaggi compiuti su canoe decorate che stabiliscono i contatti tra donatori e donatari. È uno studio esemplare, al di là del tempo trascorso, anzi grazie al fatto che Malinowski indagava società ancora vitali e indipendenti nella loro indentità culturale. "Un grosso sbaglio. L'idea occidentale di natura umana", Marshall Sahlins, Elèuthera, 2010. Molto prima di Hobbes e fino ai nostri giorni, fra miti, religioni, filosofia e scienza, la civiltà occidentale è stata ossessionata dallo spettro di una natura umana così avida e litigiosa, cosi "bestialmente" egoista, che deve essere tenuta a bada da un pugno di ferro istituzionale da cui traggono la loro giustificazione gerarchie e diseguaglianze sociali. È il paradigma di "Homo homini lupus". Questa visione presuppone una contrapposizione fondante tra natura e cultura che antropologia e paleontologia invece contraddicono. La natura dell'Homo sapiens è la sua cultura, anzi le sue culture. E la stessa idea che siamo schiavi delle nostre inclinazioni animali non è altro che una creazione socio-storica, cioè culturale. Un'idea non proprio felice, visti i risultati. “Economia dell'età della pietra - Scarsità e abbondanza nelle società primitive”, Marshall Sahlins, Bompiani, 1980. Tratta delle culture dei cacciatori raccoglitori, della loro “economia” intesa come organizzazione sociale della sopravvivenza, del confronto di questa economia con l'economia moderna. Secondo Sahlins le società dei cacciatori raccoglitori si possono considerare una vera società dell'abbondanza (affluent society), poiché realizzavano con il minimo sforzo la massima efficienza nel procurarsi il necessario per vivere. Si calcola che questo fosse loro possibile “lavorando” in media due ore al giorno nel corso dell'anno. I cacciatori raccoglitori consumano pro capite meno energia di qualsiasi altro gruppo umano conosciuto. Quanto al loro stile di vita, era uno stile di vita “non materialistico” che dava priorità alle relazioni sociali, alle speculazioni culturali ed estetiche sulla natura, al semplice piacere di vivere. "l'anarchia selvaggia", Pierre Clastres, elèuthera, 2013. Pierre Clastres era un etnologo e antropologo allievo di Claude Levi-Strauss di cui ricordiamo in particolare "Il pensiero selvaggio" nel quale CLS sostiene la pari dignità cognitiva di questa forma di esperienza rispetto al pensiero scientifico occidentale. Il volumetto racchiude quattro saggi di cui segnaliamo in particolare "Archeologia della violenza: la guerra nelle società primitive", e "Età della pietra, età dell'abbondanza" che è la prefazione francese all'opera di M.Sahlins "Economia dell'età della pietra". M.Sahlins, Pierre Clastres e Claude Levi-Strauss hanno lavorato insieme a Parigi condividendo studi e analisi pur avendo posizioni distinte. Il volumetto è utile perchè contiene tutta la bibliografia di Pierre Clastres, il cui lavoro è magistrale per semplicità, chiarezza, creatività, capacità di vedere i problemi dal lato dalla giusta prospettiva. Pierre Clastres denuncia la pretesa di spiegare le società "selvagge" dal punto di vista della cultura occidentale moderna, come se si trattasse di società che non hanno "ancora" raggiunto la "perfezione" occidentale "moderna" secondo un modello meccanicistico e deterministico di evoluzione storica unilineare. Si tratta invece di società diverse e dinamiche che seguivano dei percorsi evolutivi diversi finchè ciò gli è stato permesso. Questo punto di vista è espresso in modo uniforme dagli economisti classici e dai marxisti, accomunati dalla stessa fede in un processo storico basato esclusivamente sulle "forze produttive" che vede il capitalismo o il socialismo (o entrambi come in Cina) rappresentare il compimento necessario della storia umana. La critica di Pierre Clastres è particolarmente efficace verso l'antropologia marxista definita una "etnologia della miseria" che si risolve in una "miseria della etnologia". Pierre Clastres, morto tragicamente in giovane età, quando non insegnava a Parigi viveva come etnologo assieme agli indiani amazzonici Guayakí, Guaraní, Chulupi. "La società contro lo stato - Ricerche di antropologia politica", Pierre Clastres, ombre corte/culture, 2003, Verona. Pag.149: "Non c'è dunque re nella tribù, ma un capo che non è un capo di Stato. Che cosa significa? Semplicemente che il capo non dispone di alcuna autorità, di alcun potere coercitivo, di alcun mezzo per impartire un ordine. Il capo non comanda, la gente della tribù non ha alcun dovere di obbedienza. Lo spazio della chieftanship non è il luogo del potere, e la figura assai mal nominata del "capo" selvaggio non prefigura sotto nessun aspetto quella di un futuro despota. Non è certo dalla futura chieftanship che si può dedurre l'apparato statale in generale." Le società "selvagge" erano il luogo di una intensa attività e di una raffinata filosofia politica. Ispirate agli stessi principi di difesa dei diritti di eguaglianza, libertà e autonomia individuale scoperti in occidente dopo i viaggi nelle Americhe, e proclamati nel corso delle rivoluzioni inglese, americana, francese.

