Sociologia74

Da Ortosociale.

La famiglia può aiutare nello sviluppo del rapporto con la Natura? I cacciatori di pelli del Nord America dei secoli scorsi raccontavano questa storia: "Cavalcherai a lungo per le montagne e forse proverai una sensazione che pochi hanno provato. Noi lo chiamiamo il momento magico. E' difficile da spiegare ma quando ti capiterà lo capirai. Non avrai bisogno di cercarlo. Cavalcherai per giorni solo lassù in un paesaggio così sconfinato da fare paura. Poi all'improvviso una mattina ti capiterà. Proprio così. Una montagna, una valle, o una prateria, che nessun bianco ha mai visto prima di te. Ti si mozzerà il fiato in gola. Sentirai le montagne carezzarti con le loro mani, le nevi che si sciolgono e si gettano come cascate nei laghi di un azzurro che ricorderai per tutto il resto della tua vita e fiori, bellissimi e selvaggi alti come alberi, ti sentirai parte di qualcosa di così meraviglioso che non ci sono parole per descriverlo. Non c'è cacciatore di pelli che non l'abbia provato almeno una volta".

Indice

Sommario

Famiglia e Natura. Parto da lontano ma credo di arrivare al sodo: una famiglia matrifocale che pratichi l'agricoltura multifunzionale e sia in grado di adottare migranti e soprattutto bambini migranti. Nella seconda parte ho ampliato il discorso inserendo la Scienza. Sostengo che la "socializzazione naturale" attraverso la famiglia ci potrebbe aiutare ad entrare nella "Tecnoscienza" e rivedere in profondità il nostro rapporto con la Natura. A patto che la Scienza non diventi dogmatica ed esamini tutte le esperienze culturali umane (magia, telepatia, meditazioni di tutti i tipi, arte). Questo in parte sta già avvenendo.

La Natura, la Madre, la Famiglia, i Processi di socializzazione

La Madre

L'essere umano è una animale mammifero. Questo comporta un lungo periodo di gestazione all'interno dell'utero materno, durante il quale vengono costruite le prime esperienze di interazione con l'ambiente esterno o "Natura". Dunque queste esperienze, base della futura cultura individuale, sono sempre mediate da un altro essere umano, la madre. Anche in fase prenatale il rapporto con la madre è un rapporto dinamico complesso, fisico, psicologico, ed anche sociale (in quanto la madre è comunque "altro" geneticamente dal figlio). In sociologia si parla di "socializzazione" primaria, dentro la famiglia e a scuola, e secondaria nel lavoro e nella società. Questa socializzazione è un processo tra esseri umani interamente simbolico, basato sul linguaggio. Non viene presa in considerazione l'interazione "diretta" tra il piccolo e la "realtà" o "Natura", in quanto non è un rapporto "simbolico". Neanche il rapporto tra un piccolo umano ed un animale viene considerato "socializzazione", perchè l'animale ha un linguaggio diverso (molti continuano a credere che gli animali non abbiano un loro linguaggio). Dopo la nascita è sempre la madre, assieme ai familiari, a mediare le interazioni del piccolo umano con la Natura. Lo aiuta a superare le "paure" del mondo esterno, buio, suoni improvvisi, esseri sconosciuti, lo aiuta nei movimenti nello spazio. L'ambiente cittadino nel quale crescono gran parte dei piccoli umani purtroppo impedisce una esperienza diretta di questi fenomeni e una rapida acquisizione di tutti i meccanismi sia culturali che fisici ed emozionali necessari a viverli con entusiasmo, sicurezza, creatività. La madre allora gli insegna a cibarsi (anzi con l'allattamento al seno rappresenta lei stessa la Natura intera come fattore vitale), a spostarsi, ad interagire con gli altri esseri viventi (animali e animali-uomo), utilizzando con lui i primi tentativi di comunicazione simbolica ed il gioco della affermazioni sì/no. Socializzando con la madre, "anche" a livello simbolico, il piccolo entra in contatto con la Natura. Questo comporta l'enorme rilevanza della presenza o della assenza di interazioni significative del piccolo umano (diciamo fino ai due anni) con: il mondo minerale (aria, acqua, fuoco, terra), le condizioni meteo, il mondo vegetale, il mondo animale (basterebbe un animale domestico, come un gatto o un cane, a rappresentare degnamente tutto l'universo animale), altri esseri umani come lui che si esprimono poco o niente in modo simbolico, e poi ovviamente le "varie" strutture familiari che comportano la socializzazione primaria. Tutto questo potremmo chiamarlo "socializzazione naturale" e comprende da subito la trasmissione culturale da parte della madre e dei familiari di uno specifico tipo di rapporto uomo/natura. Attualmente la cultura che il piccolo riceve è quella di "evitare" la Natura.

L'ambiente urbano

Nell'ambiente urbano tutti questi processi vitali sono fortemente ridotti. Il rapporto con la pioggia, il vento, il caldo/freddo, vengono affrontati con varie protesi tecnologiche, a volte di scarso successo, come climatizzatori, capsule isolanti come le automobili, abiti a strati come capsule portatili. Il messaggio che arriva al piccolo umano è che bisogna evitare ogni contatto diretto con le condizioni climatiche "esterne". Il messaggio forte e chiaro che segna il suo imprinting è che deve evitare lo sviluppo del proprio corpo (mente compresa) ed affidarsi a protesi esterne mediate simbolicamente dalla cultura che riceve. Il cibo gli arriva confezionato, e invisibile se non nella pubblicità che vede nei centri commerciali, alla televisione o nelle etichette colorate che per lui sono il vero "cibo". Questo intendo dire con "mediato simbolicamente". Prestissimo imparerà ad usare il computer che lo aiuterà nella memoria e nella comunicazione sociale. Il livello vegetale è praticamente assente dalle città. Gli animali sono solo quelli domestici di affezione, cani, gatti, uccellini in gabbia, criceti, piccole tartarughe per chi ha un giardino. Per quanto riguarda i rapporti sociali con i familiari, dipende tutto dal tipo di famiglia nella quale il piccolo è inserito. Può essere più o meno aperta ma nella grande maggioranza dei casi è una "famiglia nucleare". Parliamo di socializzazione primaria all'interno della famiglia, che precede le altre socializzazioni: quella scolastica, quella amicale, quella lavorativa.

