PoesiaLO06

Da Ortosociale.

Sopra il delicato nucleo poetico delle quattro righe sulle Clematis:

CLEMATIS
La clematis dai fiori piccoli
cresce impetuosa con le sue foglioline
sulla colonna bianca
dove l'aspetta il calicanto scuro.

vado a costruire un denso bozzolo prosaico di rappresentazioni mentali (ma non di critica letteraria). Le clematis domestiche, strette in un piccolo vaso di legno (è importante, è di legno naturale, anche se è una prigione vegetale), si arrampicano sulla colonna bianca sempre più vicine ai fiori del "calicanto". Il realismo di questo incontro, un abbraccio tra specie diverse, si trasfigura in un simbolismo magico nell'atmosfera domestica del giardino. Prevale il confinamento progettuale dei fiori nello spazio chiuso dell'habitat umano. I due abitanti del giardino sono concentrati sui segnali che gli arrivano dalle fioriere di legno. Trascurano quello che avviene al di là di una rete, al di là di un largo fosso selvatico abbandonato, fessura vegetale di terra umida in evidenza, al di là di una siepe sregolata che cresce come un bulbo, abbandonata a sè stessa. Una escrescenza di siepe che cresce vigorosa sopra i 4, i 5 metri, fin quasi a coprire il fosso. Stasera all'imbrunire ho scoperto che sopra la siepe, come un'onda bianca di schiuma, avanzano piccoli fiori. Si estendono per parecchi metri sopra la siepe, dalla sua sommità scendono come una tenda drappeggiata, tutta bianca di fiori. Si concentrano in zone completamente bianche, sulla cima della siepe, sul drappo che tocca la base del fosso, sono in bella evidenza massiva dove la siepe si unisce alla rasatura regolare della sua consorella di una casa abitata. Sono fiori di clematis, una specie selvatica.
Sono un poco stupito.
La mia rappresentazione mentale, la mia autocritica letteraria, il mio realismo magico, si sono sbriciolati.
Un fiore meraviglioso è cresciuto spontaneamente in abbondanza, sicurezza, bellezza di pura lussuria.
Il senso del mio giardino, hortus conclusus, scricchiola.
Raccolgo un rametto di fiori. Li osservo. Sono bellissimi. Leggermente profumati con un sospetto di selvatico. Questo è realismo. Magico poco.
Rifletto.
L'onda bianca, gentile, sopra la rozza antropica siepe di largo uso e consumo di tutte le case e casette della regione.
E' passata, ha scavalcato ogni ostacolo e arriva a toccare il mio giardino.
E' una clematis selvatica bellissima.
E' una presenza fortissima ma gentile, amichevole, leggera.
Mi consola lì accanto l'orto che curo e che considero un prolungamento del mio corpo per quello che ne mangio e per quello che ci mettono i miei muscoli e i miei sensi.
Non penso a pensieri quali: "la natura trionfa", perchè so che potrebbe non essere vero.
Mi rendo conto che la natura non è dentro il piccolo vaso in cui guardo.
E' autonoma.
Arriva da sola in silenzio.
Perchè non aiutarla?
In fondo io sono la piccola clematis curiosa, domestica, debole, sofisticata, colta, oscurata.
L'altro è la possente ramificazione di una energia che sa crescere.
Sono dentro la mia poesia.
I ruoli sono invertiti.
Natura e cultura umana moderna.
Incontramioci.
Sviluppiamo finalmente come genere Homo
una cultura adattativa,
una cultura in grado di adattarsi all'ambiente,
di incontrare l'energia che scavalca le siepi che abbiamo costruito.

Nota sul calicanto

Per realismo al di là del magico, va precisato che "in realtà" il calicanto della poesia è un caprifoglio rampicante scuro, dai fiori molto profumati rosa, giallini, bianchi.

Contributo di Letizia (poetessa)

Un seme di zucca ha attecchito senza la nostra "convinzione e conoscenza" sul terreno vicino alle scale che portano a casa. Un immenso sviluppo di foglie simili al loto copre la siepe invadendo tutto con presunzione. Ma che bello! Ne nascono fiori gentili, tutti, venendo, guardano il verde, la natura sconosciuta delle grandissime foglie. Adesso lasciamo che ci invada. Sconcerto e meraviglia. La poesia di una zucca che non vuol però attecchire. Un frutto che non esiste: solo la stravaganza di una madre, senza il figlio. Noi, ignari, godiamo della sua poesia.

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