Sociologia82

Da Ortosociale.

Queste considerazioni sulle amministrative 2017 mettono in relazione 4 articoli della Nuova Sardegna del 14 giugno 2017. Gli articoli riguardano un dibattito sulla presunta sconfitta a livello nazionale del M5S, il punto di vista degli indipendentisti sardi, le preoccupazioni dell'assessore Erriu della Giunta Regionale Sarda, la proposta di costituzione di un polo moderato di centrodestra con FI.

Indice

M5S, partiti nazionali e Sardegna

Sia i portavoce del M5S sardo, Roberto Cotti e Mario Puddu, sia il loro critico Paolo Becchi, dichiarano che il M5S è molto forte in Sardegna, come "movimento di opinione". Paolo Becchi, filosofo: "Ho scritto un libro sui comuni da loro amministrati: non ne funziona neanche uno. O meglio l'unico era a Parma, ma Pizzarotti non è più 5 stelle e gli elettori lo hanno premiato". Roberto Cotti, deputato sardo del M5S: "Alle elezioni siamo stati penalizzati dalla valanga di civiche che si contrappongono ai partiti tradizionali alla stessa nostra maniera". Cita l'effetto Martinez a Oristano che ha superato come voti la candidata del M5S. Questo ci induce a centare la nostra attenzione sulla evidente crisi dei partiti e sul fenomeno delle liste civiche, da sempre presente ma oggi più forte. La crisi dei partiti ha cause storiche generali che gli studiosi legano ad una astratta "crisi dei meccanismi di rappresentanza delle società di massa". In realtà ogni paese ha tipologie specifiche di partiti e di rappresentanza, basate sulla tradizione istituzionale politica statuale (o sulla mancanza di una tradizione istituzionale politica statuale). Ogni paese o stato-nazione entra poi in modo specifico nella rete dei sistemi economici e culturali presenti. Utilizzando il modello IEMP, la mia tesi è che la crisi dei partiti abbia cause sistemiche che risiedono nell'interazione tra il sistema istituzionale politico (lo stato), che è il dominio di esistenza dei partiti che lo "colonizzano", il sistema economico oggi monopolizzato dalla teoria e dalla prassi neoliberiste, i vari sistemi culturali (religiosi, scientifici, ideologici, intellettuali) che oggi sono molto frammentati e conflittuali. Per semplificare in modo brutale: le interazioni politiche infrastatali (tra partiti) e interstatali (dirette da un partito o come in Germania da una coalizione di partiti) sono: cariche di "fratture" e specificità; dominate in larga parte da una politica neoliberista di austerità più (à la Clinton/Obama) o meno (à la Schauble) dolce; divise ideologicamente tra visioni dominate dalle varie religioni storiche, un espandersi autoritativo del "pensiero scientifico", una costellazione di sperimentazioni post-moderne. I partiti storici non sono in grado di reggere questa complessità. Nè, a quanto pare, ad elaborare sul piano culturale soluzioni profondamente innovative per governare questa complessità. La crisi del sistema culturale, con l'eccezione della svolta vaticana di papa Bergoglio, comporta la mancanza di un modello teorico alternativo capace di costruire un progetto sociale, dopo il clamoroso e definitivo fallimento marxista. Dove per "fallimento di un modello" si intende il fallimento di praticamente tutte le varie sperimentazioni pratiche che ad esso si sono ispirate. Su un piano più immediato e concreto la crisi dei partiti si evidenzia nella incapacità di gestire i problemi reali quotidiani dei cittadini là dove vivono e risiedono, nel territorio che loro abitano. Le elezioni amministrative sono dunque la cartina di tornasole per le soluzioni proposte dai partiti, che sono tutti partiti centralizzati, "nazionali", compresa la Lega Nord di Salvini. "Nazionali" o più correttamente "nazionalisti", nel senso che contrastano fortemente le autonomie locali, come il tentativo di riforma costituzionale Renzi-Boschi ha dimostrato. La mia tesi è che la crisi del M5S nel suo tentativo di governo del territorio stia nel suo approccio centralistico, pilotato tra l'altro da una ristrettissima e sgangherata oligarchia di pochissime persone. Un approccio "nazionalistico". I territori non vengono riconosciuti in base alle loro specificità, non viene rinosciuta la loro capacità di autogoverno e di autonomia amministrativa, il loro stesso livello di esistenza viene considerato "inferiore" quando sono invece i territori che sperimentano il malfunzionamento della economia (disoccupazione e sviluppo bloccato) e dei servizi (sanità, trasporti, formazione, migrazione e integrazione culturale). La mia tesi è che tutti i partiti siano culturalmente organizzati per assumere il potere politico statale, accontentandosi di soluzioni generaliste astratte che non incidono sulle cause reali dei problemi. Ad esempio la lotta alla corruzione proposta dal M5S o lo schiacciamento meccanico sulle posizioni neoliberiste e anti-ambientali del PD. Soluzioni che non funzionano proprio nel contesto territoriale in cui vengono applicate. Il caso della Sardegna è una lezione scolastica in tal senso. Per seguire una politica locale ispirata all'autogoverno ed alla partecipazione dei cittadini che esalti la biodiversità culturale, economica e politica che i territori sono in grado di esprimere, meglio seguire l'esempio di Pizzarotti a Parma che quello di Virginia Raggi a Roma, sotto tutela di Grillo. Secondo il principio di sussidiaretà sancito dalla UE, allo stato nazionale rimane il compito di coordinare queste espressioni vitali delle diversità locali, lingue comprese. Le autonomie locali sono l'unico aiuto possibile alla crisi dello "stato-nazione" che si evidenzia nella paurosa crisi economica dei debiti sovrani, conseguente alla crisi del cosiddetto "mercato", mercato bloccato nel suo ulteriore sviluppo dai limiti matematici delle risorse planetarie. Limiti previsti circa 50 anni fa, smentiti da esperti senza mai addurre prove, e dimostrati validi dall'unico ricercatore (australiano) che è andato a verificare. Limiti che oggi si misurano in base alla "impronta ecologica" di Mathis Wackernagel

