Cinema05

Da Ortosociale.

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Melacholia di Lars von Trier
==Commento di Steve Imparato del Washington Post==
==Commento di Steve Imparato del Washington Post==
Ho assistito alla proiezione di Melacholia sulla Torre dei Giardini della Rotonda di Padova. Sul telone bianco alla base della torre, simbolo fallico del regime fascista degli anni 30, scorrevano gli eventi inspiegabili dell'incontro/scontro con un pianeta azzurro piuttosto grosso. Se fossimo stati Saturno avremmo potuto sperare nei tempi supplementari! A parte qualche interessante scena di sesso all'inizio, il film degrada verso una monotonia "ippica", dovuta ai primi piani cavallini di Charlotte Rampling e ai nitriti di uno stallone nero. Il buon Lars von Trier, cineasta del mare del nord, mare profondo in cui a volte è utile fare un tuffo per rinfrescarsi le idee, nella sua pretesa di spiegare la realtà, impresa fortunatamente poco riuscita sinora a chicchessia,  fa dire a Justine (Sade?): Io so tutto. Come in Zelig! Nell'incontro orgasmico tra Terra e Melancholia non si sa chi ci perde e chi vince. La foresta di simboli esposta dal regista viene situata in un ricco campo da golf con 18 o 19 buche, dove l'evocazione del "profumo di polpettone" evoca in Justine una smorfia maso-sado. Lo scorrere continuo di colazioni all'aperto e al chiuso con banali mirtilli e posate d'argento ha la inevitabile ritmicità della tragica conclusione. Stabilita la scarsa competenza tematica e stilistica di Lars vov (errore di stampa) Trier nel filone fanta-filosofico, restano alcune pregevoli annotazioni a margine: il muoversi di Justine in abito bianco da matrimonio stile Anita Ekberg, la "danza" della cinepresa sui primi piani con luce naturale (da candela stile Barry Lindon), la dissacrante rappresentazione del matrimonio, come festa e come istituzione, nella prima parte del film, sicuramente la più felice. Se Lars vov Trier si fosse fermato lì, senza addentrarsi nella complessa tematica della science fiction (Stanley Kubrick docet), ne sarebbe uscita una pellicola degna sicuramente di figurare nella prossima stagione del cineforum sociologico nel centro culturale e paesaggistico della provincia di Padova. Dopo l'impatto astronomico tra i due "corpi" celesti, il pubblico incazzato si è alzato furiosamente dalle sedie. Aveva capito il messaggio: "Siete una massa di stronzi e non avete diritto alla vita". Se Lars vov Trier avesse ragione, perchè negargli il diritto di fare un film (non due)?
Ho assistito alla proiezione di Melacholia sulla Torre dei Giardini della Rotonda di Padova. Sul telone bianco alla base della torre, simbolo fallico del regime fascista degli anni 30, scorrevano gli eventi inspiegabili dell'incontro/scontro con un pianeta azzurro piuttosto grosso. Se fossimo stati Saturno avremmo potuto sperare nei tempi supplementari! A parte qualche interessante scena di sesso all'inizio, il film degrada verso una monotonia "ippica", dovuta ai primi piani cavallini di Charlotte Rampling e ai nitriti di uno stallone nero. Il buon Lars von Trier, cineasta del mare del nord, mare profondo in cui a volte è utile fare un tuffo per rinfrescarsi le idee, nella sua pretesa di spiegare la realtà, impresa fortunatamente poco riuscita sinora a chicchessia,  fa dire a Justine (Sade?): Io so tutto. Come in Zelig! Nell'incontro orgasmico tra Terra e Melancholia non si sa chi ci perde e chi vince. La foresta di simboli esposta dal regista viene situata in un ricco campo da golf con 18 o 19 buche, dove l'evocazione del "profumo di polpettone" evoca in Justine una smorfia maso-sado. Lo scorrere continuo di colazioni all'aperto e al chiuso con banali mirtilli e posate d'argento ha la inevitabile ritmicità della tragica conclusione. Stabilita la scarsa competenza tematica e stilistica di Lars vov (errore di stampa) Trier nel filone fanta-filosofico, restano alcune pregevoli annotazioni a margine: il muoversi di Justine in abito bianco da matrimonio stile Anita Ekberg, la "danza" della cinepresa sui primi piani con luce naturale (da candela stile Barry Lindon), la dissacrante rappresentazione del matrimonio, come festa e come istituzione, nella prima parte del film, sicuramente la più felice. Se Lars vov Trier si fosse fermato lì, senza addentrarsi nella complessa tematica della science fiction (Stanley Kubrick docet), ne sarebbe uscita una pellicola degna sicuramente di figurare nella prossima stagione del cineforum sociologico nel centro culturale e paesaggistico della provincia di Padova. Dopo l'impatto astronomico tra i due "corpi" celesti, il pubblico incazzato si è alzato furiosamente dalle sedie. Aveva capito il messaggio: "Siete una massa di stronzi e non avete diritto alla vita". Se Lars vov Trier avesse ragione, perchè negargli il diritto di fare un film (non due)?

