ProgrammaEconomicoVeneto

Da Ortosociale.

Versione delle 09:28, 26 feb 2010, autore: Remo Ronchitelli (Discussione | contributi)
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Indice

Transizione

Questa è solo una bozza iniziale. Il programma non può essere il frutto di una mente individuale. Ci ispiriamo alla organizzazione partecipativa, per cui sin dalla progettazione è richiesta la partecipazione degli attori che poi vanno a realizzare i singoli aspetti del progetto, nella vita reale, nel quotidiano, con tutta la sua prevedibile complessità. Assumiamo qui come ipotesi accettate i principi della Decrescita di Serge Latouche che d'ora in avanti chiameremo Transizione: Ri-Valutare, Ri-Durre, Ri-Localizzare.

  • Ri-Valutare: significa cambiare i valori portanti: mettere al primo posto i valori della difesa dell'ambiente per un futuro possibile ed i valori della qualità della vita (salute, benessere, socialità, convivialità) al posto di valori meccanici quantitativi di pura ostentazione di status sociale (macchine più grandi, consumi più costosi e inutili e inquinanti, sperpero sociale e naturale sempre più parossistico, disprezzo di ogni forma di empatia per le specie viventi come indossare pellicce e simili atrocità, estinzione delle specie viventi a causa dell'uomo). E' possibile. Tutto è possibile.
  • Ri-Durre: significa ridurre del 50% l'attuale produzione/consumo. E' possibile. Tutto è possibile.
  • Ri-Localizzare: significa riportare all'interno della Regione le attività fondamentali che garantiscono l'autonomia alimentare, energetica, artigianale-produttiva. E' possibile. Tutto è possibile.

L'obiettivo concreto fondamentale comunque è uno solo; consiste nell'avvicinarsi sempre più, come Regione Veneto, alla autosufficienza alimentare ed alla autosufficienza energetica da fonti di energia rinnovabile: solare, eolica, idraulica, da biomasse.

Una scelta radicale

La Transizione è una scelta radicale che parte da subito influenzando il nostro stile di vita. Influenza il nostro stile e quindi a raggera quello degli altri, con tutte le interazioni sociali possibili. Positive e negative. Si tratta di tornare allo stile di vita degli anni 50 e 60 del secolo scorso, recuperando tutte la pregnanza delle relazioni famigliari, amicali, sociali sul territorio, sociali sul piano della partecipazione alla vita pubblica, che allora erano ancora presenti (rapporti sessisti patriarcali rigorosamente esclusi! rapporti che ormai sopravvivono a sè stessi anche se vanno comunque estirpati definitivamente). Non siamo andati poi tanto lontano nel nostro tecnologico fantastico viaggio verso un mondo puramente virtuale, se ancora oggi viaggiamo in 500! Solo che consumiano parecchie e parecchie volte di più che negli anni '60. Per avere cosa? Sicurezza sul lavoro? Soluzione ai problemi della salute? Prevenzione sociale delle malattie (che non siano vaccini costruiti per epidemie ad hoc), ove per malattie si intendono cancro, cuore, depressione, obesità? La considerazione che una parte di noi preferirà continuare sui binari di questo sistema è una evidente constatazione quotidiana. Verso chi preferisce continuare su questo modello, affidandosi a...chi se non a sè stesso ed a quelle relazioni sociali di cui si diceva, manteniamo aperta la porta del dialogo democratico e costruttivo ma senza spendere più di tanto in energia. E cominciamo a costruire, con chi ne è consapevolmente convinto, il cammino della Transizione.

