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La Fisica delle particelle elementari: una sintesi

Lo studio della materia su dimensioni sempre più piccole è in gran parte motivato dall'antica ricerca dei costituenti ultimi del mondo fisico. Fino dalla teoria atomica di Leucippo e Democrito, del quinto secolo a.C., l'idea che tutte le sostanze materiali siano composte da una piccola serie di particelle elementari, legate tra di loro, è stata irresistibilmente attraente. Quelli che oggi noi chiamiamo atomi non sono affatto, come tutti sanno, delle particelle, veramente elementari, ma entità composite con una struttura interna molto complessa. E non tutta la materia che può esistere è organizzata in atomi: con i loro giganteschi acceleratori di particelle, i fisici hanno prodotto, nelle collisioni ad alta energia, una moltitudine di nuove particelle dalla vita breve.

Una grande confusione

Negli anni sessanta, la fisica delle particelle era nella confusione più completa. Si scoprivano particelle in numero sempre crescente e i fisici erano sempre meno sicuri di che cosa fossero, che relazioni esistessero tra di loro e se sarebbe mai stata possibile una comprensione sistematica delle loro proprietà. Le quattro forze fondamentali della natura che agiscono su queste particelle - elettromagnetismo, gravitazione, e le interazioni nucleari forte e debole - erano capite altrettanto male a livello quantistico (microscopico). L'interazione debole non aveva una descrizione coerente, e vari calcoli dei suoi effetti davano risultati chiaramente privi di senso. La teoria riusciva a predire ben poco. L'interazione forte sembrava non essere affatto una singola forza, ma un intreccio di interazioni enigmatiche, in apparenza non derivabile da una forma più semplice. La gravitazione era considerata irrilevante per la fisica delle particelle, e la maggior parte degli strenui tentativi fatti per cercare di darne una descrizione quantistica davano solo risultati matematicamente privi di senso.

Oggi la situazione è completamente diversa. L'origine del cambiamento può essere rintracciata in gran parte in due sviluppi fondamentali, ambedue iniziati negli anni sessanta ma giunti a maturazione solo nel decennio seguente.

La teoria dei quark

Il primo di questi sviluppi è la teoria dei quark. L'idea di base è semplice. Le particelle di materia possono essere raggruppate in due classi. Una classe consiste di particelle pesanti soggette all'interazione forte, chiamate adroni, tra le quali il neutrone, il protone e altre. L'altra classe, quella dei cosiddetti leptoni, comprende l'elettrone, il neutrino e altre particelle che di solito sono leggere e interagiscono solo debolmente (cioè non risentono affatto dell'interazione forte). Secondo la teoria dei quark, i leptoni sono elementari, mentre gli adroni sono composti da quark. Questi quark (che sono considerati davvero elementari) si combinano o in gruppi di tre nei cosiddetti barioni, o in coppie a formare i mesoni. Quark e leptoni, dei quali probabilmente esistono solo poche specie differenti, potrebbero essere davvero i costituenti ultimi della materia. Se fosse così, saremmo giunti alla meta di una ricerca durata duemilacinquecento anni.

Gli acceleratori di particelle

La fisica delle particelle è probabilmente il ramo più spettacolare della nuova fisica, e uno di quelli che il profano può individuare più facilmente. Gli acceleratori di particelle sono macchine ciclopiche, il cui funzionamento richiede l'opera di squadre di scienziati e ingegneri. I laboratori che li gestiscono sono istituzioni di grande prestigio, nei quali la cooperazione internazionale raggiunge spesso un livello non comune nell'ambito scientifico. Un acceleratore di particelle può essere visto come un gigantesco microscopio che scruta nei più segreti recessi della materia, un complemento imponente ai grandi telescopi che guardano verso i limiti dell'universo.

Nella maggior parte degli esperimenti che vengono fatti negli acceleratori di particelle si hanno collisioni di adroni ad alta energia, con complicate interazioni di molti quark; per l'interpretazione dei dati sperimentali sono necessarie analisi lunghe e complesse. E' chiaro che la nostra comprensione della materia adronica è ancora a uno stadio iniziale, forse comparabile con la situazione delle conoscenze di fisica atomica e chimica di una cinquantina d'anni fa.

Oltre che come ricerca dei costituenti ultimi della materia, la fisica delle particelle subatomiche è importante anche per altre ragioni. E' infatti il grande banco di prova sia per la relatività ristretta sia per la meccanica quantistica. Un'unificazione coerente di queste due teorie porta alla disciplina chiamata teoria quantistica relativistica dei campi, che è il punto di partenza di quasi tutti i tentativi attuali di costruire una descrizione delle particelle subatomiche a livello fondamentale.

La meccanica quantistica e la QED (Elettro Dinamica Quantistica)

Applicando la teoria quantistica al campo elettromagnetico nel modo appropriato abbiamo l'elettrodinamica quantistica (QED), una teoria coerente delle interazioni tra elettroni, positroni e fotoni, nella quale è essenziale l'idea che elettroni e positroni interagiscono mediante lo scambio di fotoni. Quindi il fotone può essere visto come una particella "messaggera", che trasporta la forza elettromagnetica tra le particelle di materia.