La famiglia

La socializzazione primaria accompagna l'individuo per tutta la vita, nel bene e nel male. Anche se viene gradualmente affiancata, accompagnata e messa in secondo piano dalle altre socializzazioni, rimane fondamentale nel senso che è quella che costruisce le "fondamenta" di tutte le altre fasi della "costruzione sociale" dell'individuo. E' quindi importante considerare e valutare il tipo e la struttura familiare nella quale viene formato il piccolo. Soprattutto nei primi momenti del suo rapporto con la Natura. Rapporto che inizia mediato dalla madre, poi dai familiari, quindi dall'universo culturale che il piccolo assorbe attraverso la scuola, gli amici e gli "affini", il lavoro e le macro-organizzazioni sociali quali lo stato, la sanità, le amministrazioni locali che sono quelle che sperimenta direttamente sul territorio (i vigili "urbani", i sindaci e i vari assessori del proprio comune di residenza).

Da solo come individuo verso la Natura

Senza discutere ora i vari modelli di relazione con la Natura che comportano i vari "universi culturali", va messo al centro della nostra attenzione il pericolo che corre il piccolo umano nella sua formazione: la mancanza di un rapporto diretto con la Natura (come ambiente costituito da minerali, vegetali, animali), di un rapporto "solitario", individuale, autonomo. Questo pericolo nasce dalla necessità del piccolo umano di essere accompagnato dalla madre che per lui, durante la gestazione e dopo, è l'intera Natura. Dalla sua necessità di essere accompagnato verso una relazione indipendente, sicura, gratificante con la Natura e con gli altri esseri umani visti "socialmente" inseriti nella Natura. Le popolazioni cosiddette "primitive", che sono quasi scomparse, accompagnavano i loro giovani con un "rito di passaggio", quando raggiungevano la maturità all'incirca nella fase della adolescenza. Durante il rito venivano "abbandonati" e lasciati soli con la Natura. Il giovane rientra poi nella "società" costituita dalla comunità, dal villaggio, dalla tribù, ma ha raggiunto la consapevolezza che anche il suo "universo simbolico" <<fa parte della Natura>>. Un universo simbolico costruito così con la sua famiglia, comunità, villaggio, tribù. Nel racconto dei cacciatori di pelli del Nord America il passaggio centrale è "cavalcherai da solo".

La cultura del controllo

Dice il biologo Luigi Luca Cavalli-Sforza nel suo libro "La specie prepotente", dove si riferisce alla specie umana, che l'attuale cultura prevalente è una cultura del controllo sulla natura che precede (il tentativo del...) il dominio completo sulla natura stessa. Secondo LLC-S la pre-potenza di questa cultura è una alternativa allo "adattamento", cioè ai meccanismi oggi ben conosciuti della evoluzione naturale come descritti nella sintesi darwiniana. Ironicamente, nel momento in cui arriva a conoscere i meccanismi biologici, comportamentali e sociali dello adattamento evolutivo, la specie umana li nega per affermare la sua volontà di potenza, dominio, controllo, su tutto e su tutti (nelle relazioni intraspecifiche), compresi gli altri esseri umani, dominati e "controllati". E' per questo motivo che oggi i più consapevoli difensori dell'umanità sono gli scienziati naturalisti, quelli che conoscono l'evoluzione, forse più degli psicologi, dei sociologi, degli antropologi, catturati dai loro variegati e distinti "universi culturali". Scienziati come Edwad O.Wilson, che ha proposto le teorie della biodiversità, della biofilia, della eusocialità, l'antropologia evoluzionista, oppure lo stesso LLC-S, Jared Diamond, Richard Dawkins, e tantissimi altri. Gente che conosce la Natura Vivente. Tutti questi scienziati dimostrano una viva preoccupazione per i rischi di collasso della attuale civilizzazione umana e del suo "universo culturale" egemone.

Una famiglia matrifocale

Per modificare questo universo culturale egemone, che si traduce nei fatti in una cultura della guerra, sedimentata nei secoli, si possono tentare varie vie. Probabilmente tutte le vie vanno praticate assieme nel tentativo di riformare la cultura, l'economia, l'organizzazione politica. Ognuna di queste vie agirà inevitabilmente nei vari processi di socializzazione che abbiamo intravisto: primario, scolastico, amicale, di affinità, economico. La mia proposta è di focalizzare la nostra azione riformatrice sulla "madre" in quanto attore principale della prima struttura sociale che costruisce l'essere umano ed il suo universo simbolico: la famiglia. La madre, aiutata dall'intera comunità, ha la particolare abilità di conciliare natura e cultura, mondo simbolico e percezione delle realtà viventi, sin dalla fase prenatale. Per "azione riformatrice" intendo la costruzione di una forma nuova a partire da quella vecchia, sperimentando e imparando dalle esperienze nel substrato sociale e culturale di cui si dispone. La famglia, tramite la "madre", è la matrice sia della socializzazione "umana" sia della socializzazione "naturale". Queste due socializzazioni vanno riunificate per rendere "adattativo" lo sviluppo umano. Quando si parla di famiglia si fa l'errore di considerarla una "cosa" (una "chositè"), definita una volta per tutte. Esistono nel tempo della storia e nello spazio geografico innumerevoli forme familiari. Quindi non si può parlare di "salvare la famiglia", perchè prima bisogna specificare di quale famiglia si parli. La mia tesi è che l'attuale forma dominante di famiglia, in occidente ma va diffondendosi in tutto il globo, è la "famiglia nucleare", cioè la famiglia costituita dai due genitori e dai figli (il numero dei figli è in via di drastica riduzione). Questa famiglia collassa a volte in una famiglia con un solo genitore e i vari figli (in genere la madre con figli di padri diversi), come in alcune periferie povere sia nei paesi ricchi (ad esempio nei ghetti neri degli USA) che in quelli emergenti (dove esistono anche casi di bambini abbandonati nelle strade). Un altro indice preoccupante nelle città italiane è il forte aumento percentuale delle famiglie costituite da un solo membro, un "lui" o una "lei" che rimangono single o decidono di non avere figli. Salvare la famiglia, nella dizione corrente, può solo significare "salvare la famiglia nucleare".