La differenza di genere

L'esistenza storica di una condizione femminile completamente diversa si prova in vari modi. Con l'evidenza archeologica dell'Antica Europa, con l'eguaglianza di genere nelle comunità di cacciatori e raccoglitori sopravvissute, con l'esistenza attuale di numerose società definite "matriarcali" che sarebbe più opportuno denominare "matrifocali". Uno degli esempi più importanti di società matrifocali è quello dei Moso nello Yunnan in Cina, trattato di seguito. Usare il termine "matriarcale" potrebbe suonare come un rovesciamento del concetto sotteso al termine "patriarcale", con le donne in posizione di potere nei confronti degli uomini. Le società matrifocali, tra cui quella dei Moso, non sono impostate su relazioni del tipo dominatore/dominato, ma su relazioni di cooperazione coordinate da una figura materna attraverso la pratica del consenso. Risolta la questione dell'esistenza storica del matriarcato, è tuttora da far accettare come problema centrale e quindi indagare in profondità l'origine del patriarcato e poi del nesso tra patriarcato, guerra e origine delle prime città-stato. "Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino, 2007. La citazione nel testo del paragrafo si trova nel cap.13, pag.312. Tutto il cap.13, "Le differenze di genere", pag.303-327, è fondamentale per inquadrare la questione e capire l'impostazione prevalente con le sue lacune, limiti, omissioni, contraddizioni. Questo capitolo va integrato con il cap.1, "Le società premoderne", pag.31-51., e con il cap.16, "Famiglia e matrimonio", pag.375-400, dove si accenna alla discendenza matrilineare (che comporta in genere la matrilocalità) contrapposta a quella patrilineare. La Tab.13.2 a pag.310 mostra la divisione del lavoro fra uomini e donne in 185 società studiate dagli antropologi. A pag.311 il manuale è categorico: "...non è mai esistita una società nella quale il potere politico fosse nelle mani delle donne." Poco più avanti: "Da allora l'idea che in qualche società vi fosse il matriarcato è stata ripresa più volte da vari studiosi. Ma oggi possiamo dire che essa non ha alcun fondamento." Non spiegano perchè. Tutto il par.4.1, "Lo status delle donne", pag.311, è una analisi contradditoria che segue il solito paradigma evoluzionistico deterministico unilineare del passaggio dalle società di caccia/raccolta, caratterizzate dalla mancanza di classi e "da una certa uguaglianza nelle relazioni tra uomini e donne", a quelle orticole, cioè senza stato, a quelle agricole basate su una organizzazione statale. Tutte le citazioni seguenti sono tratte da questo paragrafo. La fondamentale presenza dello stato nelle società definite "agricole" caratterizzate dall'irrigazione con canali, dall'uso di aratri, da estensioni di terreno coltivato di proprietà templare o palatina, non viene associata alla brusca caduta dello status delle donne in questo tipo di società, caduta così definita: "...il regalo che le società agricole fecero alle donne fu di condannarle a svolgere il lavoro domestico, a partorire ed allattare figli, a servire padri, mariti e fratelli." Nella loro "spiegazione" di questa drammatica svolta nella condizione della donna è centrale il ruolo da essi attribuito alla divisione del lavoro tra uomini e donne, senza tener minimamente conto delle contemporanee condizioni di dominio che valevano sia per gli uomini ridotti a servi o schiavi dalle nuove strutture statali sia delle donne soggiogate dentro la famiglia e fuori. "Con lo sviluppo della agricoltura intensiva, la divisione sessuale del lavoro si accentuò. Agli uomini furono riservati i compiti di maggior rilievo: preparare i terreni, arare, scavare i canali per l'irrigazione.". Non si dice che fossero schiavi, tributari di corvèe, servi della gleba a svolgere questi "compiti di maggior rilievo". Non si dice che questa "divisione sessuale del lavoro" era una divisione del lavoro imposta da elite religiose e politiche totalmente maschili insediate nei templi e nei palazzi reali da poco costituiti. Questa divisione del lavoro vedeva la donna doppiamente svantaggiata perchè nelle società patriarcali le donne dovevano "servire padri, mariti, fratelli" che a loro volta erano servi o sottomessi delle agenzie templari e palatine. I tre fattori a cui gli autori riconducono lo status della donna nel tempo e nello spazio sono: "il sistema di parentela, la frequenza con cui una società è in guerra, il contributo economico fornito dalle donne". Si tratta della posizione della donna nelle reti sociali della Ideologia, della Economia, del Militare, del Politico. Ma le reti IEMP sono strettamente intrecciate e promiscue, non vanno considerate come dei semplici "fattori" analitici astratti. Gli stessi autori le avevano involontariamente unificate parlando poco prima degli Irochesi, un popolo classificato nel tipo "cacciatori-raccoglitori": "In questa popolazione gli uomini si assentavano spesso, e per lunghi periodi di tempo, dal villaggio, per andare a combattere contro altre tribù. Ma anche quando erano a casa non esercitavano alcun controllo sul modo in cui le donne lavoravano e vivevano. Prendere decisioni politiche spettava al consiglio degli anziani, formato exclusivamente da uomini. Ma le donne anziane esercitavano su di loro una notevole influenza. In primo luogo perchè erano loro ad eleggere i membri di questo consiglio. In secondo luogo perchè esse avevano il controllo sul cibo e su molti manufatti (mocassini, pelli, pellicce) e si potevano rifiutare di darli agli uomini se non erano d'accordo con le decisioni che questi prendevano.". Per inciso questo conferma la vivacità e la qualità della vita politica tra i "selvaggi" come sostenuto da Pierre Clastres in "La società contro lo stato", citato sopra. Sempre nel cap.13, "Le differenze di genere", al paragrafo 2, "Essenzialismo e costruttivismo", e nel paragrafo 3, "Genere e cultura", si dà invece per scontata la dicotomia tra l'impostazione che spiega le differenze (di status) tra uomo e donna in termini di costruzione sociale (costruttivismo) e quella che le spiega in termini di biologia (essenzialismo). È invece la dicotomia tra mente e corpo (di cui parleremo più avanti a proposito di Angela Giuffridda) che genera guerra, dominio sulle donne, stratificazione sociale, distruzione dell'ambiente naturale. Nel paragrofo 4 dello stesso capitolo, pag.309, "La divisione sessuale del lavoro nelle società preindustriali e industriali", questo manuale argomenta le sue tesi utilizzando espressioni quali "per lo più" per sfumare e alterare il significato delle sue affermazioni: "Occupare cariche e prendere decisioni politiche e combattere in guerra sono due di queste, entrambe per lo più svolte dagli uomini" (grassetto non presente nel testo originale). Come si fa a sostenere che "combattere in guerra" non sia una attività esclusivamente maschile senza sollevare la mitica leggenda delle gloriose amazzoni? Leggenda che gli autori del nostro manuale di sociologia non possono sostenere avendo escluso in precedenza l'ipotesi della esistenza storica di qualsiasi società matriarcale come quella delle amazzoni. "Allattare i bambini e curare i giovani sono altre due (attività) e queste cadono sulle spalle delle donne." Le attività della tabella 13.2 a pag 310, e quelle elencate sopra riguardano l'economia (la sopravvivenza) e la sfera politico militare. Non si fa alcun accenno alla sfera culturale, del sacro, dell'arte dalla quale la donna è esclusa e che contribuisce in massimo grado allo status di chi la