Considerazioni Terra Terra

Attualmente la percentuale del PIL Veneto derivante dalla agricoltura è meno del 2,7%, una cifra ridicola, contro il 62% del terziario ed il 35% dell'industria. Questo è molto significativo circa lo stato cui è ridotta l'intera agricoltura veneta. Ogni veneto dispone pro-capite di soli 0,375 ha di terreno, un campo padovano circa. Gli Olandesi con soli 0,20 ha di terreno pro capite, quasi la metà dei veneti, hanno la possibilità della autosufficienza alimentare con cibo biologico. Quanti di questi ettari nel Veneto si sono salvati dalla cementificazione e sono rimasti coltivabili? Non è questo il territorio che ci rimane, che possediamo, sul quale viviamo, che ci fornisce tutto quello che ci fa vivere? Il cibo, il calore, l'energia, le emozioni, la compagnia degli animali, degli umani, del vento e della pioggia? Il terreno al quale siamo aggrappati come una zattera lanciata nello spazio? Dobbiamo pavimentarlo con asfalto e coprirlo di cemento, discariche, inceneritori, centrali nucleari, zone industriali, per costruire con tutto questo apparato strumenti per il "buen vivir"? Dove andiamo poi a godere questi strumenti del "buen vivir"? Lontano? Con chi?

Esiste un modello funzionante a cui ispirarsi

E' il modello del free software o del software open source. Secondo questo modello, ampiamente funzionante, se non egemonico, nel settore del software per computer, si creano delle comunità che nascono secondo le necessità ed i bisogni (informatici nel nostro caso). Queste comunità sono composte da:
1. progettisti
2. utenti del progetto (del servizio informatico nel caso del free software, nel nostro caso del bene/servizio)
3. imprese normali capitalistiche, che lavorano con costi, ricavi, profitti, le quali guadagnano vendendo i servizi di istallazione, modifica, consulenza, e soprattutto manutenzione del software/servizio
In queste comunità vigono stretti rapporti di cooperazione. In ogni comunità vigono regole diverse e valori specifici (ad esempio rigore intellettuale nel disegno oppure progettazione volta alla facilità d'uso). I progettisti sono organizzati e cooptati in genere dietro l'esperienza di un team già esistente. Eventuali analisi sociologiche dei vari team mostrerebbero probabilmente una forte razionalità sulla valutazione di risultati collettivi raggiunti ed allo stesso tempo un forte ethos specifico del gruppo. I progettisti sono in stretto contatto con gli utenti che valutano e perfezionano il prodotto. Il successo e la qualità del progetto dipendono molto dal test e dalle migliorie suggerite dagli utenti. Le imprese normali che offrono i servizi di istallazione, modifica, consulenza, e soprattutto manutenzione, sono costituite spesso da una parte dei progettisti, da utenti consorziati, o da altri appartenenti alla comunità. Come si evince dalla descrizione fatta, le imprese che operano nel free software operano nel mercato delle imprese capitalistiche. Cito: RedHat (fornisce una sua versione di Linux e un sistema di sviluppo), FireFox il browser, MySQL (fino a poco tempo fa, ora è stato acquisito dalla concorrente Oracle), e molte altre. Altre comunità sono fondazioni molto grandi e importanti come PHP o Apache. Questo modello non solo funziona all'interno della attuale economia capitalistica ma è stato capace di egemonizzare le imprese tradizionali che adottano in larga misura il suo modello o parte dei suoi modi di funzionare. Questo modello si è dimostrato superiore nel produrre servizi e software di qualità, nel motivare i lavoratori e i designer coinvolti, ha resistito agli attacchi malevoli di giganti del calibro di Microsoft. E' il modello ideale per una economia di transizione.

Un modello a cui non ispirarsi più

E' il modello basato sull'incremento ad infinitum delle auto circolanti:

  • 1. più auto (industria meccanica [motori], chimica [benzina, plastica], ed elettronica [controllo])
  • 2. più strade: grandi opere e trasformazione del territorio in un insieme di rettangoli chiusi all'interno della rete viaria. Le strade o le bretelle autostradali servono a raccordarsi tra di loro, su sè stesse. Ponti e viadotti, uno ogni km su tutta la lunga rete di autostrade. E contemporaneo smantellamento delle ferrovie, che sarebbero molto più efficienti, efficaci, e meno costose.
  • 3. più urbanizzazione: creazione di quartieri, centri commerciali, cittadine dormitorio, negli internodi delle strade. In tali internodi si portano i consumatori a consumare, appunto. In tali internodi la gente viene a vivere, perchè adesso può spostarsi grazie all'automobile. Questo significa che adesso si lavora a grandi distanze da casa, consumando più auto, più benzina, più tutto.
  • 4. più auto e così via...(si riparte dal punto 1.)