Versione corrente delle 11:02, 29 lug 2012

Melacholia di Lars von Trier

Indice

Commento di Steve Imparato del Washington Post

Ho assistito alla proiezione di Melacholia sulla Torre dei Giardini della Rotonda di Padova. Sul telone bianco alla base della torre, simbolo fallico del regime fascista degli anni 30, scorrevano gli eventi inspiegabili dell'incontro/scontro con un pianeta azzurro piuttosto grosso. Se fossimo stati Saturno avremmo potuto sperare nei tempi supplementari! A parte qualche interessante scena di sesso all'inizio, il film degrada verso una monotonia "ippica", dovuta ai primi piani cavallini di Charlotte Rampling e ai nitriti di uno stallone nero. Il buon Lars von Trier, cineasta del mare del nord, mare profondo in cui a volte è utile fare un tuffo per rinfrescarsi le idee, nella sua pretesa di spiegare la realtà, impresa fortunatamente poco riuscita sinora a chicchessia, fa dire a Justine (Sade?): Io so tutto. Come in Zelig! Nell'incontro orgasmico tra Terra e Melancholia non si sa chi ci perde e chi vince. La foresta di simboli esposta dal regista viene situata in un ricco campo da golf con 18 o 19 buche, dove l'evocazione del "profumo di polpettone" evoca in Justine una smorfia maso-sado. Lo scorrere continuo di colazioni all'aperto e al chiuso con banali mirtilli e posate d'argento ha la inevitabile ritmicità della tragica conclusione. Stabilita la scarsa competenza tematica e stilistica di Lars vov (errore di stampa) Trier nel filone fanta-filosofico, restano alcune pregevoli annotazioni a margine: il muoversi di Justine in abito bianco da matrimonio stile Anita Ekberg, la "danza" della cinepresa sui primi piani con luce naturale (da candela stile Barry Lindon), la dissacrante rappresentazione del matrimonio, come festa e come istituzione, nella prima parte del film, sicuramente la più felice. Se Lars vov Trier si fosse fermato lì, senza addentrarsi nella complessa tematica della science fiction (Stanley Kubrick docet), ne sarebbe uscita una pellicola degna sicuramente di figurare nella prossima stagione del cineforum sociologico nel centro culturale e paesaggistico della provincia di Padova. Dopo l'impatto astronomico tra i due "corpi" celesti, il pubblico incazzato si è alzato furiosamente dalle sedie. Aveva capito il messaggio: "Siete una massa di stronzi e non avete diritto alla vita". Se Lars vov Trier avesse ragione, perchè negargli il diritto di fare un film (non due)?

