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Da Ortosociale.

Versione delle 20:11, 29 mar 2011, autore: WikiSysop (Discussione | contributi)
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LA FINZIONE E LA REALTA' [Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida43 at inwind.it) per averci messo a disposizione questo suo articolo scritto per "Il paese delle donne". Angela Giuffrida e' docente di filosofia ed acuta saggista; tra le sue pubblicazioni: Il corpo pensa, Prospettiva edizioni, Roma 2002]

La giudice di Murcia, che ha posto una questione di incostituzionalita' a proposito della Legge organica contro la violenza di genere in Spagna, e' l'emblema delle donne che hanno assimilato appieno le categorie del pensiero dominante. La magistrata non accetta l'asimmetria di trattamento a sfavore degli uomini che perpetrano violenze contro le donne in famiglia o comunque all'interno di una coppia o ex coppia, perche' viola l'art. 14 della Costituzione spagnola secondo cui "Tutti gli spagnoli sono uguali davanti alla legge, senza discriminazione alcuna per ragioni di nascita, razza, sesso, religione, opinione o qualsiasi altra circostanza personale", misconoscendo il fatto macroscopico che la decantata uguaglianza fra uomini e donne non esiste ne' potra' mai esistere nelle societa' androcratiche, fintantoche' lo sfruttamento delle attivita' di cura rimarra' un saldo elemento strutturale delle stesse. Essendo d'altronde tutte organizzazioni della dominanza, l'uguaglianza non e' prevista, se non a parole, per nessuno, non solo per le donne. Quando gli uomini si riempiono la bocca parlando di grandi civilta' e di democrazie ispirate all'egualitarismo e al cosmopolitismo, si stanno muovendo sul piano della mera finzione, non corrispondente in nulla alla realta' di organizzazioni sociali biecamente centrate sull'avere, sul dominio dei pochi sui molti, sull'esasperazione della conflittualita', dove l'emarginazione e la demonizzazione del diverso e' funzionale al suo sfruttamento, percio' ineliminabile. La mia domanda e': ha senso assecondarli, trasferendoci anche noi in un mondo immaginario, legittimando per cio' stesso la discrasia tra la nostra viva esperienza e un mondo astratto di parole che non la rappresentano? Pretendere l'uguaglianza in comunita' che hanno proprio nella disuguaglianza il loro fondamento, senza mettere in discussione la validita' delle categorie mentali che universalmente le reggono, non puo' portare da nessuna parte. Un esempio di quanto affermo e' l'errore in cui e' incorsa la giudice: aver considerato valido quel principio che la teoria politica ha posto a fondamento dello stato moderno, il cosiddetto universalismo neutro che e', a mio parere, una contraddizione in termini. Proponendosi come universale, infatti, il modello dovrebbe per definizione riguardare tutti, mentre come neutro, prevedendo solo cio' che rende uguali gli esseri umani senza tener conto delle differenze, non e' in grado di contenerne neanche uno tutto intero. E' cosi' vero che, nonostante l'universale neutro coincida come sappiamo con l'universale maschile, non sia in grado in realta' di comprendere nemmeno tutto il genere che lo ha ideato.

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