Storia35

Da Ortosociale.

Un pericoloso precedente. Il dito puntato. Padova, Maggio 2015. Di Remo Ronchitelli, redazione di ortosociale.org

Indice

Don Luca Favarin

Sempre in prima linea a fianco agli ultimi, don Luca, che ha 44 anni, è stato parroco a Busa di Vigonza dove ha lasciato il segno e prima ancora era nella parrocchia di Selvazzano. E' l'animatore della cooperativa sociale “Percorso Vita” che si occupa di centri di accoglienza per i migranti a Rovolon, Rivadolmo, Sarmeola e Padova, ma anche di anti-tratta con le prostitute in strada, o del piccolo locale “The last one” in via San Crispino dove si pranza e che serve a finanziare la cooperativa. Senza contare la formazione dei volontari e il progetto di un villaggio della solidarietà. Per migliorare l'accoglienza ai profughi si decide di ospitarli in piccolissimi nuclei. La coop “Percorso Vita” ne ospita tre in un appartamento nel centro di Padova

Il fatto

All'annuncio di nuovi 80 profughi extracomunitari da ospitare in provincia di Padova, il sindaco Bitonci e l'assessore Boron si recano sotto la casa del centro storico in cui “Percorso Vita” ospita la famiglia di rifugiati e si fanno fotografare con il dito alzato che indica la casella di posta dell'appartamento che ospita la famiglia. Non vanno a Rovolon, Rivadolmo o Sarmeola, alla periferia di Padova, ma decidono di intervenire nel “centro storico”. Nei giorni successivi appoggiano pubblicamente e concretamente (mettendo a disposizione la sala “Nassirya” del comune) una raccolta firme contro l'ospitalità ai profughi in case private, organizzata da una associazione di commercianti del centro storico. Appoggiano anche una “fiaccolata silenziosa” il 15 maggio sempre contro tale ospitalità.

Le motivazioni

Premesso che:

  • il 31 maggio 2015 si tengono le elezioni regionali del Veneto,
  • Bitonci appoggia il candidato della Lega Nord Zaia,
  • Zaia appoggia Matteo Salvini, che appoggia il
  • Fronte Nazionale di Marie Le Pen il cui padre (e fondatore del movimento) è stato di recente allontanato per aver fatto dichiarazioni filo-naziste,
  • la Lega Nord si è spaccata in Veneto dove Flavio Tosi, sindaco di Verona, si candida contro Zaia, a favore di una politica più centrista e moderata, anche nei confronti degli immigrati e rifugiati extracomunitari

ecco le motivazioni addotte da Bitonci-Boron (entrambi si riconoscono nel gruppo elettorale di Zaia):

  • non vogliamo una nuova Via Anelli
  • vogliamo essere padroni a casa nostra
  • prima vengono i “padovani” (donne, giovani, pensionati, disoccupati “padovani), i rifugiati costano 36 euro al dì di mantenimento
  • la Chiesa non deve fare “politica” (Boron)

E' poi ricorrente nei social group dei leghisti e nel loro immaginario collettivo il ritornello contro il “buonismo” che favorisce la gente che viene “da fuori”, dipinta come molto pericolosa (slavi, nord-africani, africani, i cinesi che sono disciplinati ma portano via il lavoro). Vediamo di seguito queste “motivazioni” una ad una.

Via Anelli

Un insieme di palazzine di via Anelli, vicinissime all'area in cui il Comune vorrebbe oggi costruire il Nuovo Ospedale di Padova (quartiere San Lazzaro), è diventato anni fa un centro “fai-da-te” di accoglienza di immigrati. Molti spacciatori usavano le palazzine per incontrare i loro clienti (in gran parte “padovani”), con l'acquiescenza “forzata” ma non scontata delle famiglie residenti, alla ricerca della pura sopravvivenza. Una analisi approfondita, a cui si rimanda il sindaco Bitonci e l'assessore Boron, che vorrebbero dedicare l'area agli studenti dell'Università di Padova, è stata svolta dal Dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova, ed edita nel 2011: “Il Ghetto Disperso – Pratiche di desegregazione e politiche abitative”, a cura di Francesco Faiella e Claudia Mantovan, CLEUP, Padova, 2011. La vicenda di via Anelli, formalmente conclusa nel 2007 con l'inclusione delle famiglie di immigrati in varie aree residenziali di Padova, non è in realtà ancora finita. La Giunta Bitonci ha dichiarato di voler riappropriarsi degli stabili di via Anelli ricevendo da parte dei rappresentanti (“padovani”) dei proprietari degli immobili una risposta molto pepata sul prezzo dell'eventuale esproprio. La differenza sostanziale tra l'”affaire” di via Anelli e la gestione dei profughi da parte di “Percorso Vita” , è fondamentale: la gestione di “Percorso Vita” è la soluzione che la Facoltà di Sociologia dell'Università di Padova ha indicato e favorito per chiudere l'esplosiva situazione di via Anelli.