Domande:
Perchè la General Motors ha ufficialmente dichiarato bancarotta?
Perchè la FIAT abbandona i suoi stabilimenti italiani dopo aver cambiato l'aspetto e la vita di una intera penisola?
Perchè gli abbiamo affidato il nostro destino? Portava lavoro e sicurezza nel futuro?
Perchè Milano, Torino, e quasi ogni altra città, devono essere chiuse al traffico?
Perchè abbiamo impiegato 40 anni per cominciare a capire?
Homo Sapiens?

Il modello del primo Nord Est

Qual'è il modello che ha funzionato nel Nord-Est nella prima fase della sua espansione produttiva, industriale, tecnologica, economica, sociale? Oltre alle qualità conclamate della volontà, dello spirito di sacrificio, dell'innovazione. Quello che ha rilanciato l'economia del Nord-Est sono stati i rapporti sociali sul territorio, lo scambio di esperienze, la condivisione di cultura tecnica, la collaborazione del tipo "se non ce la fai a completare la commessa ti aiuto io, la prossima volta tu aiuti me", la fiducia reciproca, in pratica quello che l'economia e la sociologia chiamano capitale sociale, la condivisione di lingua e cultura. Non va mitizzato, certo. La cooperazione non è mai arrivata al punto di condividere politiche commerciali o di clientela. Ma la sua base era comunque la cooperazione e la condivisione di saperi, basata su una cultura comune legata al territorio. Questo modello, secondo il parere di economisti eterodossi (veneti), è stato rovinato nella sua struttura fondamentalmente de-centralizzata, orizzontale, paritaria, dall'emergere di poche imprese egemoniche che hanno costruito una struttura gerarchica di potere a livello regionale. Nei settori del prefabbricato, dell'ottica, del tessile, della distribuzione, della meccanica, dell'oreficeria, della calzatura, delle concerie, dello scarpone e dell'abbigliamento sportivo. Queste imprese al top della gerarchia economica veneta si possono ancora considerare venete? Qual'è il loro stato di salute complessivo? Quali sono le loro prospettive? Sono le nostre stesse prospettive di noi popolo veneto? Cosa hanno da "dare" al Veneto? Dove vengono reinvestiti i capitali guadagnati?