esercita. Come è possibile ignorare nelle varie società umane il ruolo della cultura e la posizikne che esso assumono uomini e donne? Per spiegare la divisione sessuale del lavoro si adottano tre ipotesi: la maggiore forza fisica degli uomini, la compatibilità con allattamento e cura dei piccoli (ma non possono essere curati anche dai maschi?), la spendibilità dei maschi nei compiti più rischiosi perchè meno importanti delle femmine per la riproduzione. A proposito della divisione del lavoro, anzichè intenderla nella sua accezione negativa di separazione potrebbe essere interpretata come forma di cooperazione, soprattutto nel caso di divisione sessuale del lavoro. Inoltre, sempre a proposito di "sfumature di linguaggio" usate per introdurre in modo inavvertibile significati non dichiarati esplicitamente, si consideri il titolo del paragrafo 4, "La divisione sessuale del lavoro nelle società preindustriali e industriali". Definendo "pre-industriali" le società "non-industriali" si dà per scontato, senza necessità di provarlo scientificamente, che esista una progressione necessaria dalle une alle altre. Le società industriali essendo le ultime avrebbero secondo questa logica un primato "ontologico" sulle prime. Secondo tutti gli antropologi culturali, Clifford Geertz in primis, invece, tutte le società studiate e note sono "contemporanee", dai Papuasi ai Vichinghi, dai Navajo ai modermi giapponesi, dai cinesi capitalisto-comunisti agli antichi eschimesi. Tutte, non vanno messe su una scala temporale gerarchica ma vanno considerate insieme su un piano di completa parità secondo un relativismo totale. "Benvenuti nel paese delle donne", Francesca Rosati Freeman, XL edizioni, 2010. Tratta del mondo dei Moso, una società "matriarcale", un sistema sociale reale, vivo, contemporaneo nel quale sono rovesciati i valori su cui sono costruite tutte le nostre società. Un sistema che non produce i conflitti e le violenze tra i sessi che il senso comune generalmente attribuisce alla "natura umana". Utile consultare il sito di Francesca Rosati Freeman, "www.francescarosatifreeman.com", alla voce "Scritti matriarcali", dove vengono riportati gli studi di Heide Göettner-Abendroth, i libri di Marija Gimbutas, le ipotesi sull'origine del patriarcato. "Matriarchè - il principio materno per una società egualitaria e solidale", autori vari, a cura di Francesca Colombini e Monica Di Bernardo, Exòrma, 2013. Raccoglie i contributi di autori come Vandana Shiva, Riane Eisler, Francesca Rosati Freeman, Marco Deriu (scuola della decrescita), ed altri, per estendere le pratiche matrilineari e matrifocali basate sul consenso, la cura, la non violenza, il rispetto profondo della Natura, il principio della Madre, da cui il titolo "Matri-Archè". "La razionalità femminile unico antidoto alla guerra", Angela Giuffridda, Bonaccorso, Verona, 2011. Angela Giuffridda va in profondità nell'analisi culturale. La guerra guerreggiata è lo spunto per esaminare i meccanismi mentali che la producono, vere e proprie macchine distruttive. L'approccio di AF è la centralità del "vivente": "Nonostante di unità mente-corpo si parli ormai da molto tempo, i due termini vengono ancora percepiti separatamente e permane un forte sbilanciamento a favore del primo. Continuando a negare al corpo vivente la sua centralità in quanto unico portatore di pensiero, si rimane su un terreno astratto che impedisce l'elaborazione di una filosofia della vita adatta ad una specie di viventi quali noi siamo." (pag.385). AF introduce nel cap.1 la teoria del "Corpo che pensa", la sua opera precedente. AF illustra gli elementi necessari per impostare ed avviare a soluzione la dicotomia mente-corpo, natura-cultura, uomo-donna, umanità-ambiente, utilizzando non solo la filosofia, la storia e la letteratura ma anche la biologia e le neuroscienze.

La stratificazione sociale

"Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino , 2007. Per il passaggio dalle società senza stato a quelle statali, cap.I, par.4.3, "Forti disuguaglianze e grandi imperi", pag.42, si dice: "Come abbiamo visto, sia le società di cacciatori e raccoglitori, sia le società di orticoltori, erano tendenzialmente egualitarie. Non vi era possibilità nè di accumulare grandi ricchezze, nè di trasferirle per eredità ai propri figli; le disuguaglianze che pure si producevano, erano quindi prevalentemente di carattere personale e non davano luogo alla formazione di privilegi permanenti, vale a dire riproducibili di generazione in generazione. Il quadro cambia radicalmente con le società fondate sull'agricoltura. Qui, tra la massa dei contadini da una parte e il massimo sacerdote o re e il gran numero di persone che popolano la sua corte, dall'altra parte, si crea un vero e proprio abisso sociale invalicabile. Sono due mondi tra loro interdipendenti, ma anche profondamente divisi. Governanti e governati, cittadini e contadini, letterati e illetterati: si incominciano a delineare le dimensioni che marcheranno per secoli e secoli la disuguaglianza tra uomini.". Nel cap. VI, "Identità e socializzazione", pag.139, tratta della funzione dei ruoli sociali nella formazione della psiche individuale. Molto importanti gli studi di G.H.Mead citati a pag.146 su "l'altro generalizzato.". Il cap.XI, pag.253, tratta di "Stratificazione e classi sociali". Notevole la tabella 11.5 a pag.276, basata sul coefficiente di Gini, che riporta statistiche recenti verso l'anno 2000 che tracciano le differenze di reddito o di consumo in ogni nazione del mondo. Per citare solo un dato dell'analisi, nel par.8, "La durata della vita", a pag.279 si dice: "Le numerosissime ricerche svolte negli ultimi quarant'anni hanno invece mostrato che la relazione tra classe sociale e durata della vita è ancora oggi molto forte. Si pensi, ad esempio, che nella popolazione maschile adulta gli operai hanno una probabilità di morte quasi doppia rispetto agli impiegati.". "Dizionario di sociologia", Luciano Gallino, UTET, 2006. Vedere le voci "Stratificazione sociale", pag.673, e "Diseguaglianza sociale", pag.236. Utile per la bibliografia. I temi sono poco sviluppati per le ascendenze marxiste dell'autore, che vede nel concetto di classi economiche, impropriamente introdotto da Marx come il risultato dello sviluppo delle forze produttive che considera erroneamente il motore assoluto della storia, il punto focale della disuguaglianza. Questa teoria non spiega tutta la storia umana (alcuni milioni di anni) precedente l'avvento della proprietà privata e delle conseguenti classi economiche. Soprattutto non spiega la cosa più importante cioè la nascita della proprietà privata e delle classi economiche (a parte il lodevole ma goffo tentativo di F.Engels in "L'origine della famiglia, della proprietà privata, dello stato"). Viene considerata preminente se non esclusiva la dimensione economica (la E di IEMP). Questo può sembrare credibile solo oggi quando lo scambio di mercato sembra l'attività socialmente prevalente. Ma rende incomprensibile la nascita della disuguaglianza, quando i fattori IMP (Ideologici, Militari, Politici) erano materialmente prevalenti in quanto organizzati in protostati dediti alla predazione delle economie agricole (egualitarie) dei villaggi, sottoposte a tributo, vassallaggio, corvèe. Non è il moderno capitalismo, nella sua variante egemonica liberista, che può spiegare l'intero passato, ma la conoscenza storica delle organizzazioni IEMP e del loro mutevole intrecciarsi. Soprattutto non viene evidenziata la discontinuità storica della