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Indice

La nascita dello Stato

§1. Una assoluta novità: lo stato

La mia tesi è che i problemi che oggi affrontiamo derivano in gran parte da una frattura storica prodottasi per la prima volta millenni fa in Mesopotamia, replicatasi poi in pochissimi altri posti nel mondo, tre o quattro, e da lì diffusasi in tutto il pianeta. Alcuni sostengono che lo stato si è propagato dalla Mesopotamia a tutto il mondo, compresi gli stati imperiali degli Inca (Perù) e degli Aztechi (Messico). Alcuni dicono che questi imperi americani non siano sorti “spontaneamente", ma avanzano l'ipotesi di una loro diffusione "culturale" (diffusionista). Parlo della nascita dello stato come formazione storico-sociale. Lo stato è definito nei manuali come l'organizzazione che ha il monopolio dell'uso legittimo della forza all'interno di un certo territorio. Questa organizzazione in genere ha le caratteristiche di una "burocrazia" che attua procedure razionalmente definite per raggiungere gli obiettivi stabiliti da una élite di potere. In questa definizione ci sono due elementi ambigui: cosa si intenda nei vari contesti storici per "legittimo" e chi definisca il territorio entro il quale questo monopolio della forza sia esercitato. Questa frattura rappresentata dallo stato è una "emergenza" storica tipica dei sistemi complessi non lineari come le società umane che a volte manifestano caratteristiche nuove e imprevedibili a seguito di un proprio sviluppo interno autonomo. Come abbiamo visto nell'Antica Europa non vi era traccia di dominazione maschile o di forme di patriarcato, né vi erano tracce di stato. Le diversità tra gli uomini sono ovviamente sempre esistite. Quello che è comparso ad un certo momento è stata la gerarchia e la trasmissione ereditaria nei discendenti di tali differenze, la nascita di lignaggi “superiori” e di “lignaggi” inferiori che creavano ristrette élite di potere che si tramandavano le condizioni di dominio (gli archeologi misurano la nascita della gerarchia dalla presenza di differenze sistematiche nelle sepolture e nell'arredo delle tombe). Nel 3200 aC nascevano in Mesopotamia città-stato con una burocrazia che organizzava un nuovo tipo di agricoltura basato sulla irrigazione, l'aratro, il "campo lungo", e una scrittura contabile come suo principale strumento. Perche' tornare così indietro nel tempo? Perchè dalle prime città stato di Sumer nasceva la civiltà cosi' come oggi la conosciamo. L'élite religiosa, politica e militare decideva, pianificava, dirigeva e contabilizzava una nuova grande attivita' economica consistente nello sfruttamento delle terre di proprieta' del dio e nell'allevamento delle mandrie di animali pure di proprieta' del dio, lo stesso dio che veniva venerato e considerato vivente nel tempio principale della città appena edificata. Nasceva la scrittura ma solo per registrare minuziosamente le derrate alimentari (orzo) e gli animali d'allevamento (caprovini) che entravano ed uscivano dai magazzini delle due grandi organizzazioni: l'agenzia templare (i sacerdoti) e l'agenzia palatina (il re e la sua corte). Tra queste due agenzie inizieranno lotte, fusioni, accordi, che passando tra i guelfi e i ghibellini del medioevo europeo arriveranno sino a noi con le feroci battaglie tra Chiesa e Stato, tra Papa e Imperatore o con le ipocrite e costose alleanze dei Concordati italiani. Vedi la “Teoria del Sole e della Luna” di parte guelfa (Innocenzo III) e la “Teoria dei due Soli” di parte ghibellina (Dante Alighieri). L'agenzia palatina e l'agenzia templare si identificavano come rappresentanti diretti del dio, il re addirittura come una sua incarnazione, non diversamente da come avviene oggi in Giappone, a distanza di 5000 anni, con il suo imperatore di presunta origine divina. Origine che non gli ha permesso di far evitare ai giapponesi Hiroshima, Nagasaki e Fukushima. Gli usurpatori che non potevano vantare una ascendenza di lignaggio con i re precedenti e quindi con il dio della città si inserivano nella sequenza ereditaria "legittima" con matrimoni arrangiati, l'uso delle armi, complotti, delitti, corruzione. Tutte pratiche che persistono fino ad oggi anche se le corti reali sono diminuite. Tutti giustamente le biasimiamo ma è necessario capirne l'origine storica e la loro millenaria strutturale persistenza nel tempo come "morale" di comportamento delle varie élite di potere. Queste élite si rigenerano cooptando quando necessario nuovi membri di altri strati sociali creati nel frattempo dalla divisione del lavoro o emersi dagli interstizi come la borghesia.