I dati della Regione Veneto

Citiamo integralmente dal sito della Regione Veneto:
" Nel 2006 il Veneto rimane la prima regione italiana per apertura commerciale agli scambi internazionali: la sua propensione all’export, misurata dal rapporto tra valore delle esportazioni e PIL regionale è pari al 33,3%. " " Nel 2006 l’apporto determinante alla crescita del valore aggiunto è stato proprio quello dell’industria, che in Veneto rappresenta ancora il 35,1% dell’intera ricchezza regionale e che lo stesso anno ha mostrato una decisa ripresa, +3,1%, dopo anni di stasi. Comunque il settore dei servizi, che rappresenta il 62,2% del PIL regionale e nel 2005 aveva mostrato una quasi immobilità, nel corso del 2006 si è positivamente evoluto, +2%, sostenuto soprattutto dal commercio che ha avuto un’ottima performance, +2,9%. L’unico comparto con variazione di segno negativo nella produzione di valore aggiunto regionale è l’agricoltura che continua la sua discesa dal picco positivo riportato nel 2004. Nel 2007 si è invece stimato una ripresa dell’agricoltura, una stabilità nel settore delle costruzioni ed una buona performance sia nell’industria che nei servizi." Un dato incredibile è che l'agricoltura rappresenta solo lo 1,66% del PIL regionale nel 2006. Nella sintesi della Regione Veneto i dati sono pudicamente offuscati. Sommando le percentuali di Servizi ed Industria del 2008 si ottiene lo 97,3% del PIL regionale, il che lascerebbe intendere che l'agricoltura produce lo 2,7% del PIL regionale. " Alla creazione del valore aggiunto prodotto dall’intero sistema economico regionale l’agricoltura veneta contribuisce in misura abbastanza ridotta. L’importanza, però, dell’agricoltura non è così marginale come potrebbe sembrare soprattutto se si considera la crescente integrazione tra il settore agricolo “tradizionale” e quello alimentare e le interazioni sempre più strette tra attività agricole, territorio ed ecosistema naturale. Notoriamente le maggiori dimensioni e le migliori performance economiche sono attribuibili alla realtà agricola del Nord Italia: tra le regioni emerge, sia nel valore della produzione che nel valore aggiunto, la Lombardia, ma rispetto al livello di produzione per unità lavorativa vi è l’ottima collocazione del Veneto al secondo posto (40.428 euro) seguito a ruota dal Piemonte. La soluzione a redditi agricoli in calo, costi intermedi in aumento, manodopera in declino, imprevedibilità climatiche, contraffazioni alimentari, competitività estera, risiede nella capacità delle stesse aziende di spendersi in multifunzionalità, tutela del paesaggio e della tipicità, conservazione delle tradizioni, produzione di fonti di energia alternativa, fornitura di prodotti di elevata qualità, rintracciabilità di filiera, sicurezza alimentare, certificazioni. Nel campo dell’offerta rivolta ad un consumatore che si rivela sempre più parsimonioso e attento alla qualità, diverse sono le strategie che si stanno adottando: dai farmer markets21, ai distributori di latte crudo, alla vendita dei prodotti in azienda; lo slogan sembra essere abbastanza evidente e cioè accorciare la filiera e quindi il prezzo per il consumatore finale. Questo processo a quanto pare, sebbene riscuota consensi sia da parte dei produttori che dei consumatori, non sarà di immediata acquisizione e diffusione. Nel corso del 2005, secondo una indagine riguardante le aziende agricole, nella nostra regione solo il 5% di esse ha venduto oltre il 50% della propria produzione direttamente ai consumatori, attestandosi per il momento a fenomeno di nicchia. Altrettanto si può dire, per quanto riguarda la multifunzionalità che è riconosciuta a livello comunitario e nazionale come uno dei fattori di forza dell’agricoltura sul quale far leva nelle aree rurali per il raggiungimento di un modello di sviluppo equo e sostenibile. All’agricoltura è stato infatti riconosciuto il ruolo di produzione di beni non solo alimentari ma anche immateriali, legati agli aspetti ambientali, alla conservazione del territorio e del paesaggio, alla storia, alle tradizioni e alla cultura delle aree rurali. Questo riconoscimento consolida il ruolo delle imprese agricole all’interno del dibattito iniziato dopo la definizione delle strategie europee nei Consigli di Lisbona e di Goteborg e quindi il contributo che le stesse possono dare per la creazione di nuova occupazione, dello sviluppo del capitale umano, della salvaguardia ambientale. Di tutte le attività connesse all’agricoltura, in ultima analisi ancora poco sfruttate e non del tutto in grado di raggiungere una popolarità o una massa critica di interesse, a riscuotere il maggior successo è sicuramente il solo fenomeno dell’agriturismo che nella sola nostra regione coinvolge ormai oltre un migliaio di aziende agricole, fruttandoci il terzo posto nella graduatoria italiana, alle spalle di Trentino Alto-Adige e Toscana. Di grande interesse poi il versante delle produzioni di qualità, le aziende venete coinvolte nell’agricoltura biologica sono circa un migliaio con quasi 18.000 ettari di superficie agricola utilizzata, che però coprono appena il 2% della totalità della SAU regionale."