stratificazione sociale come proprietà emergente da un contesto e da fattori unici e irripetibili. Si narra invece la solita favoletta evoluzionista lineare per cui necessariamente si passa dalle società barbariche a quelle statali, dai grandi imperi al feudalesimo, dal feudalesimo al capitalismo, secondo leggi meccanicamente deterministiche. E poi, non si tratta di ragionare in modo riduttivo o gerarchico dando ad alcune "cause" una priorità maggiore che ad altre, ma di vedere il processo storico in un quadro di multifattorialità complessa e di "proprietà emergenti" che modificano il quadro complesso da cui sono nate. “La civiltà delle buone maniere – La trasformazione dei costumi nel mondo aristocratico occidentale”, Norbert Elias, il Mulino, 1998. Viene presa in considerazione la nascita della psicologia moderna occidentale in relazione al divenire storico dalle società guerriero-aristocratiche, basate sullo sfruttamento della terra e dei contadini, alle società “industriali” basate sul movimento del denaro e sulla tecnologia. Nelle prime dominano le corti, dapprima cavalleresche, che forgiano il carattere della nobiltà attraverso il passaggio fondamentale dalla etero-costrizione alla auto-costrizione (self-control). Nelle seconde avverrà una complessa assimilazione della “educazione” cortigiana, passando per il rinascimento e l'umanesimo. N.Elias parla, nei termini freudiani che aveva a disposizione, della nascita del Super-Io. Secondo la psicologia freudiana il Super-Io agisce come censore a livello inconscio. Esiste dunque una psicologia profondamente diversa a seconda dell'epoca storica e dello strato sociale a cui si appartiene. Questa psicologia riguarda lo stare a tavola, il rapporto con il proprio corpo, i bisogni naturali, la relazione tra i sessi, l'aggressività vissuta come piacere (dal guerriero). Questa educazione degli strati aristocratici nella corte, centro focale deputato alla costruzione della “civilizzazione”, prima nei castelli feudali e poi nelle reggie che porteranno alla formazione dei moderni stati-nazione (ad esempio nella versione assolutistica classica di Versailles), si diffonderà lentamente anche agli strati inferiori, in primis alla borghesia e poi anche negli strati dipendenti condizionati dalla borghesia. Il giovane Werther di Goethe, un borghese, esprime con i suoi dolori la sofferta assimilazione-esclusione di questi strati sociali emergenti. I gruppi umani organizzati per sopravvivere attraverso lo scambio, gli artigiani e i mercanti, la prima borghesia, sono presenti da secoli ed entrano nelle corti assolutiste di Spagna, Francia, Inghilterra e minori, come consulenti per le vitali questioni delle finanze dello stato e per garantire con le tasse e i tributi le entrate necessarie per le guerre e i consumi vistosi di queste èlite. Il giovane Werther ha sicuramente da piangere sulla sua identità sociale e psichica. Ma ha sicuramente da mangiare e da consumare in modo vistoso. Il monarca gestisce l'equilibrio tra gli esponenti maggiori di nobiltà, clero e borghesia che entrano alla sua corte e che gli forniscono tutta la conoscenza su cui egli basa le scelte del nuovo tipo di stato. La aristocrazia fondaria prima e la borghesia mercantilista poi, le due elite dominanti fuse in miscelazioni diverse in Inghilterra, Francia e Germania, esprimono la “civiltà” come proiezione di questa cultura cortigiana. NE così delinea questa "civiltà": “La società occidentale combatte le sue guerre coloniali ed espansionistiche nel nome della croce, come più tardi farà nel nome della civiltà. Nonostante l'avvenuta secolarizzazione, la parola “civiltà” conserva ancora un'eco del cristianesimo latino e della concezione cavalleresco-feudale della crociata.”, capitolo terzo, pag. 173. Quanto alle civiltà in generale, l'opinione di N.Elias è riassunta nella citazione a pag.147, capitolo primo, Nota 1: “Oswald Spengler ne il “Tramonto dell'Occidente” afferma che ogni cultura ha peculiari possibilità di espressione che compaiono, maturano, declinano e non ricompaiono più. Queste culture, entità viventi del più elevato grado, crescono con la nobile mancanza di finalità dei fiori nei campi. E, come i fiori nei campi, appartengono alla natura vivente di Goethe, non alla morta natura di Newton."

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Tratta in modo approfondito le disuguaglianze nel mondo e in UK. Le ricerche dimostrano la continua crescita dei livelli di disuguaglianza. Qui si trovano notizie sulla "The Spirit Level" degli epidemiologi Kate Pickett e Richard Wilkinson che sostiene che "la società è piu ineguale che mai".

L'origine dello Stato. Questo è probabilmente il punto centrale della storia umana, quello che ha determinato le attuali condizioni di vita degli esseri umani, la nascita stessa di quello che siamo abituati a chiamare "storia": le città murate distinte dal territorio circostante, una burocrazia sofisticata e spersonalizzata che chiamiamo "stato", la scrittura con la funzione prevalente di strumento contabile. "Uruk la prima città", Mario Liverani, Laterza, 1998. Questo testo è fondamentale per la sua chiarezza, semplicità, completezza documentaria e bibliografica. In pochissime pagine viene descritta la nascita della moderna "civiltà" e una ragionata discussione delle varie teorie proposte. Osservare i grafici 1a e 1b a pag.27 che descrivono il passaggio dal "chiefdom" (o chefferie o chieftainship) al protostato. È un passaggio unico e senza possibilità di ritorno per il genere umano. Si passa da leader naturali e senza potere, se non quello della persuasione e dell'esempio, in leader che "obbligano" a lavorare per loro e che tramandano il loro potere, come i re ai loro figli o i sacerdoti ai loro prescelti (gli "eletti"). A pag.28 il grafico 2 mostra la struttura sociale creata con le Agenzie "tempio" e "palazzo", le "grandi organizzazioni". I flussi di risorse vanno dalle comunità locali alle agenzie-stato che prelevano lavoro coatto, tasse, tributi. In cambio le Agenzie forniscono alla gente comune servizi quali la difesa della comunità (ma delle città fortificate piuttosto che dei villaggi indifesi esposti alle razzie dei nemici) ed eventuali redistribuzioni di cibo dai magazzini delle agenzie in caso di carestie o di feste particolari. Questo semplice schema, opportunamente aggiornato aggiungendo le imprese capitalistiche alle agenzie templari/palatine, potrebbe essere tuttora usato per valutare i flussi di risorse nei moderni stati nazione. Si può quindi far risalire al tempo di Uruk la istituzione "tasse" e tributi. "L'origine delle città - Le prime comunità urbane del vicino oriente", Mario Liverani, Editori Riuniti, 1986. Pag.14: "Diciamo dunque che, grosso modo, la città cone fenomeno dotato delle semplici caratteristiche che abbiamo indicato dura dal 3500 a.C. al 2000 (o 2500 al massimo) d.C. Neanche sei millenni , che nella storia umana sono preceduti da molti più millenni di storia pre-urbana e che ci auguriamo siano seguiti da altri millenni di storia post-urbana. Un fenomeno dunque di lunghissima durata e però legato a determinate condizioni socio-economiche: un fenomeno storico, umano, non certo naturale e immutabile.". "La nascita dello Stato nel Vicino Oriente - Dai lignaggi alla burocrazia nella Grande Mesopotamia", Marcella Frangipane, Laterza, 2005. M.Frangipane lavora come M.Liverani alla Sapienza di Roma ed ha partecipato direttamente ai lavori di scavo e di studio ad Arslantepe. Nella sua prefazione M.Liverani fa il punto della