La famiglia nucleare

La famiglia nucleare nasce con la rivoluzione industriale e diventa "sistemica" con la grande industria fordista. "Lui" lavora in fabbrica e porta il pane a casa sottoforma di salario ("breadwinner"). "Lei" cura i figli, l'economia domestica, le relazioni affettive, parentali, sociali. E' una divisione del lavoro tayloristica dove però il potere sta nelle mani dell'uomo che dispone del "pane" in forma di denaro. Ora il fordismo è collassato, e il modello della famiglia nucleare si è modificato: lavorano sia "lui" che "lei", con "lei" che mantiene le funzioni precedenti e guadagna meno di lui a parità di lavoro. Questo ha portato la famiglia nucleare ad un livello di stress significativo. Sono state reintrodotte a livello massivo le figure dei nonni, riportando le relazioni intergenerazionali da due (genitori/figli) a tre (nonni/genitori/figli). E' stata rilevata una tendenza precisa delle figlie ad abitare ad una distanza di uno o due km dalla madre, pur mantenendo la separazione abitativa e dunque la sostanziale "nuclearità" della famiglia. Mentre la versione nucleare precedente era di tipo strettamente patriarcale perchè "lui", titolare del salario, aveva il potere decisionale e il controllo delle relazioni con le organizzazioni sociali forti (soprattutto imprese e stato con le sue leggi a favore del maschio, meno con scuola e religione in cui prevalevano le donne cui era delegata l'educazione dei figli), quella attuale vede la concorrenza tra tra il ruolo lavorativo di lui e quello di lei. Gran parte della cura dei figli viene delegata alle organizzazioni pubbliche o private: scuola, sanità, assistenza psicologica, sport, cultura, divertimento. La famiglia nucleare dipende dalle due massime istituzioni della nostra società: lo stato e il mercato. Questo avviene nel momento in cui il debito pubblico dello stato (o "debito sovrano") obbliga a tagliare i servizi di istruzione, sanità, assistenza, mobilità, e la crisi economica rende sempre più difficile ottenere lavori remunerativi per pagare i servizi che offre il mercato privato. La famiglia nucleare corre due rischi: quello di sciogliersi con la separazione o il divorzio; e quello speculare di cementare un'alleanza di lui e di lei che sfocia in un "familismo amorale" del tipo delineato da E.G.Banfield in un contesto contadino ne "Una società del mezzogiorno". Il "familismo amorale" consiste nel perdere di vista la vita comunitaria e centrare il proprio interesse solo sulla propria famiglia in concorrenza ed a volte in conflitto con le altre famiglie. Nel nostro caso il "familismo amorale" riguarda la famiglia nucleare in un ambito urbano di tipo industriale o terziario anzichè un ambito contadino come quello descritto da Banfield.

La famiglia estesa

In ambito contadino rurale vale invece (o valeva) l'esempio di "famiglia estesa" descritto a suo tempo da W.I.Thomas e F.Znaniecki ne "Il contadino polacco in Europa e in America". La famiglia descritta da Thomas e Znaniecki è completamente diversa dalla famiglia nucleare attuale e potrebbe essere un modello di riferimento per iniziare ad aggiustare, ricostruire, allargare, e rigenerare l'attuale famiglia nucleare. Il limite soffocante della vecchia famiglia estesa rurale era la sua totale struttura patriarcale, antica di millenni. Limite che ha contribuito a fare sparire questo modello patriarcale appena si sono create con l'industrailizzazione e l'urbanesimo modi di vita alternativi. La famiglia estesa comunque aveva una struttura a cerchi concentrici altamente complessa e resiliente che ha resistito fino alla scomparsa della agricoltura tradizionale a vantaggio della agricoltura fordista industriale. Ma la famiglia nucleare per amore o per necessità oggi ha dovuto aprirsi, "estendersi", al supporto dei nonni, soprattutto per garantire assistenza ai nipoti. In questo modo si è avviato un processo culturale intergenerazionale tra tre generazioni: i millennials, i genitori dei millennials, i nonni custodi delle memorie storiche degli anni 60/70. Si potrebbe avviare così quella relazione di "eusocialità" che riguardi almeno tre generazioni di cui parla l'antropologia evoluzionista caldeggiata, tra gli altri, da E.O.Wilson, ideatore della biodiversità e della biofilia.

