Linguaggio della Dea

Da Ortosociale.

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Nella letteratura culturale europea il primo riconoscimento di un ordine matristico affermatosi prima delle forme storicizzate nel pensiero e nella vita dell'Europa e del Vicino Oriente apparve nel 1861 in <<Das Mutterrecht>>  di Johann Jacob Bachofen, dove si dimostrava che nella normativa del diritto romano erano riconoscibili tracce residuali di una successione matrilineare nell'eredità. Negli Stati uniti 10 anni prima era uscito un saggio in due volumi su una società in cui era ancora individuabile un simile principio del "diritto della madre": <<The league of the Ho-dé-no-sau-nee or Iroquois>> di Lewis H.Morgan, il quale in seguito, attraverso un'analisi sinottica dei sistemi parentali in America e in Asia, aveva documentato come quest'ordinamento pre-patriarcale fosse diffuso fra quasi tutte le comunità del mondo. Bachofen verso il 1871 riconobbe l'importanza che per i suoi studi aveva avuto l'opera di Morgan, segnando un passaggio decisivo alla comprensione di tale fenomeno sociologico in ambito non più meramente europeo ma mondiale. Di conseguenza la ricostruzione svolta da Marija Gimbutas nel <<Linguaggio della Dea>> acquista una valenza storica assai più ampia di quella limitata all'Europa Antica dall'Atlantico al Dnjepr nel periodo 7000-3500 a.C. circa. Va anche aggiunto che - in contrapposizione alle mitologie delle tribù indoeuropee di allevatori che in varie ondate invasero i territori antico-europei a partire dal IV millennio a.C. e i cui pantheon, enfatizzati sul maschile, rispecchiavano ideali sociali, norme e istanze politiche dei loro gruppi etnici di appartenenza - l'iconografia della Grande Dea era sorta dall'osservazione e dalla venerazione delle leggi naturali. [Nota di Remo: questo punto è fondamentale, secondo me. Mentre gli invasori indoeuropei veneravano degli dei bellicosi che riflettevano la loro società e la loro stessa psiche, degli dei che erano la proiezione delle loro stesse paranoie, degli dei che avrebbero poi generato le attuali religioni "patriarcali", i popoli dell'Europa Antica amavano ed osservavano la Natura. Lo stesso amore e la stessa conoscenza che hanno portato alla nascita della scienza attuale. L'amore e la venerazione per la Grande Dea  continua oggi con lo stupore con cui osserviamo e studiamo scientificamente l'Universo e la vita] Il glossario di Gimbutas sui segni pittorici di quel primordiale tentativo di parte dell'umanità di comprendere la bellezza e la meraviglia della Creazione e di viverci in armonia adombra, in termini di simbologia archetipale, una concezione della vita antitetica da ogni punto di vista ai meccanismi adulterati che si sono imposti all'Occidente in epoca storica.  
Nella letteratura culturale europea il primo riconoscimento di un ordine matristico affermatosi prima delle forme storicizzate nel pensiero e nella vita dell'Europa e del Vicino Oriente apparve nel 1861 in <<Das Mutterrecht>>  di Johann Jacob Bachofen, dove si dimostrava che nella normativa del diritto romano erano riconoscibili tracce residuali di una successione matrilineare nell'eredità. Negli Stati uniti 10 anni prima era uscito un saggio in due volumi su una società in cui era ancora individuabile un simile principio del "diritto della madre": <<The league of the Ho-dé-no-sau-nee or Iroquois>> di Lewis H.Morgan, il quale in seguito, attraverso un'analisi sinottica dei sistemi parentali in America e in Asia, aveva documentato come quest'ordinamento pre-patriarcale fosse diffuso fra quasi tutte le comunità del mondo. Bachofen verso il 1871 riconobbe l'importanza che per i suoi studi aveva avuto l'opera di Morgan, segnando un passaggio decisivo alla comprensione di tale fenomeno sociologico in ambito non più meramente europeo ma mondiale. Di conseguenza la ricostruzione svolta da Marija Gimbutas nel <<Linguaggio della Dea>> acquista una valenza storica assai più ampia di quella limitata all'Europa Antica dall'Atlantico al Dnjepr nel periodo 7000-3500 a.C. circa. Va anche aggiunto che - in contrapposizione alle mitologie delle tribù indoeuropee di allevatori che in varie ondate