§2. La divisione del lavoro

Circa nel 3200 aC, iniziava l'"Antica Età del Bronzo" a cui gli scienziati fanno risalire la comparsa della divisione del lavoro. È questa la divisione tra lavoro intellettuale o simbolico e tra lavoro manuale o esecutivo, come tra gli scribi addetti alla scrittura/lettura e i contadini addetti alla produzione di cibo. La corte, i sacerdoti, gli scribi, gli artigiani importanti che lavoravano a tempo pieno per l'agenzia templare o palatina, vivevano nelle citta' fortificate, dove intorno ai vari templi ed ai palazzi del re si trovavano i grandi magazzini riempiti di beni di ogni tipo, alimentari e non. Il resto della popolazione, convinto con le buone e con le cattive che poteva godere della salvaguardia del dio a protezione del cibo, dei raccolti, della salute, viveva in villaggi sottoposti a tasse e tributi in beni ed in corvèe di lavoro. Le corvèe riguardavano la costruzioni di canali di irrigazione, di templi e palazzi, la raccolta dei cereali, e col tempo anche il dover combattere le guerre decise dal re, come soldati gli uomini e come vedove le donne. Tessevano la lana delle greggi del "dio" del tempio cui era dedicata la città-stato in laboratori-prigione dove donne schiave producevano le stoffe coi loro bambini, in cambio di una misera sopravvivenza. Alcune di esse erano "oblate del tempio", donate al tempio dalla comunità, non si sa quanto spontaneamente. I servi gravati di corvèe o gli schiavi che lavoravano la terra da un lato, le donne rinchiuse con i loro bambini in laboratori carcere dove tessevano la lana nelle prime città-stato, ricordano stranamente le condizioni che 5000 anni dopo caratterizzavano la prima rivoluzione industriale in Inghilterra: operaie donne e bambini europei nelle "moderne" fabbriche tessili, schiavi africani a seminare e raccogliere il cotone, servi sparsi nel mondo a lavorare nei latifondi della aristocrazia terriera, che si andava a fondere con qualche sussulto con la borghesia mercantile nei neonati stati-nazione.

§3. Lo stato e il sistema IEMP

Con il passare dei secoli diventa sempre maggiore il dislivello di potere nelle quattro reti IEMP tra la popolazione che stava alla base della gerarchia sociale e l'élite che ne occupava le posizioni dominanti. Aumentava il controllo razionale (burocratico) e l'interconnessione di queste reti rendendole molto più efficaci ed efficienti nella produzione agricola e artigiana, nella guerra, nella organizzazione politica, nella manipolazione culturale, insomma nella estrazione di risorse dall'ambiente e nel controllo degli esseri umani addetti a questa estrazione (oggi in primis gli scienziati). Le principali risorse economiche da "organizzare" erano le terre da coltivare e gli animali da allevare; beni naturali come acqua, legname, minerali, pietre rare; gli schiavi ed i servi per lavorare terre, animali, beni naturali. L'intera natura e gli altri esseri umani diventavano una macchina produttiva dedicata agli "dei". La gerarchia si estende come modo di relazione dalla sfera ideologica e politico-militare a quella economica. Le popolazioni sottomesse pagano tributi e mandano schiavi a lavorare le terre dei vincitori o a pascolare le loro greggi. Sempre più il lavoro diventa lavoro comandato, lavoro coatto, spesso lavoro di schiavi. Aumentava l'aggressività predatoria e distruttiva da parte di queste élite assieme alla loro forza organizzativa politica, alla loro potenza militare, al loro raggio di espansione economica e mercantile, alla loro capacità di manipolazione culturale e simbolica. L'elite che dirigeva la burocrazia statale agiva contemporaneamente sulle reti del potere politico-militare (le decisioni sul territorio e sui rapporti con le popolazioni confinanti, l'esercizio della giustizia, le guardie del tempio e del palazzo), del potere ideologico (il culto del dio principale e delle altre divinità cittadine), del potere economico (la gestione della agricoltura irrigata estensiva, dell'allevamento estensivo, del commercio amministrato dal tempio e dal palazzo).