situazione degli studi storici, archeologici, sociologici sull'origine dello stato, precisando che "...la nascita dello stato era tra le più significative, e forse la più pregnante in assoluto, nel determinare la moderna strutturazione della società", "...quella grande trasformazione che dà origine allo stato: e cioè alla amministrazione burocratica, alla stratificazione sociale, alla specializzazione lavorativa, all'emergenza dell'apparato ideologico.", "...sarà piuttosto archeologicamente un contributo alla comprensione di quei meccanismi socio-economici e politici che hanno prodotto (in varie regioni e varie epoche) il decisivo passaggio dalle comunità locali autosufficienti ed autoregolate all'organizzazione complessa e stratificata, basata su flussi diseguali ma funzionali, che è lo Stato Arcaico". A pag.196-199 è ipotizzato il delicato passaggio al "lavoro dipendente", prima inesistente, testimoniato dalle ciotole grossolane, le "Bevelled rim bowls". Nasce così "...un settore di 'economia statale' che, attraverso il sistema di deleghe, si distacca sempre più dalla identificazione stretta con la persona del capo e la sua famiglia.". Il Corriere della Sera del 29 gennaio 1995 così sintetizza i lavori di M.Frangipane e della Sapienza di Roma ad Arslantepe: "...hanno ritrovato ad Arslantepe il più antico esempio di separazione tra potere politico e potere religioso. La città inventò lo Stato e crollò...Arslantepe ci mostra il più antico esempio di Palazzo di tutto il vicino Oriente; qui la struttura amministrativa è distinta da quella destinata al culto, anche se entrambe sono riunite nello stesso edificio...Verso il 3000 Arslantepe decadde e con lei il primo tentativo di creare una città dove il potere religioso era separato dal potere politico.". Sono i livelli IEMP che si differenziano e riuniscono o collassano insieme. Un aspetto importante della capacità diffusiva delle idee e dei modelli culturali veicolati dagli scambi, è secondo MF che "...la nascita delle prime città non fu una creazione esclusiva della Mesopotamia meridionale, come avevamo sempre ritenuto, ma piuttosto un fenomeno policentrico innescato da contatti e interscambi che s'erano stabiliti tra popolazioni dislocate in aree diverse". "The sources of social power - vol.I - A history of power from the beginning to A.D. 1760", Michael Mann, Cambridge University Press, 1986. Michael Mann è l'autore della analisi IEMP, da "Ideological, Economic, Military, Political power networks", illustrata nel cap.1, "Societies as organized power networks" (le società come reti organizzate di potere), teoria che utilizzo ampiamente allo scopo di arrivare sempre a delle sintesi unitarie dopo le analisi che separano i fatti. Il modello IEMP viene visto in un macro-esempio nel cap.15, pag.500-517, "European conclusions: explaining European dynamism - capitalism, Cristendom, states". I macroelementi del capitalismo (Economia), della Cristianità (Ideologia), degli stati (Militare e Politico), sono i quattro punti IEMP. Il termine "Power" tradotto con "Potere" andrebbe meglio interpretato come "potenza", possibilità di fare (Power in inglese significa anche la corrente elettrica). Non ha quindi una accezione di per sè negativa. Si tratta del potere organizzato di gruppi umani, cioè di un potere collettivo, o "sociale" in quanto organizzato da gruppi umani. Può essere un potere coercitivo come nel caso di guerra, predazione, razzia, deculturazione. Può essere positivo come la cooperazione spontanea, ad esempio nella costruzione di un nuovo villaggio o di un sistema di irrigazione, oppure nella gestione comunitaria di beni comuni. Può essere al tempo stesso coercitivo e cooperativo, quando un gruppo coopera e si unisce nell'obbiettivo di predare o distruggere un altro gruppo umano. Il potere cooperativo inoltre può essere spontaneo come nel caso di un gruppo di cacciatori-raccoglitori, o compulsivo, coatto, come nel caso di un esercito in marcia o di una moderna azienda capitalistica dove si è obbligati a cooperare con gli altri. La fig.1.2 a pag.29 riassume la teoria IEMP proposta da Mann. Nei cap.2, cap.3, e cap.4 tratta in modo approfondito delle società senza stato e del passaggio agli stati ed alla stratificazione sociale. Nella conclusione del cap.4, pag.124, "Conclusion: a theory of the emergence of civilization", dice: "Civilization was an abnormal phenomenon. It involved the state and socialstratification, both of which human beings have spent most of their existence avoiding.", che così traduco "La civiltà è stata un fenomeno abnorme. Ha coinvolto lo stato e la stratificazione sociale, per evitare i quali gli esseri umani avevano speso gran parte della loro esistenza". Rivedremo ancora nel seguito i vari volumi dell'opera fondamentale di Michael Mann, tra cui il vol.IV, relativo agli anni 2000 (dopo Cristo), ed alle grandi crisi che l'umanità si trova a dover affrontare. "Dalla tribù allo stato - Saggi di antropologia politica", a cura di Ugo Fabietti, UNICOPLI, 1991. Capitolo sesto, pag.127,"Una teoria sull'origine dello stato", di Robert L.Carneiro. M.Mann utilizza la importante teoria dell'ingabbiamento ("cage") avanzata da Robert L.Carneiro, "...una teoria flessibile e complessa - ma non generica - applicabile ai più diversi contesti...Carneiro non intende infatti considerare gli effetti del conflitto sulla distribuzione dei gruppi all'interno di un determinato territorio, nè dimostrare che la guerra in quanto tale ha origine per l'appropriazione delle risorse. La guerra è vista piuttosto come un fattore di progressiva centralizzazione politica, in un contesto in cui il controllo delle risorse ha una precisa relazione con l'emergenza di gruppi stratificati conducente alla formazione dei domini prima e degli stati poi.". In altre parole la guerra non nasce per la competizione di gruppi umani su risorse scarse ma per l'emergenza di èlite dominanti che portano alla centralizzazione politica dei domini prima e degli stati poi. Segue poi il fondamentale articolo di R.L.Carneiro pubblicato su Science nel 1970. "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Lucio Russo, Mondadori Education, 2013. Porta prove a sostegno delle teorie diffusioniste, secondo le quali esiste "...la possibilità di sostituire all'idea oggi dominante dell'evoluzione indipendente e parallela delle civiltà un'unica storia, connessa sin dalla remota antichità". Nel cap.4, "Possibili tracce di antiche contatti transoceanici", considera ipotesi favorevoli a contatti tra l'Europa e l'America soprattutto all'epoca di fenici e cartaginesi, che potrebbero aver innescato la formazione di stati là dove le condizioni erano favorevoli, cioè nella Mesoamerica e nelle valli andine. “Potere e civiltà – Il processo di civilizzazione”, Norbert Elias, il Mulino, 2010. Tratta della genesi sociale dello stato moderno occidentale dal feudalesimo alla rivoluzione francese, basato sul passaggio dalla “costrizione sociale alla autocostrizione” delineato nel precedente volume “La civiltà delle buone maniere”. Centrali i paragrafi del cap.III, “Il meccanismo della monopolizzazione”, pag.144, e “Formazione del meccanismo monarchico”, pag.215. Il meccanismo monarchico è un "apparato centralizzato di dominio” che assieme al “meccanismo del monopolio” spiega il processo propulsivo espansionistico della “civiltà” occidentale moderna, soprattutto attraverso la sociogenesi del monopolio fiscale statale che nella società medievale sarebbe stato considerato “...in modo non molto diverso dalla rapina