invasero i territori antico-europei a partire dal IV millennio a.C. e i cui pantheon, enfatizzati sul maschile, rispecchiavano ideali sociali, norme e istanze politiche dei loro gruppi etnici di appartenenza - l'iconografia della Grande Dea era sorta dall'osservazione e dalla venerazione delle leggi naturali. [Nota di Remo: questo punto è fondamentale, secondo me. Mentre gli invasori indoeuropei veneravano degli dei bellicosi che riflettevano la loro società e la loro stessa psiche, degli dei che erano la proiezione delle loro stesse paranoie, degli dei che avrebbero poi generato le attuali religioni "patriarcali", i popoli dell'Europa Antica amavano ed osservavano la Natura. Lo stesso amore e la stessa conoscenza che hanno portato alla nascita della scienza attuale. L'amore e la venerazione per la Grande Dea  continua oggi con lo stupore con cui osserviamo e studiamo scientificamente l'Universo e la vita] Il glossario di Gimbutas sui segni pittorici di quel primordiale tentativo di parte dell'umanità di comprendere la bellezza e la meraviglia della Creazione e di viverci in armonia adombra, in termini di simbologia archetipale, una concezione della vita antitetica da ogni punto di vista ai meccanismi adulterati che si sono imposti all'Occidente in epoca storica.  
Non possiamo non percepire che <<Il linguaggio della Dea>> di Marija Gimbutas, apparso in questo scorcio di secolo, dia evidente rilievo all'esigenza, universalmente riconosciuta ai giorni nostri, di una trasformazione collettiva delle coscienze. Il messaggio del libro è che si inauguri un'epoca di armonia e di pace in consonanza con le energie creative della natura, com'è accaduto per tutti i 4000 anni di preistoria che hanno preceduto quell' "INCUBO" di 5000 anni - così lo ha definito James Joyce a causa dei suoi scontri d'interesse tribali e nazionali - dal quale è senz'altro giunta l'ora che il pianeta si svegli.
Non possiamo non percepire che <<Il linguaggio della Dea>> di Marija Gimbutas, apparso in questo scorcio di secolo, dia evidente rilievo all'esigenza, universalmente riconosciuta ai giorni nostri, di una trasformazione collettiva delle coscienze. Il messaggio del libro è che si inauguri un'epoca di armonia e di pace in consonanza con le energie creative della natura, com'è accaduto per tutti i 4000 anni di preistoria che hanno preceduto quell' "INCUBO" di 5000 anni - così lo ha definito James Joyce a causa dei suoi scontri d'interesse tribali e nazionali - dal quale è senz'altro giunta l'ora che il pianeta si svegli.
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==Introduzione di Marija Gimbutas==
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Introduzione a "Il linguaggio della Dea" di Marija Gimbutas.
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Scopo di questo libro è presentare una sceneggiatura iconografata della religione della Grande Dea dell'Europa Antica, consistente in segni, simboli e immagini di Divinità. Sono queste infatti, le nostre fonti primarie per ricostruire tale scenario preistorico e sono vitali per qualunque comprensione autentica della religione e della mitologia occidentali. Quando una ventina d'anni fa iniziai a interrogarmi sul significato dei segni e delle figure ricorrenti sugli oggetti di culto e sulla ceramica dipinta del Neolitico Europeo mi resi conto, con stupore, che erano i pezzi di un gigantesco puzzle, del quale due terzi erano andati perduti. Via via che lavorava al suo completamento emergevano i temi principali delle concezioni dell'Europa Antica, primariamente attraverso l'analisi dei simboli e delle immagini e la scoperta del loro ordine intrinseco: costituiscono infatti la grammatica e la sintassi di una sorta di metalinguaggio attraverso il quale è stata trasmessa tutta una costellazione di significati e rivelano la visione del mondo diffusa nella cultura dell'Europa Antica (ossia pre-indoeuropea). E' raro che i simboli siano astratti in senso effettivo: mantengono forti legami con la natura, individuabili studiando contesto e associazioni. Soltanto così possiamo sperare di decifrare il pensiero mitico che la raison d'etre di quest'arte e il fondamento della sua forma.