Commento di Nick Imparato del Guizza Post

molto interessante! non avevo fatto caso ai primi piani "cavallini" della rampling, e concordo sul fatto che la prima parte del film sia la più riuscita, anche se non posso non apprezzare dal 3/4 in avanti, dove l'imminente catastrofe, piena di fascino ma che non lascerà scampo all'umanità (nessuna redenzione), instilla nello spettatore goccie di ansia densa e pruriginosa. la Dunst eterea ed assente, al pubblico e a sè stessa, riprende la sua stessa recitazione di Marie Antoinette, di Sophie Coppola, brava. tuo per sempre Nick Imparato del Guizza Post (tiratura del 15/7/2012 = 1.200.000 copie)

Commento di Bebella critico giovane, debuttante ed esclusivamente shakespeariano della Gazzetta di Albignasego

Ieri Nicola (Nicole "Nick" Imparato) ho visto il film Melancholia, non so dirti se sia stato più noioso o più angosciante, diciamo che le due situazione si sono disputate il primato per l'intera proiezione. Ogni tanto Gianni mi doveva svegliare perchè temeva che russassi, la protagonista inoltre era quanto di più indisponente si possa trovare nell'universo femminile, risvegliava in me istinti omicidi. Forse non sarò molto competente e immagino che il regista abbia voluto dare un messaggio ma francamente ho trovato esagerato il personaggio di questa ragazza che con la scusa che conosceva il "futuro" approfittava di tutti quelli che le stavano intorno calpestando la loro sensibilità (della serie siccome so che non c'è scampo, mi togo qualche sassolino dalla scarpa e mi fotto chi mi pare). Ma quanto se la menano questi registi......................." Scusa questa critica da washington post de "noiartri" ma avrei preferito vedere Biancaneve e i sette nani. Sono disponibile per critiche anche teatrali e musicali, prezzi modici.

Commento del New York Times

Woody Alien sta preparando un film di fantascienza.

Commento di Cadigia Hassan, sociologa

Melancholia è un film visionario, nel quale le immagini prendono il sopravvento sulle parole, in cui le scene mutano senza filo logico, saltando di palo in frasca, proprio come avviene con gli sbalzi d'umore di chi è sotto l'influsso di questo pianeta/stato d'animo. Un film, per quanto mi riguarda, probabilmente troppo sofisticato per essere colto appieno nella sua immediatezza, ma che in qualche modo ti entra dentro, scava nei sotterranei dell'inconscio e restituisce interpretazioni e riflessioni (ri)laborate. Così è successo a me. Mi sono svegliata questa mattina con in mente le parole che Justine rivela alla sorella Claire: "Siamo soli nell'universo", seguite da "la terra è cattiva, nessuno la rimpiangerà". Justine le pronuncia con la flemma di una preveggente, con la saggia calma di chi attende un epilogo che non è in grado di contrastare. Quel che von Trier mette in scena è il crollo delle certezze (degli affetti, del futuro, della scienza) e il trionfo della precarietà (nel giro di una notte c'è chi perde un marito, chi perde un lavoro, chi perde entrambe le cose). Riflettori puntati anche sulla forza d'animo interiore, anch'essa mai data per scontata: il flusso/influsso degli eventi, come in una macabra danza tra la vita e la morte, inverte i ruoli e le relazioni: chi soccorre viene soccorso, chi si aggrappa diventa roccia per gli altri, chi dà forza soccombe nella maniera più ingrata (togliendosi la vita). Forse i bambini rimangono sempre se stessi, grazie al pensiero magico e alla fiducia che hanno negli adulti, nonostante le loro incongruenze e i loro barcollamenti. Se dovessi usare un solo aggettivo per descrivere Melancholia utilizzerei "magnetico" per la sua grande forza di attrazione e repulsione, ben rappresentata dall'incontro/scontro tra i due pianeti. D'altronde è il magnetismo che fa girare il mondo (e con esso anche gli ormoni)!

GianniRasiPensiero

Il GianniRasiPensiero è abbastanza in linea con quanto esposto dai miei illustri colleghi, il film è certamente troppo lento e incasinato ma mi ha deliziato per la bellezza delle immagini, sia fine a se stessa sia come esposizione/spiegazione della vicenda. Bisognerebbe discutere tutti insieme dell'argomento, soprattutto dei simbolismi fotografici presenti nella pellicola. A presto dunque, per una sobria discussione!

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