Ripartire dai Territori

Il circolo vizioso della crisi stato-mercato raggiunge un livello di estremo pericolo nel momento in cui distrugge il welfare degli stati ricchi e minaccia la sicurezza economica, politica e culturale dei cittadini. I quali sono costretti a vagare elettoralisticamente tra le sirene di chi promette uno stato gestito come la propria azienda (Berlusconi), soluzioni neoliberiste sul modello Fiat (PD), o un ripristino del welfare stile anni 1970 come se niente fosse accaduto nel frattempo (Sinistra). L'instabilità aumenta anche perchè questo circolo vizioso stato-mercato-cultura (partiti-economia-ideologie) presente negli stati ricchi, viene rinforzato da quello degli stati poveri che alimentano la migrazione economica, politica, ambientale, in aumento. Si aggiungano i circoli viziosi degli stati emergenti come Cina, India e Brasile che scaricano migranti e merci sottocosto negli ex-paesi ricchi. È recente la notizia che la Cina sia disposta a comprare per 7 miliardi i supermercati (italiani) Esselunga, che verranno probabilmente riempiti di merci d'importazione, come avviene negli Usa con Walmart. Gli stati poveri e gli stati emergenti vedono gli stati ricchi nel fotogramma dei felici anni 1970, cercandovi i modelli di welfare che qui cominciano a sparire. La intelligentissima èlite marxista-leninista-confuciana della Repubblica Popolare Cinese prende come modello gli stati ricchi in via di declino (Usa, UK, Francia, la Germania regge...). Stati ricchi che delocalizzano negli stati emergenti per scaricare le esternalità distruttive dell'ambiente, molto più costose da gestire della manodopera autoctona o immigrata. Sostituire questi circoli viziosi con un circolo virtuoso di sviluppo locale autoorganizzato non sarà facile. ma occorre decidere quale direzione prendere, prima di tutto a livello locale. È quindi necessario parlare di governance territoriale, economica, politica, culturale anche attraverso il dibattito e la progettualità scatenati dalle elezioni amministrative. Bisogna decidere se continuare o non continuare a centralizzare, sovraccaricando lo stato di oneri economici, politici, culturali, amministrativi con l'esplosione di leggi, leggine, controleggi che non riescono comunque ad esprimere regole fondamentali come la legge elettorale o una seria riforma costituzionale. Ripartire dai territori significa liberare l'immaginario collettivo nazionale da forme di vittimismo e autocommiserazione in attesa che i nostri problemi trovino soluzioni calate dall'alto in forme miracolistiche, dai partiti-nazione ai gratta-e-vinci.