Versione delle 21:33, 22 feb 2010

Il Libro

"Il linguaggio della Dea" di Marija Gimbutas. Edito da Venexia Editrice, Viale dei Primati Sportivi 88, 00144 Roma, Tel. 06-45476421 Fax 06-5090166, orlandini@venexia.it www.venexia.it Selene Ballerini è la curatrice della versione italiana.

Prefazione di Joseph Campbell

Un secolo e mezzo fa Jean-Francois Champollion attraverso la decifrazione della stele di Rosetta riuscì a stabilire un lessico di geroglifici di cui successivamente ci si avvalse per interpretare lo smisurato tesoro del pensiero religioso egizio dal 3200 a.C. al periodo tolemaico. Allo stesso modo Marija Gimbutas con questa sua raccolta, classificazione ed esegesi descrittiva di oltre 2000 manufatti simbolici rinvenuti in siti europei dell'Antico Neolitico (7000-3500 a.C. circa) è stata in grado non soltanto di elaborare un repertorio basilare di elementi figurativi ricorrenti quali chiavi interpretative della mitologia di un'epoca, mai prima documentata, ma anche di fissare, sul fondamento di questi segni decodificati, le linee peculiari e i principali contenuti di una religione che venerava sia l'universo in quanto vivente corpo della Dea-Madre Creatrice, sia tutto ciò che vive al suo interno perchè partecipe della sua divinità. Una religione - lo si capisce subito - che si pone in antitesi con le parole dette dal Padre-Creatore ad Adamo nel Genesi (3, 19): "con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!"; in quella mitologia dei primordi la terra da cui tutti gli esseri viventi sono stati originati non è infatti polvere bensì vita, proprio come la Dea-Creatrice. Nella letteratura culturale europea il primo riconoscimento di un ordine matristico affermatosi prima delle forme storicizzate nel pensiero e nella vita dell'Europa e del Vicino Oriente apparve nel 1861 in <<Das Mutterrecht>> di Johann Jacob Bachofen, dove si dimostrava che nella normativa del diritto romano erano riconoscibili tracce residuali di una successione matrilineare nell'eredità. Negli Stati uniti 10 anni prima era uscito un saggio in due volumi su una società in cui era ancora individuabile un simile principio del "diritto della madre": <<The league of the Ho-dé-no-sau-nee or Iroquois>> di Lewis H.Morgan, il quale in seguito, attraverso un'analisi sinottica dei sistemi parentali in America e in Asia, aveva documentato come quest'ordinamento pre-patriarcale fosse diffuso fra quasi tutte le comunità del mondo. Bachofen verso il 1871 riconobbe l'importanza che per i suoi studi aveva avuto l'opera di Morgan, segnando un passaggio decisivo alla comprensione di tale fenomeno sociologico in ambito non più meramente europeo ma mondiale. Di conseguenza la ricostruzione svolta da Marija Gimbutas nel <<Linguaggio della Dea>> acquista una valenza storica assai più ampia di quella limitata all'Europa Antica dall'Atlantico al Dnjepr nel periodo 7000-3500 a.C. circa. Va anche aggiunto che - in contrapposizione alle mitologie delle tribù indoeuropee di allevatori che in varie ondate invasero i territori antico-europei a partire dal IV millennio a.C. e i cui pantheon, enfatizzati sul maschile, rispecchiavano ideali sociali, norme e istanze politiche dei loro gruppi etnici di appartenenza - l'iconografia della Grande Dea era sorta dall'osservazione e dalla venerazione delle leggi naturali. [Nota di Remo: questo punto è fondamentale, secondo me. Mentre gli invasori indoeuropei veneravano degli dei bellicosi che riflettevano la loro società e la loro stessa psiche, degli dei che erano la proiezione delle loro stesse paranoie, degli dei che avrebbero poi generato le attuali religioni "patriarcali", i popoli dell'Europa Antica amavano ed osservavano la Natura. Lo stesso amore e la stessa conoscenza che hanno portato alla nascita della scienza attuale. L'amore e la venerazione per la Grande Dea continua oggi con lo stupore con cui osserviamo e studiamo scientificamente l'Universo e la vita] Il glossario di Gimbutas sui segni pittorici di quel primordiale tentativo di parte dell'umanità di comprendere la bellezza e la meraviglia della Creazione e di viverci in armonia adombra, in termini di simbologia archetipale, una concezione della vita antitetica da ogni punto di vista ai meccanismi adulterati che si sono imposti all'Occidente in epoca storica. Non possiamo non percepire che <<Il linguaggio della Dea>> di Marija Gimbutas, apparso in questo scorcio di secolo, dia evidente rilievo all'esigenza, universalmente riconosciuta ai giorni nostri, di una trasformazione collettiva delle coscienze. Il messaggio del libro è che si inauguri un'epoca di armonia e di pace in consonanza con le energie creative della natura, com'è accaduto per tutti i 4000 anni di preistoria che hanno preceduto quell' "INCUBO" di 5000 anni - così lo ha definito James Joyce a causa dei suoi scontri d'interesse tribali e nazionali - dal quale è senz'altro giunta l'ora che il pianeta si svegli.

Introduzione di Marija Gimbutas

Introduzione a "Il linguaggio della Dea" di Marija Gimbutas.

Scopo di questo libro è presentare una sceneggiatura iconografata della religione della Grande Dea dell'Europa Antica, consistente in segni, simboli e immagini di Divinità. Sono queste infatti, le nostre fonti primarie per ricostruire tale scenario preistorico e sono vitali per qualunque comprensione autentica della religione e della mitologia occidentali. Quando una ventina d'anni fa iniziai a interrogarmi sul significato dei segni e delle figure ricorrenti sugli oggetti di culto e sulla ceramica dipinta del Neolitico Europeo mi resi conto, con stupore, che erano i pezzi di un gigantesco puzzle, del quale due terzi erano andati perduti. Via via che lavorava al suo completamento emergevano i temi principali delle concezioni dell'Europa Antica, primariamente attraverso l'analisi dei simboli e delle immagini e la scoperta del loro ordine intrinseco: costituiscono infatti la grammatica e la sintassi di una sorta di metalinguaggio attraverso il quale è stata trasmessa tutta una costellazione di significati e rivelano la visione del mondo diffusa nella cultura dell'Europa Antica (ossia pre-indoeuropea). E' raro che i simboli siano astratti in senso effettivo: mantengono forti legami con la natura, individuabili studiando contesto e associazioni. Soltanto così possiamo sperare di decifrare il pensiero mitico che la raison d'etre di quest'arte e il fondamento della sua forma.

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