§4. La redistribuzione della produzione sociale e lo sfruttamento del lavoro

Tutte cose meravigliose diranno alcuni! Sì, ma conviene chiedersi CHI e QUANTI ne potessero godere, di tempo libero, cure mediche, cultura, agi e passatempi, cibi sani e raffinati, case confortevoli e sicure, giardini pensili e templi mai visti prima. Le ricchezze prodotte venivano redistribuite solo parzialmente e solo occasionalmente tra l'élite, le sue propaggini cittadine e gli strati inferiori che vivevano nei villaggi circumvicini. Molti studiosi si beano nel descrivere lo stile di vita raffinato, gli agi, la modernità, durati per millenni nel regno dei vari faraoni. Ma spesso omettono che tutto questo era riservato a pochissimi privilegiati. Oggi queste differenze sono parzialmente misurate con il coefficiente di Gini, perchè ogni bene o servizio ha un valore monetario ben definito. Di certo è impossibile giudicare da un punto di vista neutrale, se dal punto di vista del faraone e della sua corte o dal punto di vista dei contadini che coltivavano le terre del faraone e delle varie agenzie templari. L'unico criterio condiviso, metro di giudizio e punto di partenza di ogni discussione tra uomini di buona volontà, sono i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare come retaggio di queste scelte e della scia di sangue e dolore che queste scelte hanno comportato. L'altra faccia di una produzione mirata ai consumi vistosi delle élite è lo sfruttamento del lavoro umano impiegato in questa produzione (il consumismo come lo conosciamo oggi è una estensione alle masse del consumo vistoso riservato anticamente alle élites. È stato realizzato dal capitalismo e dimostra che i modelli di vita delle élites arrivano agli strati loro sottoposti). Lo sfruttamento del lavoro va misurato in primis sul grado di autonomia del lavoratore nel gestire la propria attività, dalla sua conoscenza degli obiettivi e del funzionamento dell'organizzazione per la quale lavora, dalla sua condivisione e partecipazione a questi obiettivi. È questa condizione che determina in seconda istanza il suo potere di contrattazione e quindi tutti i "benefit" materiali e culturali che vanno al di là della sua pura sopravvivenza. Misurare questi benefit come valore economico è impossibile, oltre che sbagliato perchè sono processi dinamici di interazione simbolica. Le teorie marxiane sullo sfruttamento come valore economico, basate sulle teorie del valore-lavoro di Ricardo, sono generalmente considerate errate. E sono inapplicabili ai casi limite dello schiavo o dell'artista-artigiano o dello scienziato. Hanno lasciato aperta la pericolosa teoria che una "equa" redistribuzione del surplus potesse risolvere e annullare la relazione di dominio su cui sono costruite le società statalizzate, imperiali, capitalistiche. La redistribuzione non risolve la causa che genera le differenze di potere economico, politico, culturale, cioè la disuguaglianza sociale basata sul principio gerarchico. I lavoratori organizzati dalle élite non hanno mai avuto la possibilità di intervenire sulle lavorazioni nocive per loro e per la natura. Già 5000 anni fa, mentre nei piccoli campi allagati delle comunità di villaggio la produzione continuava senza problemi, nelle terre organizzate a campo lungo dell'Agenzia Templare nella Bassa Mesopotamia, dopo alcuni secoli di irrigazione intensiva con canali, la salinizzazione dei suoli creava una crisi a causa dei rendimenti decrescenti nella produttività agricola. Ma questo non fermava lo sviluppo endogeno delle città-stato diventate nel frattempo un vero e proprio sistema regionale. Nel 2300 aC nasceva in Mesopotamia il primo "impero del pianeta" che ristrutturava questo sistema con Sargon di Akkad. Nasceva uno stato in grado di controllare, sottomettere, distruggere e terrorizzare altre città-stato e villaggi nel raggio di centinaia di km, grazie ad un esercito permanente di 5000 uomini. La principale scoperta di Sargon fu la deterrenza terroristica, la capacità cioè di minacciare di ritorsione violenta e letale chiunque si fosse opposto al suo volere. La storia prendeva la piega che oggi ben conosciamo e che oggi ci sembra "naturale". La cultura, detta di 'Ubaid, immediatamente precedente a quella della prima città-stato, Uruk, era invece totalmente egalitaria e pacifica. E sicuramente più ricca se si considera questa "ideologia" egalitaria e pacifica una ricchezza indistruttibile.

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