e dalla usura”. La genesi della “civiltà” o “civilizzazione” europea occidentale moderna è delineato nell'altro volume “La civiltà delle buone maniere”. N.Elias è un autore importante che ha rinnovato la sociologia ed aiutato a ricomporre la dicotomia tra individuo e società. Il modello da lui proposto di società è quello della "configurazione": gruppi di esseri umani interdipendenti e in riferimento tra loro. Come in un ballo i danzatori si muovono sincronicamente assumendo nel tempo configurazioni diverse ma interdipendenti in modo dinamico. La società è la danza che vive solo nel muoversi intrecciato dei ballerini. Non ha molto senso farne un'astrazione distinta dai danzatori, se non a scopo di analisi e comparazioni. La loro psicologia forma la danza ed è sua volta riformata da questa nel suo "processo" reale. Questa "danza" corrisponde solo in parte all'azione sociale di M.Weber così definita: "un agire che sia riferito - secondo il suo senso, intenzionato dall'agente o dagli agenti - al comportamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo". N.Elias ne critica il metodo e l'astrattezza, e introduce negli individui l'inconscio e la raffinata psicologia scoperta da Freud che Weber non poteva conoscere. M.Mann, che invece si ispira a Weber, vede in modo pragmatico "le" società come reticoli di gruppi umani organizzati su vari obiettivi, di cui tratta solo i quattro principali che abbiamo definito IEMP. La psicologia individuale è inestricabilmente collegata alla configurazione in cui l'attore si trova. Per questo ogni società, ogni cultura, ogni contesto storico ha le sue proprie "psicologie" (Freud a differenza di Elias si riferisce ad una psicologia universale, non cangiante nei vari contesti storici e geografici). Elias in breve "storicizza" la psicologia. Le concezioni sociologiche che si oppongono alla visione "delle" società come "processi" sono quelle che definiscono la società come una "struttura" al cui interno agiscono delle "forze" che determinano il comportamento degli individui. Le teorie di Marx e Durkheim rientrano in questo tipo. La dicotomia tra individuo e società viene risolta semplicemente facendo sparire l'individuo. Per riassumere si può dire che per Durkheim la "danza" è una "cosa" e che i ballerini danzano perchè la musica gli entra nella testa. Per Marx la musica sono solo "le forze produttive materiali", non esistono cose ma solo antinomie. Stranamente con la prossima fine delle antinomie la musica cesserà. Secondo Weber gli individui agiscono sostanzialmente da soli ma tenendo conto degli altri soprattutto a livello razionale. Secondo Elias la danza è un processo dinamico che modifica i ballerini che ne sono gli attori e gli autori, che interagiscono costantemente tra loro scambiandosi non solo esperienze, cultura, emozioni ma anche relazioni di dominio fisico e psichico (eterocostrizioni ed autocostrizioni). Secondo Mann ci sono obiettivi comuni che uniscono gli esseri umani in attività organizzate vissute in gruppi che si intrecciano tra loro in interazioni complesse che possiamo definire "reti". Questi obiettivi corrispondono ai bisogni fondamentali (cangianti nei loro equilibri nelle varie epoche storiche) quali la riproduzione, la sopravvivenza biologica, la difesa del territorio e i rapporti tra i gruppi, la costruzione culturale di un significato dell'esperienza umana, bisogno divenuto prevalente già dalle epoche preistoriche con la necessità di costruire identità singole e collettive (di gruppo). Queste identità collettive, come le nazioni, gli imperi, il capitalismo, proiettano degli obiettivi vissuti come necessari e vitali per lo sviluppo di questi processi culturali. La sociologia diventa sociologia dei processi culturali, come nelle opere di N.Elias. Mentre Mann ha il merito di aver unificato grazie ad un modello efficace il lungo arco di storia delle società umane secondo una prospettiva di macrosociologia, Elias nell'arco di tempo più breve dal medioevo al 1700 d.C. unifica la prospettiva macrosociologica della formazione dei principali stati europei (sociogenesi) con la prospettiva microsociologica del cambiamento della psicologia umana come riflesso di nuovi modelli di comportamento e di interazione sociale (psicogenesi).

Imperi. "Antico Oriente - Storia società economia", Mario Liverani, Laterza, 2007. È l'opera più completa di M.Liverani. Inizia dalla nascita dello Stato in Mesopotamia ed arriva all'età del ferro con Ciro il grande e i persiani. Tratta estensivamente tutti gli imperi che si sono succeduti nel Vicino Oriente con le loro complesse interazioni. È un testo "mesopotamo centrico". Ma questo è accettabile in considerazione del fatto che proprio in Mesopotamia sono partiti per la prima volta i processi che hanno dato vita a Stati, Città, Scrittura, e che lì sono state raccolte e indagate le maggiori testimonianze. M.Liverani è uno storico e un archeologo, non è un sociologo come Michael Mann. I due autori vanno integrati tra loro e si possono agevolmente integrare. Dice infatti M.Liverani: "Quanto poi alle componenti interne del quadro storico, ho assunto a base della mia impostazione il triangolo ideologia/società/economia, in interazione già così alquanto ardua". Si avvicina molto alla impostazione IEMP di M.Mann, se al termine "società", opportunamente criticato e rivisto da M.Mann, sostituiamo "politico-militare". M.Mann studierà proprio quella interazione tra ideologia, economia, militare, politico, che a M.Liverani sembra così ardua, per un arco di tempo che va dal neolitico al 2011 d.C. Nel cap.8, "L'impero di Akkad", pag.232-264, tratta del primo impero della storia. Interessante perchè emblematica anche per il futuro è la conclusione della vicenda imperiale di Akkad, i cui abitanti stremati dalle guerre e dai contrasti interni vengono conquistati dopo due secoli di terrore dalle popolazioni "barbare" dei vicini Gutei provenienti dalle montagne degli Zagros. Gli storici cosa dicono dei proclami di eternità "divina" di Sargon e progenie? Cosa dicono i fautori dello stato di Hobbes come garanzia di pace e sicurezza dai "nemici"? Cosa dice Machiavelli sulla durata di un impero conquistato con la forza e l'astuzia. Cosa ne dice il segretario fiorentino dei suoi “costi e benefici”? "The sources of social power - volume I - A history of power from beginning to A.D. 1760", Michael Mann, Cambridge University Press, 1986. Cap.5, "The first empires of domination: the dialectics of compulsory cooperation", pag.130-178. Pag.131: "Alla fine [le città-stato sumeriche] furono conquistate dal primo esteso "impero" della storia, quello di Sargon di Akkad. L'impero da allora rimase una delle forme sociali dominanti per tre migliaia di anni nel Vicino Oriente e in Europa, e perfino più a lungo nell'Asia Orientale.". Gli aspetti della cooperazione obbligata ("compulsory cooperation"), che intreccia le varie reti IEMP, realizzata da Sargon sono: 1. la pacificazione militare e geopolitica del territorio e delle vie commerciali, 2. l'incremento delle spese militari (o keynesismo militare), 3. il controllo centralizzato dell'economia tramite fissazione dei prezzi e dei valori di scambio, 4. un maggiore sfruttamento del lavoro (tramite la schiavitù, la servitù della gleba, il lavoro ad ingaggio), 5. la diffusione autoritaria di una cultura, lingua e scrittura comuni. Vedi pag.148-155. Questi cinque aspetti si ritrovano ancora oggi, opportunamente modernizzati e mascherati, nell'attuale impero residuo (gli USA) e nelle pratiche di altri stati.