Prospettive

Una maturazione avanzata dell'individuo, portato dalla madre e dalla famiglia ad essere autonomo ed attivo nei confronti della realtà/natura, potrebbe avere enormi conseguenze. Questo potenziamento dell'individuo (empowerment), ricco di di un vissuto socializzante familiare, gli permetterebbe di affrontare in una modalità che potremmo definire di "imprenditore sociale", le tre reti del potere o meglio della "potenza" sociale: quella economica (brevemente E), quella politico-militare (brevemente MP), quella ideologico-culturale-religiosa-rituale-artistica-tecnoscientifica (brevemente I). Sono queste reti che nel loro intrecciarsi e sovrapporsi costituiscono le varie "società" localizzate nello spazio. Tutto questo a partire dalla formazione socializzante ricevuta dalla madre e dalla famiglia che si sviluppa e proietta in cerchi concentrici alla seconda, terza, quarta generazione. Per quanto riguarda la realtà/natura, oggi la sfida più pericolosa è rappresentata dal degrado ambientale, dall'inquinamento, dalla distruzione di ecosistemi, dal consumo di suolo fertile che produca cibo, causati da urbanizzazione, grandi opere, infrastrutture, miniere e attività estrattive. Dalla introduzione dell'agricoltura e allevamento, circa 10.000 anni fa, il rapporto con l'ambiente si è sempre basato sulle tecniche agricole che comprendono la produzione di energia (pulita) e la manutenzione, attraverso la copertura vegetale, di risorse vitali quali acqua e aria (pulite). In altre parole è coltivando la terra in modo tradizionale e prendendosi cura di tutte le risorse che essa porta che possiamo affrontare la terribile sfida ambientale che ci sovrasta e che si intreccia con la crisi ideologico-culturale e con quelle geopolitiche. L'agricoltura non può essere e non è mai stata una semplice produzione di cibo. E' sempre stat una produzione ideologico-culturale in contesti geopolitici che variavano storicamente: dai contadini tributari dell'Egitto dei faraoni, al breve periodo felice degli yeomen di J.Swift, ai servi della gleba feudali, ai liberi farmer americani ai tempi della frontiera, alle rivoluzioni contadine del XX secolo (Russia, Cina, Messico, etc). Oggi la sociologia rurale di Van Der Ploeg e altri propongono una agricoltura "multifunzionale" che dialoghi con le città e che comprenda al suo interno anche persone che lavorano in città o che fanno lavori da cittadino. Quindi l'agricoltura potrebbe diventare una attività multifunzionale integrata centrata sulla famiglia come imprenditore sociale (con un bilancio ma senza obiettivi di profitto). E' la famiglia che interagisce unita con le reti dei poteri-potenze economiche, culturali, politiche. Utilizzando tecnologie che sviluppano l'ambiente anzichè distruggerlo. Questa famiglia non può essere la famiglia estesa patriarcale , nè la famiglia nucleare (urbana, industriale, fordista), nè tantomeno la famiglia monogenitoriale o di single che si va diffondendo. Per ricostruire la famiglia abbiamo i suggerimenti dell'antropologia che possiamo interpretare in modo creativo partendo con umiltà dall'esistente. I suggerimenti, oggi trascurati, sono quelli di famiglie contadine estese centrate sul ruolo manageriale, sacro, cognitivo della madre, come nelle comunità Moso in Cina. Un altro importante suggerimento è la pratica dell'adozione di non consanguinei rilevata sin nelle fondazioni delle prime grandi comunità urbane (Chatal Huyuk) e diffusa in tutte le società cosiddette "primitive". Tali adozioni potrebbero da subito essere uno strumento valido nel tentativo di assorbire il flusso di migranti che arriva in Europa, soprattutto di minori senza genitori. Quanto viene proposto in questa prospettiva non è un pio desiderio ma l'utilizzo dei più avanzati modelli organizzativi sperimentati dalle società ad altissima tecnologia. Questa nuova "famiglia-impresa-sociale" infatti avrebbe molte delle caratteristiche dei quattro modelli di organizzazione proposti da Alberto F.De Toni e altri: organizzazione circolare, cellulare, olografica e olonica. Vedi "Auto-organizzazioni - il mistero dell'emergenza nei sistemi fisici, biologici e sociali", Marsilio, Venezia, 2011.

Socializzazione come conoscenza

La famiglia è dunque il punto di partenza dei vari processi di socializzazione dell'individuo. Vediamo nel seguito come questi processi costruiscono i vari modelli cognitivi che guideranno l'individuo nelle sue esperienze vitali. Le considerazioni che seguono sono semplici appunti da elaborare possibilmente in modo "socializzato", all'interno di un quadro di riferimento che è quello del pragmatismo e dell'interazionismo simbolico di George Herbert Mead.

Laudato sì

Le scuole di pensiero, derivate in gran parte dalla filosofia "essenzialista" di Pitagora, Platone, Aristotele, che vedono in sequenza gerarchica categorie astratte e non esseri umani, animali, piante, acqua, pietre, sono state sostituite dal modello cognitivo dinamico dell'evoluzione di Darwin, che oggi gli scienziati condividono nel campo della biologia e delle altre scienze. Questo modello nasce dallo studio attento della Natura e della storia della Natura. È condivisa anche dalla Chiesa Cattolica, nostante le filosofie platoniche e soprattutto aristoteliche siano il substrato se non la sostanza della dottrina teologica cristiana. Non è compito della scienza pronunciarsi su entità soprannaturali, cui ciascuno se vuole può credere. La stessa Enciclica di Bergoglio, "Laudato sì", va in questa direzione. Per la prima volta, non è il mondo astratto dell'aldilà teologico o filosofico l'obiettivo "supremo" cui puntare. Ma il mondo naturale, la Natura, che nei nostri limiti ma concretamente rappresentiamo come umani, animali, piante, minerali ed altro ancora. Se anche avessimo "uno spirito racchiuso nel corpo" questo "spirito" lavora evidentemente per il "corpo" che lo alimenta con le sue esperienze e così via in circolo, non in un rapporto gerarchico dove il "corpo" è lo schiavo-robot dello "spirito" che lo usa e getta. Non solo, ma le filosofie yoga e buddiste parlano di un "corpo" astrale e di un "corpo" spirituale, non molto diversamente da Lucrezio che parlava di "atomi" psichici. Quindi l'eventuale "spirito" non avrebbe una struttura (atomica) diversa da quella del "corpo fisico", col rischio di una sua futura "decomposizione". E' molto significativo che la Chiesa Cattolica prenda oggi con Papa Bergoglio una direzione filosofica, quella che potremmo definire "francescana", che dissolve la vecchia teologia della realtà come "emanazione della parola". Vi ricordate "All'inizio era il Verbo" (dove Verbo, o Logos, vuol dire semplicemente "parola", discorso, simbolo) ? Vi ricordate la frase "Io sono", dove alla prima persona della voce del verbo essere non corrisponde nessuna qualificazione o predicato? Questo approccio viene preso da molti come un ponte verso una comprensione mistica del "tutto". L'analisi del linguaggio, Bertrand Russell docet, dichiara invece che è una "frase priva di senso". Ma questo Logos che si autospecchia, questi discorsi che ricorsivamente si nutrono di sè stessi e che si sviluppano come algoritmi senza controllo, nascono ben prima della Chiesa Cattolica. La loro egemonia si estende anche nel campo laico. Vi ricordate "Tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale"? (Hegel). Oppure Karl Marx che definiva il capitalismo (e la lotta di classe) la "quintessenza" della Storia con le sue "leggi ineluttabili"? Definire le banche un concetto astratto è come definire il rogo dell'Inquisizione un simbolo. Certo che era anche un simbolo ma bruciava esseri umani, donne soprattutto. In entrambi i casi l'inferno si rivela una sofferenza reale e molto concreta propinata "fisicamente" da "teologi". Storicamente nel corso degli ultimi duemila500 anni abbiamo visto come lo sviluppo "simbolico" della cultura umana porti a enormi sofferenze, dai genocidi per motivi religiosi al rischio di una distruzione della Natura Vivente.

