Crisi

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Versione delle 15:05, 21 giu 2012

Di Spartaco Vitiello.

  • Il fatto che l’attuale sistema economico sia in grave crisi è abbastanza evidente. Personalmente sono convinto che stiamo assistendo alla sua ineluttabile fine. Se questo è vero individuare e adottare nuovi modelli di organizzazione del lavoro e di distribuzione delle risorse, diventa non più un’opzione politica ma una necessità urgente, dato che non solo il benessere, ma la stessa esistenza fisica della maggior parte delle persone che vivono nei paesi sviluppati dipendono da relazioni economico/sociali complesse. Scopo di questo documento è illustrare in maniera semplice la tesi dell’ineluttabile fine dell’attuale sistema economico in modo che possa essere confutata o confermata e, in questo caso, divulgata. A questo scopo il documento è pubblico e aperto ai commenti e il suo contenuto è liberamente riproducibile. Sarà mia cura riportare nel documento i commenti e i link rilevanti (soprattutto se suffragati da dati) che mi dovessero pervenire.
  • Come tutti i sistemi economico-sociali che che si sono affermati nel corso della storia umana il capitalismo presenta numerose caratteristiche che possono essere valutate come positive o negative, anche a seconda del punto di vista da cui le si guarda, ma, nella sua essenza, può essere descritto in maniera abbastanza oggettiva:
    • Chi possiede ( o gestisce per contro di altri ) del capitale lo utilizza per pagare dei lavoratori e per acquistare materie prime, attrezzature e servizi che gli permettono di produrre beni o servizi che a sua volta vende.
    • La differenza tra il ricavato dalla vendita del prodotto e i costi sostenuti (capitale investito) costituisce il profitto.
    • L’efficacia di un’impresa capitalistica è misurata molto semplicemente dal rapporto tra profitto e capitale investito.
  • Poichè il valore delle materie prime, delle attrezzature e dei servizi impiegati nella produzione dei beni di consumo è a sua volta determinato da salari dei lavoratori e dai profitti degli imprenditori che queste materie prime, attrezzature e servizi producono,  possiamo considerare che il valore totale del prodotto di un sistema capitalistico è uguale alla somma totale dei salari e dei profitti. Per semplificare il ragionamento contiamo nel monte salari anche la parte di profitto destinata ai consumi dei proprietari del capitale, e consideriamo profitto solo la quota destinata ad incrementare il capitale disponibile per nuovi investimenti.

A questo punto possiamo immediatamente osservare che, in un ipotetico sistema chiuso, la capacità di spesa totale è data dal totale dei salari così come lo abbiamo appena definito, e quindi di tutta la produzione può essere monetizzata al massimo la parte corrispondente ai salari, mentre la quota del profitto può essere monetizzata solo vendendo al di fuori del sistema capitalistico.

  • In effetti tutta la storia del capitalismo è caratterizzata dalla continua ricerca di nuovi mercati ove il profitto prodotto in patria viene realizzato sotto forma di  importazione di materie prime, di prodotti agricoli, o acquisizione di titoli di proprietà. Parallelamente però (è un dato di fatto) anche il modo di produzione capitalistico si espande e quindi, mentre a livello mondiale aumenta la quantità di capitale alla ricerca di investimenti in grado di produrre profitto, diminuisce il numero dei consumatori-non-salariati che possono garantire la realizzazione del profitto.
  • Questo meccanismo era stato individuato 100 anni fa da Rosa Luxemburg
  • Questa descritta non è l’unca contraddizione del capitalismo
  • Come soluzione ragionevole l'unica ipotizzabile è quella di:
    • abbandonare il principio di redditività del capitale,
    • sostituirlo con la valutazione di utilità sociale del prodotto ( possibile con la rete ) ,
    • eliminare strumenti fatti per garantire il meccanismo capitalista ( il brevetto, la proprietà intellettuale )
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