Gli indipendentisti bocciano il partito unico

In Sardegna al movimento delle liste civiche, come quella di Martinez a Oristano, si associano vari movimenti indipendentisti, o sovranisti, sviluppo dei precedenti movimenti autonomisti sardi come il Partito Sardo d'Azione fondato nel 1922 da Emilio Lussu e altri. L'accezione di indipendentismo verrà qui declinata come autogoverno e autonomia culturale, politica, economica. Il cosiddetto "sovranismo" si risolve invece in una specifica definizione della autonomia del "Sistema" Sardegna nei confronti di più ampi sistemi politici, economici, culturali secondo il Modello IEMP. Una autonomia che garantisca alla Sardegna uno sviluppo demografico, economico, politico e culturale compromesso da secoli di condizione di "colonia colonizzata". In questa prospettiva è molto interessante la posizione di Pierfranco Devias di "Liberu" sulla possibilità di un partito unico delle varie sigle indipendentiste. "Il partito unico non lo vuole nessuno - spiega - e alla fine è un bene che non ci sia. Un partito unico non consentirebbe un'espressione democratica delle diverse posizioni dell'indipendentismo. Liberu ha una concezione autonoma dell'indipendentismo che guarda a sinistra. Ci sono altre sigle che hanno una concezione diversa. Altri che sono sigle insignificanti, partiti meno numerosi di un condominio. In realtà il problema non è quantitativo, ma qualitativo. In Catalogna ci sono tanti partiti e tutti lavorano ad un unico progetto. Non hanno fatto un grande mucchione. Hanno trovato unità nella progettualità. Non nella struttura, ma nel sostenere li stessi obiettivi...Se si vuole crescere si deve avere il radicamento nel territorio e svolgere una reale attività politica, non recuperare sottobanco vecchi arnesi colonialisti". L'accento sulla progettualità sul territorio che porta autonomia, fiducia reciproca, sviluppo, possibilità di feedback immediato, è valido anche per tutti i "territori" italiani. Tra l'altro questa prassi virtuosa permetterebbe uno sviluppo armonioso e tendenzialmente sincronizzato tra i vari territori oggi ancora divisi dall'antica "quistione meridionale", aggravata dai problemi di mafia. Questa proposta mira ad uno sviluppo locale con cicli virtuosi di economia locale di produzione-consumo che esaltino la produzione "locale" di cultura, come già avviene in Sardegna con molta vitalità nonostante ogni sorta di problemi. La governance è già strutturata in Unioni di Comuni e per sintesi a livello regionale. Le priorità in Sardegna riguardano soprattutto lo sviluppo economico che non può più essere quello classico o neo-classico: import di capitali, sfruttamento del territorio e delle sue risorse, fuga dei capitali. Un nuovo modello di sviluppo del territorio può alimentare in un circolo virtuoso lo sviluppo culturale e il radicamento dei giovani al loro territorio. L'attività politica deve mirare a gestire in modo sinergico questi processi salvaguardando il territorio da comportamenti "colonialisti".