Buddha versus Gesù

Parlare di Gesù e di Buddha significa trovarsi nel campo delle ipotesi più discusse e più incerte. Quindi il nostro è solo un tentativo di applicare il modello cognitivo della "socializzazione" alla nascita di due religioni importanti. Non viene messa in discussione l'esperienza ascetica e di meditazione del Buddha, esperienza che potrebbe come vedremo essere indagata dalla scienza. Nè la predicazione, la passione, i "miracoli", le guarigioni taumaturgiche operate da Gesù. Anche su di esse la scienza indaga e potrebbe indagare ulteriormente, perchè sono fenomeni che si presentano in tutte le culture umane. Quello che vorremmo spiegare studiando la "socializzazione" di questi due personaggi è la "piega" diversa che socializzazioni diverse possono aver dato al "senso" delle loro esperienze spirituali (accettandole come storicamente significative). La religione è un'espressione storico-sociale della società che la produce, ma a sua volta è in grado di condizionare la società stessa e la sua costruzione gerarchica. Secondo le tradizioni Gautama Buddha nasce in una famiglia regale, quella dei Sakya, della casta degli "ksatriya", un sostantivo maschile sanscrito con cui si indica la "casta" dei "guerrieri", dei "militari", "coloro che hanno il potere regale", quindi di coloro che hanno il "potere", il "dominio", i "regnanti". Narra la tradizione che Buddha scoprisse il dolore (universale) quando era già adulto, uscendo dal palazzo paterno e incontrando per la prima volta vecchiaia, malattia, morte. Da qui la sua futura illuminazione sulle "Quattro nobili verità": "Della nobile verità del dolore, della nobile verità dell'origine del dolore, della nobile verità della cessazione del dolore, della nobile verità della via che porta alla cessazione del dolore". Difficile immaginare questa "scoperta" da parte di un cacciatore/raccoglitore che vivesse a stretto contatto con la Natura da quando era nato, in una società senza stato, monarchia, rigide caste sociali. Per decine di migliaia di anni la spiritualità e il sacro delle varie umanità sparse nel pianeta si basava sull'idea del ciclo della Vita e della Morte e sul culto degli antenati. La morte era vissuta come il ritorno, il rientro nella Natura. Dolore e sofferenza erano affrontati con coraggio spavaldo e il supporto di una comunità di pari. Dopo migliaia di anni, provando e imparando dentro la Natura, i nostri antenati inventavano l'agricoltura. Buddha nasce dentro una società cristallizzata in caste, che essa stessa genera povertà, dolore, morte. Anche se nella costituzione degli ordini monastici Buddha non considera le caste, tra i primi discepoli è fortissima la maggioranza dei brahamani (prima casta), degli ksatriya (seconda casta), dei mercanti (terza casta). L'annuncio stesso della quattro verità ha il tono di un editto regale: "Oh monaci, il Tathāgatha, il Venerabile, il Perfettamente risvegliato, ha messo in moto presso Vāraṇasī, a Isipatana (Sarnath), nel Parco delle gazzelle, l'incomparabile ruota della Legge (dhammacakka), che non può essere ostacolata da alcun asceta o brāhamana o deva o Māra o Brahmā né da chiunque altro al mondo - la ruota della Legge, cioè l'annunciazione, l'esposizione, la dichiarazione, la manifestazione, la determinazione, la chiarificazione, l'esposizione dettagliata delle Quattro nobili verità". La tradizione che riguarda Gesù racconta invece di una situazione modesta, ma non troppo, di una famiglia di artigiani (la classe media dell'epoca), in un paese occupato da stranieri, dal più potente impero multinazionale della storia, l'impero romano, che con la sua crudeltà burocratica apre (censimento) e chiude (crocefissione) la vicenda umana di Gesù. Nel Discorso della Montagna la sete di "giustizia" è fortissima e il ribaltamento delle posizioni sociali totale; l'annuncio di un "Regno del Padre" assomiglia ad un impasto di farina che lievita; la morte, le malattie, il dolore vengono presi di petto, affrontati, superati. Gesù non ha il successo di Buddha nel convincere in modo "carismatico" principi e mercanti. Non ha successo nemmeno con parte del popolo che vuole combattere i romani con la spada. Muore col pericolo che i suoi discepoli si disperdano e che la Chiesa Cristiana venga socialmente, culturalmente, politicamente, economicamente costruita da un cittadino romano, di cultura ellenistica, molto rispettoso della "Autorità", che tiene le donne al loro posto, di nome Paolo di Tarso. Senza giudizi di merito sulle due vicende, quella di Gesù e quella di Buddha, sono evidenti nelle narrazioni tramandate (nella realtà nessuno sa come sia andata veramente) grandi differenze ascrivibili a differenti "socializzazioni".