Imperi romano e bizantino. "La grande transizione - Dal declino alla società della decrescita", Mauro Bonaiuti, Bollati Boringhieri, 2013. Adotta la teoria bioeconomica di Nicholas Gerorgescu Roegen e lo studio dei collassi delle società complesse di Joseph A.Tainter. I due esempi del collasso dell'impero romano e della resilienza dell'impero bizantino si trovano nel cap.4 a pag.139 e pag.155 rispettivamente "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Lucio Russo, già citato. Nel cap.5, pag.71-109, considera in modo originale e profondo l'affermarsi dell'impero romano come un tracollo culturale dell'intera area mediterranea su cui si affacciavano civiltà varie e complesse che comunicavano tra loro. La distruzione contemporanea di Cartagine e della lega achea (con centro a Corinto) nel 145-146 a.C. significarono la sparizione di immense conoscenze e del primo germe di scienza moderna apparso nella Grecia di Anassimandro. La ricerca basata sulla dimostrazione (logico-matematica) e sulla sperimentazione empirica ricompariranno solo con Galileo molti secoli dopo. "The sources of social power - volume I - A history of power from beginning to A.D. 1760", Michael Mann, già citato. Nel cap.9 "The Roman territorial empire", pag.250-300, sostiene che "La storia di Roma è il laboratorio storico più affascinante a disposizione dei sociologi...Molti dei processi osservati nel corso di questo capitolo erano probabilmente presenti anche in molte società precedenti. Ora per la prima volta possiamo tracciare in modo sicuro il loro sviluppo", grazie alle abbondanti tracce di registrazione storica. Secondo Mann Roma era capace sia di conquistare che di mantenere un impero. Perchè "Per prima cosa aveva sviluppato una potenza organizzata di cooperazione compulsiva (forzata) che chiamerò economia delle legioni. Secondariamente aveva sviluppato come potenza autoritativa una cultura di classe che permetteva di assorbire le èlites conquistate dentro la classe egemone (ruling class) romana." Lo sviluppo di una "ruling-class culture" unica estesa ai popoli dominati avviene tra il 100 a.C. E il 200 d.C. Con la prima, l'economia delle legioni, conquistava, con la seconda, la cultura della èlite dominante, manteneva. Fondamentale in tutta la cultura romana la gestione patriarcale privata della famiglia. Nel paragrafo "The weakness of the legionary economy: a power standoff", pag.280, analizza le entrate dell'erario al tempo di Augusto derivanti in granparte dalle conquiste di guerra, cioè dal bottino seguito da tributi, tassazione, e vendita di incarichi pubblici (quella che oggi si chiama corruzione). Senza ulteriori conquiste sarebbe stato difficile mantenere attivo questo processo, come si ricava anche nell'analisi di M.Bonaiuti secondo cui dalla "pacificazione" di Augusto in poi inizia la decadenza dell'impero. "Storia sociale dell'antica Roma", Géza Alföldy, il Mulino, 1987. Analizza la iniziale struttura tribale e gentilizia centrata sul paterfamilias, il cui potere su congiunti e schiavi era illimitato (poteva vendere come schiavi i propri figli ed eventualmente ricomprarli). Vedi al cap.V i paragrafi 2, pag.153, "La stratificazione sociale", e il par.7, pag.201, "La struttura per ordini e strati ed i suoi effetti", dove viene evidenziata la non corrispondenza della teoria marxiana delle classi alla società romana nel suo complesso. La fig.1 a pag.202 evidenzia nel triangolo centrale i "clientes", la cosiddetta "familia Caesaris". La figura mette in luce il riduzionismo non solo del concetto di "classe" ma anche di quello di "stratificazione" in senso stretto. Nel cap.VI, pag.227, "La crisi dell'impero romano e la trasformazione della struttura sociale", viene vista in dettaglio la decadenza e il collasso dell'impero.

Imperi moderni USA e URSS. “The sources of social power - Volume 3: Global empires and revolution, 1890-1945", Michael Mann, Cambridge University Press, 2012. Cap.3, pag.58-99, "America and its empire in the Progressive Era, 1890-1930. Cap.14, pag.423-456, "Tha last interimperial war, 1939-1945". Per quanto riguarda la nascita dell 'impero dei Soviet conseguente alla rivoluzione bolscevica di Ottobre 1917 in Russia, vedi cap.11, pag.347-370, "The Soviet alternative". Notevoli alle pag.357-362 il paragrafo "Stalin's atrocities" e al paragrafo "The impact of communism abroad", pag.366-370, l'effetto politico dell'azione ideologica dell'imperialismo sovietico che ha monopolizzato, strumentalizzato ed estremizzato i movimenti di opposizione al capitalismo ed al fascismo, portandoli alla rovina. Il paragrafo si conclude così: "Stalin mise l'ultimo chiodo al coperchio della bara del socialismo rivoluzionario occidentale, dopo aver distrutto quello dell'Unione sovietica" ("Stalin was putting the final nail in the coffin of revolutionary socialism in the West, after it had been destroyed in the Soviet Union"). "The sources of social power - volume 4: Globalizations, 1945-2011", Michael Mann, Cambridge University Press, 2013. Cap.5, pag.86-128, "American empire during the cold war, 1945-1980", distingue tra i vari tipi di impero, secondo un gradiente discendente di potenza militare e un livello ascendente di potenza politica, economica ed ideologica. I tipi sono sei: impero diretto, indiretto, informale, oppure informale via proxies, imperialismo economico, egemonia in senso gramsciano. Cap.10, pag.268-321, "American empire at the turn of the twenty-first century". La politica di Bush il giovane dopo il 9/11 e le invasioni di Afghanistan e Iraq. Cap.7, pag.179-217, "The fall of Soviet alternative", descrive la caduta dell' "impero" sovietico, ("the end of Soviet empire abroad"). Gli sfortunati russi hanno sofferto due rivoluzioni, che secondo Mann non sono mai una buona idea; una dal basso nel 1917, l'altra dall'alto negli anni 80 con la perestroika di Gorbachev. Entrambe fallite."La Russia può considerarsi un caso esemplare del ruolo limitato della ragione negli affari umani e del fallimento degli umani nel risolvere adeguatamente le crisi che essi stessi si sono procurate.". Nella conclusione, cap.13 , a pag.418, si sostiene che "solo un impero è rimasto, e il suo declino è appena cominciato e continuerà". Si riferisce al residuo impero americano, il cui declino è ben documentato dai numerosi e continui "commentaries" di Immanuel Wallerstein, eminente sogiologo, storico, economista degli Stati Uniti, coautore con altri della famosa ed affermata teoria del "world-system" che M.Mann sostituisce con la sua più raffinata analisi IEMP . I.Wallerstein, G.Arrighi e Michael Mann rappresentano quella corrente di studi che fonde tra loro la sogiologia, la storia, l'economia, nota come "sociologia storica" o macrosociologia. Come ricorda Mann le quattro fonti del potere sociale IEMP sono modelli astratti utili solo a fini di analisi ma che "non esistono come pure forme nel mondo reale. Invece esse si solidificano attorno alle maggiori macro-istituzioni della società - in questo caso il capitalismo, lo stato-nazione, e gli imperi".