Erriu nomina tre commissari

La disaffezione dei cittadini è un segnale preoccupante. In alcuni piccoli comuni non è stato raggiunto il quorum necessario per l'elezione del sindaco. "In questi paesi non è stata sufficiente neppure la presentazione di una sola lista, un fatto negativo ma che di solito consente perlomeno di eleggere i rappresentanti. Occorre trovare le soluzioni politiche per garantire la piena partecipazione democratica dei cittadini". Trattandosi di piccolissimi comuni questa "disaffezione", che significa scarsa fiducia tra istituzioni politiche e stato-centrale e cittadini, è particolarmente pericolosa nella prospettiva del rilancio della progettualità locale proposta ad Pierfranco Devias. Questa sfiducia va sconfitta con risultati reali positivi, evitando di insistere sulla sovrarappresentazione "miracolistica" della politica, dello Stato, del Mercato, sia in senso negativo che in senso positivo. Mirando invece a favorire una riprese nelle proprie mani delle iniziative a favore di welfare, lavoro, cultura., viste come attività bottom/up, responsabili, coordinate, diffuse e differenziate.

La Cultura secondo FI

Nelle amministrative 2017 Forza Italia ha avuto in Sardegna un certo successo senza il supporto della Lega Nord di Salvini. L'eurodeputato di FI Salvatore Cicu: "Oggi il centrodestra rinasce soltanto se riparte dalle sue radici popolari, dalla sua tradizione moderata e dalla sua vocazione europea. Non possono essere le alleanze verso espressioni radicali ed estremiste a restituire un'affermazione nel paese, nè tanto meno l'ottica di una unità a tutti i costi". in una precedente lettera alla Nuova Sardegna del 12 giugno 2017, Ugo Cappellacci, leader regionale sardo di FI ed ex-governatore della Sardegna, in sintonia con le dichiarazioni di Berlusconi, dichiara: "La recente sentenza del Tar, che ha sancito il valore pubblico di un simbolo che va oltre la cristianità, rappresenta una luce che squarcia il buio morale e ideale in cui viviamo, ma è anche il sintomo che quel quotidiano di valori, di emozioni, di tradizioni che fa parte della vita di ciascuno, oggi è privo di punti di riferimento perchè la politica ha abdicato al proprio ruolo. Quel patrimonio dell'umanità costituito da una famiglia seduta intorno ad una tavola imbandita, da un genitore che controlla una pagella, dalla maestra che educa i nostri figli, da un medico che cura il paziente, da un nonno che aiuta i nipoti a laurearsi, dalla foto della prima Comunione, oggi è privo di intrepreti e tutori, viene osteggiato e quasi espulso dalla vita pubblica della comunità per essere confinato nella sfera privata". Cappellacci propone un quadro ideologico ben definito come supporto e come obiettivo dell'azione politica di una "forza moderata", anche se non precisa come affrontare i problemi emergenti di famiglie, genitori, maestre, medici, nonni e fotografi.

Conclusioni

È necessario non sovraccaricare ("overload")il sistema "Politica" ma puntare in modo primario sui sistemi "Cultura" ed "Economia" mirando a costruire aree di sviluppo progettuale partecipato, diffuso, decentralizzato. Usare il sistema "Politica" come strumento per evitare le barriere imposte allo sviluppo dagli attuali sistemi economici e culturali rappresentati politicamente dai partiti "nazionali":

  • Lega Nord - egemone della Destra. Cultura di totale chiusura dei confini culturali ed economici. Economia con indicazioni di scarsa rilevanza (diminuzione delle tasse).
  • Forza Italia - Cultura di centro, rimodulata sui valori piccolo borghesi di conformismo religioso e familiare, clamorosamente contraddetti dalla politica culturale delle imprese di comunicazione di Berlusconi.
  • Partito Democratico - Cultura liberal su migranti e LGBTI. Economia schiacciata sul modello neoliberista di finanziarizzazione estrema rilanciato da Clinton (Abrogazione del Glass-Steagall Act nel 1999 con il Gramm-Leach-Bliley Act) e Obama.
  • Sinistra - Cultura che stenta a ridefinire in termini economici e culturali le precedenti battaglie sul fronte del cleavage "Padroni/Operai" con le emergenze della crisi ambientale.
  • M5S - destinato a spaccarsi sull'asse destra-sinistra.
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