Senza dubbio la QED è quella che ha avuto più successo, dal punto di vista quantitativo, tra tutte le teorie quantistiche relativistiche dei campi. Per mezzo di essa sono stati previsti effetti fisici molto piccoli, confermati sperimentalmente con una precisione di dieci cifre. La chiave del successo della QED risiede nel fatto che il campo elettromagnetico possiede una simmetria astratta ma potente, di un tipo noto come simmetria di gauge (cioè <di calibro>). Il solito potenziale non è di per sé una quantità osservabile, solo la differenza di potenziale lo è. Dunque si può <ricalibrare> lo zero del potenziale elettrico senza cambiare la fisica di un sistema elettrico.

Oggi si pensa che tutte le forze fondamentali della natura - la gravità, le interazioni nucleari forti e deboli, così come l'elettromagnetismo - posseggono simmetrie di gauge, sia pure di tipo complicato, e che tutte queste forze siano trasmesse dallo scambio di <particelle di gauge>.

L'interazione debole

A questo punto stiamo toccando il secondo grande sviluppo teorico che ha avuto luogo negli anni '60. Alcuni teorici notarono che il successo della QED si basava in modo essenziale sulla simmetria di gauge, e che anche l'interazione debole poteva possedere una simmetria di tipo simile, ma in una forma nascosta. Abdus Salam e Steven Weinberg, basandosi sulle idee di Sheldon Glashow, individuarono il trucco con il quale la natura ci nasconde la simmetria di gauge dell'interazione debole. Questo permise loro di riformulare la teoria di questa interazione in modo tale che risultasse amalgamata con l'elettromagnetismo, dando luogo a una teoria coerente della forza elettrodebole unificata. Proprio come James Clerk Maxwell aveva dimostrato che elettricità e magnetismo erano in realtà due aspetti di una singola forza elettromagnetica, così Salam e Weinberg dimostrarono che le interazioni deboli ed elettromagnetiche non erano indipendenti, ma parti di uno schema più generale.

La nuova teoria elettrodebole fece una previsione molto specifica. Sarebbero dovute esistere in natura tre particelle fino a quel momento mai osservate, chiamate W+ , W- e Z, che trasportano l'interazione debole tra le particelle di materia. Queste nuove particelle sono analoghe al fotone che trasporta la forza elettromagnetica. Il momento magico della teoria giunse nel 1983, quando le W e la Z furono osservate nell'acceleratore protone-antiprotone del CERN, il più grande acceleratore europeo, che si trova a Ginevra.

L'interazione forte e la QCD (CromoDinamica Quantistica)

Basandosi sul successo della teoria elettrodebole, i teorici cominciarono a estendere le teorie di gauge in modo da incorporare anche le interazioni forti. Anche se le interazioni forti tra adroni manifestano la grande complessità che abbiamo già descritto, la forza tra i singoli quark all'interno degli adroni è in sostanza molto semplice. Fu dunque sviluppata una teoria delle interazioni tra quark basata sullo scambio di particelle <messaggere> dette gluoni. E' una teoria analoga all'elettrodinamica quantistica, con i gluoni al posto dei fotoni e una nuova qualità - una <carica> di interazione forte - al posto della carica elettrica. Questa qualità, con scelta stravagante, fu chiamata <colore>, e la teoria fu detta <cromodinamica quantistica> (QCD).

Quando l'interazione forte risultò descrivibile come campo di gauge, si aprì la strada per una sua unificazione con l'interazione elettrodebole, formulata da Salam e Weinberg in maniera simile. Queste cosiddette teorie della grande unificazione (GUT) hanno generato molto interesse, anche perché offrono possibili verifiche sperimentali per mezzo di due fenomeni piuttosto strani. Uno è l'esistenza di monopoli magnetici, l'altro è il rarissimo ma enormemente significativo decadimento del protone. Secondo alcuni sperimentatori sarebbero stati osservati entrambi; per il momento, tuttavia, a questi risultati non viene attribuito pieno credito. Il futuro delle GUT resta dunque una questione aperta.

La gravitazione

Avendo ormai in vista la possibilità di unificare tre delle quattro forze della natura, è proprio la gravitazione, la prima che abbia ricevuto un'esauriente descrizione matematica (da parte di Newton), a rimanere fuori da questo schema; e tuttavia continua a resistere ai tentativi di inserirla in una descrizione quantistica, nonostante la sua natura di teoria di gauge. I tentativi diretti di quantizzare la gravità in analogia con la QED incontrarono presto problemi matematici insormontabili legati alla comparsa di termini infiniti nelle equazioni. Queste <divergenze> hanno sempre infestato tutte le teorie quantistiche dei campi, ma la natura di gauge delle altre forze permette di aggirare questo problema nelle rispettive teorie.

Fino a che la gravità rimane una forza non quantizzata, c'è un'incongruenza devastante nel cuore stesso della fisica. Anche se è improbabile che gli effetti quantistici della gravitazione abbiano conseguenze rilevabili in fisica delle particelle (e in qualunque altro campo, salvo forse che nella cosmologia dell'universo primevo), è importantissimo riuscire a trovarne una descrizione quantistica, altrimenti non potrà mai essere armonizzata in modo coerente con il resto della fisica.

La teoria delle superstringhe

Al giorno d'oggi la maggior parte dei teorici punta le sue speranze su una teoria superunificata che dovrebbe riunire la gravitazione con le altre tre forze, fornendo una coerente descrizione quantistica di tutte e quattro. Queste <Teorie di Tutto Quanto> stanno occupando le menti di un piccolo esercito di fisici. Al momento, la teoria più promettente è la cosiddetta teoria delle superstringhe. Il punto di partenza è l'idea che il mondo sia costituito non di particelle, ma di stringhe chiuse a formare occhielli, che abiterebbero un universo di dimensione dieci.

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