Storia31

Da Ortosociale.

Indice

Regionali in Emilia-Romagna e Calabria

In Emilia-Romagna, ha votato il 37,7% degli elettori, in Calabria il 44,1%. In Emilia-Romagna vince di misura il Pd renziano, a fronte di un successo della Lega Nord di Salvini. In entrambe le regioni l'astensione presenta numeri impressionanti, se paragonati alle Regionali del 2010 (68% in E-R, 59,3% in Calabria) e alle Europee di 6 mesi fa (il 70% in Emilia-Romagna, il 45,5% in Calabria), quelle del 40,8% targato Matteo Renzi. I motivi sono diversi e contano le inchieste giudiziarie che negli ultimi mesi hanno martoriato entrambe le Regioni, da quella delle 'spese pazze' in Emilia-Romagna a quella che, il 29 aprile scorso, costrinse alle dimissioni l'ex presidente calabrese Giuseppe Scopelliti. Vicende che hanno certamente allontanato gli elettori dalle urne ma che non spiegano del tutto un'astensione choc destinata ad irrompere nel dibattito politico. Come in Friuli con la Serracchiani, vicepresidente del PD, il partito vince ma in un mare di astensioni.

Governabilità senza rappresentanza

I dati sono disarmanti", evidenzia Pippo Civati dell'opposizione interna del PD, evocando il "pericolo" di una governabilità senza rappresentanza. Parole a cui replica, indirettamente, il renziano Andrea Marcucci: "L'astensione chiama in causa tutti i partiti, non certo solo il Pd". La replica di Andrea Marcucci non coglie il motivo profondo dell'astensione: il fatto che "tutti i partiti" siano una presenza oscura indifferenziata agli occhi della grande maggioranza degli elettori. Come in Nord America più della metà della popolazione non si reca a votare e non esercita il suo diritto/dovere del voto perchè ritiene che i partiti siano una espressione delle lobbies. Lobbies che esercitano il loro potere attraverso la corruzione che emerge poi dalle inchieste giudiziarie.

Lega Nord come Marine Le Pen

Le elezioni di domenica confermano l'ascesa del leader della Lega Salvini, attivissimo nei suoi tour elettorali e nella sua polemica populista, contro le Lobbies appunto. Il suo candidato in Emilia-Romagna, Alan Fabbri, sostenuto anche da FI e Fdi, sembra infatti proiettato oltre il 35%, a meno di dieci punti dal favorito Stefano Bonaccini. La Lega si avvia ad imporsi come l'attrattore "strano" della destra e il secondo partito, dopo il Pd, con FI lontanissima, sul modello di Marine Le Pen. Ruolo attrattivo in veloce dissolvenza, invece, per il M5S che in Calabria precipita al 6% e in Emilia-Romagna non crolla ma si attesta con il 13% come terzo partito dopo la Lega (è questa la percentuale dei seguagi del sindaco "dissidente" di Parma Pizzarotti? o dei due consiglieri M5S espulsi nel corso della legislatura?). Per quanto riguarda il PD, in Emilia Romagna il candidato di Renzi ha perso oltre l'8% e centinaia di migliaia di voti rispetto alle europee di appena sei mesi fa. La coalizione di centrosinistra non ha sfondato la soglia psicologica del 50%, fermandosi al 48% (quando lo scrutinio era oltre metà) e peggiorando sensibilmente il risultato delle regionali di quattro anni fa. In Calabria ha vinto con una percentuale del 61% un esponente della opposizione interna che si appresta a negare la fiducia al "Jobs Act".

Crisi del sistema "Amministratori Locali del PD"

La crisi del sistema Emilia-Romagna, già annunciata con la vittoria del primo sindaco di destra a Bologna nel 1999 con Giorgio Guazzaloca, mette in discussione tutta la struttura politica del PD attuale, basata su amministratori locali (sindaci, consiglieri e presidenti provinciali e regionali) che drenavano il consenso popolare amministrando intere regioni come la Toscana e l'Emilia-Romagna. Di questo "sistema" sono espressioni due figure politiche di spicco come Matteo Renzi, sindaco di Firenze e presidente della provincia omonima, e come Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia nel 2004 e già presidente di ANCI. Fonte:

Strumenti personali