La lezione della storia

La necessità di costruirsi modelli di simulazione della Natura ma nello stesso tempo di validarli con esperienze dirette, suggerite dagli stessi modelli, è ancora più evidente nel campo delle scienze umane. Gli eventi "sociali" e "socializzanti" costituenti la storia umana sono i più complessi che la mente umana possa affrontare. Non hanno l'ausilio del "linguaggio" matematico. E' quasi impossibile fare previsioni storiche. Molti mettono in dubbio la stessa esistenza di "leggi" storiche. Ma la conoscenza della storia è forse la più preziosa risorsa dell'umanità, come la sua memoria. Le altre scienze, dure o molli, dovrebbero lavorare su questo obiettivo, rigenerando attraverso la consapevolezza e la memoria l'identità (o "qualità") in fieri della specie umana. Nel campo della storia possono valere le stesse raffinate metodologie che guidano le scienze naturali (falsicabilità, simulazione). Ad esempio: il "crollo della ex-URSS" potrebbe e dovrebbe essere studiato come un "esperimento" fallito. Se si facesse l'ipotesi che il crollo della ex-URSS sia dovuto alla esasperata costruzione gerarchica, autoritaria, burocratica, di una intera società costruita ex novo sulle macerie di quella zarista, si potrebbero tentare "esperimenti" in direzione opposta. Cioè, come dicevamo prima, verso una società auto-organizzata basata su un "largo consenso" (rough consensus), anzichè su complicati meccanismi quantitativi di maggioranza/minoranza, utilizzati oggi nelle varie democrazie. Questa ipotesi potrebbe essere utilizzata nel "prevedere" la crisi degli stati-nazione e del loro intreccio con una economia organizzata come loro secondo lo stesso principio gerarchico. L'economia non è gerarchica solo come struttura interna di ogni singola impresa capitalistica, cioè come dinamica tra "padroni" e "lavoratori" (erroneamente la teoria marxista prevedeva il collasso verso due soli strati, borghesia e proletariato, quando invece gli strati sono molteplici (ad esempio operai, impiegati, manager, titolari della proprietà con diritto di voto nei patti di sindacato, titolari della proprietà come azionisti senza diritto di voto). La economia capitalistica è gerarchica anche a livello di rete di imprese in concorrenza tra loro. Ad esempio le famose "multinazionali" determinano in modo completo (e autoritario) il lavoro delle imprese piccole e medie, perchè sono loro a costruire "il mercato" nel quale tutti operano. Naturalmente gli "stati-nazione" egemoni e le grandi "corporations" stabiliscono insieme le "regole" che gli altri stati e i vari mercati devono seguire. Questo è il meccanismo che il grande storico-sociologo Norbert Elias ha definito "monopolistico", significando che la concorrenza porta alla costruzione di monopoli economici e politici. Tutto ciò si potrebbe definire come risultato di quella "organizzazione gerarchica" ubiqua e pervasiva che si va progressivamente riducendo a "disorganizzazione". L'analisi del crollo della ex-URSS, la fine di una intera società potrebbe essere stata causata da una organizzazione gerarchica esasperata, sperimentata con tutte le risorse filosofiche e, nota bene, scientifiche a disposizione. Una gerarchia-burocrazia descritta nel Grande Fratello che avrebbe dovuto liberare la società umana dai vincoli della gerarchia politca ed economica della borghesia capitalistica. L'aspetto più significativo della ipotesi che vede la causa del crollo della ex-URSS nella "Crisi della Gerarchia", sta nel fatto che è un tentativo di "socializzazione" massiva guidata dall'alto verso verso il basso secondo un modello teorico costruito con le più raffinate elaborazioni filosofiche occidentali, riconducibili a quelle basilari di Pitagora, Platone, Aristotile. La ex-URSS era una "Repubblica" guidata da filosofi, costruita, durata 70 anni, e crollata. Socializzazioni più "spontanee" come quella del mercato di Adam Smith, dimostrano maggiore longevità ma, concretizzandosi in strutture fortemente autoritarie e gerarchiche sia a livello economico sia a livello politico, perdono la loro flessibilità e rischiano il collasso.

Il modello IEMP (Ideologia, Economia, Militare, Politico)

E' probabile che Gesù e Buddha siano vissuti e che le loro esperienze individuali, umane e spirituali, abbiano avuto una profondità ed una estensione che hanno "fatto la storia". Ma la "socializzazione" significa fare entrare nel flusso collettivo delle esperienze le esperienze di tutti, le loro rielaborazioni creative, le loro differenze. Così "buddhismo" e "cristianesimo" sviluppano numerose correnti e scuole di pensiero che si scontrano e dividono, anche politicamente e militarmente, e che continuano a cambiare anche oggi. Abbiamo detto che: "La religione è un'espressione storico-sociale della società che la produce, ma a sua volta è in grado di condizionare la società stessa e la sua costruzione gerarchica". La società a sua volta modifica le religioni, innestandovi altre esperienze, anche altre esperienze spirituali. Per esempio il lamaismo tibetano è una forma di buddhismo che conviveva in Tibet con un fortissimo strato di spiritualità sciamanica "Bön", una spiritualità magica che pratica un rapporto diretto con quella Natura che secondo le Quattro Nobili Verità è solo dolore e "impermanenza". Quindi la "socializzazione" agisce nella costruzione di grandi esperienze spirituali modellando non le astratte "società" con le quali viene in contatto, ma secondo il modello IEMP di Michael Mann, le quattro concrete fonti del potere sociale che sono, in parallelo al sistema delle caste indiano, quello politico-militare (Ksatriya, re-guerrieri), ideologico-religioso (Brahmani, sacerdoti), economico (Vaiśya, mercanti-artigiani). Gesù si contrapponeva in modo forte al potere ideologico-religioso (Sinedrio di Gerusalemme e farisei) ed economico (cacciata dei mercanti dal tempio), mentre tentava di rimanere neutrale davanti a quello politico-militare (romani). L'episodio della guarigione del servo del centurione romano (carica militare molto importante all'epoca) è molto complesso e potrebbe avergli alienato molti favori del popolo ebraico. Vedi Vangelo di Matteo (Mt 8, 1-13) , e Vangelo di Luca (Lc 7,1-10), dove davanti all'apertura fideistica del centurione Gesù afferma: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». In realtà la "Fede così grande" del centurione romano consisteva nel credere nel potere della Burocrazia, come documentato in entrambi i Vangeli: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Il centurione, giustamente, capiva che lo stesso meccanismo del potere politico-militare (brevemente MP) poteva valere in quello magico-religioso (brevemente I). Buddha nella prima fase della "socializzazione attiva" della sua esperienza spirituale aveva invece un buon rapporto con tutte e quattro le fonti del potere sociale (secondo la tradizione), così come era stato modellato dagli ariani dopo la invasione indo-europea dell'India. Per liberare l'umanità doveva entrare nelle società umane con la costituzione del "Sangha". O forse poteva anche capire che la fonte del "dolore" (seconda Nobile Verità su l'origine del dolore) era la società bellica e patriarcale degli ariani invasori.