Padroni a Casa Nostra

Questo slogan ottiene sicuramente un effetto mirato perchè evoca una situazione famigliare, con un capofamiglia che mantiene saldamente in mano il timone della barca contro pericoli ed incertezze. Ma vediamo due obiezioni “forti”.

  • Prima obiezione. Quando si parla di “casa nostra” si parla di “Padova”, per restare nell'orizzonte di Bitonci-Boron. Ma a Padova ci stanno anche tutti quelli che non hanno votato Bitonci-Boron (il 46,5% contro il 53,5%), ci stanno i ragazzi del Botellòn che vogliono festeggiare col vino in Prato della Valle (vedi Il Mattino di Padova), ci stanno gli ex clienti di via Anelli, ci stanno le start up di giovani che sono all'avanguardia dell'innovazione, ci stanno quelli del Pedro e il reticolo organizzativo del Partito Dem, le associazioni cattoliche, il volontariato, i monaci del Santo, l'Università, l'Ospedale. Che cosa è e come deve essere questa “casa nostra”? Chi è il “padrone” in questa nostra casa?
  • Seconda obiezione. Le reti economiche, politiche e culturali che compongono quella che chiamiamo “società”, nel loro intreccio complesso, avvolgono Padova di mille fili, visibili e invisibili. Come si può essere “padroni” se l'economia è gestita dai cinesi, se si svende Acegas-APS, se il cinema-cultura è degli americani, se la politica … ahimè non si sa bene da chi è gestita e come. Allora ci si può forse illudere di essere padroni prendendo a calci i poveracci, gli ultimi, quelli che la Caritas e la Pietas cristiana indicano invece come “i primi”?

Prima i Padovani

La logica di inclusione/esclusione va usata con razionalità. Cosa significa: “prima i padovani”? Dove mettiamo i trevigiani, i lombardi, i meridionali (vi ricordate gli slogan della prima Lega “Forza Etna”) ? Soprattutto dove mettiamo i figli di seconda generazione degli immigrati, bambini, ragazzi, cresciuti nelle scuole italiane, che parlano italiano, con un immaginario totalmente “italiano” e forse “padovano”? Sono “padovani” anche loro? Nelle relazioni umane non esiste un “prima” e un “dopo”. Esistono relazioni sociali di cooperazione razionale, economica, culturale, politica che “includono” e campagne di propaganda politica che “escludono”. La grande percentuale di immigrati che vivono nella provincia di Padova, di varie etnie e provenienze, sperimentano la paura, signor sindaco, sì la paura. Hanno paura di far sentire le loro esigenze davanti a questa politica del dito puntato contro di loro.

La Chiesa non deve fare politica

Lo dico io, un agnostico, laico, razionalista: “La Chiesa deve fare politica”. Sulla politica della Chiesa si può discutere, controbattere, opporsi, ma è naturale e inevitabile che un soggetto culturale, economico e politico come la Chiesa Cattolica esprime una sua precisa linea strategica anche a livello politico. E' perfettamente naturale. Fa parte del sistema dei networks politici, economici, culturali che costituiscono la “società”. Storicamente la Chiesa Cattolica nel bene e nel male è stata uno dei più potenti intrecci di questi tre network. Non si può cancellarla con una frase ottocentesca del “liberista” Cavour. Qui non si prendono le difese della Chiesa Cattolica. Si cerca di evidenziare l'ottusità di chi non sa vedere l'intreccio dei networks culturali-religiosi, politici, economici. Networks multiformi, a volte perfino mostruosi, che vanno capiti e gestiti, ma soprattutto signor sindaco, in primis “capiti”.

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