Crisi. "The sources of social power - Volume 4: Globalizations, 1945-22011", Michael Mann, Cambridge University Press, 2013. La descrizione delle tre grandi crisi che dobbiamo affrontare oggi su scala planetaria è molto compatta ma esaustiva nel IV volume di M.Mann. 1. Crisi militare e geopolitica con conseguente pericolo nucleare. Cap.2, "The postwar global order", soprattutto alle pag.30-33 il par. "The imperial and ideological pillar: The cold war", e alle pag.33-36 il par. "MAD and the decline of war". MAD sta per Mutual Assured Destruction, mutua distruzione assicurata. Cap.10, pag.268-321, "American empire at the turn of the twenty-first century", focalizzato sulla recente politica di espansione militare americana e la sua connessione con il petrolio e l'imperialismo economico (il signoraggio del dollaro). Nel lontano 1963, dopo la crisi dei missili a Cuba, circa mezzo secolo fa, J.F.Kennedy ( USA), Krutsciov (URSS) e Giovanni XXIII (Stato Vaticano) iniziarono un serio tentativo di disarmo nucleare. Al momento non vi sono iniziative in proposito tra le maggiori potenze nucleari (USA, Russia, Cina, Francia, UK). 2. Crisi economica capitalistica. Cap.11, pag.322-360; "Global crisis: The great neoliberal recession". 3. Crisi ambientale. Cap.12, pag.361-399, "Global crisis: Climate change". Chi si oppone ad una seria politica di controllo delle emissioni nocive di gas serra? Pag.375: Alcuni settori del business: imprese elettriche, settore minerario, le industrie del petrolio e del gas appoggiate dalle industrie satelliti che producono automobili e tutto quanto serve per l'agricoltura chimica (dal petrolio si ricavano tutti i fertilizzanti e i fitofarmaci prodotti dalle stesse multinazionali che applicano la bioingegneria delle sementi OGM).

Sistemi cooperativi. La costruzione e la diffusione di sistemi cooperativi anche complessi può avvenire, come avviene, nei vari campi di attività dei gruppi umani, nel campo della cultura e della scienza, dell'economia, della politica, persino nel campo militare. Dare la priorità ad alcuni di essi a scapito di altri significa non considerare gli esseri umani e le loro società come organismi viventi nella loro integrità e completezza. Esempi significativi sono riportati nel seguente lavoro di Yochai Benkler. "The penguin and the Leviathan - How cooperation triumphs over self-interest", Yochai Benkler, Crown Business, New York, 2011. Questo libro va studiato nei dettagli come un manuale operativo. Lo considero una piccola bibbia per fare sperimentazione cooperativa. Yochai Benkler, israeliano, professore di diritto ad Harvard (Usa), ha un sito: "benkler.org", da visitare perchè rimanda a tutte le attività del mondo Open Source. Ha impostato nel 2007 una ricerca di tre anni sulla cooperazione, basata sulla biologia evoluzionista, l'economia sperimentale, la teoria dei sistemi complessi, la sociologia organizzativa e la psicologia morale. Come si vede oltre a teorizzare la cooperazione, Y.Benkler la pratica. Tutta questa ricerca è riportata in questo libro. A pag.253, "When I moved to Harvard in late 2007...", racconta quali sono i personaggi ed i filoni di ricerca che è riuscito a unire e vitalizzare. "La ricchezza della rete - La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà", Yochai Benkler, Edizioni Bocconi Editore, 2007, disponibile anche su internet. Partendo da fenomeni significativi come Linux, Wikipedia (molto importante) e altri, introduce la "Commons Based Peer Production", CBPP. Viene tradotta come "Produzione sociale" ma sarebbe più appropriato chiamarla "produzione tra pari". "Il mutuo appoggio", Petr Kropotkin, traduzione di Camillo Berneri,edito da www.liberliber.it, scaricabile da Internet. Tra i primi e principali fautori e "scopritori" della cooperazione mutualistica ricordiamo Petr (Piotr) Kropotkin contemporaneamente versato sia nelle scienze storiche e sociali che in quelle naturali come geografia, ambiente, animali e il neonato evoluzionismo di Darwin. Kropotkin è un raro esempio di completezza umana, sagagia, umiltà, capacità di apprendere. Era un principe russo, figlio di una delle principali famiglie dell'aristocrazia risalente ai tempi di Ivan il grande. Essendo abituato al comando da quando era nato, ebbe modo di verificare appena entrato nell'adolescenza la sua totale inefficacia. Entrato a far parte dell' esclusivo "Corpo dei paggi" dello zar ebbe così la controprova delle sue teorie sulla gerarchia e sulle relazioni basate sull'autorità. Diventa uno dei principali anarchici della I Internazionale e soffre la prigione e l'esilio, rispettato dagli intellettuali e dal popolo russo. A differenza di Marx, Petr Kropotkin ha una solida esperienza scientifica. Le sue conoscenze di zoologia lo illuminano. Le trasformazioni che propone si preoccupa siano in grado di reggere il cambiamento e di apportare beneficio e non semplice distruzione e fallimento, come già subito intravede nella rivoluzione bolscevica del 1917. "Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze", Bruno Latour, Raffaello Cortina, 2000. Tratta del necessario rapporto, tutto da costruire, tra politica e scienze. La emergenza della scienza moderna dagli interstizi delle reti del complesso IEMP, dopo il suo oscuramento da parte del "grande" impero romano, durato fino a Bacone e Galileo, richiede ora la sua completa assimilazione nel processo di partecipazione democratica e nella sfera di un diffuso welfare planetario. "Software e Hardware Open Source", Remo Ronchitelli, Tesi di laurea triennale in sociologia a Padova, ottobre 2013, pubblicata su ortosociale.org . Tratta della emergenza storica e del rapporto tra reti economico culturali Open Source e le corrispondenti reti capitalistiche Closed Source.

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