Il modello IEMP rivisitato

Il modello IEMP di Michael Mann va profondamente rivisto perchè non tiene conto dello sviluppo e del peso culturale crescente di quella che la sociologia chiama "tecnoscienza". In questo modello, che ha il pregio di un test storico di 5000 anni, le società vanno viste come una pluralità differenziata, come una moltitudine di nodi (hub) che intrecciano sistemi o "reti" dove scorre dinamicamente una delle quattro fonti del potere sociale. Ad esempio, la città di Roma nasce nel 753 aC sulle rive del Tevere, ad un passaggio di merci, guerrieri, sciamani. Lì si incontrano le quattro fonti del potere sociale: Economia (merci), Politico-Militare (guerrieri), Ideologia (sciamani). In termini riduttivi questa antica "società romana" è solo un processo di confluenza di queste quattro reti (e volendo di altre). Non può esistere, o cambia profondamente, se una di esse viene a mancare, oltre naturalmente alla presenza "ecologica" del fiume Tevere, padre della Patria. Ad esempio se i traffici sul fiume spariscono, o se viene conquistata politicamente, o se viene "convertita" da una nuova pratica religioso-sciamanica. La innovazione profonda portata dai romani è stata la "prassi" di autocostruirsi queste reti costruendo le loro famose strade che portavano merci, soldati, cultura simbolica e materiale basata sul greco-latino. Anche le "società" recenti (1500 dC), di solito chiamate "Stati-Nazione", sono la confluenza, in inglese un "Hub", di queste reti del potere sociale. Lo Stato Nazione ha una componente politico-militare (che era in genere una monarchia), una componente identitaria costruita con la Religione, una componente economica basata sulla agricoltura, sul commercio e i mercati, poi sulla "rivoluzione industriale" con la nascita della "tecnoscienza". La sorgente del potere sociale che Michael Mann chiama "Ideologia" e che comprende religione, arte, cultura simbolica, ritualità si va sempre più caratterizzando secondo l'approccio recente della tecnoscienza, basato sulla sperimentazione e sullo scambio delle esperienze, ancora fortemente condizionato dall'assetto non inclusivo dei poteri sociali economico (E) e politico-militare (MP). Il "potere sociale" non ha una valenza negativa. Può essere inclusivo (il mio potere aumenta il tuo) o esclusivo (il mio potere diminuisce il tuo). Come abbiamo visto nella costruzione del "Sangha" (comunità di monaci buddhista) entravano le principali caste indiane, brahmani (I), ksatriya (MP), vaisya (E), nel loro modo sicuramente non inclusivo. Vedi la Predicazione e insegnamento del Buddha. L'errore sta nel credere che questo sia l'unico modo di manifestarsi del potere sociale: esistono e sono esistite molte civilizzazioni che sviluppano e hanno sviluppato un potere inclusivo. Crescere in queste civilizzazioni inclusive (ad esempio i nativi americani) o crescere nelle civilizzazioni ariane o indoeuropee comporta dalla nascita (e forse prima) un processo di "socializzazione" dell'individuo completamente diverso.

La Tecnoscienza versus Filosofia e Religione

Ma torniamo al problema della "emergenza" della tecnoscienza nella attuale civilizzazione europea, che vede l'egemonia "occidendale" estesa su tutto il pianeta. Per capire questa "proprietà emergente" nel campo della Cultura, dobbiamo considerare le altre sorgenti del potere sociale. In breve, il sistema Ideologico dominato dalla religione storica, il Cristianesimo diviso nelle varie Chiese, e dalle filosofie che si erano affermate nel mondo ellenistico-romano, costruisce e si intreccia con istituzioni politico-militari quali l'impero o lo stesso papato, intrecciati a loro volta su un contrastato sistema economico che potremmo definire basato sulla proprietà e lo sfruttamento di grandi latifondi tramite schiavi o servi dominati da aristocrazie agrarie laiche o religiose. Questo intreccio di potere ideologico, politico-militare, economico, si sfalda nel corso di secoli causando profondi cambiamenti nella teologia, nella filosofia, nelle istituzioni politiche. Per fare due esempi importanti, lo sfaldamento dell'impero romano di occidente, porta alla fine dell'alto medioevo alla costituzione di larghe autonomie politiche, economiche, e culturali, nei Comuni italiani ed europei. La rivolta dei contadini in Germania, per quanto repressa nel sangue a Frankenhausen nel 1525, portò alla graduale abolizione della servitù della gleba. I poteri coinvolti nella lotta erano da un lato, l'Impero, l'alta nobiltà e l'alta borghesia organizzati nella Lega Sveva. Dall'altra i plebei e i contadini, e tutti quelli solidali alla loro causa, componevano il campo rivoluzionario, guidato da predicatori come Thomas Müntzer. Questo campo desiderava spezzare il giogo della società tardo-medievale e forgiarne una nuova, interamente nel nome di Dio. Lo scisma di Lutero e le rivendicazioni politiche e soprattutto economiche dei contadini, i famosi 12 Articoli, aprirono le maglie strettissime dei poteri economico, ideologico, politico-militare. Nel 1600 compaiono Galileo e Newton, preceduti da Francis Bacon, sostenitore e strenuo difensore della rivoluzione scientifica basata sul metodo induttivo fondato sull'esperienza. Nel 1859 compare "L'origine delle specie" di Darwin, consapevole della portata filosofica e culturale delle sue scoperte, lui che aveva studiato la Bibbia per diventare pastore. Ciò nonostante la reazione alle scoperte di Darwin fu terribile e continua tutt'ora con i sostenitori del "creazionismo" presenti soprattutto in USA e sconfessati dalla Chiesa Cattolica. Questa emergenza, che si consolidata nel 1900 con la teoria della Relatività, con la Fisica Quantistica, la scoperta del DNA, lo studio al "naturale" del comportameto animale e degli animali "sociali", le neuroscienze, ha enormemente aumentato il peso ideologico, economico, politico, degli scienziati e dei ricercatori. Questo nuovo "potere sociale" ancora frammentato in discipline diverse, oppure spaccato in due tra le discipline umanistiche e le scienze naturali, si va sempre più "auto-organizzando" in comunità scientifiche che interagiscono con le precedenti organizzazioni economiche, politiche, religiose. Questa "emergenza" è difficilmente controllabile, perchè ogni aspetto delle precedenti organizzazioni viene studiato "scientificamente" con i metodi che le comunità di ricerca mettono a disposizione. Il gioco allora è: quale organizzazione riesce a controllare questo potere sociale emergente? Al momento la battaglia verte sul controllo di una scienza altamente matematizzata come l' Economia, che a sua volta permette di controllare quello che Michael Mann considerava il potere sociale della Economia (E). Il controllo della Economia diventa controllo politico-militare e indirettamente controllo Ideologico (quello che la gente pensa e vive come arte, cultura, rituale, norme etiche). I fondi per la Ricerca o il divieto della libera espressione sono i mezzi per governare questo potere. Al momento gli economisti che non condividono le teorie dominanti sono apertamente discriminati nei finanziamenti alla ricerca, nella nomima alle cattedre, nelle visibilità ai loro studi da parte di giornali, editori, istituzioni culturali. Ma l'Economia si trova nel campo delle scienze sociali nonostante la sua apparente "base matematica" basata su assiomi che si pretende indiscutibili. Di recente un astrofisico italiano, che ha studiato l'economia, ha dimostrato che le attuali teorie economiche dominanti sono una "pseudoscienza", basata su assiomi discutibili e incapace di fare previsioni (il cuore della scienza basata sugli esperimenti): "Rischio e Previsione - Cosa può dirci la scienza sulla crisi", Francesco Sylos Labini, Editori Laterza, Roma-Bari, 2016. Per inciso, e per enfatizzare le vie attraverso cui agisce la socializzazione familiare, Francesco Sylos Labini è figlio di Paolo, importante economista italiano, affermatosi nelle Università (potere I), ascoltato con rispetto dai politici (potere MP), influente nelle scelte di politica economica (potere E), ma personaggio indipendente, critico delle teorie dominanti in economia (Samuelson), innovatore.