I settori ed i macrosettori della economia tradizionale veneta

E' organizzata per distretti o settori e macrosettori. Distretti per provincia
BL

  • Distretto dell'occhiale 2009
  • Distretto delle Dolomiti e della Montagna Veneta 2009
  • Distretto delle Energie Rinnovabili 2009

PD

  • Distretto Biomedicale Veneto 2009
  • Distretto termale 2006
  • Distretto Veneto dei Sistemi per l’Illuminazione 2008
  • Distretto veneto del condizionamento e della refrigerazione industriale 2009
  • Metadistretto della zootecnia del Veneto 2007

RO

  • Distretto ittico della provincia di Rovigo 2009
  • Distretto Turistico del Polesine e del Parco del Delta del Po 2009
  • Distretto veneto della giostra 2009

TV

  • Distretto del prosecco di Conegliano e Valdobbiadene 2009
  • Distretto dello sportsystem di Montebelluna 2009
  • Distretto multipolare veneto della gomma e delle materie plastiche 2007
  • Distretto Produttivo della Bicicletta 2009
  • Distretto Veneto delle attrezzature alberghiere 2006
  • Distretto Veneto Lattiero Caseario 2007
  • Distretto Veneto Sistema Moda 2007
  • Metadistretto Digitalmediale Veneto 2007
  • Metadistretto Veneto del Legno Arredo 2006
  • Metadistretto Veneto della bioedilizia 2009

VE

  • Metadistretto Turistico Veneto (MDTV) 2009
  • Distretto del vetro artistico di Murano 2006
  • Distretto della calzatura 2009
  • Distretto della cantieristica nautica veneziana 2006
  • Distretto Veneto dell’Aerospazio e dell’Astrofisica – SkyD 2008
  • Metadistretto dell’Ambiente per lo Sviluppo Sostenibile – Metas 2008
  • Metadistretto Veneto dei Beni Culturali 2008

VI

  • Distretto del mobile d'arte di Bassano 2006
  • Distretto Nord-Est Packaging 2009
  • Distretto orafo -argentiero di Vicenza 2009
  • Distretto produttivo della ceramica-artistica e terracotta 2006
  • Distretto vicentino della Concia 2007
  • Metadistretto della Meccatronica e delle tecnologie meccaniche innovative 2007

VR

  • Distretto calzaturiero veronese 2009
  • Distretto del marmo e delle pietre del Veneto 2009
  • Distretto del mobile classico della pianura veneta 2006
  • Distretto produttivo Grafico-Cartario veneto 2006
  • Distretto veneto del vino 2007
  • Distretto veneto dell'Informatica e del Tecnologico avanzato 2007
  • Metadistretto Alimentare Veneto 2007
  • Metadistretto logistico veneto 2009 Venetoclima
  • Venetoclima - Distretto Veneto della termomeccanica 2009
  • Verona ProntoModa -Distretto veneto dell'abbigliamento 2009

Vedi il sito della Regione Veneto

Applicare nel Veneto il modello della Transizione

Secondo le indicazioni della decrescita di Latouche, i punti concreti da realizzare sono sostanzialmente due:

  • Una tendenziale autonomia alimentare (cibo a km 0 ma tendenzialmente tutto il cibo)
  • Una tendenziale autonomia energetica (fotovoltaico, solare, eolico, geotermico, altro)

Evidenziando le criticità del modello tradizionale (neo-liberista) della attuale giunta regionale, articolato nei vari settori, si tratta di intervenire con proposte realistiche, mirate ad un decongestionamento complessivo dell'apparato economico tramite una sua avanzata de-centralizzazione, su questi punti:

  • Agricoltura e Alimentazione
  • Formazione intesa come Auto-Formazione, Cultura, Arte, Turismo, Convivialità (la convivialità potrebbe essere finalmente lo scopo finale della vita sociale come momento soggettivo di coscienza, divertimento, piacere)
  • Green Economy
  • Soft Economy
  • Restauri Urbani del patrimonio edilizio esistente (anche recente)
  • Servizi Sociali
  • Salute: potenziamento delle strutture locali di primo intervento e di prevenzione
  • Informatizzazione possibilmente via fibra ottica con server locali gestiti localmente da sistemisti locali
  • Telelavoro basato sulla informatizzazione
  • Gestione dell'informazione locale e delle offerte della produzione locale (in altri ambiti chiamata pubblicità) basata sulla informatizzazione; al servizo di piccole imprese, artigiani, gruppi di acquisto solidale, imprenditori creativi, artisti, venditori di servizi.
  • Viabilità
  • Distribuzione


Strumenti personali