La sperimentazione come processo sociale

La Tecnoscienza emersa come proprietà massiva e diffusa ha una caratteristica molto importante: si basa sul metodo sperimentale che significa condivisione sociale delle teorie e dei modelli e loro costante verifica. L'importanza dell'esperimento sta nel suo carattere sociale: dobbiamo condividere socialmente la teoria e poi valutare "insieme" le probabilità di verità e di "verifica" ricavate e ricavabili dall'esperimento. Gli uomini hanno caratteristiche "eusociali" come le api o le formiche. Questa discussione pubblica su teoria/esperimento modifica la nostra "costruzione sociale della realtà". In breve: la teoria (platonica) della separazione tra materia e "spirito" (pensiero) è duramente "provata" dalla costante interazione di materia e spirito. Ognuno di noi può avere, e sarebbe bello che avesse, delle visioni personali, magari ricavate dalla "contemplazione" della natura o dalla meditazione (interiore, verso sé stesso), o da entrambi. Ma anche in questo caso, come nel caso del Buddha, è inevitabile la "socializzazione" della sua "visione" (richiestagli da Indra, dio del pantheon induista, o da Brahman steso, che lo invita a diffondere la sua esperienza "individuale" ottenuta attraverso la meditazione), socializzazione che si può quindi considerare un "esperimento sociale" della sua "teoria/visione". La possibilità di "socializzare" le esperienze individuali, le più differenziate, richede una auto-organizzazione della società tale da permettere che questi esperimenti così delicati possano avvenire. L'alternativa sono la Crociata contro i Catari (i Puri, gli Albigesi, 1229-1244), la caccia alle streghe, la Shoah, lo Stato Islamico. Anche la scienza corre il pericolo di cadere nel dogmatismo proprio perchè non va a verificare con la sperimentazione i modelli di interpretazione costruiti. La "Teoria del Tutto" si propone di spiegare interamente e di collegare assieme tutti i fenomeni fisici conosciuti. Alcuni filoni di ricerca di questa teoria non sono in grado di produrre esperimenti. Gli esperimenti, se funzionano, non danno comunque certezze. Ma se non funzionano o non si possono fare è ancora peggio, nel senso che aumentano la "incertezza". Diciamo che da una verità deterministica si è passati ad una verità probabilistica, che misura il grado di "incertezza". L'incertezza, il rifiutare a priori l'ipotesi di una verità assoluta che spiega "tutto", comportano anche sul piano individuale del singolo ricercatore, l'umiltà di ricercare "socialmente" se abbiamo sbagliato modello o se lo dobbiamo rivedere o migliorare. L'ipotesi di una verità assoluta cin induce al contrario ad evitare le verifiche, ad essere ipocriti, a manipolare i dati, ad essere rigidi e farisei con gli altri, ad essere socialmente pericolosi seminando false certezze come Karl Marx, nel timore di cadere dalla cima della verità assoluta delle "leggi immutabili" nel baratro dicotomico della non-verità.

La Tecnoscienza e la Cultura umana

"Crediamo sia utile considerare l'attività conoscitiva non come limitata soltanto alla conoscenza intelletuale di tipo razionale quale è venuta definendosi nella nostra tradizione filosofica, ma come comprensiva di tutte le diverse espressioni, anche fantasiose ed emotive, tramite le quali gli esseri umani, nel corso della storia, hanno immaginato, descritto, interpretato la realtà nella quale vivevano" (Da "Conoscenza e Società", Franco Crespi, Carocci Editore, Roma, 2007, p.23). Tali forme comprendono Mito, Religioni, Ragione (quale modello nella Grecia antica o nell'Illuminismo), Scienza e Tecnica, Arti Figurative e Narrativa, il Senso Comune (la prima ineliminabile forma di conoscenza). Come si concilia la Tecnoscienza con le altre forme di esperienza culturale umana che tutte si possono considerare cognitive? L'arte, la meditazione, stati alterati di coscienza, la ritualità, le razionalizzazioni della filosofia, delle religioni storiche, della pratiche magiche presenti in tutti i popoli antichi e recenti? Qualunque sarà il corso della storia culturale e spirituale dell'uomo, una proposta molto semplice è che la tecnoscienza cominci a prendere in considerazione, come sta avvenendo ad esempio con le neuroscienze, tutte le più significative esperienze umane, anche quelle che sono difficilmente riproducibili in esperimenti come telepatia, chiaroveggenza, telecinesi, precognizione. Questi fenomeni decenni fa venivano studiati statisticamente nelle università di psicologia americane. Il Dalai Lama ad esempio ha offerto spontaneamente ai neuroscienziati l'esperienza meditativa dei monaci che dirige. Questo comporterà un processo di fusione condivisa delle esperienze accumulate nei millenni dall'umanità, un processo già avviato. Le esperienze storica come memoria non si possono più cancellare. Si possono trasformare e riequilibrare conciliando le proprietà emergenti con tutte le esperienze passate. Prima che un processo di fusione economica basato sulla totale libertà dei capitali finanziari, serve un processo di fusione culturale che potrebbe creare un nuovo modo di fare economia e di interagire con l'ambiente naturale.

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